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Il principio dei cassetti

Il principio dei cassetti è uno degli strumenti più usati nei giochi matematici, ma anche nella matematica “seria”. La sua formulazione, almeno per come viene di solito riportata in Italia (anche Wikipedia lo definisce così) è la seguente: “se abbiamo una cassettiera con n cassetti, in qualunque modo ci mettiamo dentro n+1 oggetti possiamo essere certi che almeno un cassetto conterrà almeno due oggetti”.

Dimostrare il principio dei cassetti è così facile che sembra che ci sia qualcosa sotto. Numeriamo gli oggetti da 1 a n+1, prendiamo i primi n e li mettiamo in un cassetto, evitando di metterne due nello stesso cassetto sennò abbiamo perso. Alla fine l’ultimo oggetto rimasto deve andare da qualche parte, ma tutti i cassetti sono occupati.

Uno dei problemi più noti che sfruttano il principio dei cassetti è quello di mostrare come a Roma ci siano due persone con lo stesso numero di capelli. La dimostrazione consiste nello stimare il massimo numero di capelli che può avere in testa una persona, verificare che è minore del numero di abitanti nella capitale, e applicare il principio dei cassetti. Questo è però un classico caso di problema malposto: la soluzione è anche corretta, ma basta passarsi la mano in testa e con ogni probabilità vi rimarrà qualche capello (a meno che non siate calvi…) e quindi non esiste un momento in cui si possa stabile quali siano le due persone co-tricotiche. Ma anche nome e attribuzione del problema fanno una certa confusione!

Peter Gustav Lejeune Dirichlet usò il principio in un suo lavoro del 1842 sulle equazioni di Pell (equazioni quadratiche di cui si cercano le soluzioni intere), e in molte nazioni soprattutto nell’Europa dell’est si parla infatti di principio di Dirichlet oppure di principio dei cassetti di Dirichlet. Non che lui gli avesse dato un nome, ritenendo evidentemente la cosa troppo banale; solo in seguito l’ha chiamato “Schubfach Prinzip” che sta appunto per “principio del cassetto” (singolare). Pat Ballew riporta però un’attestazione precedente – e fin qui nulla di strano, vista l’ovvietà del principio – in un’opera inaspettata: i Portraits littéraires di Charles Augustin Sainte-Beuve, che riporta l’esempio dei capelli e lo fa risalire a Pierre Nicole, giansenista contemporaneo di Pascal che a sua volta l’avrebbe preso da Jean Leurechon.

Nel mondo anglosassone la parola “Schubfach” (o l’equivalente francese “tiroir”) è stata resa con “pigeonhole” perché quello era il nome delle strutture con tanti piccoli spazi dove mettere le buste, che magari avete ancora visto alla reception di un vecchio albergo. Solo che poi chi come noi l’inglese non lo mastica tanto bene ha preso il significato letterale, e adesso si sente parlare del principio della piccionaia. Considerata la quantità di deiezioni dei pennuti, preferisco continuare a parlare di cassetti…

Se volete verificare di aver compreso bene il principio, eccovi tre problemi.

  • I 15 cavalieri della tavola rotonda hanno pasteggiato un po’ troppo prima di sedersi a discutere, e quando si sono seduti nessuno di essi era seduto al proprio posto. Dimostrate che è possibile ruotare la tavola in modo che ci siano almeno due persone al posto corretto.
  • Se scegliete sei numeri interi tra 1 e 999 ce ne saranno almeno due la cui differenza è un multiplo di 5.
  • Avete una bilancia a due piatti e 28 monete, una delle quali è più pesante delle altre. Dimostrate che non è possibile trovare quale sia la moneta più pesante con tre pesate.

Un’ultima cosa. Naturalmente il principio dei cassetti non vale se i cassetti sono infiniti: se abbiamo una fila infinita di cassetti numerati 1, 2, 3, 4, … e prendiamo gli ℵ0+1 numeri pari con in più 1, possiamo lasciare quanti buchi vogliamo. Ma c’è anche chi ha affermato che il principio è violato nella fisica quantistica, e possiamo avere tre particelle in due scatole senza che nessuna particella contenga più di una particella. Si direbbe ovvio che uno degli autori del paper faccia di cognome Colombo :-). Purtroppo però a quanto pare l’interpretazione data dagli autori di quell’articolo sembra errata

(immagine da FreeSVG)

Farmacisti

È un po’ che Jacopo ha la tosse. Ieri sera ero in giro, sono passato davanti a una farmacia di turno (anche a Natale ce ne sono), sono entrato e ho chiesto uno sciroppo per la tosse grassa non omeopatico ma chimico. Secondo voi perché mi hanno cercato di vendere un fitoterapico?
(La domanda è retorica. Il fitoterapico era loro, non era ovviamente detraibile e costava 17,90 euro. Il Bisolvon costa 12,90 euro)

Buon Natale

Buon Natale ai miei ventun lettori! E buon Sol Invictus (che comunque dovrebbe essere il giorno dopo il solstizio, per definizione :-) ) anche a quelli che si ostinano a festeggiarlo e a dire che il Natale non esiste. Tanto lo sappiamo tutti che la data del Natale è stata scelta apposta e non ha nessun fondamento storico. E comunque se agli amici ebrei faccio gli auguri di buon Hannukah e a quelli mussulmani quelli di buon Eid al-Fitr, perché non posso augurare buon Sol Invictus agli pseudoneopagani?

(immagine: copertina della raccolta dei messaggi natalizi dei Beatles, da Internet Archive)

Quizzino della domenica: Arrivare a 100

Usando solo le usuali operazioni aritmetiche (sono anche accettati fattoriali, parentesi, e le funzioni floor() e ceil() che arrotondano all’intero inferiore o superiore) e le cifre 2, 0, 2, 4 in un ordine qualsiasi scrivete un’espressione che abbia come valore 100.

2 0 2 4
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina https://xmau.com/quizzini/p675.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Math Jokes for Mathy Folks.)

Inverno?

Oggi è il secondo giorno di inverno. Questi sono i dati della stazione meteorologica vicino a casa mia di oggi alle 13.16. La temperatura massima qualche minuto dopo è arrivata ancora un decimo di grado sopra.

Ieri c’era favonio, e quindi non era così improbabile che la temperatura fosse salita. Ma il vento è cessato ieri sera, e d’inverno – a causa della poca e angolata luce solare – in questi casi la temperatura scende rapidamente perché non ci sono nuvole a trattenere il calore… E invece no. Stamattina sono uscito per un paio d’ore senza giaccone, tanto non serviva a nulla.

The Mathematics of the Heavens and the Earth (ebook)

Che dire di questo testo? (Ce n’è anche uno gemello sulla trigonometria moderna, che non oso nemmeno aprire) C’è tanta, troppa roba. Presumo che Van Bummelen sia la massima autorità mondiale sulla storia della trigonometria: diciamo che per un povero piccolo matematico come me la quantità di materiale presente è semplicemente troppa, e me ne sarebbe bastata la metà per avere un’idea completa di cosa è successo, soprattutto nella ricerca delle approssimazioni per riuscire a calcolare il seno di un grado che era il sacro Graal dei calcolatori (umani, ovvio). Se uno non è fissato può tranquillamente limitarsi alla Very Short Introduction sempre scritta da lui.

(Glen Van Brummelen, The Mathematics of the Heavens and the Earth : The Early History of Trigonometry, Princeton University Press 2009, pag. 329, € 47.60, ISBN cartaceo 9780691129730 )
Voto: 3/5

Assiomi buttati a caso


Quando andavo a scuola io, gli assiomi della geometria euclidea erano quelli di Euclide, e non si scappava. Si sapeva da decenni che Euclide aveva dimenticato qualcosa, e che Hilbert aveva aggiunto altri assiomi impliciti come quello di Pasch, costruendo così un nuovo e più corretto sistema di assiomi; ma si faceva finta di niente. Quindi a noi insegnavano che un segmento poteva essere prolungato a piacere da ambo i lati, e buona lì. (Occhei, quelli meno attenti alla verità storica dicevano “la retta è infinita”, ma non stiamo a disquisire sulle parole.)

Ora le cose sono cambiate, e gli assiomi di ordinamento a quanto pare entrano anche nel libro di matematica per la prima liceo artistico che Cecilia sta frequentando. Così a pagina 507 mi trovo un testo che dice «I punti di una retta possono essere ordinati in modo che […] b. dato un punto P, esistono sempre due punti A e B, tali che A precede P e P precede B.» Fin qui nulla da eccepire. Poi però mi trovo anche la nota «Il punto b. dell’assioma ci dice che una retta orientata può essere prolungata illimitatamente sia nel verso fissato sia in quello opposto.» e qua eccepisco.

Prendiamo un modello dove i punti sono punti, il “piano” è un cerchio senza la circonferenza che lo racchiude e le rette sono corde di questo cerchio. Evidentemente non abbiamo un piano come ce lo aspetteremmo dalla geometria euclidea: eppure esso rispetta il punto b. qui sopra, come è facile vedere prendendo i punti a metà tra P e i due estremi. Naturalmente la cosa era ben chiara a Hilbert, che tra i suoi assiomi aggiunge quello di Archimede che ha il doppio vantaggio di assicurare la continuità della retta da un lato ma anche di poter avere una retta lunga a piacere dall’altro; altrimenti ci troviamo nella situazione di Achille e tartaruga, dove si può sempre trovare un punto più in là ma non si arriva mai alla meta. Ed effettivamente gli autori una decina di pagine dopo aggiungono quasi come post scriptum l’assioma di continuità con una formulazione corretta («Comunque fissati un segmento (non nullo) u come unità di misura e un numero reale positivo k, esiste un segmento la cui misura rispetto a u è il numero k.»), ma vedendolo appunto solo come continuità e non come illimitatezza.

Insomma, se non si metteva la parolina “illimitatamente” nella nota e la si portava assieme all’assioma di continuità non si sarebbe fatto male nessuno. Quello che posso immaginare è che qualcuno completando il libro si sia fatto prendere la mano. Ma a me resta un dubbio. Io non userei gli assiomi di Hilbert nemmeno al liceo scientifico e al più accennerei alla loro esistenza. Non parliamo dell’artistico. Perché si vogliono complicare così le cose?