La spesa pensionistica va male, per le ottime ragioni che molti giovani sono assunti con sgravi contributivi e comunque c’è sempre meno gente che lavora. (L’inflazione e la crescita del valore formale delle pensioni è abbastanza irrilevante, se il PIL nominale cresce della stessa quantità). Il risultato è che andare in pensione con un po’ di soldi sta diventando già ora un miraggio (ne so qualcosa io) e lo sarà ancora di più per il futuro. E che ti pensa il governo e nella fattispecie Giorgetti, dice il Corriere e rilancia Il Sole? Semplice. I lavoratori che hanno maturato i requisiti per la pensione di anzianità può restare al lavoro, senza più versare contributi, così “una parte di questa cifra entrerebbe in busta paga con un aumento pulito del 10 per cento.” Chiaramente i giornalisti spiegano che “la misura avrebbe lo scopo di non privare il sistema Italia di competenze acquisite e specializzazioni”, ma la realtà è diversa.
Un lavoratore dipendente versa circa il 33% del suo lordo in contributi pensionistici: il 9 percento e qualcosa direttamente, il resto dall’azienda in modo trasparente. Quindi il 10% in più per il lavoratore significa un 23% in meno per l’azienda, che in effetti potrebbe avere più interesse a trattenerti (ma ricordo che la legge permette il licenziamento del lavoratore privato per raggiunta pensione solo nel caso di pensione di vecchiaia, quindi più che di interesse parlerei di vantaggio). Lo Stato ci guadagna pure, perché pagherà quella pensione più tardi. Chi ci perde è al solito il lavoratore, che per qualche anno avrà un 10% in più ma poi avrà una pensione più bassa. Peccato che su questo punto si glissi…
Ultimo aggiornamento: 2022-11-15 10:43