Archivi annuali: 2020

Giustizia e libertà (ma non in quel senso)

Con ogni probabilità avete visto l’articolo di Repubblica sulla lettera aperta firmata da più di 150 intellettuali “contro la nuova intolleranza “politically correct”. Come capita sempre, non c’è un link alla fonte, il che rende più difficile accorgersi che nel testo orignale l’espressione “politically correct” non esiste affatto; stavolta non c’è nemmeno una traduzione completa, ma solo alcuni stralci scelti non si sa se a caso o scientemente. Purtroppo non trovo in rete l’articolo del Giornale che ho sentito nella rassegna stampa di RadioPop e che ovviamente sbertuccia il tutto, ma anche in quel caso non credo si parli del testo ma di quanto riportato dall’italica stampa, nell’usuale onfalocentrismo.

Occhei, la smetto di usare paroloni ed entro nel merito della questione. A me quel testo personalmente non piace affatto, anche se concordo con quella che era probabilmente l’idea di base che poi è stata annacquata per avere un po’ di firme. Fateci caso: non ci sono esempi specifici delle censure, e l’unico nome che si fa è quello di Donald Trump. A questo punto sarebbe stato più logico togliere anche lui e lasciare completamente aria fritta, no? Quello della libertà di espressione è un problema serio, ma se si vuole discuterne bisogna farlo sul serio. Prendiamo per esempio il caso di James Bennet, che ha dovuto dimettersi da editor del NYT perché ha pubblicato un Op-Ed (cioè un’opinione di un esterno, che non deve necessariamente seguire la linea editoriale del quotidiano) di un senatore USA che chiedeva l’intervento dell’esercito contro le proteste del Black Lives Matter. Io personalmente voglio sapere che ci sono politici di alto grado che hanno certe idee, che io sia o no d’accordo con esse.

Per me il pensiero unico è un guaio. Ma scrivere che “le minacce di rappresaglia” possono arrivare “sia da un governo repressivo che da una società intollerante” significa legarsi immediatamente le mani, perché è un’utopia pensare che si riesca ad avere una società tollerante – anche solo limitatamente alla libertà di parola, il “disaccordo in buona fede” citato in fondo – se non c’è un modo di fermare chi tollerante non è? (Notate che ho detto “fermare”, non “sanzionare”). Insomma, il loro rifiuto di “una qualunque falsa scelta tra giustizia e libertà, che non possono esistere indipendentemente” mi pare velleitario. All’atto pratico, insomma, questa lettera aperta non è altro che un manifesto politico contro Trump: una cosa lecitissima, una cosa sulla quale sono anche d’accordo, ma una cosa che non può essere venduta come un appello bipartisan per giustizia e libertà.

Ah, non funziona nemmeno, come mi pare di aver capito dall’articolo del Giornale, dire che in questo momento con i social network non si è mai stati più liberi di esprimere la propria opinione. Gaia Cesare evidentemente non ha presente le shitstorm e le campagne per bloccare un profilo (quelle sì bipartisan) che pullulano su Facebook. Abbiamo da decenni il diritto di esprimere la nostra opinione senza che ci ascolti praticamente nessuno. Abbiamo da qualche lustro la possibilità di agganciarci alle opinioni altrui, cosa che probabilmente va bene nel 95% dei casi visto che non possiamo pretendere di avere un’opinione nostra su tutto. Ma non abbiamo ancora il diritto di esprimere la nostra opinione e discuterne in modo civile, ammesso che noi in primis ne siamo capaci. Ecco, io avrei di gran lunga preferito un appello specifico su questo punto evitando tutti gli altri orpelli.

Aggiornamento: (18:25) Il Post ha tradotto la lettera.

Ultimo aggiornamento: 2020-07-09 18:25

Open source, software libero e altre libertà (libro)

Pensavo di saperne abbastanza sulle definizioni di “libero” nel mondo digitale, ma mi sono dovuto ricredere dopo aver letto questo libro (Carlo Piana, Open source, software libero e altre libertà : Un’introduzione alle libertà digitali , Ledizioni 2018, pag. 157, € 16, ISBN 9788867057665), che Wikimedia Italia ha regalato a chi contribuisce alla conoscenza libera. Ho visto che alcuni commentatori si sono lamentati dello stile di scrittura troppo leguleio: è chiaro che non hanno mai visto come scrive davvero un avvocato. Personalmente ho invece trovato il testo molto leggibile, giusto con qualche scivolata leguleia leguleica qua e là: io devo sempre fare mente locale per ricordarmi chi è il convenuto. Consiglio vivamente il testo a chiunque voglia avere un’idea di come il mondo del copyright e dei brevetti è un vero casino. Ah, una segnalazione: a pagina 110, la “dissenting opinion” del giudice Mayer in realtà è una “concurring opinion”.

Ultimo aggiornamento: 2020-07-08 22:00

La megaintegrazione di Facebook

Non sono poi così certo che la presunta possibile megaintegrazione tra Facebook, Messenger e Instagram sia poi così un male… Provo a dirlo meglio, ho capito. Adesso, anche se formalmente sono separati, nessuno crede che dietro le quinte le tre app non si scambino tra loro informazioni. Insomma il male c’è già, non è che rendendolo visibile a tutti aumenti. Piuttosto, se l’Unione Europea avesse un po’ di coraggio imporrebbe l’interoperabilità completa tra le applicazioni, in modo che non si sia obbligati a usare Facebook o Whatsapp “perché sennò non si può comunicare con chi sta solo là”. Secondo voi, quali sono le probabilità che ci si riesca?

Ultimo aggiornamento: 2020-07-08 15:14

Anarchie

Ieri qui a Milano c’è stato un incidente che ha ottenuto l’onore delle cronache: un’auto ha travolto un monopattino. Nell’articolo che ho citato c’è un virgolettato facebookaro di tale Piermario Sarina, ex candidato del centrodestra per il municipio 6 e attuale consigliere.

“Viale Tunisia, oggi. Scene così non ne vorrei mai vedere. Spero nulla di grave per nessuno dei coinvolti. Ma temo che se Sala non metterà mano in fretta all’anarchia che regna oggi, non sarà la prima né l’ultima”.

Conosco purtroppo molto bene quell’incrocio, visto che mi capita spesso di farlo in bicicletta. Lì c’è una pista ciclabile: dalla foto direi che l’ipotesi più probabile è che il monopattino andasse a 20-25 all’ora (lo so, in teoria dovrebbero andare al massimo a 6 all’ora e quindi stare sul marciapiede) sulla pista ciclabile in direzione corretta. Uno può lamentarsi che il monopattino andasse troppo veloce, ma chi arriva dalla traversa e deve dare la precedenza (in generale, non solo alla pista ciclabile) dovrebbe aspettarsi che qualcuno arrivi a 20 all’ora. Io ci tengo alla mia vita e quindi controllo che non ci siano imbecilli che se ne strafreghino, come l’automobilista in questione: il monopattinista evidentemente no.

Bene, Piermario Sarina, chi è esattamente l’anarchico?

Ultimo aggiornamento: 2020-07-07 10:39

I nuovi limiti di velocità sui controviali milanesi

Tra le misure adottate dal comune di Milano per favorire la circolazione delle biciclette c’è quella di mettere un limite di velocità a 30 all’ora sui (pochi) controviali meneghini. In effetti la scorsa settimana ho visto i limiti (dipinti per terra e con i cartelli sui pali) in viale Zara.

La cosa di per sé ha senso, considerando che esiste la carreggiata centrale dove si può viaggiare tranquillamente a 50 all’ora; il controviale dovrebbe servire per il traffico prettamente locale e per cercare parcheggio. Ma siamo così sicuri che tutti rispetteranno quei limiti? (Ah, anche in corso Buenos Aires mi pare ci sia il limite 30. Sala e Granelli vogliono proprio fare arrabbiare automobilisti e negozianti!)

CheckShortURL

I link accorciati possono essere molto utili. Io per esempio li ho usati nella bibliografia dei miei libri, per evitare di dover andare a capo. Però hanno anche un problema: non si può vedere a priori dove si arriva, e la cosa può essere pericolosa.

Grazie alla Curiosona ho però scoperto l’esistenza di un utile sito, CheckShortURL, che permette di controllare a che indirizzo corrisponde il link accorciato e dà anche ulteriori informazioni se presenti nel file html. Finalmente non sono costretto a cliccare :-)

Ultimo aggiornamento: 2020-07-06 10:51

Quizzino della domenica: Ne ho più di te!

Ieri Cecilia è stata a una festa dove i bambini potevano vincere tanti regalini. Alla fine della festa era insieme alle sue amiche Judy, Menna e Sofia e l’ho sentita dire “Ho vinto un premio più di te!” A quel punto c’è stato un vociare: “Io ho vinto due premi più di te!”, “Io ho vinto tre premi più di te!”, “Io ho vinto quattro premi più di te!”, “Io ho vinto cinque premi più di te!”, “Io ho vinto sei premi più di te!”, solo che non sono riuscito a capire chi parlava con chi. Sapendo che in tutto le quattro bambine hanno vinto 27 regalini, sapete dirmi quanti ne ha vinti Cecilia?


(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p459.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Rob Eastaway e David Wells, Mindbenders and Brainteasers; immagine tratta da FreeSvg.org.)


The Book of Why (libro)

Ho preso questo libro (Judea Pearl e Dana Mackenzie, The Book of Why : The New Science of Cause and Effect, Basic Books 2018, pag. 423, € 15,99, ISBN 9780465097616) perché un mio amico me l’ha caldamente suggerito; e questo mio amico è un pezzo grosso della ricerca, non un banale compagno di chiacchierate. Però non mi è piaciuto affatto. Sono perfettamente d’accordo sulla tesi di fondo, che cioè dobbiamo affrancarci da un approccio statistico a-causale, fatto puramente di correlazioni. Possiamo filosoficamente chiederci se effettivamente esista la causalità: ma visto che noi esseri umani agiamo pensando che ci sia tanto vale usarla anche nei nostri modelli. Però mi sono trovato un libro dove per buona parte Pearl scrive di come lui è bravissimo e praticamente da solo ha rovesciato il paradigma secolare della statistica; la parte più tecnica (quando parla di confonditori e mediatori, e fa i diagrammi con le frecce) è mischiata in modo tale che almeno io non sono riuscito a studiarla. Insomma, non mi sono portato a casa nulla. Ah: non c’entra con il libro, ma c’è stato un momento in cui il paperback costava cinque euro meno dell’ebook: poi il prezzo è stato allineato. Uno si chiede come mai ci siano queste variazioni…