Archivi annuali: 2016

Lavorare troppo, lavorare male

Avrete tutti sentito parlare della polemica tra alcuni sindacati e il nuovo sovrintendente della reggia di Caserta Mauro Felicori, partita da questo articolo del Mattino (qui e qui il prosieguo della storia). Saprete che il documento inviato da alcuni rappresentanti sindacali afferma tra l’altro che «Il Direttore permane nella struttura fino a tarda ora, senza che nessuno abbia comunicato e predisposto il servizio per tale permanenza. Tale comportamento mette a rischio l’intera struttura». Saprete che il PresConsMin Matteo Renzi si è affrettato a scrivere sull’organo ufficioso del governo (la sua pagina Facebook) «Questo direttore lavora troppo. Così non va. Questo il grido d’allarme lanciato contro il nuovo direttore della Reggia di Caserta, Mauro Felicori. L’accusa sembra ridicola, in effetti lo è. I sindacati che si lamentano di Felicori, scelto dal governo con un bando internazionale, dovrebbero rendersi conto che il vento è cambiato. E la pacchia è finita!» Saprete che persino Susanna Camusso per una volta è d’accordo con Renzi e che la UIL casertana ha sospeso i suoi iscritti che hanno firmato la lettera. Ma sapete esattamente cosa c’è scritto in quella lettera, inviata a Giampaolo D’Andrea, Antonia Pasqua Recchia e Ugo Soragni (rispettivamente capo di gabinetto e segretario generale del MiBACT e responsabile della Direzione generale dei musei)?

Io non lo so, non sono riuscito a trovarla. Non che io non mi fidi che le frasi riportate nell’articolo del Mattino siano tutte presenti in quella lettera: ma è chiaro che l’articolo in questione racconta una storia – quello che oggi tutti chiamano “storytelling”, insomma – e quindi è costruito in un modo specifico. Senza però il testo completo non posso fare una traduzione dal sindacalese stretto e farmi un’idea più specifica. Per dire, tra i miei amici c’è chi ha fatto notare come i dipendenti della reggia di Caserta non erano noti per la flessibilità nei loro incarichi e che il vero problema era quello; un altro ha ricordato che la reggia non è esattamente una tipica palazzina da uffici, e fermarsi dopo l’orario di chiusura implica effettivamente una struttura di sicurezza – che non è compito dei dipendenti, in realtà, ma di aziende apposite – completamente diversa. Di nuovo, quale sarà la causa principale della lettera? Potrei propendere per la prima, visto che nelle mie ricerche ho trovato questo comunicato più che unitario, che letto tra le righe non è semplicemente una schermaglia sul numero massimo di dipendenti comandati al lavoro durante le assemblee ma parla della riorganizzazione generale del servizio. Però è anche vero che Cgil e Cisl, che avevano firmato quel comunicato, non hanno poi scritto al Mibact.

In definitiva io non posso fare altro che sospendere il giudizio, perché non ho abbastanza fatti a disposizione per crearmelo. Io non ho nulla contro i commenti, è quello che faccio regolarmente quando scrivo. Ma perché si lavora troppo sui commenti e si lavora male non fornendo i fatti?

Aggiornamento: (12:30) Grazie al Post ho finalmente potuto leggere il famigerato comunicato. (Lo so che parlare bene del Post è per me un conflitto di interessi, però è uno dei pochi posti dove trovo anche i link ai fatti. Da questo punto di vista è una rara avis.) Traducendo dal sindacalese, gli estensori di quel comunicato si lamentano perché (a) Felicori fa aprire le sale della reggia con un numero di custodi inferiore a quello necessario, invece che chiuderne alcune; (b) sta spostando alcuni dipendenti dalla parte di accoglienza e vigilanza a quella amministrativa senza parlarne con i sindacati; (c) vengono organizzati eventi non direttamente legati al museo ai quali vengono assegnati dipendenti al di fuori del loro orario di lavoro; (d) non è stato specificato il ruolo della funzione di accoglienza e vigilanza (no, non ho capito cosa voglia dire). Poi l’ultima parte, riguardo al conflitto tra autonomia, regolamenti e necessità di far crescere gli introiti, è arabo persino per uno come me abituato a leggere comunicati sindacali. La parte dello “stare fino a tardi” è giusto un inciso.

Questa è ovviamente solo una faccia della medaglia: tanto per dire, non sappiamo se il museo è così sotto organico per ragioni strutturali (pochi assunti) o perché l’assenteismo è ben al di sopra della norma; io almeno non so come sia normato il lavoro straordinario o fuori orario in questo campo, né se sono previste manifestazioni esterne nei musei, anche se credo proprio di sì. Però trovo molto interessante che da tre giorni si stia parlando del direttore che sta nella Reggia fino a tardi e non di tutto il resto. È possibile che quei sindacalisti stiano difendendo i colleghi sempre in malattia: ma noi non lo possiamo sapere. Quello storytelling è ormai consunto per il troppo uso, e quindi bisogna trovare una nuova idea. Simpatico, no?

Aggiornamento: (17:20) da Facebook è spuntata la lettera originale dove si può vedere che l’iniziativa non è delle sole RSU ma anche del sindacato, e soprattutto che la CGIL era tra i firmatari, cosa che dagli articoli che ho letto non era affatto apparsa.

Ultimo aggiornamento: 2016-03-05 17:27

_Va’ pensiero_ (libro)

978881504574In questo suo vecchio libro (Umberto Bottazzini, Va’ Pensiero : Immagini della matematica nell’Italia dell’Ottocento, Il Mulino 1994, pag. 316, ISBN 978-88-15-04574-4) Umberto Bottazzini ha raccolto una serie di saggi che aveva scritto negli anni sulla storia della matematica, e dei matematici, italiani tra l’Ottocento e l’inizio del Novecento. Una delle cose più strane, vedendo da fuori la situazione, è stato il nuovo rinascimento della matematica italiana dopo i fasti del sedicesimo secolo e poi il successivo declino: alla fine del secolo la scuola italiana era alla pari della francese e della tedesca, al tempo le migliori al mondo. Poi si è perso di nuovo tutto, per ragioni non chiare: la famigerata polemica tra Enriques da un lato e Croce e Gentile dall’altra ha aiutato, ma forse c’è anche stata l’incapacità dei grandi a cavallo tra i due secoli di portare avanti i campi di cui sono stati precursori. Tra l’altro i matemaatici italiani, a differenza degli altri scienziati, hanno avuto anche una parte importante nella storia politica dell’Unità, ruolo cui si accenna senza però entrare nel merito.
Il testo risulta però disuguale. I capitoli su Peano ed Enriques sono molto interessanti, la storia dei congressi matematici pre-Quarantotto un po’ ripetitiva, e il capitolo su Betti piuttosto pesante. Il risultato è un’opera importante ma solo per specialisti.

Ultimo aggiornamento: 2016-03-12 17:41

I grandi vantaggi degli ebook

alfredeinstein Quando a Mondadori si accorgeranno che nel loro ebook sui grandi personaggi della storia (se cliccate sulla miniatura si vede meglio – per sicurezza c’è la copia su archive.is) si parla di Alfred Einstein, non dovranno buttare via tutta la tiratura ma semplicemente rifare il JPG. Un bel risparmio.

Tra l’altro, Alfred Einstein ha una sua certa notorietà, almeno per me che da ragazzo zappavo al piano qualche sonata di Mozart: oltre al più noto catalogo K per le opere del salisburghese, ce n’è anche uno E che è stato redatto da lui. Quello che non sapevo è che era il cugino di Albert. Si impara anche dagli errori!

(h/t Francesco Abitante)

Aggiornamento: Francesco mi fa notare che esiste anche l’edizione cartacea. Il titolo di questo post è corretto, il resto un po’ meno…

Ultimo aggiornamento: 2016-03-04 10:12

La tessera elettorale piena

In questi giorni sulle radio milanesi viene trasmesso uno spot del comune di Milano che invita a verificare se la tessera elettorale ha finito i posti a disposizione e in caso affermativo di andare in anagrafe a farsene dare un’altra oppure andare su una pagina del sito del comune e compilare il relativo modulo.
Ho verificato: ho ancora uno spazio che verrà riempito quando andrò a votare per il referendum del 17 aprile (di cui devo ancora capire il significato… ma c’è tempo), e quindi dovrò rifarla prima delle comunali. Però lo spot è fuorviante. Io sono andato sul sito. Il modulo lo posso scaricare, compilare… e portare all’anagrafe assieme alla mia tessera. L’unico vantaggio per me è che risparmio i due minuti davanti allo sportello, ma tanto ci devo andare lo stesso. Pensavo sarebbe stato più semplice che quando in un’elezione il segretario di seggio vede che sta mettendo l’ultimo timbro possibile segnalasse la cosa all’anagrafe, ma a quanto pare non può essere così.
Ovvio che per l’anagrafe conviene che io arrivi col modulo già compilato: ma allora perché non dire nello spot “potete già preparare il modulo scaricandolo dal sito”? Paura che non lo faccia nessuno?

Oggi è un giorno triste

Wikipedia in lingua italiana aveva una voce su Teomondo Scrofalo. Oggi quella voce non c’è più. Dieci anni dopo la decisione originale di mantenere la voce in questione, una seconda procedura di cancellazione ha fatto sì che se adesso uno digita http://it.wikipedia.org/wiki/Teomondo_Scrofalo viene rimandato alla voce su Ezio Greggio – cosa che tra l’altro è assolutamente idiota: se redirect aveva da essere, il posto logico doveva essere la voce su Drive In. Non importa che nel 2004 Sgarbi usò un quadro dell’esimio pittore nel suo spot per Ideal Standard. Non importa che su eBay si vendano degli autentici Teomondo Scrofalo. Non importa che una ricerca su Teomondo Scrofalo dia migliaia e migliaia di risultati, con gente che su TripAdvisor mette la foto che ritrae l’opera principale del pittore, mentre “A Romance of the Cliff Dwellers” mi ritorna “circa 21 risultati”. Il povero Teomondo Scrofalo non merita di avere un angolino tutto suo e deve ridursi a essere una nota a pie’ di pagina.

Sappiatelo: avevate ragione quando dicevate che c’è una cricca che gestisce Wikipedia in italiano a suo modo.

Omicidio stradale

E così il DDL sull'”omicidio stradale” è stato approvato al Senato, dopo che il PresConsMin ha fatto mettere la fiducia. Detto in altro modo, Renzi ritiene che quella legge sia una parte fondamentale del percorso del proprio governo.

Beh, io continuo a pensare che invece sia un’idiozia mediatica. Per quanto mi riguarda, i morti sono morti, e non ne voglio vedere di serie A e di serie B. Questo non significa che gli omicidi siano tutti uguali: non per nulla nel nostro ordinamento giudiziario ci sono le circostante attenuanti e aggravanti che modificano il calcolo della pena. Se la nuova legge avesse semplicemente detto “hai investito uno mentre guidavi in stato di ebbrezza? La pena di viene aumentata di tot”, sarei stato perfettamente d’accordo. Avrei capito anche se casi come questo venissero considerati dolo e non colpa: dovresti saperlo bene che un’automobile è una tonnellata di roba, mica bruscolini. Ma evidentemente queste modifiche non sarebbero per l’appunto state abbastanza mediatiche, e quindi si sono dovuti introdurre nuovi articoli nel codice penale. Ditela come volete, ma la cosa a me non piace per nulla.

Ultimo aggiornamento: 2016-03-03 14:07

La fusione Repubblica-Stampa

La storia si ripete. Nel 1998, in un periodo di fusioni bancarie, il San Paolo si fuse (o meglio, assorbì…) l’IMI; nel 2007 il Sanpaolo-IMI si fuse (o meglio, venne assorbito…) dal gruppo Intesa. Stavolta il primo passo non è stato romano ma ligure, con la Stampa che meno di due anni fa si fuse (o meglio, assorbì…) il Secolo XIX mettendo le azioni in mano a Itedi, e il secondo passo non è stato lombardo ma romano, con Itedi che si fonde (o meglio, viene assorbita…) dall’editoriale l’Espresso.

Intendiamoci: in tutto il mondo la carta stampata va male, e in Italia va peggio. È notizia della scorsa settimana che l’Espresso non esiste più, o se preferite viene venduto solo la domenica in abbinamento a Repubblica a un prezzo complessivo di due euro: insomma, è diventato un supplemento dove si può mettere su carta patinata quel poco di pubblicità residua che ancora arriva. E anche senza leggere l’editoriale di Ezio Mauro, che poi prima di essere stato direttore di Repubblica lo era della Stampa esattamente come Mario Calabresi, è ben noto che le firme del quotidiano torinese passavano spesso e volentieri a quello romano. Pensate a Barbara Spinelli: oppure, nel mio piccolo di amante delle rubriche di giochi, prima a Giampaolo Dossena poi a Stefano Bartezzaghi. Insomma, dal punto di vista strettamente giornalistico e da quello industriale l’accorpamento ha senso.

Quello che io almeno trovo strano è che La Stampa sia finita con Repubblica e non con il Corriere, di cui FCA da metà 2013 deteneva la quota azionaria maggiore con il 20% del capitale. La famiglia Agnelli ce l’ha almeno da quarant’anni con Carlo De Benedetti (che nel 1976 è stato AD della Fiat…), e l’unica ragione che vedo in questa completa dismissione dalle attività editoriali italiane – anche la quota in RCS viene infatti passata ai vari azionisti FCA – è che a John Elkann, a differenza del nonno Giuanin Lamiera, dell’italica stampa interessi meno che zero. D’altra parte Fiat è appunto FCA, e quindi non ha più tutto quel bisogno di spiegare agli italiani perché Fiat è brava bella e buona. Molto meglio l’Economist. Il risultato finale, nonostante le testate manterranno formalmente la loro indipendenza, sarà inevitabilmente il declino della testata piemontese che diventerà poco più del dorso torinese di Repubblica. Noi piemontesi affezionati alla Busiarda non la prenderemo troppo bene, mi sa.

Ultimo aggiornamento: 2016-03-03 12:14

Divisioni sul caffè

Stefano mi segnala questo post della Stampa (qui la copia di backup) a proposito del possibile ingresso di Starbucks in Italia, dove secondo la FIPE «Ogni bar, ogni giorno, serve 175 tazzine per un incasso di 184 euro, con un prezzo medio di 0,96 euro a tazzina.» Secondo Stefano hanno scambiato dividendo e divisore, oltre ad avere sbagliato l’arrotondamento (175/184 è circa 0,951). La mia sensazione è diversa. Andando a cercare la fonte originaria possiamo vedere che si parla di 175 caffè e cappuccini serviti al giorno, il che fa capire perché il costo medio supera l’euro nonostante sia raro trovare un caffè che costi più di un euro. Se devo fare un’ipotesi, Giuseppe Bottero non abbia notato “cappuccini”, si sia chiesto come mai un caffè potesse costare più di un euro, e ha fatto tornare i conti. (Non mi preoccupo nemmeno dell’arrotondamento per eccesso, fossero quelli i problemi…)

Una nota non matematica: Gianluca, davvero adesso “experience” nel senso di “fare le cose come noi pensiamo dobbiate farle” (che già non sopporto in inglese) viene usato in italiano come “esperienza”?

Ultimo aggiornamento: 2016-03-01 11:50