Ieri sono stato a casa malato. Oggi tecnicamente sono sfebbrato, praticamente ero solo in casa coi gemelli perché Anna era in trasferta di lavoro, e quindi mi sono accinto a portarli al nido e poi andare in ufficio. Esco di casa, arrivo alla fermata del 4 mentre ne sta passando uno; peccato che limiti a Maciachini, quindi alla fermata dopo. Tanto ce n’è un altro dietro; penso; in effetti c’era, ma anche quello si limitava a Maciachini. Si direbbe che l’idea di Catania e De Corato di eliminare i jumbo tram dal centro città stia per essere messa in pratica in maniera soft: prima un tram sì e uno no, ora almeno due tram no, poi chissà. Vabbè, salgo sul secondo che perlomeno è abbastanza vuoto, mi faccio la singola fermata e mi avvio mestamente a piedi.
Consegnata la truppa, mi avvio verso Garibaldi ma mi accorgo di aver lasciato il telefonino a casa. Stranamente sta passando un 4 in direzione nord – cosa che vi assicuro non è affatto comune a quell’ora – così salgo. Faccio una fermata, arrivo all’incrocio con la circonvallazione e il tram si ferma. A quanto pare lo scambio non funziona, il tranviere dice che non può fare due metri di retromarcia per muoverlo a mano perché c’è tutto il traffico (palle, c’era spazio a sufficienza prima di arrivare all’inizio del salvagente, e le macchine non si fermano lì; comunque sarei potuto andare a fermare il traffico io :-) ) Vabbè, mi faccio il pezzo a piedi, tanto ci vuole quasi meno tempo che a fare la chicane di Maciachini.
Preso il telefono, riprendo il 4 – visto che tanto devo scendere a Maciachini ovviamente quello che ho visto in lontananza fa tutto il percorso. Salgo, faccio mezza fermata, e il tram si ferma al semaforo del Lidl. Ma il semaforo è verde! Dopo un paio di minuti il tranviere esce dal suo bunker di guida, apre (a mano) la porta anteriore ed esce. In effetti c’è un altro tram fermo prima dell’incrocio con le quattro frecce – che poi in un tram saranno una decina buona. Fortunatamente mi ero portato davanti, così sono sceso e mi sono fatto l’ultimo pezzetto a piedi.
Se pensate che sia stato un giorno sfortunato vi faccio parlare con mia moglie che in genere porta lei i bimbi al nido tutte le mattine. Giusto per spiegarmi: oggi ero ancora convalescente, ma altrimenti se tocca a me farlo preferisco di gran lunga sfrecciare con il passeggino doppio cercando di evitare i crocicchi di gente sul marciapiede in via Farini. Da casa al nido ci metto quindici minuti, e non è detto che col tram ci impieghi di meno…
a sinistra sono aggiornati!
Ieri sono andato a votare per le primarie (probabilmente ammalandomi… cosa non si fa per la causa!) e mentre aspettavo con i bambini il turno di Anna ho notato che il cartellone appeso fuori aveva un QR code per andare alla pagina web dove si sarebbe potuto sapere qual era il proprio seggio.
Mi sa che a sinistra abbiano ancora idee molto confuse, però sui gadget sono bravini…
gioco della domenica: Blockout
Blockout è una versione di un gioco classico: spingi il blocco – sapendo che una volta partito non si fermerà se non contro un muro – e cerca di farlo arrivare nella posizione obiettivo. La grafica 3d lo rende (almeno per me) un po’ più difficile; il vantaggio è che si possono creare dei nuovi livelli, oltre a poter giocare contro sé stessi migliorando il proprio record di velocità.
(via Passion for Puzzles)
_L’arte di non dire la verità_ (libro)
Non è sicuramente da leggere a spizzichi e bocconi, visto che i vari personaggi sono tutti interallacciati tra loro, un po’ come nel perecchiano La vita – istruzioni per l’uso; ma ho trovato il contrasto tra le azioni contemporanee e lo stile di scrittura (ben reso nella traduzione) di centocinquant’anni fa piuttosto stridente. L’arte di dissimulare – e non “di non dire la verità”: ma si sa che il titolo di un libro non è colpa del traduttore – viene mostrata per esempi didascalici, riusciti e no, ma è più che altro il canovaccio sul quale Soboczynski racconta le piccole miserie della vita quotidiana, dalla madre che cerca di far venire sensi di colpa al figlio all’agente immobiliare che è stato fregato dal collega e si trova a dover vendere case in un quartiere lontanissimo dal centrocittà a tutte le storie di amori e flirt più o meno interessati. Non sarà certo un’opera che ricorderò negli anni a venire.
Milano: catene sì o no?
Io non sono ancora riuscito a capire se e come sia stata promulgata l’ordinanza della provincia di Milano che istituisce l’obbligo di catene oppure gomme da neve su tutte le strade provinciali (non “del territorio provinciale”) tra il 15 novembre e il 15 marzo. Leggendo qui oserei dire che la decisione è semplicemente stata sospesa, ma con i nostri politici non si sa mai.
Ora io posso dirvi che la strada provinciale torinese che da Germagnano porta a Usseglio, dove vive mia mamma, ha da anni un bel cartello con quel preciso obbligo. Ma c’è un ma: Usseglio è a 1260 metri sul livello del mare, quella è una strada di montagna, e non è poi così strano che d’inverno nevichi anche pesantemente. La provincia di Milano (oltre a non voler spendere per mettere i cartelli sulle strade, senza pensare che il primo avvocato che si prendesse una multa per non aver ottemperato all’obbligo può tranquillamente vincere la causa dimostrando che non aveva possibilità di saperlo) è notoriamente un luogo di alta montagna, dalla cima di Palazzo Lombardia in giù. In un inverno tipico può capitare al più per due o tre volte che la Protezione Civile avvisi del pericolo di nevicate forti; logica avrebbe voluto che si dicesse “in caso di pericolo segnalato dalla Protezione Civile occorre girare con catene o gomme da neve”, e nessuno si sarebbe preoccupato più di tanto.
Un’ultima cosetta: che avere le gomme da neve non significa spendere di più, perché tanto non si consumano le altre gomme, è una palla. A parte che per due volte l’anno devi cambiare il treno di gomme, per quel poco che so le gomme da neve hanno una mescola più morbida, e quando la neve non c’è si consumano ben più in fretta. Ma in fin dei conti, «Una volta, del resto, gli specchietti retrovisori non erano obbligatori.»
Dichiarazione di voto
domenica ci saranno le primarie del centrosinistra per scegliere il candidato sindaco milanese per le elezioni della prossima primavera. Io andrò a votare – il che non è poi così scontato, di primarie ne ho già saltate un paio – e voterò per Giuliano Pisapia. La scelta l’ho fatta quando si è candidato, e non la cambio nemmeno dopo che lui ha incassato il sostegno di Sinistra e Libertà e (orrore!) quello del Codacons; purtroppo uno non sempre può scegliersi gli amici.
E gli altri tre candidati? Michele Sacerdoti lo conosco dai tempi della purtroppo persa battaglia per salvare il Bosco di Gioia; è una bravissima persona, lo vorrei sicuramente in giunta, ma non mi pare che abbia la caratura per fare il sindaco. Valerio Onida non credo abbia bisogno di presentazioni, e ha anche una bella voce :-); quello che mi preoccupa è la sua età, visto che non penso proprio che un settantaquattrenne debba ricoprire posizioni che richiedono un impegno costante. Stefano Boeri? Beh, a me dà l’impressione di ferrantite. Vi ricordate Bruno Ferrante, candidato sindaco cinque anni fa e poi finito a lavorare per Ligresti? Ecco, non ho nessuna voglia di ritrovarmi con qualcosa del genere. Potrei sbagliarmi, come ad esempio mi ero sbagliato sul buonanima di Riccardo Sarfatti; ma preferisco non rischiare.
Instant song
Stamattina Cristiano Valli mi ha fatto ascoltare – beh, l’ha fatta ascoltare a tutti quelli sintonizzati su Ancora dieci minuti a Radiopop – l’ultima canzone di Omar Stellacci, che sono sicuro di aver già sentito ma non ricordo dove.
Ad ogni buon conto, il brano si intitola Anche tu Rubi? e non può che essere nata nelle ultime due settimane, anche perché l’assonanza “gamba lunga lunga – facciamo un po’ di … rumba” non se la sarebbe certo potuta sognare.
Buon ascolto! :-)
Google Translate è filoberlusconiano!
Oggi sta girando per la rete questa notizia: La traduzione di Google Translate di “Non ho votato Berlusconi” è “I have voted for Berlusconi”. E questo succede solo per Berlusconi.
L’ho appena provato, e in effetti è così; non solo per la traduzione in inglese ma anche in francese, tedesco e spagnolo (in latino fa un casino inenarrabile, e non ho testato altre lingue). Altri tempi verbali e altri politici danno la traduzione corretta, e anche “Tu non hai votato Berlusconi” è corretto, come è reso correttamente “Non ho votato per Berlusconi” (forma grammaticale che io preferirei, del resto).
Sarebbe interessante scoprire quali siano i misteriosi sistemi automatici che rendono Berlusconi così piacevole a Google Translate.. e già che ci siamo perché se mi fermo a “Non ho votato Berlusc” la traduzione è “I did not vote Berlusca”. Questo uso di uno dei nomignoli del nostro PresConsMin mi fa pensare a qualche falla nei documenti usati per generare il corpus delle corrispondenze tra le lingue (o meglio nella generazione dell’albero sintattico-semantico, ho come la sensazione che Google “traduca” internamente in un suo pseudolinguaggio formale); purtroppo temo che questi algoritmi siano ancora più segreti di quello che genera gli AdSense :-)