Voci di corridoio

Non ditemi che non sapevate che è ormai disponibile urbi et orbi (ehm, intendevo in formato pdf ed epub) l’ebook il cui titolo è anche il titolo di questa notiziola!
Non lo sapevate? e allora sapevàtelo!
(per chi non sa proprio nulla di nulla: gli autori di questo ebook sono blogger che nella vita reale fanno i professori nell’italica scuola, con un’eccezione perché come avrebbe detto Perec le eccezioni sono il sale della letteratura. No, io non ho scritto nulla per loro, potete scaricarlo tranquilli)

_Journey through Genius_ (libro)

[copertina] Di storie della matematica ce ne sono davvero tante. Ma questa (William Dunham, Journey through Genius, Penguin 1991 [1990], pag. 300, $16, ISBN 978-0-14-014739-1) è un po’ particolare. Dunham ha pensato infatti di strutturarla a partire dai grandi matematici della storia e soprattutto a partire da alcuni dei loro risultati più famosi. Iniziamo così dalla quadratura della lunula da parte di Ippocrate di Chio per arrivare a Cantor e ai suoi numeri transfiniti. I teoremi sono però solo la parte centrale dei capitoli, che parlano anche della vita del loro dimostratore e del contesto sia storico che matematico in cui si pone: tanto per fare un esempio, quello in cui si parla della dimostrazione della non numerabilità dei reali affianca il cambio di prospettiva nella matematica con quello che parallelamente si aveva nella pittura. Ma quello che è davvero bello in questo libro è che i teoremi sono dimostrati. Sfido chiunque ad avere visto la dimostrazione della formula di Erone per calcolare l’area di un triangolo dati i suoi lati; Dunham te la mette lì, annotandotela man mano per far vedere l’abilità di una linea di attacco che sembra essere casuale ma invece alla fine fa scattare la trappola. Direi che il libro è perfetto per chiunque non scappi a priori davanti a una formula matematica.

Treccani e Wikipedia

Come credo vi siate tutti accorti, c’è una certa qual rivalità tra Wikipedia e la Treccani. Soprattutto quest’ultima, purtroppo in cattive acque finaziarie a causa dei parvenu della conoscenza, non perde occasione di ricordare che loro sono comunque i meglio, e di scegliere il prodotto certificato. Tra i vari vantaggi della Treccani c’è naturalmente la sua correttezza: chiunque può scrivere le stupidaggini che vuole su Wikipedia, e chiunque può inserire – volontariamente o no – un errore. Peccato che ci sia anche l’altra faccia della medaglia…
Mercoledì mattina mi capitò di passare sul sito della Treccani per vedere cosa loro sceglievano come verbo per l’azione di passare un documento allo scanner. Alla voce (deprecata, per fortuna…) scannare veniva spiegato che il termine era un adattamento del verbo inglese to scann. Suvvia, potreste pensare, quello è il dizionario italiano, mica inglese. Un refuso di questo tipo non è la fine del mondo, no? No, non lo è. Però…
Sulla pagina web c’era un link per le segnalazioni. Io coscienziosamente ho cliccato sul link, ho messo nome cognome email, e ho segnalato educatamente l’errore. Al momento in cui sto scrivendo (martedì pomeriggio) il verbo inglese continua a essere “to scann”. Capisco che giovedì era festa, venerdì magari han fatto ponte, poi c’è stato il weekend; ma una segnalazione come questa si sarebbe dovuta processare già nel pomeriggio stesso, e ad ogni buon conto ieri non mi sembra ci fossero chissà quali impedimenti. Se la stessa cosa fosse stata segnalata su Wikipedia la correzione sarebbe avvenuta in meno di dieci minuti: vogliamo dirlo che magari noi wikipediani siamo un po’ meglio in qualcosa?
p.s.: visto che al momento sono ancora il portavoce pro-tempore dell’associazione Wikimedia Italia, ho scritto un comunicato stampa e l’ho spammat… ehm, l’ho spedito un po’ in giro. Chissà se qualcuno dei vari giornali riprenderà la cosa, anche se scommetto di no: non siamo così importanti, e non muoviamo budget :(

la potenza della Rete (?)

Non so cosa succederà con questi referendum, anche se la mia impressione è che non si raggiungerà il quorum e l’affluenza sarà intorno al 45% (poi si sa che le mie previsioni sono utilissime per chi scommette contro). Non riesco a capire tutti quei politici di sinistra e dintorni che invece di volare basso gridano auspicando l’ultima spallata al governo, mostrando per l’ennesima volta la ragione per cui in Italia in genere i governi sono di destra; ma non è di questo che voglio parlare.
Se il quorum verrà effettivamente raggiunto, sono certo che lunedì sera saranno tutti a tessere lodi sperticate all’Internette, che ha permesso una grandissima mobilitazione popolare di massa con gli appelli a votare che appaiono da mesi, gli tsunami di messaggi tutti identici che riempiono a intervalli sempre più vicini, manco fossero le contrazioni preparto, la bacheca di Facebook, e le catene di sant’Antonio per email – un po’ meno di una volta, a dire il vero, il che prova l’utilità di FacciaLibro per la qualità della vita. Tutti questi inviti sono per QUATTRO SÌ, sia ben chiaro!
Epperò capita che tra i blog inizino a spuntare delle voci dissenzienti, che andranno a votare pur sapendo di fare il gioco del sì ma non sono così granitici, essendo per il NO ad alcuni quesiti, soprattutto sulla scheda gialla (divieto di profitti per l’acqua) e in parte sulla grigia (il nucleare). Di me sapevate già, e potreste anche lamentarvi che mfisk è un mio amichetto e non conta: però mi è capitato di vedere gente con cui ho poche o punte interazioni, come Francesco Costa e Stefano Ceccanti, prodursi in argomentazioni parecchio simili. (Phastidio va oltre, propugnando l’astensione). La parola chiave è “argomentare”: siamo tutti dei pericolosi intellettuali. Ma non preoccupatevi: siamo in Italia, e gli intellettuali faranno la solita ridicola fine. Sì, forse la Rete mostrerà la sua potenza: ma non sarà la Rete che noi vent’anni fa speravamo, quanto la trasposizione di Portobello.

Due sì, un no, un bah

Domenica si vota ai referendum, e io sarò come sempre al seggio a depositare nelle varie urne le relative schede. Per i curiosi, e ce ne sono tanti tra i miei ventun lettori, ecco le mie scelte.
Innanzitutto una precisazione non del tutto inutile: per una serie di colpe in primo luogo dei radicali ma anche di vari governi in carica la legge sui referendum si è snaturata: nessuno fa più propaganda per il no, ma direttamente per l’astensione. Andare a votare significa in pratica votare sì anche se si scrive no, insomma; ma io sono un uomo di princìpi e vado lo stesso a votare.
Al referendum sul legittimo impedimento (scheda verde) voterò sì. Attenzione: il referendum è assolutamente inutile (la legge è in scadenza, e ho la speranza che in futuro non capiti molto spesso di avere il premier sotto numerosi processi); ma come dicevo prima per me quello che conta è il principio. E il principio è che è giustissimo che sia previsto un impedimento istituzionale, ma non che il premier se le canti e se le suoni, indicendo casualmente una riunione del Consiglio dei Ministri o presenziando all’inaugurazione di un nuovo semaforo il giorno in cui sarebbe dovuto trovarsi in tribunale e spergiurando l’importanza imprescindibile di tali impegni.
Al primo referendum sull’acqua (scheda rossa, testo che non finisce più) voterò sì. Non ho nulla contro il privato nella gestione dell’acqua, ma continuo a preferire che la maggioranza sia in mano pubblica, cosa che la legge Ronchi non permette. Peggio ancora, visti i guai di bilancio degli enti locali rischiamo davvero che le quote vengano svendute, il che non mi pare proprio il caso. Ma proprio perché non ho nulla contro il privato, al secondo referendum sull’acqua )scheda gialla, testo breve) voterò no. Non prendiamoci per i fondelli: perché un privato dovrebbe investire in un business che non può dare profitto? (sì, lo so che la ratio dei referendari è proprio questa) E che importa al pubblico se l’acqua si perde per mancata manutenzione degli acquedotti? D’altra parte, gli enti locali hanno bisogno di soldi, e non cambia poi molto se li prendono dagli utili sull’acqua, su altre municipalizzate o con un’addizionale IRPEF che spesso è uguale per tutti, alla facia della progressività del reddito.
Resta il quesito sul nucleare (scheda grigia). Io non sono tendenzialmente contrario al nucleare – anche sotto casa, sì. Ho forti dubbi che in Italia si possano fare le cose per bene, ma ho anche la certezza che tanto le centrali nucleari non le si farà comunque, quindi il referendum è inutile. Voterei scheda bianca se non avessi l’horror vacui nell’urna, pertanto annullerò educatamente la scheda.
Ah: sia ben chiaro che non voglio convincere nessuno, invecchiando sono sempre meno appassionato di queste cose…

gioco della domenica: Energy Physics

In Energy Physics bisogna far prendere una scossa ai Men in Black, che immagino siano i cattivi. E come si fa? beh, semplice (si fa per dire): ci sono dei generatori di corrente posizionati qua e là e delle barre metalliche. Fortunatamente i Men in Black sono stupidi e non si muovono, ma questo non significa che sia facile riuscire a far cascare le barre nei punti giusti, sfruttando i movimenti fisici…
(via Passion for Puzzles)

Shi Kong: China Futures (libro)

[copertina] Anche in Cina si scrive fantascienza. Forse non lo si faceva tanto durante la Rivoluzione Culturale, ma ormai il genere è stato sdoganato. Per curiosità ho così preso questa antologia di Urania (AA.VV., Shi Kong: China Futures, Urania 1564, novembre 2010, € 4.90, trad. Lorenzo Andolfatto) con racconti tratti dalla rivista cinese Kehuan Shijie.
Giudizio critico? Beh, per metà buona del libro i racconti sono francamente brutti. Notate che io amo anche la fantascienza americana dell’Età dell’Oro, insomma non chiedo chissà quale introspezione psicologica dei personaggi ma mi accontento senza problemi dei vecchi racconti con un’idea più o meno plausibile portata alle sue conseguenze. Qui non c’è nulla di tutto questo, i primi racconti mi sembrano più che altro dei compitini (non posso ovviamente sapere quanto la traduzione abbia influito sullo stile, il cinese è troppo lontano dalle mie conoscenze per potermi fare anche solo un’idea indiretta). Salverei solo La melodia della vita di Wang Jinkang, nonostante qualche incertezza stilistica, e I sei sentieri di He Xi, anche se credo di aver perso qualcosa sui riferimenti al buddismo. Le tombe del cosmo di Han Song avrebbe anche un’idea interessante ancorché crepuscolare, sui costruttori di tombe, ma appunto il tema è trattato in maniera troppo piatta per i gusti che posso almeno avere io. In definitiva non credo che mi appassionerò ancora alla fantascienza cinese.

progresso

In via Padova, quasi angolo via Predabissi, c’era un calzolaio con una bellissima insegna in stile anni ’50 “Risolnova” in nero e marrone. L’altro giorno sono passato là davanti: c’era sempre il calzolaio, immagino un altro, ma era stato appiccicata sopra l’insegna un anonimo “Tacco Express”. Sarà forse più riconoscibile, ma certo tanto triste.
(che poi ne aveva anche parlato Terre di mezzo, eh)