le chiavi della macchina

Purtroppo causa Covid porto e recupero i ragazzi a scuola in automobile da vari mesi. In queste ultime settimane ho anche ripreso ad andare in palestra in pausa pranzo: solo che la palestra è in una zona di Milano dove è assolutamente impossibile parcheggiare. Ok, anche la scuola dei ragazzi è nella stessa condizione, ma lì in fin dei conti è un kiss&ride. Alla fine ho trovato un compromesso: la mattina li portavo a scuola, andavo a trovare un parcheggio dalle parti del Formigonio, prendevo un BikeMi per tornare a casa, lavoravo, prendevo il BikeMi per andare in palestra e lo riprendevo per arrivare alla macchina. Più facile da fare che da spiegare.

Stamattina ho eseguito l’operazione, ma quando alle 12:30 faccio per uscire non trovo le chiavi della macchina. Guardo nelle tasche dei pantaloni: niente. Cerco freneticamente se sono cadute da qualche parte: niente. A questo punto prendo al volo la chiave di scorta e faccio il mio giro. Salito in auto telefono ad Anna comunicandole la ferale notizia. Due minuti dopo mi richiama e mi dice “sei un uomo molto fortunato”. Dov’erano le chiavi? Nelle tasche dei pantaloni. Mi ero semplicemente dimenticato che la mattina ero uscito con i pantaloni lunghi, e ho cercato nei bermuda. Sto perdendo davvero colpi.

(Poi mi sono preso diluvio e allagamenti vari per recuperare Jacopo in mezzo al momento peggiore del temporale, ma su quello ci potevo fare poco)

Io ci rinuncio

[bandiere per il Pride Month] Mi spiace per la mia amica Isa che cerca di spiegare a sua figlia tutte le nuance delle varie bandiere “pride” – e mi stupisce che non abbia sottolineato con la penna rossa il “bysexual” – ma io mi rifiuto di prenderle in considerazione.
Sarò arretrato, ma per quanto mi riguarda il Pride Month dovrebbe celebrare l’inclusione, o detto terra terra “qualunque cosa tu preferisca, fintantoché non è ai danni di qualcun altro, è okkeione”. E allora a che serve avere una parcellizzazione peggio dei partiti di sinistra in Italia? Si rischia che i bigender bullizzino i trigender, qualunque cosa questi ultimi siano?

Quizzino della domenica: cinque interi

Abbiamo cinque interi positivi tutti distinti a > b > c > d > e, la cui somma è 183. La somma dei tre numeri più grandi è 144, e la somma del più grande e del più piccolo è 68. Qual è la differenza tra il massimo valore possibile di a e quello minimo possibile?


a b c d e
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p522.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema adattato da Math StackExchange)


flussi mischiati

Secondo voi, perché per un phishing dove mi si dice che c’è stato un login su Facebook da un nuovo device viene usato l’indirizzo email che io uso solo e unicamente su LinkedIn?

An Illustrated Theory of Numbers (libro)

[copertina] Non è che sia tutta illustrata, la teoria dei numeri spiegata in questo libro (Martin H. Weissman, An Illustrated Theory of Numbers, AMS 2017, pag. 323, $84.90, ISBN 9781470434939). Io ci speravo anche un po’, a dire il vero… Ma il compito sarebbe stato davvero improbo. Il testo raccoglie tre temi fondamentali della teoria dei numeri “algebrica”, e in effetti l’affermazione che è sufficiente avere le basi della high school mi pare corretta, anche se devo ammettere che mi sono perso nella sezione sulle forme quadratiche. La cosa che mi è piaciuta di più nell’approccio, a parte i disegnini quando ci sono, è la scelta non convenzionale di come trattare la materia, che porta Weissman a cercare unificazioni che non mi era mai capitato di vedere. Dal lato negativo ho trovato alcuni refusi, che in un libro che non è certo regalato infastidiscono parecchio.

Il coltellino svizzero (ebook)

[copertina] Io ho sempre apprezzato i libri di Anna Maria Testa, anche per il modo in cui scrive. In questo caso, però, (Anna Maria Testa, Il coltellino svizzero : Capirsi, immaginare, decidere e comunicare meglio in un mondo che cambia , Garzanti 2020, pag. 268, € 9,99 (cartaceo 18), ISBN 9788811817567) tolto lo stile di scrittura mi pare non rimanga molto. Ci sono alcuni punti meritevoli di considerazione, che ho salvato e postato come al solito sul mio sito; ma in generale l’impressione che ho avuto è quella di una chiacchierata tra amici. Visto che da quanto ho capito il libro è una riscrittura dei testi sul suo blog – riscrittura ben fatta, intendiamoci: i vari capitoli non sono messi a caso ma seguono un filo logico – la cosa non è così strana; però mi sarei appunto aspettato qualcosa in più.

Giovanni Brusca, o dei delitti e delle pene

Io non andrei mai a prendere un caffè con Giovanni Brusca. A dire il vero non saprei nemmeno di che potremmo parlare. Detto questo, ha scontato la sua pena e quindi è corretto che esca di prigione. Pensate che per uno che ha fatto quello che ha fatto si dovrebbe buttare via la chiave della prigione? È un punto di vista che può anche essere valido. Ma allora si cambi la legge. Legge che nacque apposta per “premiare” – è una brutta parola in quel contesto, lo so – chi decideva di collaborare. In altre parole, si è scelto a priori di permettere un mercanteggiamento per quello che si ritiene essere un miglior risultato complessivo: se il pensiero della maggioranza non lo ritiene più tale allora si possono cambiare le norme.

Per quanto riguarda l’ergastolo ostativo, invece, il mio punto di vista è che partendo dall’assunto costituzionale che il carcere non è punitivo ma rieducativo non vedo come un irriducibile che non si è mai pentito possa considerarsi “rieducato”; quindi ha senso che rimanga tale.

L’importanza di conoscere le lingue

Il telecomando dei nostri Velux funziona male: se qualcuno lo fa cascare si resetta, e devo di nuovo inserire data e ora (e giorno della settimana, perché a quanto pare il costo di una funzioncina per calcolarlo automaticamente era troppo elevato. Almeno le programmazioni resistono).

Ieri pomeriggio Anna mi dice “Ah! il telecomando dice le cose in ugrofinnico! Rimettilo a posto!” A quanto pare, due persone di cui non faccio il nome “stavano giocando” e l’hanno fatto cascare. Poi non si sa bene cosa abbiano fatto, soprattutto considerato che la scelta della lingua non è certo uno dei menu iniziali. Ad ogni buon conto, guardo il telecomando e stabilisco che la lingua è scandinava, il che è un grande vantaggio. Resetto di nuovo il telecomando, segno data e ora – quelli sono facili, sono sempre numeri – e poi viaggio a caso tra i menu finché non vedo la parola “Sprog” che chiaramente è l’equivalente del tedesco Sprache. Clicco, scopro che il menu era settato in danese, e lo rimetto in italiano.

Comunque sono stato fortunato. La prima lingua dell’elenco era il ceco, e lì mi sarei perso del tutto. (Ok, avrei cercato su Internet il modello del telecomando e guardato com’erano i menu, ma non sarebbe stato così divertente)