Sono sicuro che vi ricordate tutti dai tempi della scuola che se prendete un triangolo e costruite la parallela a un lato in modo che essa tagli gli altri due lati, otterrete un triangolo più piccolo che è simile a quello di partenza. Quello che probabilmente non sapete (e non sapevo nemmeno io fino a poco tempo fa) è che è possibile disegnare un’altra retta che taglia il triangolo originario e ci dà un triangolo simile a quello di partenza. Dove sta il trucco? Semplice: si scambiano tra di loro i due angoli alla base!

Nella figura qui sopra potete vedere un esempio di questa retta, che prende con parecchia fantasia il nome di antiparallela. Pat Ballew, da cui ho preso le informazioni per questo post, dice che Apollonio aveva già studiato questa retta, ma le aveva chiamata “subcontraria”.
Come si può costruire un’antiparallela? Ci sono vari modi: io ne mostro un paio. Nel primo si traccia la bisettrice AM del triangolo BAC, si sceglie un punto O in essa e si costruisce una retta per O che faccia con la bisettrice un angolo uguale a BMA: come si vede dalla figura, i triangoli ABM e AOP sono simili. Il secondo modo è forse più semplice, e sicuramente lo è con Geogebra: si prende un punto P sul lato AC e si costruisce la circonferenza per B, C, P. Se questa circonferenza incontra il lato AB in un punto Q, PQ è l’antiparallela cercata. Come mai? Semplice. Il quadrilatero BCPQ è per costruzione ciclico (cioè inscritto in una circonferenza), e quindi i suoi angoli opposti CBQ e QPC sono supplementari. Ma anche APQ e QPC sono supplementari, pertanto CBQ = APQ, come volevasi dimostrare.
A questo punto dovrebbe essere intuitivo che se prendiamo un cono non retto (dove cioè l’asse non è ortogonale alla base) esistono due piani che tagliando il cono danno una circonferenza: quello parallelo alla base e quello che forma delle antiparallele. Questi esempi sono forse un po’ forzati; ma esiste un caso in cui le antiparallele arrivano spontaneamente. In un triangolo acutangolo, il triangolo ortico è quello che ha come vertici i piedi delle altezze del triangolo stesso. (Se il triangolo non fosse acutangolo il triangolo ortico finirebbe fuori da quello di partenza). Giovanni Fagnano dimostrò nel 1775 che esso è il triangolo inscritto di perimetro minore; ma quello che importa a noi è che il triangolo ortico è formato da tre antiparallele! Per vederlo (grazie a Roberto Zanasi per la dimostrazione…) basta notare che sia il triangolo BTC che il triangolo BSC sono rettangoli, e quindi inscritti in una semicirconferenza di diametro BC; pertanto BTSC è un quadrilatero ciclico, e per quello che abbiamo visto sopra l’angolo TBC è congruente a AST. Notevole, vero?




Ora, è vero che il District of Columbia conta poco o nulla, è anche vero che tanto dà il 90% dei voti ai democratici. Però è buffo vedere che quelli che hanno avuto Trump in casa 
Le “forze spaziali” del titolo originale di questo libro non sono il nuovo corpo militare statunitense creato da Trump ma quelle che portano alcune persone a cercare di pensare come gli uomini potrebbero colonizzare lo spazio. Scharmen parte da Konstantin Ciolkovskij e John Desmond Bernal, con le loro idee di fine Ottocento e metà Novecento di satelliti artificiali abitati, e continua mantenendo un interessante equilibrio tra la fantascienza (anche Arthur Clarke è trattato in un capitolo), scienza (la NASA, ma anche Werner von Braun e il suo passato nella Germania nazista) e politica (sempre la NASA e il suo modo di presentarsi, ma anche la corsa dei privati allo spazio, dove Scharmen non nasconde per nulla che tra Bezos e Musk preferisce di gran lunga il secondo e il suo punto di vista). In generale il fil rouge di Scharmen è la “tettonica”, nel senso geologico traslato: ci sono forze che si muovono indipendentemente tra loro e che mandano in rotta di collisione i punti di vista della gente. Una lettura molto interessante, che permette di capire come la corsa allo spazio abbia profonde ripercussioni sulla nostra vita in questo pianeta, che almeno per il momento è l’unico posto dove possiamo stare. Buona la traduzione di Massimiliano Bonatto.
Sono a casa in una call. Squilla il telefono, numero privato. Come sempre, prendo la chiamata e non parlo: dopo qualche secondo la linea cade. Squilla di nuovo il telefono, sempre numero privato. Di nuovo prendo la linea: stavolta una voce (italiano senza accenti stranieri) mi chiede di aprire la porta perché è arrivata la pizza alle quattro stagioni ordinata. Io, che so già dove l’amico vuole arrivare, replico che non so chi l’abbia ordinata. L’amico ribatte “c’è scritto qua, codice C3”, e io “in questo palazzo non abbiamo codici di questo tipo”. Il tipo è molto stolido, perché ha continuato a parlare anche dopo che gli ho esplicitamente detto che poteva smetterla di intortarmi perché tanto conosco la truffa, dicendo che ha il mio numero di telefono e che gli devo 25 euro (alla faccia della pizza, l’avrei presa da Cracco?). Oh, ho buttato giù e ha riprovato a chiamare subito dopo.
ok, è una settimana che piove e quindi gli inquinanti si sono abbassati, ma le polemiche sono rimaste in sospensione, tra chi dice che la qualità dell’aria nella pianura padana è molto migliore di 30, 20 e anche 10 anni fa e chi commenta che non basta. E tra le misure che vengono chieste c’è chi (se non ricordo male un consigliere comunale o regionale pentastellato) riprende la vecchia proposta di rendere gratuiti i mezzi pubblici “per convincere la gente a usarli”.