Archivi annuali: 2020

AllertaLOM (e un aggiornamento su IMMUNI)

Ricordate che venerdì avevo scritto che «pare che Regione Lombardia abbia ampiamente pubblicizzato la loro app AllertaLom»? Bene. Oggi alle 12:55 mi è arrivato il seguente SMS:

RegioneLombardia-CercaCovid: scarica app AllertaLOM e compila ogni giorno il questionario anonimo sul tuo stato di salute. Aiuterai a tracciare mappa contagio

Tutto qua. Non uno straccio di link: non tanto all’app – sarebbe un po’ complicato, non conoscendo qual è il sistema operativo del telefonino – quanto a una pagina istituzionale della regione dove viene spiegato sia in poche parole che per filo e per segno cosa fa l’app e perché lo fa, e già che ci sono mettere i link agli store Android e iOS (ma anche WindowsPhone, per chi ce l’ha…) In effetti però la pagina dell’app non dice molto, e anche cliccando sul banner “Info CoronaVirus” si arriva a una pagina che finalmente porta alla pagina CERCACOVID con un minimo di spiegazioni, eccetto “naturalmente” quelle su come vengono trattati i dati. Una nota a latere: mentre sto scrivendo, l’app sarebbe stata scaricata da 675.000 persone e sarebbero stati raccolti 960.000 questionari. Considerando che in teoria il questionario dovrebbe essere compilato una volta al giorno abbiamo dei problemi nella comprensione delle operazioni da compiere.

La mia amica Patrizia mi segnala questo articolo di Wired Italia (rigorosamente senza collegamenti a siti esterni, secondo le inveterate abitudini italiche) che fa le pulci a come si gestisce l’anonimato – o meglio lo pseudonimato, visto che per la natura stessa dei questionari è necessario riunire in uno stesso fascicolo quelli relativi a una singola persona, pur non potendo risalire ad essa; e soprattutto spiega perché i messaggi arrivino in tempi diversi: tutto dipende dall’operatore. Evidentemente Tim si è svegliata stamattina.

Ma lasciamo perdere AllertaLOM e torniamo alla mirabolante IMMUNI. Il mio collega wikipediano valepert mi ha segnalato questa nota del ministero dell’innovazione che segnala come

il sottogruppo “Profili giuridici della gestione dei dati connessa all’emergenza” ha evidenziato che: […] Il codice sorgente del sistema di contact tracing sarà rilasciato con licenza Open Source MPL 2.0 e quindi come software libero e aperto.

(grassetto loro). In realtà non c’è scritto che BendingSpoons abbia accettato la cosa: il testo più sotto dice infatti

il Commissario ha stipulato il contratto con cui la stessa società, per spirito di solidarietà e, quindi, al solo ed esclusivo scopo di fornire un proprio contributo volontario utile per fronteggiare l’emergenza da coronavirus in atto e contribuire alle azioni di contenimento che il Governo intende porre in essere, ha concesso la licenza d’uso aperta, gratuita, perpetua e irrevocabile del codice sorgente e di tutte le componenti dell’applicazione. La società si è poi impegnata, sempre gratuitamente e pro bono, a completare gli sviluppi software necessari per la messa in esercizio del sistema nazionale di contact tracing digitale.

Però a me questa nota del ministero pare tanto un tentativo di mettere una pezza ex post a un “piccolo” errore di progettazione del bando. Speriamo che basti.

Ultimo aggiornamento: 2020-04-21 17:52

In My life: chi l’ha scritta?

Tra i Grandi Misteri della Musica Pop c’è quello di chi è stato il compositore di In My Life. Come gli appassionati beatlesiani sanno bene, dopo il 1963 è difficile che le canzoni siano state composte effettivamente in tandem da John Lennon e Paul McCartney: il raffinamento del brano era sì opera di tutti, ma testo e melodia nascevano da uno solo dei due, anche se l’accordo era di mettere entrambi i nomi come coautori. (C’è anche una lunga storia sul perché sono indicati come “Lennon-McCartney” e non viceversa: all’inizio pare che il primo nome dovesse essere quello dell’autore principale del brano, ma poi si sono sbagliati con Please Please Me e per sicurezza si è deciso di mantenere l’ordine vincente. Il solito Lewisohn spiega tutto). Il massimo che poteva capitare è che si appiccicassero due frammenti di canzoni distinte, come nella notissima A Day In the Life o nella meno nota I’ve Got a Feeling. Ma che succede invece con In My Life? Il testo è sicuramente di John, che affermò anche in un’intervista di avere composto quasi completamente la melodia e che Paul l’aveva aiutato solo con l’armonia e “il middle eight” (che in realtà in questo caso è la parte “All these times had their moments…”; Paul disse invece (con Lennon ancora vivo, anche se nel periodo in cui si era ritirato dalle scene) che la musica era quasi tutta sua. La tecnica classica di discriminazione “il solista è chi canta la voce principale” non funziona, perché comunque il testo è lennoniano. E allora? E allora si è provato ad addestrare un’intelligenza artificiale dandole in pasto alcuni brani di cui l’autorialità era fuori discussione e vedendo cosa avrebbe tirato fuori. L’articolo tecnico che descrive cosa è stato fatto è disponibile qui, mentre una spiegazione più alla portata di tutti si può leggere qui.

La frase chiave dell’articolo tecnico è la seguente: “Our model produces a probability of 18.9% that McCartney wrote the verse, and a 43.5% probability that McCartney wrote the bridge, with a large amount of uncertainty about the latter.” Non riesco bene a capire come si possa dare una probabilità (con tre cifre significative, ma questo è un problema generico di chi usa questi modelli in maniera bovina) e dire allo stesso tempo che c’è molta incertezza sul suo valore: tipicamente questo significa che la deviazione standard è alta, ma allora sarebbe stato meglio mettere una forchetta di dati. Ma soprattutto il modello pare non accorgersi del fatto che sia John che Paul non hanno avuto problemi ad assegnare la seconda parte a quest’ultimo! La mia conclusione, banale quanto volete, è che questi modelli non hanno alcun senso. In fin dei conti essi nascono come applicazioni dei big data, e per quante canzoni i Beatles abbiano scritto non possiamo certo considerarle come big data. Aggiungiamo poi il fatto che il duo non operava in camere stagne ma aveva una serie di interazioni: nell’articolo su Anglotopia è riportata la frase “Forse la musica è di McCartney che faceva lo stile di Lennon”, il che potrebbe anche non essere una battuta; l’accordo di sottotonica (il sib in un brano in do, per capirci) su “for people and things” ricorda Lennon ma potrebbe appunto essere stato aggiunto apposta dal suo collega. Insomma lasciamo perdere tutte queste analisi, notiamo che non ci serve un’intelligenza artificiale per accorgerci che i passaggi cromatici sono tipicamente lennoniani, e soprattutto apprezziamo la musica. Ah: Paolo Alessandrini in Matematica Rock parla più matematicamente del tutto :-)

Quizzino della domenica: Il sesto prodotto

Immaginate che io abbia scelto i quattro numeri positivi 1, 2, 3, 4. Come potete verificare, i prodotti delle coppie di quei numeri sono 2, 3, 4, 6, 8, 12. Ora io scelgo altri quattro numeri positivi; in questo caso cinque dei prodotti sono 2, 3, 4, 5, 6. Qual è il sesto prodotto?


(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p443.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema tratto da Mind Your Decisions.)

Numericon (ebook)

Le autrici di questo libro (Marianne Freiberger e Rachel Thomas, Numericon, Quercus 2014, pag. 336, € 3,99, ISBN 9781782061540) sono editor di Plus Magazine, e quindi sono abituate a divulgare matematica. I vari numeri (interi, irrazionali anche se al posto di π hanno preferito usare τ, e già che c’erano anche l’unità immaginaria, oltre che l’incognita x) sono pertanto trattati da un punto di vista puramente matematico, anche se con molti agganci con la vita reale. Chi è abituato a leggere divulgazione matematica probabilmente non troverà molte cose nuove; ho però apprezzato il modo in cui le autrici hanno assemblato il materiale per ottenere uniformità e scorrevolezza, cosa che non è usuale in testi che per la loro stessa natura nascono frammentati. Alla fine mi è però rimasta una sensazione strana, come se mancasse qualcosa. Può darsi che la colpa sia la descrizione della quarta di copertina, che paragonava il libro a Etimologycon: no, non è la stessa cosa. Ah: mi raccomando, leggete la sezione finale sulla “bibliografia ragionata”, che non è un semplice elenco di libri.

App tracciacontatti, privacy e modelli di business

Continuiamo a essere nel pieno della pandemia da CoViD-19. Non abbiamo nessuna idea di cosa possiamo fare per tornare a una vita non dico normale ma almeno senza essere segregati in casa; ma è chiaro a tutti che questa situazione non può proseguire per troppo tempo, anche senza tenere conto delle notevoli spinte di Confindustria e soprattutto Assolombarda… anche se la Lombardia per com’è la situazione attuale dovrebbe essere di gran lunga l’ultima regione italiana a poter permettere un rilassamento del lockdown. Ma la pandemia per sua stessa definizione non è solo italiana ma mondiale; ecco dunque che ovunque ci si sta scervellando su quali possano essere le soluzioni da adottare, sapendo perfettamente che almeno per il momento non esiste una panacea ma bisognerà adottare un mix di misure ciascuna delle quali contribuirà a ridurre l’ormai arcinoto parametro R0, quello che misura la contagiosità dell’infezione e che è stato spiegato bene da Angela Merkel (visto che avere studiato serve?) Tra le proposte c’è quella di tracciare i contatti personali per monitorare i contagi, e qui cominciano le danze.

Una fase della proposta Apple-Google per il tracciamento del contagio (dalle loro specifiche)

Avrete sicuramente sentito almeno parlare della strana alleanza tra Apple e Google, che hanno presentato una proposta di un’app per il tracciamento del contagio. Questa app “ovviamente” sarebbe installata su base volontaria, ed è stata studiata pensando alla privacy. Semplificando al massimo la proposta, ogni telefono in cui l’app è installata controlla con regolarità se ci sono altre app nei paraggi, e in caso affermativo le due app si scambiano un identificativo. Se una persona risultasse positiva al CoViD-19, l’app recupererebbe tutti i dati raccolti negli ultimi 15 giorni e li invierebbe a un server centrale; a tutte le persone che si sono trovate nelle vicinanze del malato verrebbe segnalata la situazione di possibile pericolo, invitandole a fare un controllo e mettersi in quarantena preventiva. Il vantaggio pratico della soluzione è per l’appunto il potere “tornare nel passato” e trovare persone che potenzialmente sono già infette e contagiose ma non hanno ancora sintomi della malattia; bloccando solo loro si permette al resto della popolazione di muoversi con maggiore libertà. Il primo passo sarà avere per la metà di maggio una serie di API (interfacce pubbliche) interoperabili tra i due sistemi; il passo successivo sarà modificare Android e iOS per avere direttamente nel sistema operativo la funzionalità di tracciamento, che però avrà sempre bisogno di un’app esterna.

La prima cosa che viene in mente leggendo la proposta è naturalmente chiedersi se la privacy è davvero rispettata. Io non ho le competenze necessarie per dare una risposta definitiva. Comprendo la logica alla base di scegliere Bluetooth e non GPS come modo per ottenere i dati di vicinanza: in questo modo, anche se qualcuno riuscisse ad accedere ai nostri dati, non potrebbe scoprire dove siamo stati ma solo quanti sono stati i nostri contatti; non quali sono, perché il server non conosce i nostri dati visto che è il nostro telefono a collegarsi per sapere se siamo stati in contatto con un contagiato, e uno dei principi fondamentali della sicurezza è “meno sai, meno danni può fare un baco di sicurezza”. È anche positivo il fatto che Apple e Google abbiano rese pubbliche le specifiche tecniche della loro soluzione: sicuramente saranno scrutinate con molta attenzione dagli esperti di privacy e di crittografia. Ma ci sono altri problemi che non mi fanno sentire molto tranquillo.

Innanzitutto, una funzionalità su base volontaria funziona allo stesso modo di una vaccinazione. In quest’ultimo caso occorre raggiungere l’immunità di gregge: una percentuale piuttosto alta della popolazione, che dipende dalla contagiosità della malattia ma che varia tra l’80 e il 95%. Nel caso dell’app avremmo qualcosa di simile: una certa percentuale di persone deve usarla per avere un tracciamento globale. Le stime che leggo variano dal 60 al 75%, probabilmente tenendo conto del fattore R0 più basso che per altre malattie; ma ho dei dubbi sulla validità di questa banale trasposizione, che non tiene conto della diversa logica dei due sistemi. Chi usa l’app non è infatti immunizzato, ma solo controllato; quindi può contagiare ed essere contagiato. Bene: chi ci assicura che l’app parta in pompa magna, si vede che i risultati sono deludenti, si dà la colpa alla bassa percentuale d’uso e la si renda obbligatoria? E una volta che l’app è obbligatoria, chi ci assicura che nessuno pernserà di usarla per altri tipi di controllo?

C’è poi il problema di un oligopolio – quello dei produttori di software per telefonini – che si sta rafforzando sempre più. Al momento c’è già qualcuno che sa perfettamente cosa facciamo e dove ci muoviamo, e sono gli operatori di telefonia mobile. È vero che i loro dati sono tipicamente meno precisi: come scrissi in occasione della grande mossa del governatore lombardo Fontana che chiese i dati aggregati per scoprire come i milanesi si stavano muovendo troppo, a me non serve neppure uscire di casa per passare da una cella a un’altra. Ma quello che probabilmente conta di più è che giustamente questi dati hanno dei vincoli d’uso molto stretti, e quindi non possono essere usati all’atto pratico. (Immagino anche ci sia poca inventiva da parte delle Telco per trovare degli usi interessanti ma rispettosi della privacy; non che io abbia tutta questa inventiva, intendiamoci, altrimenti avrei già proposto dei servizi). Una delle cose peggiori dei dati anonimizzati è però che possono diventare ben poco anonimi se incrociati con altri dati. Per esempio, se qualcuno sapesse più o meno dove abito e in che azienda lavoro potrebbe scoprire qual è il telefono che posseggo, guardando semplicemente gli spostamenti di tutti e filtrando i dati. Google e Apple al momento hanno dati più precisi ma meno facili da incrociare con altri dati pubblici; un insieme di coppie di vicinanza potrebbe essere incrociato in molti casi con la geolocalizzazione telefonica storica per recuperare i numeri corrispondenti alle connessioni anonime. Per evitare una cosa del genere, come minimo il server centralizzato dovrebbe essere gestito da una terza parte, e così d’acchito non saprei dire se è meglio che questa terza parte sia governativa – meglio, paneuropea – o privata. Sicuramente lo European Data Protection Board si sta preoccupando dei temi della privacy, ma non so fino a che punto.

Io ho provato a cliccare, ma non ho trovato nulla. Forse devo essere abbonato?

Infine… abbiamo l’italica app, scelta dopo regolare bando di concorso. In Italia siamo sempre pronti ad avere soluzioni autarchiche, dalla PEC a SPID, che di per sé funzionicchiano anche ma non sono assolutamente interoperabili, oltre ad essere rigorosamente gestite da privati o pseudoprivati. In questo caso, a oggi sappiamo ben poco di Immuni, se non che è stata fatta da una software house milanese in collaborazione con una nota catena lombarda di poliambulatori privati (che pure il mese scorso pare lavorassero a un’app di tipo ben diverso e da una società di marketing che evidentemente avrà collaborato per rendere la proposta più appetibile. Sicuramente l’ordinanza – che chissà come mai non sono riuscito ad aprire dal sito del Corriere che pure indicava il link da cliccare – non dice assolutamente nulla di tecnico, né contiene allegati tecnici sulla soluzione. Per quanto io possa parlare male di Apple e Google, la security by oscurity mi pare ancora più preoccupante: al governo e al commissario straordinario evidentemente no, o forse magari hanno avuto tutte le spiegazioni del caso con un obbligo di non divulgazione.

Ah sì: contemporaneamente oggi pare che Regione Lombardia abbia ampiamente pubblicizzato la loro app AllertaLom, che è stata recentemente aggiornata per chiedere a chi l’ha installata di segnalare ogni giorno il suo stato di salute. A quanto pare non c’è la possibilià di cliccare sul pulsante “come ieri” o anche solo di partire dai dati del giorno precedente per modificare quelli cambiati. Tutto questo riduce di molto il numero di volontari che si mettono a scrivere tutto ogni giorno; ma tanto l’app è stata scaricata da 50000 utenti sui 10 milioni di abitanti, e vi lascio quindi immaginare l’utilità pratica…

Ultimo aggiornamento: 2020-04-17 22:24

Il grandissimo servizio di BRT

Qualcuno mi aveva chiesto come era poi andata avanti la consegna BRT del mese scorso. Forse però non volete saperlo.

In pratica, per cinque giorni la settimana il sito BRT diceva al mattino presto che il pacco sarebbe stato consegnato in giornata e che dopo le 10 sarebbero stati più precisi; a metà mattinata la fascia di consegna era ridotta a due ore; nel pomeriggio la consegna veniva spostata al giorno successivo. Una volta mi è anche capitato di leggere “Mancata consegna”, come se io fossi andato in giro e non ci fosse stato nessuno a casa. La settimana scorsa c’è stata un’aggiunta; “I tempi di consegna potrebbero non essere garantiti a causa del COVID-19”.

Ieri pomeriggio finalmente ha suonato il corriere. Mi sono trovato un pacco malamente chiuso con lo scotch. Ho aperto il pacco e la bicicletta era rotta, e tra l’altro anche senza il foglietto della garanzia. CoopOnline (da cui ho comprato le biciclette) tace. BRT non è come al solito raggiungibile. Cosa devo fare?

Librerie aperte, librerie chiuse

Lasciamo stavolta da parte le battutacce sui governatori leghisti che non vogliono riaprire le librerie nonostante il via libera del governo, non si sa bene se perché non hanno ben chiaro a che servono oppure se lo sanno perfettamente e quindi non vogliono adunate sediziose. Guardiamo piuttosto la voce contraria di tanti librai indipendenti, che avranno fatto i loro conti e capito che riaprire adesso è solo una perdita di tempo e di fatica senza probabilmente ricavi. Io posso solo fornire evidenza aneddotica: tra i miei amici ci sono molti lettori forti, come magari immaginate, e tutti mi dicono che nonostante il lockdown non è che leggano più del solito, anzi. Io stesso faccio fatica a mantenere i miei ritmi soliti, probabilmente perché non riesco a considerare i libri come “una meritata pausa” e quindi non li prendo tra le mani (o faccio partire l’app sul tablet). Ho appena dato un’occhiata alle mie statistiche: dall’8 marzo al 10 aprile ho finito tre libri, che per me è una miseria. Insomma, a chi giova questa apertura? Forse alle grandi catene, forse ai supermercati. Secondo me quello che lo sa è Franceschini.

Ma detto questo, credo che più che parlare di librerie aperte o chiuse sia interessante leggere questa analisi di Emanuele Giammarco. Mi stupisce leggere che “il mercato è subissato di titoli che in grandissima percentuale non arrivano a 150 copie vendute”: io scrivo libri di nicchia, ma il mio libro cartaceo che ha venduto di meno era arrivato a 863 copie a fine 2018. (Beh, no, imamgino che Scimmie digitali abbia venduto molto di meno, ma non ho mai avuto i dati di vendita. A maggio torno alla riscossa). Con quei numeri, però, che senso ha spedire nelle piccole librerie? Passare dal conto vendita all’acquisto diretto può essere utile, ma questo significa che il libraio deve decidere come specializzarsi, oltre ovviamente ad acquistare i “libri comuni” che probabilmente si vendono comunque. Questo però ha un costo in termini di tempo dedicato a scegliere i libri da esporre, senza una vera certezza di guadagno… e con i vincoli dei grandi distributori. Non mi aspettavo che i distributori chiedessero l’esclusiva, per esempio.

Insomma le librerie hanno sempre più problemi, lockdown o no: e non ho idea di quale sia il modo migliore per farle uscire dall’oramai eterna crisi.

Carnevale della matematica #139: GOTO MaddMaths!!

Come dice bene Roberto Natalini, un effetto collaterale della pandemia è che improvvisamente gli italiani, oltre che epidemiologi, sono anche diventati statistici e matematici e hanno scoperto per esempio la magia dei grafici logaritmici. Ma non c’è stato solo questo! Se andate a vedere il Carnevale della matematica di questo mese potrete trovare tantissimi contributi di tutti i tipi. Buona lettura!

Ultimo aggiornamento: 2020-04-14 11:07