Quest’anno la Giornata del Ricordo è stata un po’ peggio del solito, con il presidente dell’Europarlamento Tajani che ha mostrato che il suo lato migliore si mostra quando tace; le sue affermazioni (e quelle del Ministro di Tutto e Ancor Più) hanno portato a malumori maggiori in Slovenia e Croazia, con il presidente sloveno Pahor che ha scritto a Mattarella.
Io non ho grandi conoscenze storiche; tutt’al più posso vantare un suocero triestino di padre italiano e madre slovena. Quello che ho capito io è che diciamo fino al 1918 le città costiere istriane e dalmate avevano una buona maggioranza di italianofoni (o forse sarebbe più corretto dire venetofoni), mentre l’interno era tipicamente slavofono. Il crollo dell’impero austroungarico che non era stato previsto dagli italiani quando entrarono in guerra (non che oggettivamente fosse credibile nel 1915) lasciò una situazione di stallo, con Zara annessa all’Italia (e passi) assieme all’interno dell’Istria e al retroterra triestino che di italiano avevano poco. L’italianizzazione forzata che fece il fascismo non aiutò certo la convivenza, così come la seconda guerra mondiale con l’invasione della Slovenia e il regno fantoccio croato. Il risultato pratico furono le foibe, ma non solo: ci fu tutto un sentimento antitaliano che notai ancora nel 1981, quindi decenni dopo la fine della guerra. Questo non lo si può negare, anche se palrare di pulizia etnica mi sembra esagerato, a meno che non chiamiamo così anche tutti gli altri spostamenti di massa conseguenti alla ridefinizione dei confini europei dopo il 1945.
Detto tutto questo, e ricordando che per decenni non si poteva parlare di foibe perché il PCI non voleva, quello che io mi chiedo è se è proprio necessario questo revanscismo. Lo so, è una domanda retorica. Quello che però io vorrei è un ricordo di quei morti in gran parte innocenti ma che non faccia da base per un revanscismo. Si dice congiuntamente “è stata una cosa non bella, non intendiamo più farla” e via. Troppo utopistico? (mi rispondo da solo: sì)