Archivio mensile:Gennaio 2019

“premetto che ho molti amici ebrei”

Premessa: il senatore pentastellato Elio Lannutti scrive un post: «Gruppo dei Savi di Sion e Mayer Amschel Rothschild, l’abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale, portò alla creazione di un manifesto: ‘I Protocolli dei Savi di Sion’. Suddiviso in 24 paragrafi, viene descritto come soggiogare e dominare il mondo con l’aiuto del sistema economico, oggi del globalismo, dei banchieri di affari e finanza criminale». Il casino che ne esce fuori è tale che persino Giggino Di Maio deve prendere le distanze. Che fa allora Lannutti? Si rimette a scrivere, partorendo il post citato qui sopra.

Che i Protocolli dei Savi di Sion siano un falso storico dovrebbe essere noto a chiunque: ma in effetti la Costituzione non prevede che i parlamentari abbiano un qualsivoglia titolo di studio né che venga loro fatto un esame di cultura generale. Ma quello che io non sopporto è leggere qualcuno che scrive “condividere un link non significa condividerne i contenuti”. Palle. Se non condividi i contenuti di un link lo dici esplicitamente nel post, possibilmente spiegando perché non li condividi: altrimenti fai semplicemente la figura del bimbetto che sa solo dire no. Se condividi un link senza commentare allora stai condividendone i contenuti. Che poi il tuo elettore tipico si comporti esattamente come te significa semplicemente che il livello culturale è sceso ancora più in basso di quanto si potesse pensare anche solo dieci anni fa. E patetiche scuse come “non volevo offendere nessuno” sono ancora più offensive, anche se a questo punto immagino che Lannutti non può rendersene conto.

Diecimila notiziole

Ebbene sì. Questa che state leggendo è la decimillesima notiziola di .mau., come potete vedere dallo screenshot qui sopra. (Sì, ci sono già altri post pronti, ma quelli saranno appunto nel futuro) È vero che a settembre il blog diventa maggiorenne, e quindi di tempo ne è passato tanto; ma diecimila post sono un risultato piuttosto importante che mi sembra doveroso festeggiare.

Ho biecamente sfruttato il plugin di Wolly per vedere come sono stati distribuiti i post nei vari anni, e ho scoperto l’acqua calda. Ecco le statistiche fino all’anno scorso:

Anno	Post 	(avg)	#chars  	(avg) 	comments
2018 	494 	1,383 	683,153 	3.1 	1,539
2017 	494 	1,407 	694,945 	3.6 	1,792
2016 	508 	1,333 	676,801 	4.4 	2,247
2015 	411 	1,513 	621,552 	4.6 	1,872
2014 	359 	1,494 	536,144 	4.0 	1,449
2013 	450 	1,324 	595,620 	4.2 	1,889
2012 	447 	1,414 	631,800 	4.9 	2,189
2011 	490 	1,457 	713,902 	6.1 	3,002
2010 	585 	1,261 	737,144 	5.2 	3,016
2009 	929 	1,364 	1,266,499 	5.8 	5,400
2008 	1,070 	1,498 	1,602,377 	5.0 	5,369
2007 	990 	1,225 	1,212,135 	3.3 	3,247
2006 	745 	1,146 	853,124 	2.3 	1,715
2005 	606 	995 	602,690 	1.8 	1,095
2004 	612 	1,010 	617,913 	1.2 	730
2003 	521 	776 	404,143 	0.3 	174
2002 	214 	725 	155,056 	0.0 	0
2001 	40  	680 	27,175  	0.0 	0

A parte il 2001 in cui ho cominciato a scrivere a settembre e il 2002, l’unico anno in cui non ho fatto in media almeno un post al giorno è stato il 2014. In realtà ero convinto di averne fatti molti di meno: è vero che al momento ho una striscia di 138 giorni consecutivi in cui ho postato qualcosa, e che ieri avevo tanto da dire e di post ne ho scritti ben quattro, ma non mi sono davvero accorto di essere così prolifico…

Il massimo della mia attività si colloca nel periodo d’oro dei blog (2006-2009); curiosamente il massimo dei commenti per post è però sfasato di due anni (2008-2011). Il software dei primi anni non permetteva commenti, per la cronaca. Dal 2006 in poi la lunghezza media dei post è stata piuttosto costante (io scrivo poco, si sa) e curiosamente il 2017 e il 2018 hanno visto lo stesso numero di post. Cosa scrivo? Tutto quello che mi passa per la testa e che non ritengo troppo personale. Il tutto sempre con il mio punto di vista che può essere o no quello comune (di solito non lo è, ma solo perché altrimenti non penso valga la pena scriverne: insomma non è anticonformismo ma solo scrematura bayesiana). Non è detto che io abbia ragione, a volte devo poi correggermi pubblicamente, ma ho la presunzione di far pensare i miei ventun lettori, che siano o no d’accordo con me. Non riuscirei ad avere uno di quei blog con millanta accessi giornalieri, perché le uniche possibilità sono cercare lo scontro oppure fare i mielosi e non sono interessato a nessuna delle due cose: la mia strada è diversa e continuo a seguirla imperterrito.

Che altro da dire? Io nulla, voi non so :-)

busta numero 1, numero 2 o numero 3?

Ho letto il lancio Ansa sulla maturità 2019, e devo dire una cosa: questo governo ha il coraggio di entrare a gamba tesa su quello che è il punto focale del curriculum scolastico italiano. Certo, sono stati tanti i ministri che hanno riformato la scuola, ma lanciarsi così sulla maturità non è da tutti.
Ma andiamo nel dettaglio. È inutile: proprio non ce la fanno. La riforma è stata annunciata dal ministro Bussetti… con un video su Facebook, evidentemente perché non sapeva come mettere qualcosa sul sito ministeriale. Almeno avesse usato Instagram che è più seguito dai giovani… Ma tanto quello che conta è la spettacolarizzazione, non certo il contenuto. Quanto al contenuto, ammetto la mia ignoranza. Così ad occhio credo che il famoso quizzone non fosse una grande idea – ma magari non è così; la scomparsa della tesina eviterà una serie di copincolla da Wikipedia, ma allo stesso tempo impedirà di vedere chi è davvero bravo (perché potevi anche fartela scrivere da qualcuno, ma nell’esposizione si vedeva se ci avevi faticato e soprattutto se avevi capito quello di cui stavi parlando); la doppia seconda prova scritta sarà un’ecatombe almeno allo scientifico, perché chi fa mai compiti scritti di fisica? (E comunque a quanto pare le simulazioni sono copiate da un manuale usato negli anni ’80 nel biennio universitario…)
Ma quello che mi lascia davvero perplesso è la prima domanda all’orale che verrà sorteggiata. A che cosa serve il sorteggio? A nulla, se non a far venire ancora più ansia al maturando. Si ha paura che i membri interni diano una soffiata agli studenti? Con tre possibilità c’è ancora tutto il tempo di un ripasso veloce per non sembrare completamente digiuno della materia. Si vuole essere il più obiettivi possibile? Si preparino cento domande diverse, le si pubblichi a priori e si sorteggi da lì: a questo punto abbiamo comunque tutto il programma. No, ci vogliono le buste. E magari ci aggiungiamo una valletta in minigonna, tanto per capire qual è la suddivisione dei ruoli.

Aggiornamento: (7:22) niente buste obbligatorie, a quanto pare. Zar è andato a recuperare la circolare ufficiale, dove sta scritto

«la commissione provvede per ogni classe, in coerenza con il percorso didattico illustrato nel documento del consiglio di classe, alla predisposizione dei materiali di cui al comma 1 da proporre in numero pari a quello dei candidati da esaminare nella classe/commissione aumentato di due. Il giorno della prova orale il candidato sorteggerà i materiali sulla base dei quali verrà condotto il colloquio. Le modalità di sorteggio saranno previste in modo da evitare la riproposizione degli stessi materiali a diversi candidati.»

A questo punto presumo verrà usato il sano vecchio sacchetto coi numeri della tombola a cui molti studenti dovrebbero essere abituati. Meno spettacolarizzazione, ma con un altro problema di base che mi ha fatto notare Lorenza: la burocratizzazione estrema. Ora – anche senza tenere conto che la tesina è assimilabile a “parlami di quello che vuoi” – la commissione può tarare la complessità delle domande sul candidato, permettendo ai più bravi di mostrare le proprie capacità e dando una possibilità a chi cima non è ma ha sempre fatto il suo dovere di avere un voto onesto. Con il sorteggio questo è chiaramente impossibile. Ma forse uno deve valere uno.

Ultimo aggiornamento: 2019-01-22 07:59

affluenza 15,5%

Ieri ci sono state le elezioni suppletive a Cagliari. Ha vinto il candidato della coalizione di centrosinistra, che prenderà il posto del pentastellato per caso e velista per passione che era stato espulso con ignominia dal gruppo M5S. Ma quello che fa più impressione è il dato sull’affluenza: si è recato alle urne il 15,5%, meno di un elettore su sei. Come dicevano nella Stanzetta dei bottoni, “in pratica solo quelli del csx e di CasaPound sapevano delle elezioni”.
Io non vivo a Cagliari, quindi non ho idea di quale sia stata la campagna elettorale: sapevo per caso che si sarebbe votato, e nulla più. Però il pensiero che basti sfogliare un giornale, guardare un tg, o aprire un social network per trovarsi inondati di “notizie” dei nostri esponenti politici di tutte le salse, epperò non si ritenga che votare per un singolo senatore deputato abbia chissà quale importanza, è terribile. È già un pezzo che siamo passati dalla democrazia all’oclocrazia, il governo delle masse; ma ora stiamo rapidamente scivolando verso l’eikonocrazia: il governo delle immagini, se mi permettete questo neologismo farlocco. L’unico momento che conta è quello del voto globale, e lì vince chi ha più like totali, indipendentemente da quello che afferma. Il peggio è che non se ne accorge nessuno.

Ultimo aggiornamento: 2019-01-22 16:21

Dov’è la direttiva copyright?

Ricordate tutta la storia sulla direttiva europea per il copyright nel mercato digitale? A settembre l’Europarlamento aveva votato un testo parecchio punitivo per gli amanti della comunicazione libera, visto che estendeva parecchio le regole attuali sul copyright – regole che, ribadisco, noi di Wikimedia Italia riteniamo corrette come principio, ma per cui avremmo voluto alcune eccezioni in casi in cui non sono lesi reali diritti economici. A quel punto è partito il trilogo tra Commissione, Consiglio ed Europarlamento per armonizzare vieppiù la normativa, e oggi ci sarebbe dovuto essere il voto a riguardo. E invece no. Il voto è stato rimandato su richiesta di un certo numero di paesi, tra cui l’Italia in variegata compagnia (Germania, Polonia, Ungheria…)

A pensare male si commette peccato, lo so: ma credo che c’entrino parecchio i soldi messi da Google che ovviamente è contro l’articolo 11, la “tassa sulle citazioni” nata esplicitamente perché gli editori possano ricevere introiti dai link di Google News verso i loro siti. Checché si dica, la censura quasi preventiva sul caricamento di file da parte degli utenti prevista dall’artiolo 13 non è per loro così importante, la tecnologia ce l’hanno: anzi forse per loro era meglio la versione originale con la censura davvero preventiva. Però è chiaro che parlare di censura fa molta più presa verso l’opinione pubblica. Certo, i lobbisti dall’altra parte, con la nostrana Siae in testa, hanno tentato qualche contromisura, come la newsletter Articolo 13, che però non mi pare abbia avuto chissà quale successo. Ad ogni modo adesso la situazione è in stallo: i tempi tecnici per approvare la direttiva prima che il termine della legislatura mandi tutto a gambe all’aria sono stretti, e non credo che si arriverà a un compromesso di direttiva monca con stralcio dei due articoli incriminati. Da un punto di vista teorico, infatti, una nuova direttiva che superi quella attuale che risale al 2001 quindi quasi alla preistoria è necessaria: ma mi pare tanto che i grandi attori siano più interessati alla vil pecunia che ad avere una legge equa per tutti.

In tutto questo, avrete forse notato l’assenza del movimento Wikimedia dal dibattito. La cosa non è casuale: noi possiamo portare idee, abbiamo anche l’orgoglio di dire che le nostre idee sono sensate: ma nonostante quanto ci sia stato rinfacciato noi non siamo al soldo di nessuno. Personalmente ritengo sia la campagna Google che quella Siae sfacciatamente di parte, nel senso che nascondono dati ufficiali per portare l’acqua al loro mulino: poi è chiaro che anche un orologio rotto segna due volte al giorno l’ora esatta, e quindi se si otterrà un risultato positivo per un motivo negativo noi apprezzeremo il risultato, esattamente come se si otterrà un risultato negativo (sempre per un motivo negativo…) accetteremo quanto votato. Ma continueremo a ritenere che il copyright deve tutelare l’autore (non le corporation) ma allo stesso tempo non deve diventare un moloch che abbracci qualunque imprevedibile sviluppo, impedendo la creatività che è la sua vera ragione d’essere.

Ultimo aggiornamento: 2019-01-21 21:23

la pacchia e i socialcosi

Forse avete visto questo post di Repubblica; più difficile che abbiate anche letto la replica dell’autrice, in cui afferma che la sua frase è stata strumentalizzata. E magari vi ricordate una vignetta simile di Vauro, che sicuramente non è stata strumentalizzata – anche se immagino che avesse suscitato reazioni pesanti.

Assumendo la buona fede dell’autrice, che pure sostiene una lista di centrodestra alle prossime elezioni locali, qual è la differenza? Beh, è semplice. Vauro è un personaggio pubblico e il suo pensiero è conosciuto da tutti. La signora in questione è al massimo conosciuta localmente, quindi si legge alla lettera il testo che scrive: e una piccola bara non è un segno sufficientemente distintivo per comprendere il tono del discorso. È una cosa che è ben nota da decenni: gli emoticon, prima di diventare dei bei disegnini che paiono farci tornare indietro ai tempi dei pittogrammi, nacquero come caratteri ASCII aggiunti proprio per supplire alla mancanza di condizioni al contorno in un testo dattiloscritto. Insomma, aggiungere “:-(” non avrebbe dato adito ad alcun dubbio sulle intenzioni; anche “:-)” avrebbe avuto il suo bel senso, chiaro.

Il guaio dei social network è questo: li usiamo dicendo esattamente quello che diremmo tra gli amici, senza pensare che stiamo parlando anche a chi non ci conosce affatto. In questo caso non c’è strumentalizzazione, come ci sarebbe stata con una frase estrapolata da un contesto: c’è solo una mancanza di cultura di base, e il saper scrivere in un ambiente condiviso è ormai cultura di base. Cancellarsi da tutti i social network, come sembra che la signora abbia fatto, non serve a niente, anzi è peggio ancora: se effettivamente lei voleva dire tutt’altro, come facciamo a saperlo se non abbiamo nessuna altra fonte pregressa?

Ricordatevelo, insomma. Fare le battute è un’arte complicata – io per esempio ci provo sempre ma non ci riesco quasi mai. Non peggiorate la situazione scrivendo testi che possono essere fraintesi solo per la voglia di fare un commento breve e spiazzante. (Ah, non ho indicato il nome dell’autrice perché appunto non è importante in questo contesto: la cosa vale per tutti noi, io in primis)

Ultimo aggiornamento: 2019-01-21 11:04

Riscatto degli anni di laurea: a chi conviene?

Se quanto riportato dal Sole-24 Ore è corretto, da qualche parte nel decreto quota 100 + reddito di cittadinanza c’è anche una norma per il riscatto degli anni di laurea per i “giovani” (gli under 45), che dovrebbero pagare “solo” 5.241,30 euro per ogni anno da riscattare. Tutto bene? Beh, dipende.
In pratica, invece che prendere l’ultima retribuzione guadagnata al momento della domanda si usa il reddito minimo già usato per gli inoccupati. Ma la norma vale solo e unicamente per chi ha la pensione calcolata con il metodo contributivo: c’è proprio un codicillo che parla di prima occupazione a partire dal 1996. Cosa significa questo? Semplice. Hai da tre a cinque anni in più di anni di lavoro, e quindi in certi casi puoi andare prima in pensione, ma la tua pensione sarà più bassa perché hai pagato meno contributi, come dice la legge Dini e ribadisce la legge Fornero. Succede insomma la stessa cosa che con quota 100: l’impianto di base della legge Fornero rimane intatto, e si apre solo alla possibilità di anticipare la pensione senza però che i soldi che ti verranno statisticamente dati fino alla morte aumentino. Risultato: prendi meno soldi. La cosa ha perfettamente senso, visto che la legge Fornero nasceva proprio per fare in modo di giungere in equilibrio una volta a regime; ma mi sa che non sia quello che tanti votanti l’attuale governo volevano. Chi ci guadagna, almeno nel breve termine, è l’INPS che potrebbe ricevere un po’ di soldi da chi nonostante tutto deciderà di riscattare la laurea. Lasciamo poi perdere che tutte queste considerazioni partono dall’ipotesi che non vada tutto a ramengo: insomma, fate i vostri conti.

Quizzino della domenica: golf

Il grande golfista Lion Wool è a un passo dalla sua terza vittoria consecutiva agli U.S. Open. Gli basta completare l’ultima buca in due colpi, ed è in posizione perfetta. Sceglie la mazza giusta, medita un po’, mima il colpo, infine lancia la pallina… che arriva a un paio di metri dalla buca, ma finisce dentro un sacchetto di carta che non si sa bene perché non era stato tolto dal campo.
I giudici sono irremovibili: Wool non può toccare il sacchetto per togliere la palla, se non con una penalità di due colpi che comprometterebbero la vittoria. Colpire pallina e sacchetto di per sé sarebbe possibile, ma non gli permetterebbe di dosare il lancio per mandare la pallina in buca. Lion rimane qualche minuto a pensare, poi sorride, mette la mano in tasca e si appresta a risolvere il problema. Cosa farà?


(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p358.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema di origine a me ignota: immagine di algotruneman, da OpenClipArt.)