Archivi annuali: 2018

Harlan Ellison

Con tutta la storia sui cattivoni di Google Notizie che non pagano i giornali per mandare loro il traffico delle ricerche, ci si dimentica della qualità delle notizie. Tanto per dire, mentre sto scrivendo questo post Google Notizie riporta la morte di Harlan Ellison, ma solo da fonti straniere e specializzate: i grandi e piccoli quotidiani se ne sono scordati, forse perché Wikipedia in italiano ha una voce molto scarna e quindi non è possibile copiarl… ehm, prendere spunto da essa.

Ellison era uno degli ultimi grandi della seconda generazione degli scrittori di fantascienza: per capirci gente come Campbell era la generazione zero, la triade ABC (Asimov, Bradbury, Clarke) con Heinlein era invece la prima generazione. Forse è un po’ meno noto come scrittore perché ha lavorato molto come sceneggiatore televisivo: i trekkies si ricordano da decenni delle sue liti con i produttori dopo che aveva scritto il testo per un episodio di ST:TOS. In effetti Ellison aveva un caratteraccio, ed era arrivato a usare uno pseudonimo (Cordwainer Bird) per indicare che avevano pasticciato troppo con i suoi testi. Però gli volevamo lo stesso bene, perché scriveva delle belle cose :-)

Ultimo aggiornamento: 2018-06-29 11:34

Più che matematica, italiano

Sto leggendo un libro di divulgazione matematica nella sua traduzione italiana. (No, non faccio il nome del libro né del traduttore: posso solo dire che l’editore è importante). Parlando dei Principia, l’autore spiega che Newton non usa direttamente l’analisi matematica ma è chiaro che le sue dimostrazioni geometriche partono da lì, soprattutto nel caso dele flussioni: segue la frase «Oggi le chiameremmo funzioni continue (quindi derivabili)».

Leggendo questa frase sono saltato sul letto (stavo leggendo prima di andare a dormire). Sono andato a cercare l’originale, che dice «Today we would call them continuous (indeed differentiable) functions.» Ora, lasciamo da parte che “differenziabile” in matematica è leggermente diverso da “derivabile”, perché la derivata deve essere continua (la cosa buffa è che questo viene anche scritto in una nota una dozzina di pagine dopo). Il punto è che quell'”indeed” non ha affatto il significato di “quindi”! Per fare un esempio pratico lontano dalla matematica, se io scrivo “My daughter Cecilia does not eat peaches (indeed any fruit)” non dico “Mia figlia Cecilia non mangia pesche (quindi nessun frutto)”, ma “Mia figlia Cecilia non mangia pesche (anzi, nessun frutto)”. Un erroraccio così su una delle prime cose che ti insegnano ad analisi non me lo aspettavo proprio :-(

Daniele Manca e il copyright

Ricordate il mio post di ieri su link tax e controllo del copyright? Bene. Oggi la mia azienda mi ha fatto stare a casa, per risparmiare. (Assieme ad altre 29000 persone, non preoccupatevi troppo per me). Così mi è capitato di mangiare al bar con Anna e mi è saltato l’occhio su un articolo in prima pagina, taglio alto, del Corsera: articolo a firma Daniele Manca – che poi ho scoperto essere vicedirettore del giornale – dal titolo Copyright e direttiva Ue, il lavoro intellettuale va riconosciuto (archiviato qui). Mal me ne incolse.

Per chi ha fretta: Manca è stato arruolato nel folto gruppo dei fan della nuova proposta della direttiva europea, insieme agli altri grandi nomi di cui ho dato conto ieri. Ma andiamo nel dettaglio. Riguardo all’articolo 13, quello sull’obbligo di verificare a priori il copyright di quanto caricato dagli utenti, il giornalista ha scritto

«Si fissa cioè il principio che un lavoro intellettuale non perché semplice prodotto della mente, della creatività, che si tratti di uno spettacolo teatrale di una canzone o di un racconto, possa essere tranquillamente scambiato on line senza che al lavoratore venga corrisposto il minimo compenso.»

Confesso che ho dovuto leggere tre volte la frase per comprendere cosa volesse dire: che cioè le opere dell’ingegno non possono essere scopiazzate a piacere e senza pagare chi le ha prodotte. Sorvoliamo sul fatto che a essere pagato non è “il lavoratore” ma chi detiene i diritti: se qualcuno pirata i miei libri il danno è recato all’editore, non a me. Il punto è che quel principio è già – giustamente – sancito nelle leggi attuali: la differenza è che ora è il titolare dei diritti che deve dimostrare di averli, mentre in futuro l’onere della prova finirà sul service provider che dovrà spesso tirare a indovinare e quindi per sicurezza si troverà costretto a censurare cose fuori copyright.

Per quanto riguarda la link tax, Manca spiega che

«la norma è stata battezzata furbescamente come link tax, cosa che non è. Si tratta del pagamento di informazioni, non di tassa. Si prenda il caso dei cosiddetti “snippet”. Molti aggregatori cosa fanno? Mandano in giro i loro spyder [sic], ragni elettronici, che prelevano dai siti di informazione titoli, sommari, foto e qualche rigo di testo, per trasferirli su proprie piattaforme. Anche qui in molti casi senza accordi o pagamenti con chi ha prodotto quelle informazioni.»

Peccato che gli OTT (Over The Top), le grandi corporation contro cui Manca si scaglia perché probabilmente sa che ha facile gioco verso i lettori, non se ne farebbero nulla di copiare semplicemente le righe e quindi mettono esplicitamente i collegamenti ai siti in questione. D’altra parte, si può anche stabilire che non si possono raccogliere gli snippet in nessun caso: basta che sia chiaro che questa scelta significa abolire il diritto di citazione e quindi rendere illegale un post come questo.

La mia domanda è se Manca ha presente tutte queste cose: la cosa peggiore è che temo che potrebbe non essere una domanda retorica.

Ultimo aggiornamento: 2018-06-28 19:42

_Jurassic World – il regno distrutto_ (film)

[locandina] Tanto per essere chiari: io non avevo mai visto nessuno dei quattro film precedenti, a partire dall’originale Jurassic Park coi due sequel per arrivare al reboot. Ma se leggete le mie notiziole sapete che non sono un tipo da cinema. Nulla di male: ho abbastanza conoscenze contestuali da non perdermi se con la famiglia me ne vado a vedere l’ultima puntata almeno per il momento della saga (sito ufficialescheda su FilmUp). Il problema è un altro. Se vi piacciono i film con un po’ di scene violente e tanti esseri meccanici in giro questo va benone. Però io sono dispostissimo ad accettare una suspension of disbelief (in pratica, che ci siano i dinosauri) se poi il resto della storia segue logicamente dall’ipotesi irreale. Ma già nei primi minuti uno si chiede perché bisogna recuperare i dinosauri dall’isola se tanto li si può clonare senza problemi. Qui la risposta ci sarebbe anche, ma parte dal principio che noi spettatori siamo furbi e i protagonisti degli imbecilli, il che non è una grande idea a meno che non si parli di un film comico… Insomma, due ore (abbondanti) sprecate.

Link tax e controllo copyright

Quando ieri durante l’Internet Day 2018 Luigi Di Maio ha parlato di voler proporre il diritto ad Internet, con mezz’ora di connessione gratuita al giorno, è riuscito con rara maestria a rendere irrilevante l’altra sua affermazione, quella che era davvero importante e che riguarda un tema caldo di cui in Italia si parla ancora poco: la possibile introduzione della cosiddetta link tax e del controllo preventivo degli upload.

Facciamo un passo indietro. La scorsa settimana la Commissione giuridica del Parlamento Europeo ha esaminato una serie di modifiche al testo della direttiva Digital Single Market che ora andrà al voto dell’Europarlamento. In questo frangente è stato scelto di approvare alcuni emendamenti – in linguaggio burocratico, si è preparato un testo di compromesso rispetto a quanto le varie lobby hanno proposto per bocca dei parlamentari – che renderanno più difficile, anziché più semplice, condividere materiale. Gli articoli relativi sono l’11 e il 13. Nel primo, viene introdotto il divieto di aggregare piccole porzioni di testo relative alle notizie prodotte dai media – porzioni che naturalmente hanno un collegamento al testo completo nel sito originale – senza un previo pagamento al sito originario; il termine tecnico è “ancillary copyright”, ma tutti la chiamano Google tax. Il secondo articolo, invece, inverte invece l’onere della prova e obbliga i siti che ricevono materiale da parte degli utenti di verificare preventivamente che esso non sia sotto copyright, mentre ora sono solo tenuti a eliminarlo dietro notifica degli aventi diritto.

A prima vista forse non si direbbe che ci sia nulla di male, anzi si afferma un sacrosanto diritto. Guardiamo però più attentamente quali possono essere le conseguenze pratiche. Per la link tax si fa molto in fretta, perché essa è già stata implementata in due nazioni europee, Germania nel 2013 e Spagna nel 2014. Risultato? In Germania la tassa la pagano (forse) i piccoli provider ma i media più importanti hanno dato a Google una licenza gratuita; in Spagna Google aveva semplicemente deciso di eliminare la sezione news (anche se a onor del vero io le vedo, ma non so che succede da un computer posizionato in Spagna). Trovate qualcosa in più raccontato qui. Per il controllo preventivo del copyright, il testo attuale – che potete vedere espanso in questo “semplice” diagramma di flusso – ha una serie di clausole di salvaguardia, come quella per l’uso non commerciale e la “clausola Wikipedia” che fanno capire come il principio degli Online Content Sharing Service Provider non sia poi così limpido da capire al volo chi è il buono e chi il cattivo.

Per come la vedo io, l’ancillary copyright va contro il diritto di citazione. Se le notizie appaiono davvero interessanti, qualche riga non è sufficiente e il lettore è portato a cliccare e andare sul sito originale, che a questo punto potrà guadagnare accessi e pubblicità: quindi chi fa le cose bene non stava perdendo nulla, e ora rischierà un calo di accessi non eccezionale (valutabile tra l’1 e il 2%) ma comunque nemmeno trascurabile, anche perché per Google quello delle news non è certo il servizio da cui ricava più soldi. Sull’articolo 13 potete scegliere i vostri benchmark leggendo quanto scrivono i guru di Internet da un lato e il presidente dei discografici italiani dall’altra (ma abbiamo anche il presidente di Confindustria Cultura e quello dell’associazione editori citati nell’articolo di Repubblica su in cima). Nel mio piccolo noto una cosa: ogni settimana o giù di lì il mio alert di Google mi segnala la presenza di copie piratate dei miei libri, e non credo proprio che la promulgazione di questa direttiva cambierà le carte in tavola. In pratica, i piccoli creatori di contenuti continueranno a non essere tutelati mentre i grandi non dovranno nemmeno più fare la fatica di specificare esattamente le violazioni di copyright nei loro confronti, limitandosi a una segnalazione generica “tanto qualcosa lo trovate sicuramente”. Un risultato favoloso, come vedete: aggiungiamo il fatto che un’altra commissione UE aveva preparato da un anno un testo molto più equilibrato ma è stata allegramente bypassata da quella dei giuristi. Bel mondo, vero?

PS: leggere cosa scrive chi è favorevole alla formulazione è sempre molto istruttivo, perché dimostrano che la loro preoccupazione non è rispettare i diritti dei detentori di copyright – cosa su cui concordiamo tutti – ma ottenere più soldi a ogni costo.

Ultimo aggiornamento: 2018-06-27 16:47

“You are now verified on Google”

Domenica sera non sapevo che fare, ho fatto una riceca sul mio nome-e-cognome, e poi ho cliccato su una scritta in grigino che diceva più o meno “sei tu?”. Sono arrivato a un modulo (disponibile in varie lingue, ma non in taliano”, gli ho mostrato che effettivamente editavo le pagine di Maurizio Codogno, ho inviato una brutta foto di me con in mano la mia patente, e lunedì sera mi è arrivata una mail dai signori Google Search Team che dice appunto che sono verificato.

A che serve tutto questo? Assolutamente a nulla. Cito: «If accepted, your suggested edits will be added to the Knowledge Graph, where they will help Google return richer information and more meaningful results to users’ queries.» Insomma, se mi venisse voglia di dare loro altre informazioni e queste informazioni piacessero loro se le terrebbero in pancia. Ma anche no.

_Ritorno al Giurassico_ (mostra)


Domenica siamo andati con i bambini a vedere la mostra Ritorno al Giurassico alla cascina CentroParco del parco Nord. La mostra è piccina, ma le animatrici erano molto brave e il duo ha apprezzato molto ed è stato attento, il che è sicuramente molto positivo e apprezzabile. Detto questo, però, ci sono dei margini di miglioramento nella gestione pratica. Non è infatti possibile pagare con bancomat ma solo in contanti, e soprattutto non c’è wifi e quindi chi vuole scaricare l’app si trova un download di 198 MB che può dare un duro colpo al proprio piano dati. Tra l’altro ci è stato detto che l’app avrebbe anche funzionato – leggasi mostrato le immagini di realtà aumntata – con i gadget che ci hanno dato alla fine, ma non c’è stato verso almeno con il mio Sony. Peccato.

strana targa

 

 

Ieri sera ho visto parcheggiata una vecchissima Alfa Romeo 1300 decappottabile, che ha suscitato la meraviglia di Cecilia che era con me, meraviglia ancora accresciuta dal sapere che la macchina probabilmente era più vecchia del sottoscritto.

Quello che ha meravigliato me è la targa. Come vedete, i caratteri della targa sono quelli attuali per le targhe squadrate e non lunghe (ZA nnn ll), ma il suo formato è quello d’epoca, che i più vecchi tra i miei ventun lettori dovrebbero ancora ricordare. Qualcuno sa se la Motorizzazione Civile prevede la possibilità di fare targhe così per auto d’epoca?