Il “biglietto urbano” ATM

Ieri a Milano c’è stata la giornata senz’auto. Non sto a dirvi quante auto c’erano in giro per la città, d’altra parte se non ci sono pattuglie dei vigili a multare non si può pretendere più di tanto. La mattina mi sono preso Jacopo e Cecilia e gli ho fatto fare un bel giro in metropolitana, una cosa che a loro piace tantissimo: l’idea era che tanto con un singolo biglietto urbano avrei potuto girare tutto il giorno, come raccontato ovunque e visibile nei messaggi a pannello scorrevole alle fermate. Certo. Con il singolo biglietto urbano. Io che ho una tessera RicaricaMi ho regolarmente pagato il secondo biglietto la seconda volta che sono salito sulla metropolitana. (Per una singola fermata Cordusio-Cairoli, ma non è quello il punto, come potete bene immaginare).
Potreste dire che per sapere che “biglietto singolo urbano” è solo un biglietto singolo urbano avrei potuto cliccare sull’avviso presente nel sito ATM, come si vede da questa schermata: certo, certo. Cliccando sarei arrivato qui: “Inserisci la tua e-mail e password per effettuare il login ed entrare nel tuo profilo dati”. Potreste dire che un biglietto (peggio ancora, parte di un carnet) nella RicaricaMi non è un biglietto urbano singolo, e qua sono costretto a darvi ragione. Restano però due cose: che la comunicazione non è certo delle migliori – bastava scrivere “solo con il biglietto urbano ordinario, ecc.” – e che ATM non è interessata agli utenti diciamo “medi”, quelli cioè che non sono abbonati ma usano comunque abbastanza i mezzi per avere biglietti multipli e tessere ricaricabili in tasca. Terrò presente.
(ah, ho scritto ad ATM. Sezione “suggerimenti”, non “reclami”. Vi farò sapere)

Quizzino della domenica: A lume di candela

L’economia sovietica era completamente pianificata, come forse sapete, e tutti avevano un lavoro, foss’anche quello di gestire le code alle scale mobili dei grandi magazzini. Ciò detto, spesso mancavano le cose essenziali, e bisognava mettersi d’ingegno per trovare una soluzione alternativa. Per esempio, c’erano solo due tipi di candele a disposizione: una piccola che bruciava in undici minuti e costava 11 copechi, e una grande che bruciava in un’ora esatta e costava 60 copechi. No, il concetto di “sconto quantità” era ignoto. Qual era il costo minore possibile per misurare un minuto di tempo? Non è permesso misurare la lunghezza di una candela per stimare il tempo trascorso; bisogna insomma che al minuto x una candela C1 si estingua e al minuto x+1 un’altra candela C2 si estingua.
(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p052.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Il problema è apparso su Kvant e postato da Tanya Khovanova)

_A volte ritorno_ (libro)

[copertina]Dio esiste. È un bel tipo brizzolato sulla cinquantina – anche se a dire il vero non si capisce bene come funzioni il tempo in paradiso, con un giorno celeste che dovrebbe valere 57 anni pur con la Terra che ha quasi cinque miliardi di anni. Ama farsi uno spino, ed è ancora arrabbiato con Mosè che invece di dare al Popolo Eletto il Suo unico comandamento – “FATE I BRAVI” – ha preferito inventarsi quegli altri dieci. Ora torna da una settimana di vacanza, aveva lasciato il pianeta nel fiore del Rinascimento e lo ritrova nella merda. Che fa, allora? Semplice, rimanda giù Suo figlio. Capirete che il libro (John Niven, A volte ritorno [The Second Coming], Einaudi “Stile Libero Big” 2012 [2011], pag. 381, € 19, ISBN 978-88-06-20922-3, trad. Marco Rossari) è molto dissacrante, sia con la religione – cattolica in primo piano, soprattutto verso Benedetto XVI – che col modo di vita americano… oltre che con i reality musicali alla X Factor. Nulla di particolarmente strano per uno scrittore scozzese contemporaneo, mi sa: però a volte mi sa abbia un po’ esagerato per amore dello sberleffo. La storia comunque si fa leggere bene, e insomma può valere la pena di prendere il libro. Nota di demerito per il traduttore Marco Rossari, però. Accetto sulla fiducia la sua scelta del registro linguistico; presumo abbia fatto il massimo con le citazioni letterarie, da The Hollow Men al Mago di Oz; ma non è possibile che in un libro dove la religione ha un ruolo così importante si legga alla quinta riga dell'(arc)angelo Raffaello, o in genere che traduca four billion years con quattro milioni di anni… (e anche l’editor un po’ di colpa ce l’ha, intendiamoci)

Marketing Bancomat

Ieri pomeriggio, mentre tornavo dall’ufficio, mi sono fermato a prelevare a un bancomat. Lo sportello (Unicredit, per la cronaca) è uno di quelli nuovi, con monitor a colori ad alta risoluzione dove ci si può infilare un po’ di pubblicità. Generalmente le schermate pubblicitarie erano uniche, nel senso che si trovava scritto in fondo “premere un tasto qualsiasi per continuare”; noi irrrequieti eravamo già col dito sul tasto.
Stavolta invece la schermata dal prodotto aveva due opzioni per uscire, ciascuna indicata con una freccia verso il tasto da schiacciare: una che portava alla sezione “prelievo” e l’altra che dava ulteriori informazioni sul prodotto. Il bello però è che quest’ultima indicazione aveva la freccia verde, mentre l’altra era in un grigino. È ovvio che qualcuno ci deve avere fatto uno studio, e immaginato che una persona sovrappensiero magari avrebbe schiacciato dalla parte della freccia verde…
(p.s.: non chiedetemi qual era il prodotto pubblicizzato. Ho una memoria molto selettiva)

Friendfeed è morto

Da stanotte Friendfeed (il socialcoso per fighetti, come amo chiamarlo) è irraggiungibile. O meglio, si arriva alla home page, ma poi quando si inserisce username e password appare il messaggio «Service Unavailable – We encountered an error on your last request. Our service is new, and we are just working out the kinks. We apologize for the inconvenience.»
No, Friendfeed non è affatto “nuovo”, ma è da tre anni che è alla deriva: da quando insomma Facebook se l’è comprato (perché la sua interfaccia utente era semplicemente favolosa). Man mano la gente se ne andava via verso nuovi lidi: ormai le uniche due colonie rimaste erano quella degli italiani e quella dei turchi.
Il guaio, almeno per quanto mi riguarda, è che io mi ci trovavo MOLTO bene. Da un lato c’era lo scopo per cui era nato: raccogliere in un unico punto tutte le interazioni in rete di una persona (con G+ non ce la faceva, ma per colpa di Google che lo fa apposta a non mettere le API…) Ma dall’altro c’era una Vera Comunità, o forse tante Vere Comunità: con un gergo proprio, una capacità di passare dalle cose serissime alle peggio idiozie senza battere ciglio, e soprattutto il saper prendersi sul serio il giusto e l’onesto. Il tutto funzionava probabilmente perché il luogo era piccolo: in effetti non riesco a capire la logica di crare il gruppo facebook.com/groups/ffers/ per gli esuli di Friendfeed, visto che per me sono due cose completamente diverse.
Cercando l’hashtag #friendfeed su twitter ho trovato per esempio nell’ultima ora:
‏@calessina – ho letto metà di un libro.Ho svuotato la lavastoviglie. Sono andata dall’estetista. Penso addirittura di lavorare. Voglio #friendfeed
@Orizzontintorno – Comunque siam veramente sfigati. Non riusciamo nemmeno ad andare nei trend topic. Repubblica e Corriere non ci noteranno mai. #friendfeed
@Orizzontintorno – Dieci ore che sono senza #friendfeed e ho già preso due chili.
@LeonardoBlog – #friendfeed è giù proprio il giorno in cui mi serviva una dritta su Origene.
@marybaum – Morning has broken. #FriendFeed is still down. A bedraggled group of FFriends stumbles across the beaches of the interwebz, homeless.
@violascintilla – Dite a #Friendfeed che se torna non lo trascurerò mai più, mai mai più. <3
Noi si scherzava sempre, dicendo che si sperava che nessuno staccasse per sbaglio la spina dall'unico server Friendfeed: ma ormai temo che la spina sia davvero staccata. Almeno avrebbero potuto regalare il codice sorgente, che noi ci saremmo fatti il nostro serverino a casa :-(

glugluglu

Oggi pomeriggio qui a Milano è piovuto. Abbastanza forte, ma niente di che: diciamo per due ore e mezzo. Bene: mentre pedalavo verso casa sono al solito passato da piazzale Istria e ho visto nell’ordine (a) la solita melma da piena del Seveso; (b) sei-sette persone in giubbotto ad alta visibilità che giravano intorno alla futura fermata Istria della metro lilla viola e poi sono penso scesi a verificare cosa succedeva sotto; (c) un bus sostitutivo del 7.
Direi che se questi sono gli inizi l’autunno non sarà solo caldo ma anche molto umido.

_The Colossal Book of Mathematics_ (libro)

[copertina] Martin Gardner non ha bisogno di presentazione. Però questo libro (Martin Gardner, The Colossal Book of Mathematics,W.W.Norton 2001, pag. 724, $35, ISBN 9780393020236) forse sì. In pratica, assieme al suo compagno The Colossal Books of Problems, questo volume raccoglie il meglio della sua produzione apparsa nella rubrica “Mathematical Games” dello Scientific American. Chi ha doviziosamente collezionato tutti i suoi libri non trova praticamente nulla di nuovo, se non qualche rara aggiunta di nuovi risultati trovati tra la pubblicazione originaria delle raccolte e il 2001. Ha però il vantaggio di poter leggere gli articoli secondo un filo logico, seguendo le dodici sezioni in cui il libro è diviso; questo può per esempio far risaltare la vena filosofica e fors’anche teologica di Gardner, che spesso viene persa fermandosi al divertimento dei problemi e alla piacevolezza della prosa. In compenso credo che sarebbe stato utile nell’occhiello dei vari articoli indicare quale è stata la data originale di pubblicazione. Spesso è infatti utile capire come i vari temi sono nati e cresciuti: anche la matematica ricreativa ha le sue mode… In definitiva, se avete bisogno di conoscere la matematica ricreativa questo è probabilmente il libro per voi.