Una citazione inutile

«All’inizio e alla fine, abbiamo il mistero. […] A questo mistero la matematica ci avvicina, pur senza
penetrarlo». (E. De Giorgi)

La scorsa settimana c’è stata la prova di matematica all’Esame di Stato (la maturità, per noi vecchietti). Il secondo problema cominciava con una citazione di Ennio De Giorgi: «All’inizio e alla fine, abbiamo il mistero. […] A questo mistero la matematica ci avvicina, pur senza penetrarlo». Avendo conosciuto De Giorgi, non mi servivano le spiegazioni per immaginare che la parte tra puntini era «Potremmo dire che abbiamo il disegno di Dio.» De Giorgi, oltre che essere stato un grande matematico, era anche un uomo di fede. Ma di fede vera, che si rifletteva nelle opere: per dire, è stato uno dei fondatori della sezione italiana di Amnesty International. Dal suo punto di vista quella frase era del tutto coerente; ma togliendo l’inciso che la lega a Dio il significato cambia completamente. A dire il vero mi stupisce che con l’attuale governo sia stata perpetrata questa omissione, così come mi stupisce la citazione finale di Godfrey Hardy, noto ateo; ma probabilmente la scelta è stata fatta da qualcuno al ministero proprio in spregio all’attuale ministro dell’Istruzione e del Merito, che tanto non credo proprio abbia dato anche solo un occhio alle tracce di matematica. (Ah, c’è un aneddoto curioso su Hardy. Una volta dovette fare un viaggio in nave durante una tempesta, e prima di partire spedì a un suo amico una cartolina con testo “Ho risolto l’ipotesi di Riemann!”. Arrivato sano e salvo, commentò l’affermazione ovviamente falsa dicendo che se Dio fosse per sbaglio esistito non avrebbe mai permesso che un ateo come lui fosse ricordato per quella scoperta…)

Aneddoti a parte, trovo profondamente sbagliata questa scelta del ministero. Hai più di centomila studenti dello scientifico che sono giustamente nel panico perché l’esame di stato è un tutto-o-niente, e gli devi mettere delle citazioni che saranno subito lette come criptotracce per scoprire la strada più semplice per arrivare alla soluzione? Vuoi far vedere che sei uno che ha studiato? Occhei, io lo faccio sempre, ma almeno nessuno è costretto a leggere i miei sproloqui. Lascia i testi e non allargarti: c’è sempre tempo per scoprire le citazioni quando lo stato d’animo è più tranquillo. E comunque, checché ne pensi Hardy, è una palla che «al mondo non c’è posto perenne per la matematica brutta». Tutt’al più possiamo dire che la matematica brutta fa venire (ai matematici…) voglia di rimpiazzarla con matematica più bella, ma intanto i risultati brutti se li tengono stretti!

P.S.: una delle domande a cui dover rispondere dava la distanza della Terra dal Sole nel perielio e nell’afelio e chiedeva di «Determinare, in un opportuno sistema di riferimento, l’equazione che rappresenta la traiettoria della Terra intorno al Sole». Io anche da diciannovenne ero una persona serissima come lo sono ora: probabilmente avrei calcolato l’equazione dell’ellisse (ricavandomela dalle sue proprietà, figuriamoci se sapevo allora o so oggi la formula esplicita a partire dai due assi) ma prima avrei scritto: “prendendo un sistema di riferimento che si muove a una velocità opportuna rispetto all’asse maggiore dell’ellisse, e con un’opportuna scelta delle unità di misura, la traiettoria è data dalla circonferenza $x^2 + y^2 = 1$.” Molto più semplice e tecnicamnte corretto, no? (Per chi si lamentasse del fatto che non c’è scritto che possiamo anche cambiare l’unità di misura, al posto di 1 si può mettere il semiasse minore dell’ellisse. I matematici sono dei cacaspilli, si sa)

MATEMATICA – Lezione 20: La teoria dell’informazione

copertina Se si dice “teoria dell’informazione” un matematico pensa subito a Claude Shannon, che l’ha creata praticamente da solo. La sua grande intuizione è stata quella di lavorare con enti discreti e non continui come si era fatto fino a quel momento (la teoria per il caso continuo esiste, ma si basa su quella discreta), quando stavano nascendo i primi computer e non era nemmeno detto che sarebbero riusciti ad affermarsi. Certo, in crittografia si lavorava già con il discreto e c’era l’esempio dell’alfabeto Morse, ma chi avrebbe pensato che la voce e il video sarebbero stati trasformati in successioni di zeri e uni per compattarli e rendere più robusto il segnale?
Nel testo, dopo qualche esempio pratico, do un rapido resoconto dei risultati principali nella trasmissione di segnali discreti, sia nel caso di canale senza errori che in quello dove gli errori sono casuali, e mostro i due principali teoremi di Shannon che definiscono il limite di informazione che può essere inviata attraverso un canale. Anche i miei giochi matematici sono sull’informazione, mentre Sara Zucchini ci parla di Georg Cantor, un altro matematico che ha creato praticamente da solo una nuova parte di matematica, la teoria dell’infinito.

Maurizio Codogno, La teoria dell’informazione, allegato a Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera, €6.99 più il prezzo del giornale.

“migliorare le loro recensioni dei prodotti”

spam dall'indonesia Per quanto ne so, questi ti chiedono un po’ di soldi per cominciare a guadagnare cifre inconfessabili: ma non è questo il punto, se uno ci casca secondo me se lo merita perché vuol dire che non ha mai letto La Luna è una severa maestra.
Ma che diavolo vuol dire che la mia carriera e il mio CV sono stati raccomandati? O meglio, perché scrivi una roba del genere e non qualcosa di più generico? (E comunque cosa significa “aiutare i commercianti a migliorare le loro recensioni dei prodotti?” Avessi tempo da perdere avrei risposto solo per saperlo :-) )

Tutto è relativo

vignetta di Andrea BozzoChe il ministro Sangiuliano sia convinto che Cristoforo Colombo volesse raggiungere le Indie circumnavigando la Terra sulla base delle teorie di Galileo Galilei non è semplicemente grave da un punto di vista della storia (lasciamo perdere le scienze).
Io ricordo bene che quando studiavo letteratura italiana al liceo mi era stato detto che il Trecento e il Cinquecento avevano grandi autori, mentre nel Quattrocento e nel Seicento ci si doveva accontentare di quello che c’era, tanto che per il Seicento uno degli autori principali era… Galileo, appunto. Provate a leggere qualcosa in originale: non è banalissimo, perché comunque la lingua è cambiata molto, ma si vede la freschezza del linguaggio: il tutto senza considerare i suoi contributi alla nascita del linguaggio specialistico scientifico.

Ecco: diciamo che oramai sono tristemente abituato a trovarmi sedicenti (nel senso etimologico) umanisti che snobbano la scienza. Ma qua bisogna dare atto di un egualitarismo perfetto: si snobba tutto.

Immagine di Andrea Bozzo

Dentro l’algoritmo (libro)

Il precedente libro di Donata Columbro, Ti spiego il dato, mi era molto piaciuto e quindi mi sono comprato sulla fiducia quest’altra sua opera. Devo però dire che sono rimasto abbastanza deluso. Nel libro si trovano molte citazioni di cosa dicono altri autori, e da questo punto di vista il testo può essere comodo come manuale di riferimento: ma in realtà non si va “dentro” l’algoritmo, non dico dal punto di vista tecnico ma neppure da quello per così dire sociologico. Sì, ci sono vari accenni qua e là, ma almeno a mio parere manca una visione di insieme su quali potrebbero essere i problemi che ci dà “l’algoritmo”, come il fatto che lo scroll infinito e l’aggiornamento in tempo reale inducano l’utente a continuare a stare all’interno dell’applicazione, oppure che in un gioco il non riuscire sempre a vincere ma andare comunque vicino dà dipendenza. Anche il contesto del bias degli algoritmi di riconoscimento, bias che dipende dal loro addestramento, sarebbe potuto essere spiegato meglio. La parte positiva è che perlomeno Columbro dice fin dall’inizio che la personificazione dell'”algoritmo” è una brutta cosa.

(Vabbè, io poi trovo che la schwa faccia solo perdere tempo durante la lettura, e mi fa ridere che in una figura del libro l’amicə è rimasta un’amica… Ma quelle sono fisime mie)

(Donata Columbro, Dentro l’algoritmo : Le formule che regolano il nostro tempo, effequ 2022, pag. 138, € 17, ISBN 9791280263490 – se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me)
Voto: 3/5

autonomia differenziata

votazione finaleInsomma, l’autonomia differenziata è legge. Legge ordinaria, non costituzionale, perché la cornice costituzionale era già presente dalla modifica costituzionale del 2001… Modifica dove mi sa che ho votato inopinatamente a favore, leggendo quanto scrissi al tempo, nonostante fosse stata il primo passo verso l’ipertrofizzazione della nostra Costituzione.

Il punto però è un altro. Questa riforma non può partire se non ci sono i decreti legislativi corrispondenti che definiscano i LEP, livelli essenziali di prestazioni: e i decreti legislativi non è detto che riescano ad arrivare nei due anni previsti. Ma c’è di più: la legge prevede che se una regione vuole essere autonoma su una materia perché così avrebbe più soldi di adesso allora lo Stato deve trovare risorse per garantire che le altre regioni possano soddisfare i LEP anche senza il gettito che le regioni “ricche” mettevano nel calderone nazionale. E di soldi non ce ne sono.

Quello che mi sembra di vedere è insomma una legge approvata per dire “abbiamo messo la bandierina, visto come siamo bravi” ma senza effetti pratici: fuffa elettorale confidando nella memoria da criceto dell’elettore medio. Vedremo se avrò ragione.

Addio, TIM


Il 3 giugno TIM ha dato la comunicazione ufficiale di cessione di ramo d’azienda: in altre parole, circa metà dell’ancora per poco grande azienda dove lavoro sarà ceduta a Fibercop (la piccola società nata nel 2021 per gestire formalmente il passaggio dalla rete in rame TIM alla fibra), che contestualmente sarà acquistata da Optics Bidco (altra piccola società creata dal fondo KKR).

In Italia una cessione di ramo d’azienda è normata dalla legge, e i sindacati hanno il diritto di chiedere informazioni su cosa succederà ed eventualmente firmare un verbale d’accordo. Ieri c’è stata questa procedura, e ho scoperto all’ultimo momento che a differenza del solito potevo partecipare (usando Teams) in qualità di RSU (assieme ad altri quasi 400 colleghi, insomma l’1% dell’azienda). Diciamo che la giornata è stata interessante.

La Triplice Più Uno è stata abbastanza unitaria: tutti hanno detto che continuano ad essere contrari allo spezzatino, nessuno ha firmato il verbale, nemmeno nella forma debole “abbiamo parlato e non siamo d’accordo” (ma anche qui non si capisce bene l’utilità di un siffatto verbale: Unindustria ha semplicemente preso atto che sono state espletate le formalità), e sono state chieste un po’ di informazioni su cosa succederà ai tra poco miei ex colleghi. L’azienda aveva pronta una dozzina di slide con le spiegazioni del caso, ma la sensazione è che siano ancora in alto mare con tutte le cose che bisognerà completare in questi ultimi dieci giorni prima del probabile closing, anche perché ogni giorno ci si accorge che ci sono procedure condivise tra “restanti” e “partenti” che non possono essere divise con facilità. Gli autonomi, con in prima linea lo Snater, hanno cominciato a parlare di tutto tranne che di quanto riguarda la separazione, mostrando come non fossero davvero interessati alla procedura in corso.

Diciamo che se uno non ci finisce dentro non può capire la quantità di cose inutili che occorre fare per legge o per abitudine.