Caster Semenya è un’atleta sudafricana che ha un livello di testosterone molto più alto della media femminile, e che quindi corre molto più velocemente delle altre colleghe. La IAAF ha deciso che non potrà correre, a meno di fare cure per abbassare il testosterone: il TAS ha confermato la decisione della IAAF, specificando – come riporta il Post – che
«ha convenuto che le politiche adottate dalla IAAF per i casi di iperandrogenismo siano discriminatorie per gli atleti con differenze nello sviluppo sessuale, ma ha anche ritenuto che queste siano “necessarie, ragionevoli e proporzionate” per assicurare la validità e la competitività delle gare.»
In altri termini: Semenya è femmina, è ufficiale. Ma visto che la natura l’ha fatta diversa dalle altre femmine bisogna limitarla artificialmente; un po’ come dire che non si possono avere cestisti sopra i due metri e dieci. Persino nel ciclismo, dove hanno dovuto mettere il limite per l’ematocrio perché non riuscivano a scoprire se gli atleti si bombavano, hanno lasciato il passaporto biologico per chi riusciva a dimostrare che i suoi livelli alti erano naturali. Non trovate che stavolta ci sia qualcosa di strano? Capisco i problemi di collocazione che possono insorgere con gli atleti intersex, per non parlare dei transessuali, ma questo non è il caso di Semenya. Ma si sa, lo spettacolo è tutto.
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Il titolo di questo libro (Sandra Savaglio, Tutto l’universo per chi ha poco spazio tempo, Mondadori 2018, pag. 296, € 10,99 (cartaceo: € 20), ISBN 9788804668947,