The Molecule Thief (ebook)

copertina[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing] Bisogna dire che L.P. Styles scrive della fantascienza (ramo apocalittico) con uno stile parecchio inusuale. Il protagonista del libro, Spencer, è probabilmente un asperger: questo significa che nelle parti in cui la narrazione è con la sua voce il lettore rimane un po’ sperso, e magari deve aspettare che un altro personaggio dia la sua visione dei fatti per capire cosa sta succedendo esattamente. La descrizione del mondo all’interno dell'”anomalia” è molto peculiare e dà prova di una grande fantasia da parte dell’autore; una cosa che nella fantascienza odierna non è certo comune. I miei dubbi sono nella rappresentazione dei personaggi secondari, che sembrano essere l’equivalente di un cartonato: non solo senza spessore, ma spesso con l’aria di essere stati aggiunti solo per incrementare il numero di pagine del testo. Per fortuna la storia principale regge bene alla lettura, però.

(L.P. Styles, The Molecule Thief, Astro Books 2023, pag. 313, $0,99, ISBN paperback 9781738773510)
Voto: 4/5

Il Covid c’è ancora

Da una decina di giorni il Covid è stato declassato da pandemia a “semplice” epidemia. Questo significa per esempio che non ci dovrebbero più essere tamponi a prezzo calmierato e cose del genere, oltre alla fine dell’obbligo di portare la mascherina negli studi medici (ma resta nelle RSA, se non ho capito male). E ammetto che anch’io sto rilassandomi fin troppo.

Però il virus gira eccome: al Giro d’Italia ci sono già stati sei ritiri, anche se non obbligatori, causa Covid e ieri ha lasciato la corsa Remco Evenepoel, che pure domenica aveva vinto la crono sotto la pioggia. La cosa ha intristito un tifoso di ciclismo come me, perché Evenepoel era il grande favorito per la vittoria: questo però ci fa capire che da un lato il virus è più trattabile che tre anni fa, grazie soprattutto ai vaccini, ma che appunto non dovremo abbassare la guardia. (poi vabbè, i complottisti ci sono sempre).

Metaverso, che diavolo era?

zuckerberg La scorsa settimana BusinessInsider (quello americano) ha postato un articolo dall’eloquente titolo RIP Metaverse. Io come sempre non faccio testo, ma mentre con Second Life avevo provato a installare il programma, eliminandolo immediatamente visto che non avevo abbastanza banda, non mi è mai nemmeno venuto in mente anche solo di vedere come Zuckerberg avesse messo su tutto l’ambaradan. E dire che ormai la banda la dovrei avere.

Ma anche se io non faccio testo quello che ho notato è che comunque non c’è stato tutto l’hype di una quindicina di anni fa (ma ve lo ricordate Tonino Di Pietro che faceva i comizi?), il che mi fa pensare che almeno stavolta io sia in ottima compagnia. Ora, è facile fare un’analisi sociologica a posteriori sul flop del metaverso: molto meno facile farla corretta. Ma chi sono io per esimermi dal fornirvi il mio pensiero chiaramente erroneo? Quello che vedo è che la gente in rete fa fondamentalmente due cose: litiga per scritto e guarda video di gattyni, cioè due cose che non può fare di persona (quanti gattini trovate in giro?) Il metaverso, così come Second Life, doveva essere una copia in rete di quello che facciamo già tutti i giorni nella vita reale: e allora tanto vale farlo lì, no?

Il caso Rovelli

Di quello che dice Carlo Rovelli al di fuori del suo campo mi importa poco. Quindi che l’altra settimana al Concertone abbia parlato contro l’invio di armi all’Ucraina e si sia scagliato contro Crosetto che «è stato vicinissimo a una delle più grandi fabbriche di armi nel mondo, Leonardo» mi è irrilevante. (Non mi importa troppo nemmeno quello che dice nel suo campo: ho scoperto che scrive molto bene, ti dà l’aria che hai capito non dico i particolari ma almeno il grande disegno della fisica, poi però non riesci a ricordarti nulla. O almeno a me capita così).

Di Ricardo Franco Levi ho già sparlato a lungo, parlando di Wikipedia, della legge sulla cultura con il taglio dello sconto massimo (no, non la sua del 2011, quella del 2020) seguita dai contorsionismi dell’anno successivo, dell’oscuramento del progetto Gutenberg (di cui tanto non parla più nessuno).

La vicenda di questi giorni però è stata assurda, con Levi che in qualità di commissario italiano (nominato da Draghi) per la Buchmesse 2024 dove l’Italia sarà il paese ospite scrive a Rovelli dicendogli che non lo voleva più come scrittore rappresentante l’Italia all’inaugurazione della Fiera di Francoforte, perché

«Il clamore, l’eco, le reazioni che hanno fatto seguito al suo intervento al concerto del 1 maggio mi inducono a pensare, mi danno, anzi, la quasi certezza, che la sua lezione che così fortemente avevo immaginato e voluto per la cerimonia di inaugurazione della Buchmesse con l’Italia Ospite d’Onore diverrebbe l’occasione non per assaporare, guidati dalle sue parole, il fascino della ricerca e per lanciare uno sguardo ai confini della conoscenza, ma, invece, per rivivere polemiche e attacchi.»

(Sì, immagino che tra un anno e mezzo tutti andranno a ripetere che Rovelli è amico di Putin,) Passano ventiquattr’ore e Levi si rimangia tutto, con un comunicato in cui spergiura di

«aver espresso le mie scelte nella qualità di commissario straordinario, senza aver ricevuto alcuna pressione o sollecitazione e per adempiere con rigore alla responsabilità istituzionale che mi è stata conferita con un decreto del Presidente della Repubblica»

. Capisco il fare il bravo soldatino e dire che ha pensato tutto da solo – il che potrebbe anche essere, ci sono sempre i più realisti del re. Ma Levi è un politicone, e doveva sapere il polverone che avrebbe suscitato…

Ah, non sono riuscito a trovare in rete la decisione iniziale di avere Rovelli all’inaugurazione. Questo non significa molto, per quanto ne so potrebbe essere nascosto in uno dei documenti che Levi ha preparato come commissario. Però far partire tutto questo baillamme su una cosa di cui non si sapeva nulla non è stato così furbo…

Quizzino della domenica: Autoseparazione 2D

Avete presente il quizzino precedente? Bene: stavolta abbiamo la figura qui sotto e dobbiamo mettere i numeri da 1 a 6 in modo che ciascuna coppia di numeri uguali k disti più di k quadrati (contati sui lati adiacenti e non sugli angoli: la distanza tra il quadrato più a sinistra e quello più a destra è per esempio 6).

la struttura iniziale (1, 3, 5, 7, 5, 3, 1 quadratini)
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p643.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Dai Problem of the Week di Stan Wagon.)

Ah, gli extracomunitari

"gambiano"?

non che a Libero siano messi meglio…

L’altro ieri a Milano c’è stato un tentativo di stupro di una giovane dottoressa da parte “di un ghanese di 23 anni”. Oggi si è scoperto che il “ghanese” è statunitense. Visto che era stato lui a definirsi ghanese, direi che la narrazione di questi decenni del cattivo immigrato) è stata anche esportata oltreoceano.

Nota a margine: plauso a chi al sito del Corriere ha aggiornato la notizia iniziale segnalando che era americano. Però è interessante notare come (a) l'”extracomunitario” è diventato “straniero”, (b) che è sì “americano” ma “turista” (mica venuto a rubarci il lavoro e prendersi i 35 euro al giorno), (c) nel corso dell’articolo la persona risulti ancora essere ghanese. Piccole cose, ma tutte insieme la dicono lunga.

PS: mi è purtroppo chiaro che almeno in Italia “extracomunitario” ha un significato negativo e che quindi non può essere applicato ad americani svizzeri norvegesi e ora britannici. Ma visto che tanto era stato aggiunto l’inciso sulla nazionalità sarebbe bastato scrivere “un giovane” – pur evitando il “di colore” che fa tanto razzista – e l’informazione sarebbe stata la stessa. Per quanto riguarda il “ghanese”, probabilmente “ha affermato di essere ghanese” sarebbe stato più corretto, considerando la quantità di persone che danno false generalità e false nazionalità quando fermate.

Aggiornamento: (18 maggio) È anche interessante notare la titolazione di Libero prima e poi.

A Brief History of Infinity (ebook)

copertina Se a voi piacciono i racconti bene ordinati nel tempo, questo libro non fa per voi: i capitoli si susseguono secondo un ordine che non ho ben chiaro, ma sicuramente non è cronologico. Se invece vi fanno paura le formule matematiche, leggetelo tranquillamente. A Clegg piace infatti raccontare storie, più che raccontare matematica. Non che lui non sappia di matematica: potete stare tranquilli che quello che c’è scritto è corretto. Semplicemente il suo pubblico è quello dei curiosi a 360 gradi, per cui la matematica è solo uno degli aspetti da considerare. Alla fine della lettura avrete insomma più un’idea dei matematici che della matematica.

(Brian Clegg, A Brief History of Infinity : The Quest to Think the Unthinkable, Robinson 2003, pag. 272, $11,99, ISBN 9781841196503)
Voto: 4/5