Il caso Rovelli

Di quello che dice Carlo Rovelli al di fuori del suo campo mi importa poco. Quindi che l’altra settimana al Concertone abbia parlato contro l’invio di armi all’Ucraina e si sia scagliato contro Crosetto che «è stato vicinissimo a una delle più grandi fabbriche di armi nel mondo, Leonardo» mi è irrilevante. (Non mi importa troppo nemmeno quello che dice nel suo campo: ho scoperto che scrive molto bene, ti dà l’aria che hai capito non dico i particolari ma almeno il grande disegno della fisica, poi però non riesci a ricordarti nulla. O almeno a me capita così).

Di Ricardo Franco Levi ho già sparlato a lungo, parlando di Wikipedia, della legge sulla cultura con il taglio dello sconto massimo (no, non la sua del 2011, quella del 2020) seguita dai contorsionismi dell’anno successivo, dell’oscuramento del progetto Gutenberg (di cui tanto non parla più nessuno).

La vicenda di questi giorni però è stata assurda, con Levi che in qualità di commissario italiano (nominato da Draghi) per la Buchmesse 2024 dove l’Italia sarà il paese ospite scrive a Rovelli dicendogli che non lo voleva più come scrittore rappresentante l’Italia all’inaugurazione della Fiera di Francoforte, perché

«Il clamore, l’eco, le reazioni che hanno fatto seguito al suo intervento al concerto del 1 maggio mi inducono a pensare, mi danno, anzi, la quasi certezza, che la sua lezione che così fortemente avevo immaginato e voluto per la cerimonia di inaugurazione della Buchmesse con l’Italia Ospite d’Onore diverrebbe l’occasione non per assaporare, guidati dalle sue parole, il fascino della ricerca e per lanciare uno sguardo ai confini della conoscenza, ma, invece, per rivivere polemiche e attacchi.»

(Sì, immagino che tra un anno e mezzo tutti andranno a ripetere che Rovelli è amico di Putin,) Passano ventiquattr’ore e Levi si rimangia tutto, con un comunicato in cui spergiura di

«aver espresso le mie scelte nella qualità di commissario straordinario, senza aver ricevuto alcuna pressione o sollecitazione e per adempiere con rigore alla responsabilità istituzionale che mi è stata conferita con un decreto del Presidente della Repubblica»

. Capisco il fare il bravo soldatino e dire che ha pensato tutto da solo – il che potrebbe anche essere, ci sono sempre i più realisti del re. Ma Levi è un politicone, e doveva sapere il polverone che avrebbe suscitato…

Ah, non sono riuscito a trovare in rete la decisione iniziale di avere Rovelli all’inaugurazione. Questo non significa molto, per quanto ne so potrebbe essere nascosto in uno dei documenti che Levi ha preparato come commissario. Però far partire tutto questo baillamme su una cosa di cui non si sapeva nulla non è stato così furbo…

3 pensieri su “Il caso Rovelli

  1. Antonio

    “scrive molto bene, ti dà l’aria che hai capito non dico i particolari ma almeno il grande disegno della fisica, poi però non riesci a ricordarti nulla”
    (domanda non polemica) Conosci qualcuno che non sia così?
    Perché di tutti i libri divulgativi che ho letto, faccio davvero fatica a ricordarne uno che ho capito non perché raccontava cose che sapevo già. Se dai libri allargo lo sguardo agli articoli e ai testi in generale, allora riesco a fare una manciata di nomi, non di più.

    1. .mau. Autore articolo

      Beh, non è detto che un divulgatore scriva bene :-)
      Quanto a quelli davvero bravi, Martin Gardner sicuramente (che lessi quando di matematica mica ne sapevo tanta). Se prendiamo la fisica (che notoriamente non so neppure ora), il primo che mi viene in mente è Gilmore e il suo Alice nel paese dei quanti, e spaziando più in giro mi vengono in mente i libri di Falcinelli.

    2. Leo M. A. Rotundo

      I libri di Richard Feynman li trovo eccellenti, in QED ad esempio definisce nella cultura liceale i prerequisti che deve avere il lettore e prova a spiegare i principi dell’elettrodinamica quantistica presentando casi semplici ma trattati in modo rigoroso ed a mio avviso il lettore che non è laureato in Fisica impara veramente qualcosa.

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