Di nuovo una meritoria riedizione di un titolo ormai introvabile in Italia, dopo la sua pubblicazione nel 1981 (Raymond Smullyan, Qual è il titolo di questo libro? [What is the title of this book?], RBA Italia – Sfide Matematiche 3 – 2008 [1978], pag. 222, € 9.99, trad. Massimo Evangelisti). Smullyan – classe 1919, tutti longevi questi matematici/filosofi! presenta una serie di indovinelli logici sempre più complicati, partendo dai vecchi trabocchetti (“come posso ottenere trenta centesimi con due monete, di cui una non è da 20 centesimi?”) e giungendo infine a presentare una dimostrazione “logica” del teorema di incompletezza di Gödel. I suoi problemi si popolano di persone sempre più strane: si parte dall’isola dei cavalieri che dicono sempre il vero e dei furfanti che dicono sempre il falso per arrivare agli indigeni che per un tabù non possono dire sì o no nella nostra lingua, agli zombie, ai vampiri pazzi che credono di dire sempre il falso ma in realtà dicono il vero. Mettersi a risolvere d’un colpo tutti i problemi è stancante, ma non è certo lo scopo del libro, che è un testo di logica simbolica abilmente camuffato (e tradotto bene, anche se forse a volte un po’ troppo formalmente) e ben piantato nel nostro mondo. Qualche volta la deduzione che si può fare a partire dai dati è che a mentire è l’autore, non i suoi personaggi fittizi! In definitiva, un ottimo testo introduttivo alla logica.
Ipocrisie diverse
Io capisco chi si lamenta dei tentativi di intromissione della Chiesa nelle leggi dello Stato (andando poi contro anche le proprie stesse norme, come scrissi a suo tempo).
Ritengo ancora più ipocrita la posizione del nostro Parlamento, che invece di provare a scrivere una legge che definisca quando si può accettare di terminare anche le cure di sopravvivenza preferisce appellarsi contro la magistratura che prende le sue decisioni. (Ah già, mi ero scordato che in questa legislatura le leggi le fa solo il governo, non il parlamento).
Però vedere che non appena Eluana Englaro ha una crisi tutti i quotidiani online subito si buttano a pesce a scrivere titoloni a riguardo (sbagliando anche a scrivere): ecco, questo mi pare estremamente ipocrita. Se ritenete di voler fare una campagna a favore dello staccare la spina, potete intervistare il padre, oppure parlare con medici neurologi filosofi e quant’altro; però per favore non mettete in mezzo quella ragazza, che è vero che non può sentire nulla ma non credo che avrebbe voluto trovarsi in mezzo a tutto questo cancan. Anche questo è accanimento.
Medie paradossali
La media aritmetica, di cui ho già parlato in passato, sembra in fin dei conti una cosa piuttosto tranquilla. Sì, è vero che non è sempre proprio il numero migliore per rappresentare schematicamente e con poca spesa un insieme di elementi: una famiglia con 1,6 figli, ad esempio, non la vediamo certo in giro. Però possiamo immaginare che la media aritmetica sia per così dire un numero “stabile”, visto che in un certo qual modo tempera gli eccessi dei singoli elementi. Ma non sempre è così! Eccovi tre paradossi, che vanno contro quello che ci aspetteremmo da una funzione per così dire civile.
1. Non è detto che si possa sempre trovare una velocità media
Sappiamo che calcolare la velocità istantanea a cui ci stiamo muovendo non è in realtà possibile, visto che per trovarla dobbiamo dividere lo spazio percorso per il tempo impiegato, e otterremmo un’espressione 0/0. Insomma, Newton e Leibniz, quando hanno inventato il calcolo differenziale, hanno ben avuto dei problemi, no? Quello che facciamo in pratica è calcolare la distanza percorsa in un’intervallo di tempo molto piccolo, calcolare la velocità media in quell’intervallo, e sperare che intanto la velocità sia rimasta costante. Ma anche se la velocità cambia nel tempo, possiamo immaginare che, se ad esempio la velocità media durante un percorso è di 100 Km/h, possiamo trovare un intervallo di un’ora – anche se a priori non si sa a che istante farlo iniziare – in cui si siano percorsi esattamente 100 chilometri. Ovvio, no? Basta fare un grafico spazio-tempo, costruire una finestrella equivalente a un’ora, e spostarla man mano. Scommetto che ci deve anche essere un teorema che si studia in analisi matematica!
Peccato che non sia per nulla vero. Supponiamo di fare un percorso di 250 km in due ore e mezzo, quindi a una media di cento all’ora, alla velocità indicata nella figura qui a fianco: nella prima, terza e quinta mezz’ora andiamo a 92 Km/h, e nella seconda e quarta a 112 Km/h. Prendiamo adesso un qualunque istante iniziale; nell’ora successiva avremo fatto esattamente trenta minuti alla velocità maggiore e gli altri 30 a quella minore, percorrendo dunque 102 chilometri. Ma avremmo potuto anche fare diversamente: se i vari tratti fossero stati percorsi rispettivamente a 88 e 108 Km/h, in un qualunque tratto di un’ora la distanza totale percorsa è di 98 chilometri. D’accordo, gli esempi numerici che ho fatto sono impossibili da ottenersi in pratica, ma non è difficile modificarli per ottenere lo stesso risultato con una tabella di marcia verosimile: non l’ho fatto perché non vale la pena di complicare i conti da fare.
Dov’è il trucco? Il trucco è che non c’è nessun trucco! Se avessi scelto come unità di misura un sottomultiplo esatto del tempo totale percorso (nel nostro caso mezz’ora, oppure 50 minuti) il ragionamento fatto sopra sarebbe stato corretto. Se dividiamo esattamente il percorso in tante parti, o tutte le parti hanno la stessa velocità media oppure ci sono due parti vicine, una con velocità media inferiore e una superiore alla media globale, e in questo caso il ragionamento ella finestrella funziona. Nel nostro caso non possiamo dividere il percorso in questo modo, quindi il ragionamento non regge.
2. Anche se due medie parziali crescono, la media delle medie decresce
Uno potrebbe immaginare che la media di due medie sia in un certo senso coerente: se le medie parziali crescono nel tempo, anche quella globale deve crescere. Peccato che nemmeno in questo caso l’affermazione sia vera! In letteratura, il fatto è noto come Paradosso di Simpson: la pagina su wikipedia fa un esempio numerico del paradosso, esempio che riprendo qua. Supponiamo di avere questa ipotetica situazione:
Lavoratori | senza diploma | con diploma | Totale |
---|---|---|---|
Giovani | 20 | 80 | 100 |
Anziani | 120 | 30 | 150 |
Totale | 140 | 110 | 250 |
e la statistica seguente su quanti di questi lavoratori siano disoccupati:
Tasso disoccupaz. | senza diploma | con diploma |
---|---|---|
Giovani | 30% | 15% |
Anziani | 5% | 3,33% |
Come si vede, sia tra i giovani che tra gli anziani il maggior numero di disoccupati si ha tra chi non è diplomato. Se però si calcola il numero esatto di lavoratori disoccupati a partire dalle percentuali, e si ricava qual è la percentuale complessiva di disoccupati, senza considerare le età. Come si può vedere, in realtà i disoccupati diplomati sono percentualmente di più di quelli non diplomati!
% disoccupati | |
---|---|
senza diploma | 12/140 = 8,6% |
con diploma | 13/110 = 11,8% |
Di nuovo, non c’è trucco e non c’è inganno. I numeri sono proprio quelli, e di qui non si scappa. Quello che succede è che c’è una correlazione implicita tra i dati, nel senso che ci sono molti più disoccupati giovani che anziani, e molti più diplomati giovani che anziani. La media normalizza, e quindi non ci fa più vedere questa differenza nei valori assoluti; differenza che però c’è, come si vede nella tabella dei valori assoluti qui sotto, e che porta appunto al risultato apparentemente paradossale.
Disoccupati | senza diploma | con diploma | Totale |
---|---|---|---|
Giovani | 6 | 12 | 18 |
Anziani | 6 | 1 | 7 |
Totale | 12 | 13 | 25 |
Insomma, prima di trarre conclusioni dai valori delle medie parziali, state sempre attenti a vedere quali sono i dati originali!
3. Se A è in media meglio di B, e B è meglio di C, C può essere in media meglio di A
D’accordo: non si può nemmeno fare la media delle medie. Però almeno la media una proprietà transitiva ce l’avrà bene, no? Insomma, se in media la scelta A è preferibile a B e la B a C, è ovvio che A è preferibile a C, no? Beh, non proprio. Supponiamo di avere i seguenti quattro dadi qui a fianco. Lanciamo ora i dadi A e B. In media B darà il risultato maggiore in quattro casi su sei: quando esce 5 (tre volte su sei) e quando esce 1 ma con A esce 0 (3/6 * 2/6, cioè una volta su sei). Se lanciamo i dadi B e C, in media C darà il risultato maggiore in quattro casi su sei: quando esce 6 (due volte su sei) e quando esce 2 ma con B esce 1 (4/6 * 3/6, cioè due volte su sei). Se lanciamo i dadi C e D, il conto è ancora più facile; C vince se e solo se esce 6, quindi in due casi su sei, e pertanto D vincerà in media in quattro casi su sei.
Ricapitoliamo: B supera A in media 4 volte su 6; C supera B in media 4 volte su 6; D supera C in media 4 volte su 6. Prendiamo ora A e D; è immediato che A vince se e solo se esce 4, quindi 4 volte su sei. Oops… non era D che avrebbe dovuto vincere quattro volte su sei? Ecco, appunto. Ve l’avevo detto di stare attenti. Ancora una volta non c’è nessun paradosso, in realtà: semplicemente, quando si hanno più di due scelte possibili le preferenze non sono transitive. Per la cronaca, ci si può anche limitare a tre soli dadi, mettendoci su i valori (3 3 5 5 7 7), (2 2 4 4 9 9), (1 1 6 6 8 8). In questo caso, però, i conti da fare sono un po’ più complicati, e quindi ho preferito un esempio non minimale ma più semplice da vedersi. Un suggerimento: provate a costruire i quattro dadi, e invitare qualche amico a fare una partitina, lasciandogli graziosamente scegliere ogni volta per primo quale dado lanciare…
(Il tutto è stato ispirato dall’articolo di Philippe Boulanger Il n’y a pas moyen de moyenner!, Jeux Math, Dossier Pour La Science, Avr-Jui 2008)
Manco me n’ero accorto
Oggi S.E. il PresConsMin Cavalier Silvio Berlusconi, mostrando ancora una volta che Giorgino Bush e le sue gaffe sono da dilettanti, è arrivato ad affermare che «È il momento di comprare Eni e Enel, perché le azioni con quei rendimenti dovranno ritornare al loro vero valore» e che «si parla di una nuova Bretton Woods per scrivere nuove regole e di sospendere i mercati per il tempo necessario per formulare queste nuove regole». Per la seconda frase, gli è subito fatto notare che magari una smentita era d’uopo, e ha così cercato di tappare il buco dicendo che «la sospensione dei mercati è una voce che circolava già da tempo», l’equivalente berlusconiano di “me l’ha detto mio cuggino”. Per quanto riguarda la prima frase, nulla di nulla: è scivolata via nell’indifferenza, come se il PresConsMin avesse tra i suoi compiti istituzionali quello di specificare quali sono le società più salde. Persino Uòlter ha espresso il suo dissenso, il che è incredibile se ci pensate su un po’.
Ma questo è ancora niente. Mercoledì, infatti, la persona che dovrebbe essere al governo di tutti gli italiani ci ha detto – e faccio notare che la citazione l’ho presa dal Sole-24 ore, che spero non faccia parte dalla “stampa comunista” – «Ho visto i corsi azionari di aziende come Eni, Enel, Mediaset, che continuano a guadagnare come prima. E’ un momento di bolla speculativa all’incontrario, che rientrerà sicuramente, anche se nessuno di noi può dire quando. Ma certamente -aggiunge il premier – il mercato tornerà a valutare le aziende per quello che valgono». Eni ed Enel, magari perché sono società dove lo Stato ha ancora un’ampia fetta di azioni, sono ripetute. Ma c’è stato un altro esempio, sicuramente non casuale: Mediaset. Esatto: la società di cui Sìlviolo possiede la maggioranza. Un conflitto d’interessi grosso come una casa, dove B. cerca di convincere i suoi sudditi a dargli soldi in maniera praticamente diretta. Una vergogna grossa come una casa.
Ma la vergogna mia è che non mi ero nemmeno accorto della cosa. Mi sto anestetizzando anch’io, e questo non è per nulla bello.
Aggiornamento: (12 ottobre) Nei commenti potete trovare il link al video con la conferenza stampa e la mia trascrizione della frase incriminata.
Benessere Proentale
Lunedì scorso mi sono trovato sul parabrezza dell’auto questo volantino. Non so se quelli offerti dal Centro Benessere siano solo massaggi o anche “massaggi”; posso immaginare che il “relex” non siano loro ma il “relax”; ma “proentale” proprio non riesco a tradurlo in italiano.
Il De Mauro non mi dice nulla. Ho persino provato a googlare: l’unico risultato pratico dei quattro ritornati è questo, ma la frase “La suddetta depressione si dividerà, dando origine a due vaste gocce fredde in quota. Una si porterà tra Europa proentale e Balcani” continua a non dirmi nulla. Persino la Padania è un concetto più chiaro. Qualcuno ha delle ipotesi?
Fede e Finanza
Io di economia non è che ci capisca molto, giusto per usare un eufemismo. Devo dire che mi sa che nemmeno gli economisti da Nobel ne capiscano più di tanto, e anzi non vedo l’ora di scoprire chi vincerà il premio quest’anno.
Detto questo, a me sembra abbastanza chiaro che soprattutto negli ultimi decenni i soldi che giravano sono sempre più stati finti. Non so se il punto di svolta sia stato Bretton Woods o la decisione nixoniana del 1971 di sospendere la convertibilità in oro del dollaro: fatto sta che oggi come oggi il denaro non ha più alcuna relazione con una produzione di beni. Non parlo di banche e finanziarie, che per definizione prestano molti più soldi di quelli che hanno basandosi sul fatto che non dovrebbero essere chiesti indietro tutti assieme, ma anche delle stesse aziende manufatturiere. Se sono quotate in borsa, significa che il valore delle quote azionarie non dipende più da quello che è immobilizzato per la produzione dei beni, ma da quello che “il mercato”, qualunque cosa esso sia, ritiene che vale la pena pagare. Aggiungiamo poi che è possibile non solo comprare e vendere azioni ma anche comprare e vendere diritti futuri sulle azioni, per non dire di vendere azioni che al momento non si hanno ma in futuro si suppone di avere, e capiamo che tutto questo potrà ancora chiamarsi mercato ma è qualcosa di completamente diverso da quello con i banchetti per le strade: un po’ come andare da Pizza Hut per prendersi un trancio di “pizza” che magari è anche gustosa ma sicuramente non è pizza.
Vb dice che bisogna avere fede nel denaro come in una qualunque religione. Io sostituirei a “denaro” il concetto di “mercato”: per anni, se non decenni, si è andati avanti e sono stati moltiplicati pani e pesci… eh, indici e prodotti finanziari; ma ora la fede è stata persa, e non si vede un nuovo profeta all’orizzonte.
Perché, però, in questi giorni non sono state bloccate tutte le vendite allo scoperto? Quando dico “bloccate”, significa proprio che uno debba mostrare di avere fisicamente il possesso di quelle azioni che stava vendendo. Almeno ci sarebbe una parvenza di ritorno al tangibile. O forse siamo andati troppo oltre?
Aggiornamento: (13:45) La Consob ha vietato le vendite allo scoperto. Stavano aspettando che io lo scrivessi?
alla simpaticona che sta spammando dall’Università di Camerino Macerata
Hai scritto lunedì col nome di Lara e l’email farlocca ghj@ghj.it dall’indirizzo IP 193.205.125.7, e ho cancellato il commento invece che approvarlo.
Hai scritto di nuovo adesso col nome di Cinzia e l’email farlocca asd@asd.it dall’indirizzo IP 193.205.125.7, e ho cancellato il commento invece che approvarlo.
Forse non hai capito una cosa: se anche quello che hai scritto fosse dimostrabilmente vero, per principio non appoverei mai quei commenti in quanto sono spam e non c’entrano un tubo con quello che ho scritto io. Al terzo messaggio mi limito a bloccare tutti gli indirizzi da Camerino, e la cosa finisce lì. (Sì, lo so che non leggerai mai questo avviso: ma il problema è tuo, non mio)
Aggiornamento: (13 ottobre) Magari pensando che io sia un misogino, l’amicone stavolta ha riscritto il testo con nome “Gian”. Ora l’indirizzo IP è bloccato: se cambia macchina, allora arriverà la segnalazione di dovere.
Belòn!
Il Nobel per la letteratura è stato assegnato a Jean-Marie Le Clézio (io non l’avevo mai sentito nominare, ma il mio collega francese dice che aveva letto qualcosa di lui addirittura alle medie, e Wikipedia aveva un abbozzo di voce già l’anno scorso).
Ho provato ad anagrammare Le Clézio, e sono usciti fuori:
– “colle zie”: la sua opera tende a radunare insieme tutta la famiglia, narrando saghe di ampio respiro.
– “celle, ozi”: ma è anche possibile notare una pigrizia, forse forzata o magari spartana e minimalista.
Sembra infine essere stato nel suo primo periodo uno sperimentalista, ma i suoi colleghi dicevano di lui “O Ellé Ci: z…” nel senso che le sue opere erano soporifere.