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matematto non praticante

“in the best interest of my party and the country”

la lettera di rinuncia di Biden
Hanno già scritto più o meno tutto sulla rinuncia di Joe Biden. Al limite posso dire che mi viene da sorridere al pensiero di Vance che l’altro giorno diceva “se Biden non si ricandida allora deve anche dimettersi”: la cosa mi sembra un autogol, perché a questo punto Kamala Harris avrebbe tre mesi di tempo da presidente per ribaltare la situazione attuale. Ma è un’altra la cosa che ho notato.
Come potete leggere, in generale Biden nel suo messaggio ha parlato agli americani. Ci sono solo due punti dove parla del suo partito: il ringraziamento doveroso a quelli che hanno lavorato per lui, verso la fine del testo, e la frase del titolo. Che il suo ritirarsi sia “nel miglior interesse del suo partito” è lapalissiano; ma io non l’avrei assolutamente scritto, e mi sarei limitato a dire “non potendo essere certo al 100% di poter servire la mia nazione per i quattro prossimi anni, ho coscienziosamente deciso”. Mi chiedo se la differenza è dovuta al fatto che io non capisco una cippa di politica (il che ovviamente è vero) oppure c’è proprio una differenza di pensiero tra un europeo e uno statunitense.

Bartali e gli ebrei

È possibile che quando tre anni fa fosse uscito questo pamphlet io ne avessi sentito parlare; ma me ne ero dimenticato fino all’altro giorno, quando mi è passato il titolo sotto gli occhi. (No, non ho letto l’ebook, né penso di leggerlo)

Sei autori per 96 pagine non sono male come mole di lavoro, ma non è quello che mi interessa. Se non ho capito male, “il caso Bartali” consiste nel fatto che mentre la vulgata dice che durante la seconda guerra mondiale salvò centinaia se non migliaia di ebrei il vero numero è tutt’al più di una trentina. Io mi limito a notare alcune cose. (a) Che io ricordi, Bartali non parlò mai della storia se non forse in tarda età (quando comunque non era purtroppo nel pieno delle sue facoltà mentali), quindi non si può dire che si fosse fatto pubblicità. (b) Avesse salvato anche solo una persona la cosa sarebbe stata comunque bellissima. (c) Il titolo è evidentemente un clickbait: non c’è nessun “caso Bartali”. Ma se avessero davvero voluto parlare degli storici antifascisti brutti cattivi (e dell’altra parte), “la vicenda Bartali” sarebbe stata un semplice sottotitolo.

Vabbè, ma si sa che le cose vanno così.

Addio agli URL shortener goo.gl

la pagina interstiziale che arriverà da agosto con l'avviso della dismissione
Gli URL Shortener sono quegli indirizzi web “accorciati”: in pratica, invece che avere un lungo nome come https⁠://xmau.com/wp/notiziole/2024/07/22/addio-agli-url-shortener-goo-gl/ avete https⁠://bit.ly/3xVVSeD. A che ci serve avere un link corto? Beh, dipende. In alcuni libri che ho scritto, ho usato link brevi personalizzati (quindi non con caratteri apparentemente a caso come quello che vedete qui sopra, ma con un testo facile da memorizzare) per tutta la sitografia, in modo che chi aveva una copia cartacea del mio libro potesse digitarlo con facilità. Però ormai l’uso direi essere residuale: molto più semplice mettere un QR-code da fotografare col furbofono, e non so quanti digitino ancora un URL a mano.

Google aveva un suo servizio di creazione di URL shortener, della forma https://goo.gl/; dal 2018 non permetteva più di creare nuovi accorciatori, e ora (meglio, dall’agosto 2025) anche i vecchi collegamenti non funzioneranno più: per un anno se cliccheremo sopra uno di essi ci arriverà una pagina che ci avviserà della cosa, con un link da cliccare per arrivare alla pagina voluta. Con grande senso del ridicolo, poi, gli sviluppatori di Google hanno detto «se non volete far vedere quella pagina aggiungete il parametro “si=1” all’url».

Io penso di capire perché Google avesse creato il servizio: otteneva senza troppa fatica un insieme di URL, e soprattutto aveva un’idea di quanto si accedesse a quelle pagine. Per un’azienda che nasceva come motore di ricerca quei dati erano utili. Penso anche di capire perché avessero smesso di accettare nuovi shortener: Google è sempre meno un motore di ricerca. Ma perché eliminare del tutto un servizio che non mi pareva così costoso rispetto al numero di query che si fa a Google e che non aveva costi di manutenzione (mica doveva controllare se i link funzionavano davvero)?

È vero che Google non si è mai fatta grandi problemi a terminare prodotti e app e che come ben sappiamo un centesimo risparmiato è un centesimo guadagnato (cit.), però la cosa mi stupisce, soprattutto per il lunghissimo periodo di transizione. D’altra parte magari il motivo è sempre lo stesso: le informazioni in rete sono sempre meno persistenti, e quindi il concetto stesso di URL non può essere visto come un’àncora (sapete, vero, perché in HTML i link sono all’interno di un tag <a>?) ma come un qualcosa di usa e getta.

PS: non credo di avere mai creato un link goo.gl, e d’altra parte non potevo neppure raggiungerli mentre ero in ufficio perché il BOFH locale ce li bloccava temendo si arrivasse chissà dove.

Quizzino della domenica: Quadrante a zig zag

Nella figura qui sotto (non in scala) vedete un quadrante di circonferenza dove sono stati disegnati tre segmenti perpendicolari tra loro, di lunghezza 9, 16 e 12 rispettivamente. Quanto vale il raggio della circonferenza?

la figura
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina https://xmau.com/quizzini/p705.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema di Presh Talwalkar, da Mind Your Decisions.)

The Beatles: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (libro)

copertina Avrei dovuto accorgermi prima che Banti è uno storico (è perfino possibile che quarant’anni fa l’abbia per caso incontrato nella mensa della Normale…) e non un critico musicale. Questo significa in pratica che il primo capitolo del libro non ha in realtà nulla a che fare con la musica, ma cerchi di mostrare somiglianze e differenze tra gli USA e il Regno Unito nei quindici anni dopo la seconda guerra mondiale. Nel seguito entra più nel merito musicale, anche se la sua scelta è comunque quella di raffrontare Sgt. Pepper con la varia musica che si faceva in quel periodo e in quello precedente. A me personalmente è interessata soprattutto l’analisi musicale di Pasquale Laino (attenzione: è roba tosta, dovete saperne già di musica) e ho trovato comodo il lungo glossario di termini musicali alla fine del libro.

(Alberto Mario Banti, The Beatles: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, Carocci 2024, pag. 172, € 17, ISBN 9788829018086 – se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me)
Voto: 4/5

Amazon non è in tempo reale

Stamattina dovevo recuperare un pacco di Amazon dal giornalaio. Mentre arrivavo stava andando via il corriere, e quindi mi sono detto “che bello, così recupero anche l’altro pacco che Anna ha ordinato ieri”. E invece no. Il pacco c’era, ma non era stato smarcato come “consegnato”. (Adesso, dopo un’ora, lo è: non saprei dopo quanto tempo è cambiato di stato, non era una cosa così importante: me lo recupero domattina). Però non mi aspettavo questo ritardo, nel senso che la mia logica vedeva il corriere che scansionava il codice del pacco e lo passava di stato, e invece a quanto pare non è così.

Ascensore con offset

ascensore
Anche se abito al quinto piano, generalmente salgo (e scendo, ma quello è più facile) le scale a piedi, perché il mio cardiologo dice che io devo fare tanto moto. L’altra settimana, una volta che per caso ero sceso in ascensore, ci ha messo ancora più tempo del solito a fermarsi a pian terreno ed aprire. Vabbè, mi dico, sarà il caldo.
Mercoledì nel tardo pomeriggio sono salito in ascensore con Anna e a questo punto l’ho immediatamente ripreso per andare giù nei box a prendere la pompa per la bicicletta. Scendo, aspetto un bel po’ che si fermi, la porta infine si apre: sono a pian terreno. Penso di aver sbagliato a schiacciare pulsante, ma il display dentro indica -1. Va bene, faccio il giro più lungo, gonfio la ruota e torno su a piedi.
Poi la sera tardi dovevo andare a prendere Cecilia. Scendo a piedi, la recupero, e quando arriviamo lei chiama l’ascensore, che sale, si ferma e apre le porte… ma non a pian terreno. Essendo io un matematico le dico “beh, basta salire al primo piano e prenderlo da lì”. E in effetti era al primo piano. Non so perché, stavolta Cecilia ha deciso di salire comunque a piedi…
(poi giovedì mattina alle 8:15 quando sono uscito per andare in ufficio c’erano degli operai che stavano lavorandoci: non so se ora è a posto o no)

(immagine da PNGWing)

Aggiornamento (19 luglio) no, anche stamattina sono a lavorarci su. Ieri sera non ci ho fatto caso perché la tromba dell’ascensore non era illuminata (e ovviamente sono salito a piedi)

Google per default non indicizza più?

crawler di Google È un bel po’ di tempo che trovare qualcosa con Google è sempre più complicato. Non che io sia riuscito a trovare altri motori di ricerca migliori da questo punto di vista; ma l’immerdificazione (enshittification) di Google ormai non può essere tamponata nemmeno con ricerche un po’ più strutturate.

Secondo questo articolo la ragione è seplice: Google non indicizza più. O meglio, spiega Vincent Schmalbach, la sua impressione è che i suoi crawler prendono sempre tutto subito per non mancare le ultime notizie, ma poi cancellano quello che la grande G non ritiene interessante, lasciando il materiale dei siti più importanti e quello davvero di nicchia che non saprebbe come mostrare altrimenti. No, non c’è nessuna misura quantitativa, quindi potete prendere o no per buona la sua analisi, come anche il fatto che potrebbe non essere una coincidenza l’inizio di questa china con i primi contenuti scritti da GPT-1.

Che ne penso io? Scrivere contenuti interessanti e che dicano qualcosa di almeno un po’ originale è sempre più difficile. O meglio, scrivere contenuti che dicano qualcosa diverso dalla massa è sempre difficile allo stesso modo, perché bisogna fermarsi e cercare di vedere le cose da un punto di vista diverso accorgendosi allo stesso tempo di non dire idiozie (cosa che non capita spesso). Ma anche così, dire che quei contenuti siano poi interessanti è un’altra storia: ed evidentemente non è possibile distinguere tra contenuti generati artificialmente, contenuti stupidi e contenuti validi, così anche Google ha gettato la spugna. La normalizzazione di Internet è completata: le sacche residuali sopravviveranno, ma in modo carsico.

(immagine di Haywook Beasley, da Flickr)