Ho capito perché Trump voleva a tutti i costi che la tregua tra Israele e Hamas (l’ottava pace nella sua presidenza?) fosse firmata domenica scorsa: il comitato che assegna il Nobel per la pace ha preso la sua decisione lunedì mattina.
D’accordo: quel Nobel l’ha preso persino Obama (e non sapete quanto mi costi concordare con Rampini…) Ma darlo a qualcuno che ha fatto sua la massima “si vis pacem, para bellum” – vedi ICE e le truppe della Guardia Nazionale nelle città dem – mi sembra esagerato. E lo so che anche Berlusconi avrebbe tanto voluto il Nobel per la pace, ma mi pare che Trump ne sia davvero ossessionato. Non vorrei essere nei panni dei norvegesi tra qualche ora, dopo l’annuncio dell’assegnazione…
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Come se fosse facile bloccare i SN ai ragazzi
Stavolta ci prova la Danimarca. La prima ministra Mette Frederikse ha affermato (vedi il Post o The Guardian) che vuole far promulgare una legge che vieti ai minori di 15 anni l’uso dei social network, che «stanno rubando l’infanzia» di molti bambini, e causare ansia, depressione e mancanza di concentrazione ai minorenni. (Ma anche ai maggiorenni, aggiungo io…)
I social network fanno male, e su questo direi che non ci sono dubbi. Fanno ancora più male a chi non ha anticorpi per saperli gestire: non solo i ragazzini, ma anche la mia generazione in gran parte non era preparata a una vita tutta online manco fossimo al Truman Show. Ma pensate davvero che la soluzione sia un blocco basato sull’età? O meglio: pensate che un simile blocco sia davvero fattibile? O viene fatto rispettare sul serio e allora, come vediamo nel Regno Unito, tutti saranno toccati perché la verifica sarà troppo complicata, oppure rimarrà lettera morta. Un anzyano come me potrebbe anche cavarsela con quei sistemi di verifica che ti fanno una foto del volo – ammesso e non concesso di fidarsi che la foto sarà immediatamente cancellata. Ma un sistema di questo tipo dovrebbe bloccare per sicurezza anche diciottenni, perché potrebbero essere ragazzini che sembrano più vecchi di quanto in realtà siano. Oppure volete postare i vostri documenti per accedere a TikTok? Sì, potremmo immaginare un servizio di “autenticazione debole” fornito a pagamento da una terza parte, senza troppi dati personali: ma è comunque un controllo a cui dobbiamo sottoporci. Vedremo cosa combineranno i danesi.
Kvick Sört
Il sito idea-instructions.com ha postato alcuni algoritmi scritti come se fossero un manuale di istruzioni IKEA. Quello che vedete qui in figura è ovviamente il Quicksort.
Io spesso ho dei problemi con questo tipo di manuali, o se preferite ho dei problemi a montare i mobili IKEA. In questo caso però devo riconoscere che le istruzioni sono davvero chiare, e il tocco di inserire tra il materiale necessario un dado (per scegliere a caso l’elemento su cui fare pivot per far girare l’algoritmo…) è un tocco di classe. Tra gli altri algoritmi disegnati, ho trovato interessante GRÅPH SKÄN, con le tre possibilità di base (casuale, depth-first e breadth-first). La cosa che mi chiedo è fino a quanto (e quanto a lungo) si può arrivare con una visualizzazione di questo tipo. Provo a spiegarmi meglio. Non c’è nulla di male di per sé nel semplificare il funzionamento di un algoritmo: questi disegni servono per dare un’idea di come funziona e non possono certo sostituirsi a un’implementazione. Ma l’avere scelto di limitarsi a una dimensione di due facciate secondo me è davvero limitante. Prendiamo per esempio PUBLIK KEY KRYPTO, che spiega la crittografia a chiave pubblica (no, non è l’algoritmo Diffie-Hellman come avevo pensato all’inizio: i lucchetti mi avevano tratto in inganno). Spiegare in un solo schema la crittografia e le firme digitali secondo me è davvero troppo!
Viva san Francesco
Io sono anzyano. Quindi la scuola per me cominciava il primo ottobre, san Remigio, e per evitare che ci stancassimo subito il 4 ottobre stavamo a casa perché era san Francesco. In realtà ho scoperto che quella di san Francesco non era una festa vera e propria ma una solennità civile: i privati lavoravano tranquillamente, erano solo gli statali che avevano l’orario corto (e nel caso della scuola MOLTO corto…) Comunque nel 1977, quando si sono tolte le festività per l’appunto soppresse, anche le solennità civili hanno seguito la stessa fine.
Ora il Parlamento, con una fretta incredibile e un voto che più bipartisan non si può (due contrari alla Camera: in Senato la legge è passata direttamente in commissione Affari Costituzionali all’unanimità) il 4 ottobre diventerà giornata festiva a tutti gli effetti dal 2026, ottocentesimo anniversario della morte del Poverello. È vero che l’anno prossimo il 4 ottobre cadrà di domenica, ma questo significa che almeno nel privato dovrà venire pagata la giornata.
Leggendo la nota accompagnatrice al Senato, scopro che già dal 2005 il 4 ottobre era considerato, oltre che solennità civile, anche come giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse. Questo ci fa già capire che probabilmente stavolta non c’è nessuna ingerenza della Chiesa, che festeggia già da decenni la giornata mondiale della pace a capodanno: ma magari qualcuno voleva ingraziarsi le gerarchie vaticane. Notate anche che l’anno scorso si è ricollocata al 4 novembre la Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate (che nel 1977 era stata spostata alla prima domenica di novembre), ma senza effetti civili: insomma si fa la parata e morta lì. Invece per san Francesco no. Come mai?
PS: la ricorrenza del 4 ottobre rimane comunque, nel senso che la legge 1958/132 non è abrogata: semplicemente rimane intitolata solo a santa Caterina da Siena, anch’essa patrona d’Italia ma evidentemente di serie B. Il maschilismo insomma impera.
Un po’ di fuffa sull’IA in matematica
Come si possono usare gli LLM per fare matematica? Su MaddMaths! ho scritto un post raccontando il progetto lanciato da Tim Gowers: la creazione di una base dati di “motivated proofs”. In pratica Gowers intende costruire un sistema AI-friendly dove i matematici spiegano anche i passaggi che nei testi sono sempre tralasciati come “banali”, per evitare che quando il problema dato a un LLM non sia simile a quanto già visto il sistema non parta per la tangente. Un approccio come quello di Gowers ha un senso: non è detto che funzionerà, ma vale la pena tentarci. Poi c’è però tutta la fuffa che circonda l’intelligenza artificiale anche in matematica, come del resto in tutti gli altri campi. Ecco due esempi di questi giorni.
Wes Roth segnala su Twitter un risultato di AlphaEvolve, un LLM di Google usato come agente per il coding che avrebbe “aiutato a dimostrare nuovi teoremi nella teoria della complessità”. Poi due righe sotto aggiunge che “i modelli non sarebbero in grado di fornire una dimostrazione completa, ma fornirebbero risultati intermedi che si sarebbero potuti perdere per distrazione”, il che – scusate – mi pare una cosa un pelo diversa. Leggendo il post di Google si scopre infatti che AlphaEvolve avrebbe trovato nuovi minoranti per dei risultati su cui non si è ancora in grado di trovare una risposta esatta, come capita spesso in quel campo della matematica. In pratica AlphaEvolve usa un LLM per generare del codice che poi viene verificato automaticamente per correttezza formale e man mano modificato per cercare di ottenere risultati migliori di quelli già noti. Praticamente lavori forzati per quei poveri modelli. D’accordo, parlare di fuffa è un’esagerazione, ma da qui a pensare a un breakthrough ce ne va. (Se poi volete vera fuffa, leggetevi i commenti al post di chi propone i loro fantasmagorici modelli…)
Girellando per la rete ho poi scoperto che una fondatrice ha raccolto 64 milioni di dollari di capitale per insegnare alle IA il linguaggio della matematica. Per fare un raffronto, il progetto di Gowers è stato uno dei 29 che si sono divisi i 9 milioni offerti dall’AI for Math Fund: ma volete mettere Axiom Math le cui sale riunione negli uffici di Palo Alto “sono chiamate col nome di matematici iconici come Carl Friedrich Gauss e Ada Lovelace, sottolineando la loro passione per il progesso scientifico fondazionale”? No, non so cosa sia il “foundational scientific progress”. In compenso vedo che Axiom Math “sta lavorando su modelli che possono scoprire e dimostrare nuovi problemi matematici”, perché evidentemente quelli già esistenti sono troppo banali. I ricercatori “sperano di applicare il loro lavoro in aree come la finanza, la progettazione di aeroplani e di chip, e il trading quantitativo.” Vabbè, mi direte, se vai a prendere la brochure di un sito che promuove il venture capital ci crediamo che scrivono di queste cose”. Occhei: andate sul sito di Axiom Math e troverete scritto a caratteri giganteschi
Allora?
Quizzino della domenica: Distanze stradali
768 – equazioni
In una regione di Matelandia, le città di Anello, Base, Conica, Derivata ed Epsilon sono connesse tra loro da strade tutte rettilinee. La distanza tra Anello e Base è di 3 km, così come quella tra Conica e Derivata. La distanza tra Base e Derivata è 1 km, quella tra Anello e Conica è di 5 km, quella tra Derivata ed Epsilon di 4 km, e quella tra Anello ed Epsilon è di 8 km. Qual è la distanza tra Conica ed Epsilon?
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina https://xmau.com/quizzini/p768.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema dello Swedish Mathematical Contest 2004/2005, da Futility Closet.)
I nostri antenati (libro)
La trilogia di Calvino la lessi quasi cinquant’anni fa, nell’edizione edulcorata per le scuole che andava di moda ai tempi. Passano i decenni, a mio figlio è toccata come lettura per le vacanze e così mi sono ripreso i libri in mano per verificare che leggesse davvero e non si facesse scrivere i riassunti da un LLM.
Dei tre volumi, quello che ha retto meno lo scorrere del tempo è il primo, Il visconte dimezzato. A parte l’italiano che è di registro molto più alto rispetto a quello che si usa oggidì, la storia è piuttosto debole: si sente la gioventù di Calvino quando lo scrisse. Il barone rampante è sempre un classico, e ora posso anche capire i giochi di parole con i cognomi e i frammenti di discorso in altre lingue, con i quali Calvino si deve essere divertito. Ma la vera sorpresa è stato Il cavaliere inesistente, che è una presa per i fondelli dall’inizio alla fine e fa vedere molto bene l’evoluzione della scrittura calviniana. Qui il secondo piano di lettura già presente in nuce nel Barone rampante è infatti ampliato e messo alla pari di quello di base: non è un caso che in seguito Calvino sia diventato membro dell’Oulipo.
Italo Calvino, I nostri antenati, Mondadori 2023 [1960], pag. 482, € 15, ISBN 9788804772910 – come Affiliato Amazon, se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me
Voto: 4/5
Io e l’hardware
Io uso a casa un vecchio laptop HP che fa ancora bene il suo mestiere, ma ha dei problemi con la tastiera, a causa del mio pestare i tasti, e con l’SSD di sistema che ha superato da un pezzo la sua vita utile, senza che mi arrivasse nessun avviso. Vabbè, dico, cambio tastiera e SSD. Compro il tutto a luglio, poi lo lascio ad ammuffire fino a che decido che è giunta l’ora. Solo che io e la manualità non andiamo d’accordo, e quindi chiedo ai miei colleghi chi mi può aiutare.
Ci mettiamo d’accordo per mercoledì: io il martedì scarico Clonezilla, attacco la nuova scheda SSD a un USB, e faccio partire il tutto. Il PC macina, macina, e riparte dal vecchio disco e non dalla chiavetta. Riprovo altre due volte: sempre uguale. Solo a questo punto controllo meglio: avevo messo come unità di boot la nuova scheda… Vabbè, a questo punto sono a posto e copio.
Mercoledì dopo pranzo i colleghi aprono il PC, soffiano la polvere accumulatasi in anni e anni, guardano… E scoprono che la tastiera è infognata in modo tale che ci vuole una vita per cambiarla. Per il disco… Beh, c’è un disco vero e proprio, non la scheda. Ergo, la tastiera me la cambierà J-Fix (60 euro e niente garanzia perché è un pezzo mio, se lo volevate sapere). Per il disco, sant’Amazon in 24 ore mi manda un disco 2,5″ e il connettore USB.
Ieri mi arriva il tutto, faccio ripartire Clonezilla, copio il disco, e decido che posso farcela da solo a cambiarlo. In effetti sono riuscito a staccare lo chassis, e in modelli come questo lo spazio è sufficiente per lavorare. Metto il disco, faccio partire, il PC si lamenta perché vuole controllare cosa ho combinato, ma dopo qualche minuto parte. Sono tutto felice, quando mi accorgo che non trovo la directory download nel disco D:. A questo punto mi sorge un terribile sospetto, e controllo: il disco da 2,5″ era il D:. (a posteriori la cosa aveva senso: il PC è abbastanza vecchio da essere stato pensato con SSD a scheda per il sistema operativo e un HDD per i dati). Nessuno di noi si era accorto che il disco era da 500GB, mentre la scheda era da 256. Amen: altra apertura, sostituito tutto, ed è ripartito come una scheggia per essere portato da J-Fix.
È inutile, io sono un teorico, non fatemi fare cose pratiche.