Nei commenti al post dell’altra settimana “Che vorreste dai mercoledì matematici?” Giovanni chiede di ragionare su che cosa possa intendersi quando si dice che una dimostrazione è “elegante”. La risposta non è semplice: come sempre, l’eleganza è negli occhi di chi guarda e non ci sono definizioni su cui tutti siano d’accordo. Quindi, mentre ci penso ancora un po’, comincio a scrivere qualcosa sul tema opposto: quando una dimostrazione non è elegante. Qui in effetti c’è un po’ più di accordo tra i matematici. Premessa: una dimostrazione è una dimostrazione è una dimostrazione, parafrasando Gertrude Stein. Se l’unica dimostrazione che si riesce a trovare è brutta la si mantiene comunque: il bello della matematica è che non esisterà una via regia, ma perlomeno tutte le strade che ci fanno arrivare sono accettabili. Allora dov’è il problema?
Un caso tipico di dimostrazione non elegante è quella per enumerazione, soprattutto quando i casi sono tanti. La dimostrazione del teorema dei quattro colori è uno di questi casi: la soluzione non è stata solamente osteggiata perché fatta aiutandosi con un calcolatore, ma anche perché si sono dovute verificare una quantità finita ma molto grande di configurazioni, il che ha richiesto per l’appunto l’uso di un calcolatore per verificarle tutte. (Ora la dimostrazione al computer è stata verificata formalmente, quindi il problema dell’artificialità non si pone più). Ma anche prima dei computer c’erano esempi di questo tipo: la dimostrazione che non esistono quadrati greco-latini di ordine 6 è di questo tipo. Perché ai matematici non piacciono queste dimostrazioni? Per due motivi. Il primo è perché essi sono fondamentalmente pigri, ed enumerare tutte le possibilità stanca. Ma soprattutto il punto è che una dimostrazione di questo tipo non aggiunge davvero conoscenza. Avete presente la barzelletta – indubbiamente creata da qualche fisico – dove il matematico che sa come cuocere un uovo sodo a partire da un pentolino vuoto e si trova davanti un pentolino pieno d’acqua lo svuota “per ricondursi alle condizioni precedenti”? La “logica” è che non c’è nulla di interessante a partire dal pentolino pieno, e quindi tanto vale far finta di nulla.
Un altro tipo di dimostrazioni non eleganti sono quelle in cui si applicano pedissequamente le definizioni per arrivare al risultato. Avete presente gli esercizi che si trovano per primi in un libro di testo, anche universitario? Un Vero Matematico li odia. Certo, sono molto utili per farsi un’idea di come si declina in pratica un concetto; ma anche in questo caso non portano in realtà nulla di nuovo. Più o meno la stessa cosa avviene quando la dimostrazione richiede di fare molti conti, e poi magicamente il risultato si semplifica e la complessità del lavoro fatto svanisce come neve al sole. In questo caso però la situazione è l’opposto: il concetto non viene davvero declinato, e i conti sembrano nascondere quella che è la vera natura del problema.
Che cosa hanno in comune dimostrazioni di questo tipo? La mancanza di creatività. Chi non è matematico pensa che la matematica sia tutto tranne che creativa: le formule matematiche sono quelle, non è che possiamo dire che due più due fa cinque, e allora dov’è la creatività? Proverò a dare una risposta la prossima volta: ma sono abbastanza certo che almeno su questo punto molto generale la grande maggioranza dei matematici concordi. La creatività è una parte determinante della matematica, ed è quella che la fa apprezzare a chi l’ha scelta come professione o come hobby. Peccato che non venga non dico insegnata ma almeno fatta notare!
(Immagine da PNGtree)