Archivi annuali: 2018

_Aga magéra difúra_ (libro)

È bello che Zanichelli abbia pensato a fare un reprint a basso prezzo di questo libro (Paolo Albani e Berlinghiero Buonarroti, Aga magéra difúra : Dizionario delle lingue immaginarie, Zanichelli 2011 (1994), pag. 480, € 14,80, ISBN 9788808059116, link Amazon). Non mi lamenterò quindi né del fatto che ovviamente non c’è stato aggiornamento sulle date di morte delle persone indicate, né che la colla non era poi così forte. Però posso lamentarmi di come il libro era ed è strutturato. Mettere insieme in ordine alfabetico persone, lingue e libri non serve per i pazzi come me che leggono il libro dalla A alla Z, e comunque è solo marginalmente utile per chi cerca un’informazione che troverebbe anche se il libro fosse diviso in varie sezioni. Avevo grandi aspettative, vista la presenza di Paolo Albani tra gli autori, me sono rimaste deluse. Ho solo scoperto che nel ‘900 sono state create più varianti di linguaggi universali che partiti italiani di sinistra.

Ultimo aggiornamento: 2018-11-07 21:31

Parlo (due volte) alla CICAP Fest!

Chi tra i miei ventun lettori si trova vicino a Padova ha la possibilità di vedermi dal vivo domani alla CICAP Fest. Al mattino sono all’aula Nievo di Palazzo Bo, e l’evento è anche gratuito: nel pomeriggio invece sono all’Orto Botanico a fare – se non ho capito male – uno one man show. Per il resto, non so :-)

Ultimo aggiornamento: 2018-09-15 22:21

“capitano”


“Capitano: Una persona spavalda e codarda, specialmente un soldato, un poliziotto, ecc.”. Da qui.

Ultimo aggiornamento: 2018-09-14 10:10

Dizionario degli anglicismi


Il mio amico Zop ha da poco approntato un sito, AAA Alternative Agli Anglicismi, dove troverete un dizionario con 3500 parole e locuzioni inglesi (ab)usate, insieme ai possibili equivalenti in italiano.
La cosa bella, come avrete capito, è che chi come me è pigro può controllare al volo se può cambiare una parola inglese e metterne al suo posto una italiana. Io non sono un talebano, credo che una quota ridotta di anglicismi sia accettabile, però a volte me ne scappa qualcuno di troppo…

“si applicano restrizioni”

Martedì avevo pensato di comprarmi un paio di libri. È vero che Anna ha Prime, ma non avevo tutta quella fretta e potevo tranquillamente aspettare una settimana per la consegna. Dribblo così tutti gli avvisi di provare Prime, arrivo al pagamento, e vedo le spese di spedizione. Mi arrabbio, e lascio perdere. Poi stamattina con calma ho riguardato il tutto e ho scoperto il problema: per default c’è la spedizione standard. Evidentemente martedì ero un po’ più addormentato del solito, oppure sto invecchiando. Certo che la vita è dura.

Ultimo aggiornamento: 2018-09-13 12:07

I silenzi assordanti

Ora vi racconto una storia. Un paio di settimane fa noi di Wikimedia Italia ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare per sensibilizzare le persone sulla nuova votazione per la direttiva copyright. Mentre a luglio c’era un “tutto o niente” e quindi eravamo andati giù con l’accetta, stavolta c’era la possibilità di modificare alcuni punti che non sarebbero nemmeno troppo controversi: se un’opera è orfana significa che non si sa di chi siano i diritti, quindi nessuno ci guadagnerebbe comunque, e ci saranno forse cinque opere in Italia su cui qualcuno ci guadagna davvero con le foto. La nostra strategia si è così concentrata su quei punti, lasciando perdere la tassa sulle citazioni e il filtraggio sugli upload che erano ormai noti.

A parte l’aver spedito agli eurodeputati una certa quantità di cartoline in cui i monumenti presenti sono stati cancellati a pennarello – ma mi sa che i nostri parlamentari non guardino la posta cartacea… – abbiamo pensato alla possibilità di avere lo spazio per un “op-ed”. Questo termine arriva dagli USA, dove indica in articolo in posizione “opposta all’editoriale”: in pratica una voce indipendente, che non rispecchia la posizione ufficiale del giornale ma permette al lettore di avere altre informazioni. Da noi non esiste un vero e proprio posto per questi articoli, ma in pratica li si trova nelle pagine culturali. Bene: mi sono messo il cappellino di portavoce di Wikimedia Italia e ho scritto una bella letterina al direttore della Stampa chiedendo un po’ di spazio e spiegando che non volevo parlare dell’articolo 11 ma degli altri temi. Risultato: zero, dove per “zero” intendo “nemmeno una risposta preconfezionata che dice che il tema non fa parte degli interessi del giornale”. Dopo due giorni, ho scelto di rivolgermi ad altri giornali, ovviamente senza copincollare ma pensando alle peculiarità del singola testata. Ho così preso i due maggiori quotidiani italiani, Repubblica e Corriere; ho saltato Il Sole-24 Ore perché Confindustria è schierata ancora più dei gruppi editoriali standard; ho provato con Il Foglio, come giornale di nicchia ma con una notevole influenza; non ho scritto al Fatto perché il suo stile è troppo urlato per l’articolo che avevo in testa; avrei scritto al Giornale ma nel colophon non ho trovato un indirizzo email e il mio tentativo di indovinarlo è fallito (ah, le sue pagine culturali sono ottime), e ho scritto ad Avvenire perché lo ritengo interessante, visto che dà spazio a temi che non sono così visibili negli altri media. Risultato: l’unico che ha risposto è stato Avvenire, e così ieri il mio testo è apparso sul quotidiano della CEI.

Vorrei fare due considerazioni. La prima è che a fianco del mio intervento ne è stato pubblicato uno a favore della riforma “così com’è” scritto da un eurodeputato di Forza Italia. Questo è giustissimo. Noi non volevamo l’appoggio di nessuno; il nostro scopo era fare conoscere le nostre posizioni. Avvenire ha pertanto scelto di avere un’altra campana, il che non era solo suo diritto ma anche suo dovere nei confronti dei suoi lettori. La seconda cosa è molto più triste, invece. Wikimedia Italia non sarà famosa quanto il Codacons, ma dopo tutti questi anni non si può nemmeno dire che sia del tutto sconosciuta. Possibile che le segreterie di direzione – crederete mica che la mail ufficiale dei direttori sia quella indicata in colophon? È ovvio che ci debba essere un filtro – non si degnino nemmeno di rispondere “crepa!”? Evidentemente sì. Pensateci su.

Rep si porta avanti col lavoro

Come vedete, Repubblica parla della legge sul copyright digitale, ma solo con articoli a pagamento (rectius: articoli della versione cartacea che non sono leggibili in digitale se non dagli abbonati). Nulla di male: permettetemi però due considerazioni. La prima è che il modello (sensato, direi) di Repubblica consiste nel lasciare visibili le notizie che sono pubbliche e si trovano dappertutto, e mettere a pagamento gli approfondimenti dei loro giornalisti; quindi evidentemente le informazioni su questa direttiva non sono poi così pubbliche. La seconda è che non riesco a capire tutta la faccenda dello spingere la tassa sulle citazioni: basta appunto mettere gli articoli sotto paywall ed è tutto a posto. O forse quello che si vuole è un modello di giornalismo sponsorizzato dagli OTT, un po’ come la free press era sponsorizzata dagli inserzionisti? E allora ditelo chiaro, ché noi siamo stupidotti e non riusciamo ad arrivare a tali finezze!

Ultimo aggiornamento: 2018-09-11 15:47

Sono uno e bino

Domani si rivota sull’eurodirettiva per il copyright. Come due mesi fa, è difficile per il comune lettore sapere di che cosa si vota: tipicamente gli dicono solo che la Link Tax è una bufala (sì, è una bufala: quello che gli editori vogliono e che c’era nella proposta è una tassa sulle citazioni). Oggi ho provato a raccontare delle altre cose su cui si vota, e ho detto la stessa cosa in due modi diversi, pensando al target di lettori.

Potete insomma scegliere la versione “di lotta” su Valigia Blu e quella “di governo” su Avvenire. Buona lettura :-)