Burocrazia funzionante!

Stamattina sono passato al Catasto milanese in via Manin per vedere se erano state fatte le correzioni di proprietà dei box che ho ancora a Torino (Sì, si può fare una visura presso un qualunque catasto italiano per un immobile in una qualunque provincia italiana; esistono le connessioni in rete. E sì, le modifiche erano state fatte). Sono arrivato in via Manin qualche minuto dopo le 9, mi sono fatto dare il modulo da compilare, e quando avevo finito di scrivere i dati era già il mio turno.
Ringalluzzito dall’imprevisto successo (ero abituato a quello che mi capitava a Torino…) ho pensato che avrei potuto anche andare in via Larga a fare il cambiamento di residenza. Lì ho avuto qualche problema in più: sono arrivato, ho preso il mio modulo col numeretto per la fila, l’ho compilato, sono andato nel salone centrale… e ho scoperto che erano già arrivati a quattro persone dopo di me. In effetti sul numeretto c’era anche scritto “persone in coda: 1”. Preso un altro numero sono subito passato dall’impiegata, dove ho scoperto che essendo un cambio di residenza familiare potevo farlo anche per mia moglie (cui ho telefonato per farmi dare il numero di patente… col cambio di residenza puoi anche farti mandare automaticamente il talloncino da attaccare alla patente), oltre per i due giovini di cui io, in qualità di padre completamente snaturato, mi ero completamente dimenticato. Reinforcata la mia fida bicicletta, alle 10 ero in ufficio.
Non ci vuole molto per farmi iniziare bene la giornata :-)

La mia banda copia il rock

Ho appena sentito Classical Gas di Mason Williams (arrivata al secondo posto nelle classifiche USA nel 1968, ma per me completamente ignota). È un brano strumentale, con la melodia suonata alla chitarra. Eppure il riff iniziale non mi è così sconosciuto…

Intonazione e temperamento (I)

Magari non lo sapete, ma se una persona vissuta nel Medioevo o nel Rinascimento fosse portata ai nostri giorni e gli venisse fatta ascoltare una melodia contemporanea, si metterebbe le mani sulle orecchie e la definirebbe assolutamente stonata. No, non è colpa della pessima qualità di quello che oggidì ci propinano come musica (quantunque…); se anche facessimo loro ascoltare un brano dei loro tempi suonato al pianoforte, il risultato sarebbe lo stesso. E non è nemmeno colpa del pianoforte! Il problema è un altro, e il colpevole – se proprio ne volete trovare uno – è la matematica. Ma andiamo con ordine.
Tutto inizia con Pitagora, il cui marchio di fabbrica – o almeno quello che i suoi seguaci hanno attribuito a lui – era “Tutto è numero”. Pitagora scoprì che se prendevi due corde dello stesso spessore ma di lunghezza l’una il doppio dell’altra il suono emesso quando le si pizzicava era sì diverso ma non troppo; e se il rapporto tra le lunghezze era di uno a tre c’erano due suoni indubbiamente diversi ma che stavano bene insieme. Che si parli di rapporto e non di differenza, come qualcuno potrebbe pensare, non è strano: il nostro orecchio è tarato sui rapporti dei suoni. D’altra parte, per i greci che facevano matematica in modo geometrico la cosa non dava alcun problema.
Il nostro filosofo (o i suoi discepoli) fu ben felice della cosa, visto che era una conferma della sua legge, e si mise a preparare la scala musicale usando i rapporti di quinta (quello uno a tre) per salire e ottava (uno a due) per scendere, riuscendo così a completare le sette+una nota delle scale modali usate dai greci. Ecco i rapporti che si ottengono, fatto pari a 1 il do basso: anche se anacronistico, aggiungo anche gli intervalli relativi alla nota di base calcolati in milleduecentesimi logaritmici di ottava, i cent come oggi sono chiamati. (occhei, dei cent parlerò più tardi, non preoccupatevi)
 

Intonazione pitagorica

do re mi fa sol la si do
1 9/8 81/64 4/3 3/2 27/16 243/128 2
0 204 408 498 702 906 1110 1200

 
Questa scala (detta intonazione pitagorica) è bellissima da un punto di vista matematico. Il rapporto tra due toni vicini qualsiasi è sempre 9/8, e quello tra due semitoni è sempre 256/243: peccato per alcuni problemucci. Innanzitutto, per quanto riguarda Pitagora, c’è che la frase completa che descrive la sua filosofia è “tutto è numero piccolo. Uno, due, tre, quattro formano la tetraktys e sono gli Unici Veri Numeri da usare. Passi se si devono usare 5 e 6, ma 243/128 è proprio bruttino a vedersi! Ma c’è anche una fregatura ineliminabile, dello stesso tipo dei problemi irrisolubili dalla matematica classica come la trisezione dell’angolo e la duplicazione del cubo. Il giro delle quinte e delle ottave dovrebbe chiudersi: sali di dodici quinte, scendi di sette ottave, e in teoria ottieni tutti e dodici i semitoni in cui si divide l’ottava. Peccato che 27 faccia 128 mentre (3/2)12 è un po’ più di 129.74; è un po’ come la barzelletta delle due squadre che iniziano a bucare una montagna dai lati opposti per fare un tunnel e non si incontrano perché hanno sbagliato la direzione di scavo. Non ci si può fare molto: i rapporti sono quelli, e tra l’altro la divisione in 12 parti dell’ottava è una delle migliori possibili, visto che per migliorarla si deve passare a 41 o 53 parti il che diventa pesantuccio: pensate a un pianoforte con tutti quei tasti!
I greci non erano poi così stupidi come si potrebbe pensare, e avevano studiato almeno in teoria altri modi in cui suddividere l’ottava. Peccato che fosse difficile riuscire ad accordare gli strumenti, mentre con l’intonazione pitagorica non c’erano problemi visto che si poteva fare tutto a orecchio. Così si è dovuto aspettare il Rinascimento perché questi metodi diversi venissero messi in pratica… anche perché con le nuove sensibilità musicali se ne sentiva la necessità. Il problema non era l’aggiungere gli altri semitoni, cosa che è stata fatta nel medioevo continuando a lavorare per quinte e ottave; sì, il “semitono in su” e il “semitono in giù” sono diversi, ma per il tipo di musica che si suonava non si poteva mai fare confusione. Il guaio era che nella polifonia si usavano terze e seste per dare un po’ di spessore in più al suono – lo si fa anche adesso, che credete? – e con l’intonazione pitagorica terze e seste cantate insieme suonavano da cani. Fu così che Gioseffo Zarlino nel suo testo del 1558 Le istitutioni harmoniche presentò un “nuovo” metodo per l’accordatura; nuovo si fa per dire, perché era stato inizialmente teorizzato da Archita nel IV secolo a.C. e ripreso da Didimo nel I secolo a.C. e Claudio Tolomeo nel I secolo d.C.
Il metodo di Zarlino ritornava alle origini, cioè agli armonici. Data una nota di partenza (il do1, ad esempio), il secondo armonico è all’ottava superiore (do2); il terzo sale ancora di una quinta (sol2), il quarto di una quarta (do3) e il quinto… di una terza, arrivando al mi3. Se abbassiamo questa nota di due ottave otteniamo per la terza maggiore un rapporto di 5/4 con la nota fondamentale. A questo punto si può scegliere se definire direttamente la terza minore con il rapporto 6/5, che ha la simpatica proprietà di essere un numero della forma n+1/n esattamente come la terza maggiore, la quarta e la quinta; oppure si può procedere di nuovo per quinte e ottave. Il risultato è comunque lo stesso, ed è mostrato qua.
 

Intonazione naturale

do re mi fa sol la si do
1 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 2
0 204 386 498 702 884 1088 1200

 
Nell’intonazione naturale i numeri dei rapporti sono molto migliorati; gli unici ancora grandi sono quelli degli intervalli di seconda e di settima, che tanto sono dissonanti di loro quindi possono stare così. Le quinte continuano ad essere a posto, le ottave lo sono per definizione come in tutti i tipi di intonazione e temperamento che presenterò, terze e seste suonano che è un piacere, tanto che l’intonazione naturale è usata ancora oggi per suonare strumenti tipo archi (dove si può fare la nota che si vuole) e fiati (dove ci sono problemi tecnici per intonarli diversamente). Però….
Beh, il “però” ve lo racconto un’altra volta.

Riforma fiscale (la solita)

Eppure ero convinto di aver già sentito il PresConsMin che annuncia la sua FA-VO-LO-SA riforma fiscale, che porterebbe a due sole (23% e 33%) le aliquote IRPEF. Aspettate un attimo… ah sì, l’aveva detto nel 1994 e ripetuto, con tanto di firma, nel 2001 da brunovespa™. Non possiamo dire che sia un voltagabbana. Tra l’altro la progressività delle imposte formalmente rimane (non ci sarebbe solo nel caso di una singola aliquota), quindi lasciate perdere le pregiudiziali di incostituzionalità.
Detto questo, rimane un piccolo particolare, come del resto era rimasto nel 1994 e nel 2001. Dove si trovano i soldi che non verrebbero più incassati? Evitiamo le barzellette tipo “Colpiremo gli sprechi e le spese inutili”. Se fosse davvero così, basterebbe a fine anno calcolare gli sprechi e le spese inutili che sono stati risparmiati e dare un bonus ai contribuenti (più bonus per chi ha pagato di più). Stessa cosa per il “faremo pagare tutti”. Restano due possibilità, entrambe come vedremo interessanti. La prima prevede una sempilficazione fiscale, eliminando tutta la pletora di detrazioni e deduzioni che oggi sono possibili. A parte una rivolta dei commercialisti, la cosa avrebbe un simpatico corollario. Adesso i lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 8000 euro l’anno, i pensionati che guadagnano meno di 7500 euro e gli autonomi che guadagnano meno di 4800 euro l’anno hanno una deduzione tale per cui non pagano tasse; così si metterebbe in pratica lo slogan “pagare meno (per i ricchi), pagare tutti (ma proprio tutti)”.
Credo però che la cosa più probabile (a parte l’essere una solita bufala preelettorale) sia che Berlusconi si sia dimenticato da aggiungere che quelle saranno le aliquote per le imposte federali, e che la riforma fiscale preveda anche le imposte locali. Cosa che di per sé andrebbe benissimo, intendiamoci; però significherebbe solo che alla fine si pagherebbero in totale più o meno gli stessi soldi, solo divisi tra soggetti diversi e con una maggior uniformità dei pagamenti (leggi: i ricchi pagheranno di meno, i meno ricchi pagheranno di più). Già Reagan e la Thatcher avevano teorizzato il progetto “se abbassiamo le tasse ai ricchi, loro investiranno i soldi così l’economia andrà meglio e anche i poveri ne beneficeranno”. Si è visto.

gioco della domenica: PhysBallz

In questo gioco occorre fare delle catene di simboli dello stesso colore, che scompariranno per magia. Che novità, direte! E invece una novità c’è, visto che i cerchietti si muovono nello schermo, e garantisco non è così facile riuscire a capire cosa fare. (Come fare è semplice: si punta su un cerchietto, si tiene cliccato il mouse e ci si sposta sugli altri cerchietti) Peccato che io non sia riuscito a trovare un sistema per eliminare il suono ;-(
(via Passion for Puzzles)

Wikipedia e il consenso (2/2)

[segue da qui]
Cosa significa all’interno di Wikipedia in lingua italiana (ricordo che ogni edizione dell’enciclopedia ha le sue regole, e non è detto siano le stesse) parlare di consenso a proposito dell’importanza di un testo? Si danno due casi: il primo quando si tratta di una semplice frase all’interno di una voce per il resto assolutamente valida, il secondo quando è la voce stessa a essere ritenuta poco importante. In entrambi i casi il problema è capire cosa significhi “essere ritenuta poco importante”, visto che non esistono criteri oggettivi.
Faccio un esempio estremo per il primo caso. Supponiamo che qualcuno aggiunga nella voce su Alessandro Manzoni la seguente frase: “La famiglia di Manzoni usava andare ogni anno a Casalpusterlengo a scegliere un maiale che poi veniva ucciso e preparato dal loro norcino di fiducia. Manzoni stesso continuò la tradizione fino al 1832, anno in cui dopo un litigio furioso decise di non mettere più piede nella cittadina”. Supponiamo anche che vengano aggiunti riferimenti puntuali che mostrino come l’aggiunta non sia affatto una bufala. Bene, con ogni probabilità l’aggiunta verrebbe eliminata senza nemmeno pensarci su troppo. Come mai? Semplice: per quanto vera, la cosa è irrilevante nel contesto manzoniano. Sarebbe tutt’altra cosa se nei Promessi Sposi ci fosse un’invettiva contro Casalpusterlengo; allora la spiegazione sarebbe in effetti utile. A chi ribattesse “Sì, ma è sempre meglio dare una spiegazione in più, anche se sembra inutile” replico che Wikipedia è un’enciclopedia, non una raccolta di tutto; la notizia è utilmente inseribile in una biografia su don Lisander, ma la voce wikipediana non è una biografia, altrimenti si correrebbe il rischio di finire come nel racconto borgesiano in cui si pensò di costruire una mappa 1-1 del territorio, scoprendo che era inutile e perniciosa.
Spero che quasi tutti i miei ventun lettori concordino con me sull’inutilità di quella frase in quel contesto ; ma – come certo immagineranno – ci sono casi molto più sfumati di questo, ed è qui che arriva la necessità di trovare un consenso. In casi di questo tipo, il consenso si cerca con una discussione nella pagina associata a quella della voce; non so se ve ne siete accorti, ma nelle etichette in cima alla voce ce n’è appunto una “discussione”. Il vantaggio di avere una pagina ausiliaria collegata a ciascuna voce è che le vecchie discussioni sono sempre presenti, e si ha un utile punto di partenza.
Nel caso che l’intera voce sia ritenuta da qualcuno poco importante, la logica resta la stessa ma la procedura cambia, e si può aprire una procedura di cancellazione per la voce. Può sembrare strano parlare di consenso in questo caso, ma il concetto, se ci si pensa su un attimo, non è molto diverso. Votare per il mantenimento o meno di una voce su Pepito Sbazzeguti non è un semplice apporre un SI’/NO/MAH, ma favorevoli e contrari possono spiegare le loro ragioni. Tra l’altro le procedure, oltre che essere garantiste – perché una voce venga cancellata occorre una maggioranza dei due terzi – richiedono anche che l’utente registrato che ha contribuito sostanzialmente a una voce per cui si richieda la cancellazione vanga avvisato, in modo che possa far valere le sue ragioni.
Tutto questo funziona? Più o meno. Il problema non è tanto che la vita o la morte di una voce venga decisa da un paio di dozzine di persone su milioni di potenziali suoi fruitori; il mio vecchio professore di italiano direbbe che quello è un concetto romantico, infilando tutto il suo disprezzo sulla parola “romantico”. Il numero di fruitori attuali della voce non è tanto diverso da quello dei votanti! L’unico guaio, al limite, è legato al fatto che ci sono alcune persone che votano a priori per la cancellazione di tutte le voci in votazione, e altre persone (un po’ di meno) che votano a priori per salvare tutte le voci in votazione, il che potrebbe falsare il risultato finale. Il vero guaio è però che tutti noi siamo esseri umani, il che porta spesso all’esacerbazione degli animi. Chi ha inserito una voce proposta per la cancellazione è ovviamente arcisicuro che tale voce sia così importante che non possa non esserci, e chiunque affermi il contrario è prevenuto; un atteggiamento simile fa venire spesso voglia di cancellare il tutto senza pensarci su, indipendentemente dalla bontà effettiva del concetto. Sì, perché magari la voce così com’è è smaccatamente agiografica, ma il concetto merita ed è degno dell’enciclopedia, anche se sotto un’altra forma. Ma chi ce lo fa fare a riscrivere tutto daccapo?
Devo aggiungere però che mi fanno ridere quelli che si lamentano perché non c’è un comitato che decide quali voci mantenere e quali no. Mentre capisco, anche se non approvo, la logica del “in Wikipedia ci deve essere tutto”, mi chiedo perché mai un Comitato Ristretto dovrebbe dare l’ok alla voce su Pepito Sbazzeguti… a meno naturalmente che l’estensore pensi di poter corrompere il comitato stesso. Il problema del “cosa mettiamo” è comune a tutte le enciclopedie; Wikipedia fa sempllcemente le cose in maniera diversa.
Un’ultima nota personale. Io qualche anno fa aggiungevo due tipi di voci a Wikipedia; le analisi armoniche delle canzoni e le recensioni dei libri che leggevo. Ho smesso con entrambe dopo che mi hanno stracciato le gonadi cancellandomene alcune (quelle su cui capitavano :-) ) perché le seconde erano troppo personali e le prime non erano enciclopediche: giusto per dirvi che essere sysop di it.wiki non significa assolutamente impunità. Io sono convinto che i cancellatori siano degli imbecilli, ma la cosa non mi ha turbato per nulla. Quello che avevo scritto è sempre liberamente disponibile sul mio sito, e chi è interessato non ha certo problemi a trovarlo con un motore di ricerca. Wikipedia non lo vuole? Ecchissenefrega. Ecco, forse molti di quelli che tuonano nei loro blogghetti sulle censure wikipediane dovrebbero passare all'”ecchissefrega”.

Wikipedia e il consenso (1/2)

(Quelle che seguono sono mie opinioni personali e non corrispondono necessariamente alla definizione formale di Wikipedia in lingua italiana, ammesso che tale definizione esista. Diciamo però che sono opinioni informate)
Quando molti – soprattutto dopo che la “loro” voce su Wikipedia è stata cancellata – scoprono che l’enciclopedia si basa sul consenso, si mettono subito a sbertucciarla dicendo “ecco, basta che un po’ di gente si metta d’accordo e si va a scrivere che due più due fa cinque!” Beh, non è proprio così, ma bisogna capire che cosa si intende quando si parla di consenso in questo contesto. Provo a fare un paio di esempi pratici, sperando di chiarire il concetto: per evitare troppe risse, mi limito alla geografia – fisica e politica – della nostra bella nazione.
Le regioni italiane oggi sono venti. Questo è un fatto, come è un fatto che quando si promulgò la Costituzione erano 19 (Abruzzo e Molise erano unite). Per quanto un sedicente movimento “Rimini über alles” voglia asseriee che Emilia e Romagna sono due regioni distinte e quindi il numero effettivo sia 21, la modifica non verrà nemmeno messa in discussione. La cosa però cambia se ci mettiamo a discutere su quali siano i confini fisici dell’Italia, dando per buono che a nord siano dati dalle Alpi e quindi dallo spartiacque. Sul Canton Ticino non c’è molto da dire; il Ticino sappiamo bene che si immette nel Po. Ma che dire di Istria da un lato e Nizza e Mentone dall’altro? Qui la situazione è molto più fluida. I fiumi che sfociano nel Mediterraneo – e anche qua si potrebbe iniziare una discussione su dove finisce il mar Ligure, ma lasciamo perdere – sono dalla parte opposta dello spartiacque alpino; la stessa linea di ragionamento che dice “la Valle Roya è geograficamente italiana, perché il fiume entra in Italia a Ventimiglia” può essere rigirata affermando “Ventimiglia è geograficamente francese, visto che il Tenda fa da spartiacque e il Roya giunge fino a Ventimiglia”.
Qual è la risposta corretta in questo secondo caso? Beh, se si trova una fonte ufficiale sovrannazionale – per il mar Ligure ad esempio questa fonte esiste – e questa fonte è generalmente accettata, allora la si cita e basta. Se non c’è una fonte ufficiale allora bisogna vedere cosa ne pensano i fruitori di Wikipedia; in questo caso si può effettivamente parlare di ricerca del consenso. Occhei, forse l’esempio è un po’ contorto ma se provate a immaginare cosa succede con la critica a un artista, o con le capacità di un politico. Detto in poche parole, il consenso si cerca quando non ci sono dati fattuali e ci si deve basare sulle opinioni.
Poi, a dirla proprio tutta, in Italia non ci sono venti regioni… il Trentino-Alto Adige in pratica non esiste, e ci sono le due Province Autonome di Trento e di Bolzano-Bozen i cui presidenti fanno a turno le veci del Governatore della ex-regione. Questo è un esempio della seconda situazione in cui si cerca il consenso: quando ci sono dati – o, come capita ben più spesso, teorie e ipotesi – discordanti. In tali casi, partendo dal principio che tali dati abbiano comunque una loro effettiva valenza e non siano del tipo “me l’ha detto mio cugggino”, è assolutamente vero che anche le teorie più minoritarie hanno diritto di citazione in Wikipedia. Ma non è vero che si dà loro lo stesso peso! Nel caso delle regioni italiane, si scriverà che il Trentino-Alto Adige è solo un’espressione geografica e non politica; per una teoria scientifica minoritaria, si scriverà probabilmente che alcuni scienziati propongono una diversa spiegazione, ma che la maggior parte dell’ambiente scientifico non concorda affatto con loro. La cosa piu difficile è riuscire a trovare una formulazione che accontenti tutti, tenendo conto che le minoranze sono generalmente molto più rumorose delle maggioranze; ecco appunto la necessità di arrivare a trovare un consenso sulla forma da adottare.
Resta poi la terza forma di consenso, che è poi quella che fa arrabbiare di più chi ritiene di essere ingiustamente ostracizzato: quella legata all’importanza del testo… ma di quello ne parlo domani.

sokoban

Anna e io abbiamo passato il pomeriggio a prendere gli scatoloni (soprattutto libri) che riempivano il box e portarli in mansarda. Vediamo quale sarà il prossimo schema.