Le trovate dell’Eterno Vicesindaco

Ieri il dorso milanese di Repubblica ha raccontato di una “Maxirissa tra stranieri in zona Padova” (insomma, dove sta il mio ufficio). Phone center bengalese rapinato intorno alle 20 da nordafricani, bengalesi che arrivano a fermare i ladri, nordafricani che arrivano a liberarli, dopo un po’ giunge la polizia che non riesce a prendere nessuno. Cronache ordinarie.
Bene, qual è il comunicato dell’Eterno Vicesindaco (e parlamentare) Riccardo De Corato? “La rissa in via Crespi a pochi metri da via Padova è la dimostrazione che la stretta oraria per alcuni esercizi decisa dal Comune con le ordinanze si rivela più che sensata e ha determinato un maggiore controllo del territorio”. Chissà cosa gli hanno detto.

gioco della domenica: Rock Garden

Rock Garden è un classico gioco alla Sokoban, nel senso che il giocatore può decidere in quale direzione spostare i pezzi ma a questo punto loro si muovono finché non trovano un ostacolo. Nei vari livelli occorre fare in modo da mettere in fila cinque pietre dello stesso colore; i primi tre schemi sono di preparazione, poi si inizia a giocare sul serio. È possibile scaricare il gioco per metterlo sul proprio sito, ma confesso di non averci provato :-)
(via Passion for Puzzles)

Franz Kafka: _Tutti i racconti_ (libro)

[copertina] Uno dei guai di essere un compratore compulsivo di libri e non avere tempo per leggerli è che finisce che me ne può capitare uno tra le mani dopo quindici anni. I cinque euro attuali (Franz Kafka, Tutti i racconti, Newton Compton 2005, pag. 368, € 5, ISBN 9788854103795, trad. L. Coppè e G. Raio) erano 3900 lire… A parte queste considerazioni secondarie, devo dire che Kafka non fa per me. Non so se il problema è esacerbato dalla traduzione, vecchiotta e quindi un po’ pesante; ma è proprio la struttura del racconto kafkiano, che oscilla tra la disperazione e l’inconclusione, che mi mette a disagio. Prendiamo “Nella colonia penale”, per esempio. C’è questa ineluttabilità delle esecuzioni, che si fanno senza che nessuno sappia esattamente la ragione; e anche il visitatore, che pure sembrerebbe uno dei protagonisti, è come se non esistesse davvero. Tra i molti racconti postumi inseriti nella raccolta, spicca “Il maestro di scuola del villaggio”, dove l’incomunicabilità così cara a Kafka arriva a un livello persino comico; “Blumfeld, un vecchio scapolo” inizia benissimo con le due palle che seguono il protagonista, ma poi la trama si perde. Inutile: in generale non riesco ad appassionarmi a questo tipo di racconti.

tanti auguri a loro!

Oggi (quasi a mezzanotte) Cecilia e Jacopo compiranno un anno. Mettiamola così: la mia gestione del tempo continua ad essere pessima, ma adesso lo si vede facilmente da quello che (non) riesco più a fare.

Un marziano a Roma (libro)

[copertina] Flaiano sarà stato bravissimo come sceneggiatore, ma l’opera teatrale che dà il titolo a questo libro (Ennio Flaiano, Un marziano a Roma, Rizzoli 1985 [1960], pag. 261) non mi dice proprio nulla. L’unico momento divertente di una trama alquanto sconclusionata è quando il marziano si lamenta che dal bagno il panorama di Roma non è quello cui è abituato, e gli viene risposto “sì, è migliore da quest’altro lato; lì c’è il panorama di servizio. Probabilmente il racconto omonimo è più interessante di questa trasposizione teatrale. Molto più divertenti le farse seguenti. “La guerra spiegata ai poveri”, pur essendo del 1946 e quindi risentendo del fascismo appena terminato, resta ancora attualissima, se solo le guerre si facessero ancora qui in Italia. “La donna nell’armadio” è una classica farsa dell’assurdo, mentre “Il caso Papaleo”, a parte qualcosa sulla commedia degli equivoci, ha forse un fondo più serio. Nemmeno l’ultima opera, “La conversazione continuamente interrotta”, mi dice molto. Ha forse qualcosa degli Angry Young Men britannici, ma è il concetto di opera inconclusa per scelta che non mi piace.

Google-Verizon

Non ho commentato né penso di commentare il documento congiunto di Google e Verizon sulla “neutralita” della rete che non ci sarebbe più per un’ottima ragione. Sono in vacanza, per dieci giorni l’unica connessione che avevo era un telefonino che usavo solo per leggere la posta e anche adesso che sono a casa in ferie ci sono due bambini quasi unenni che giustamente reclamano la mia attenzione. Questo significa che non ho accesso ai documenti originali, e non mi fido certo dei resoconti di terza mano dei quotidiani.
Ciò detto, ricordo a tutti un paio di cose. La “net neutrality” è morta quindici anni fa, quando all’IETF hanno iniziato a studiare i sistemi QoS, che permettono di prioritizzare i pacchetti dati; insomma il principio “tutti i bit sono uguali” è già falso. In secondo luogo, anche se uno formatosi su Unix come me è abituato a pensare a tutto a un livello astratto, la dura realtà è che la banda wireless è molto più limitata di quella wireline. Quindi i casi sono due: o si accetta che con le reti dati wireless non si può fare quello che si può fare con l’ADSL di casa, oppure arriverà una rete wireless divisa tra poveretti e ricconi. Magari non sarà come proposto da Google e Verizon, e verranno liberate frequenze radio specializzate per coloro che vogliono pagare; ma comunque capiterà. (Io sarei per limitare per tutti l’accesso wireless, ma non faccio testo)

bici e giubbetto ad alta visibilità

A quanto pare, il nuovo codice della strada non prescrive l’obbligo di uso del casco per i minori di quattordici anni che viaggino in bicicletta, pardon in velocipede. Mah.
In compenso, dando un’occhiata approfondita alla legge ho scoperto che da fine settembre (articolo 182, comma 9 bis)

«Il conducente di velocipede che circola fuori dai centri abitati da mezz’ora dopo il tramonto del sole a mezz’ora prima del suo sorgere e il conducente di velocipede che circola nelle gallerie hanno l’obbligo di indossare il giubbotto o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilita’, di cui al comma 4-ter dell’articolo 162»

Io giro da anni con il giubbetto nella borsa, pronto a usarlo la sera (che d’inverno significa poi quando esco dall’ufficio), e sono lieto che la legge ne imponga l’obbligo, anche se sono certo che la cosa non cambierà le abitudini dei ciclisti: in fin dei conti anche le luci davanti e dietro sarebbero obbligatorie, e vedete – anzi non vedete – che succede. Però mi chiedo se davvero qualcuno pensi che io tutte le mattine arrivato all’imbocco del tunnel sotto la stazione Centrale mi metterò il giubbetto e appena uscito me lo toglierò… (Ho comunque le fascette catarifrangenti sui pantaloni, gli automobilisti mi vedono lo stesso)