Chi mi verrà a dire “basta con le varianti del tetris!” dimostrerà che non ha affatto provato a vedere questo Ball Balance. Certo, ci sono le palline dei vari colori, e quando ne metti tre in fila orizzontale e verticale queste spariscono. Peccato che le palline caschino su uno schema che sta in precario equilibrio su una bilancia: quindi occorre pensarci bene su e capire se convenga cercare di completare il terzetto oppure spostare di corsa la pallina dall’altro lato per riequilibrare il tutto. Ah, le palline hanno anche un peso diverso, e non puoi tenerle all’infinito in attesa mentre la bilancia raggiunge l’equilibrio, sennò il tutto sarebbe troppo facile.
Ah: il programmatore di questo gioco è italiano…
(via Passion for Puzzles)
Cows in the Maze (libro)
Terza (e ultima) raccolta degli articoli di Ian Stewart sullo Scientific American (e sulla versione francese Pour la Science – non so voi, ma a me il pensiero che la rubrica di giochi matematici sullo Scientific American fosse divenuta bimestrale e che sono state le versioni nazionali a mantenere alta la bandiera della matematica ricreativa fa un po’ di tristezza), in questo libro (Ian Stewart, Cows in the Maze, Oxford University Press 2010, pag. 306, Lst 8,99, ISBN 978-0-19-956207-7) troviamo quello che ci si può aspettare da un libro del genere: capitoli generalmente scorrelati, tranne il trittico sui viaggi nel tempo che in effetti sono l’espansione di un’unica colonna piuttosto lunga nell’originale, e che toccano più o meno tutti i campi, data la pervasività della matematica che i non matematici credono essere incredibile ma che in effetti per i matematici è una cosa assolutamente normale. Questo significa che ci sono capitoli (quello sulle figure di corda e sulle danze) che per me sono assolutamente inutili e altri (chessò, quello sui quadrati più che magici o sui percorsi dei cavalli su scacchiere rettangolari) il cui approccio è molto più interessante di quello che si trova in giro solitamente. Altra cosa molto bella è la sezione finale di ogni capitolo con la sitografia: perché diciamocelo, oggi come oggi il libro è il punto di partenza, non certo l’arrivo. In definitiva: carino, ma direi non essenziale.
Perché tanta fretta?
Non sono riuscito a capire come mai Berlusconi abbia deciso, poche ore dopo la bocciatura in Bicameralina del decreto attuativo sul federalismo fiscale, di convocare in fretta e furia un consiglio dei ministri per ripresentare le norme sotto forma di decreto legge. Secondo me Napolitano non aspettava altro, e in tempo record ha rimandato al mittente il decreto facendo “rispettosamente” notare che la legge delega del 5 maggio scorso diceva qualcosa di diverso.
Per la precisione, il governo poteva sì fregarsene del parere del parlamento: però «Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo. Il Governo, qualora, anche a seguito dell’espressione dei pareri parlamentari, non intenda conformarsi all’intesa raggiunta in Conferenza unificata, trasmette alle Camere e alla stessa Conferenza unificata una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformità dall’intesa.». Detto in altro modo, essendo per il momento l’Italia una democrazia parlamentare in ogni caso non si può far nulla senza rendere almeno nota ufficialmente la cosa. Quale sarebbe stata la differenza? Trenta giorni più il tempo necessario per inserire nel calendario delle Camere le comunicazioni.
Perché insomma BossiBerlusconi ha deciso di fare una mossa così azzardata? Davvero, non lo so. Una possibilità è che non sia affatto convinto che il governo regga per tutto quel tempo, e che quindi fosse meglio lanciarsi in fretta e furia a mettere le cose nero su bianco; ma anche così doveva essere davvero nervoso e preoccupato per non immaginare che Nappy e i suoi costituzionalisti non gliel’avrebbero mai fatta passare. O forse è l’inizio di una nuova campagna di delegittimazione – beh, inizio si fa per dire visto quanto scritto stamattina sul Giornale di famigghia? Voi che ne pensate?
Trovate le eventuali differenze
(il grassetto è mio)
(a): «Ieri il governo ha approvato il federalismo municipale. Lo ha fatto con una apparente forzatura, non tenendo conto del parere negativo della commissione bicamerale. Ma sulle riforme il governo non si può fermare. Deve andare avanti, senza farsi imbrigliare dalle procedure parlamentari. In nome e per conto dei cittadini che chiedono uno stato più agile.»
(b): Quando mancasse il consenso, c’è la forza. Per tutti i provvedimenti anche i più duri che il Governo prenderà, metteremo i cittadini davanti a questo dilemma: o accettarli per alto spirito di patriottismo o subirli.
Poi non venitemi a dire che Vico non aveva ragione.
(Credits: Galatea, ziomau e wikiquote)
P.S.: in molti mi avevano suggerito «Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco per i miei manipoli.»; peccato che la citazione corretta sarebbe allora stata qualcosa tipo «Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un residence per le mie amichette», e soprattutto che in parte Lui (l’altro Lui, ovvio) l’abbia già fatto.
Hosni
Occhei, ditemi quanti di voi fino all’inizio di questa settimana avevano mai sentito nominare il Rais egiziano altro che con il suo cognome. Non è mica facile passare al nome proprio: pensate solo ai nostri Pierluigi, Massimo, financo Romano… ma anche negli USA nessuno parlerebbe di Barack, no?
Ah, a questo riguardo vorrei compiere un’operazione enigmistico-divinatoria. Se togliete da BARACK HUSSEIN OBAMA le lettere di HOSNI MUBARAK, quello che rimarrà è «B.: È CASA». Le lettere non sbagliano mai: è proprio vero che Silvio credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak!
La creazione della verità
La scorsa settimana ricevo un’email in cui una laureanda mi chiede lumi su quanto scrissi nel 2005 (!) alla voce di wikipedia su Ciuffettino, e cioè che il protagonista del libro di Yambo divenne persino re del paese delle fate. Federica (così si chiama la laureanda) mi chiede la fonte dell’informazione, visto che tutte le altre occorrenze che aveva trovato sembravano derivare appunto dal testo wikipediano.
Inutile dire che io non mi ricordo cosa ho mangiato ieri sera, figuriamoci cosa avevo scritto sei anni fa. Ad ogni buon conto faccio un po’ di ricerche in rete anch’io e trovo quello che probabilmente è stato il punto da cui sono partito: nella trama di Ciottolino a un certo punto si legge che il nonno racconta al bimbo e a sua sorella «la fiaba di Ciuffettino, il bimbo che come uno e due fan tre diventa re del Paese delle Fate». Da lì devo aver deciso che quel metaCiuffettino fosse lo stesso Ciuffettino e quindi ho inserito l’informazione nella voce. Sfruttando il fatto che la mia biblioteca di quartiere ha la ristampa anastatica del libro, sono poi passato a vedere il testo, e ho potuto verificare de visu che Ciuffettino diventa in effetti l’Imperatore dei Pappagalli, prendendo l’augusto nome di Ciuffettino XXXV; tutt’un’altra cosa, insomma.
Che si può evincere? varie cose. Innanzitutto, non fidarsi mai dell’enciclopedia; è vero che una modifica del genere fatta oggi sarebbe stata immediatamente etichettata come “senza fonte” e quindi il lettore causale verrebbe avvertito, ma chissà quanti casi simili esistono ancora. Molto peggiore il vedere come il meme “l’ha scritto wikipedia” implica che un’informazione viene copincollata tranquillamente (senza citare la fonte, ma quello è ben noto: non lo fanno Repubblica e il Corriere, perché mai l’ultimo sitino dovrebbe ottemperare a un obbligo che pur non costandogli nulla è pur sempre un obbligo?) e quindi assume una realtà assolutamente staccata da quanto capita nel mondo reale. Insomma, chi collabora all’enciclopedia libera deve sermpre ricordarsi quali responsabilità ha. Dal punto di vista positivo adesso la voce è a posto :-) (e aggiungo un bravo a Federica che la sua tesi la sta facendo in maniera davvero ottima!)
il grande Googlello
Quando Google creò la Priority Inbox in Gmail, io provai a installarla. Ci pacioccai per qualche giorno, poi mi accorsi che tanto non avevo nessun interesse a perdere tempo ad affinare algoritimi per decidere quali messaggi leggere per primi, e quindi la lasciai perdere; rimaneva lì il tab ma tanto non gli cliccavo sopra.
Oggi pomeriggio vedo per caso nella barra degli avvisi un “Take Priority Inbox Survey”; essendo io malato di sondaggite mi dico “vabbè, facciamoli contenti” e ci clicco su. Mi appare una schermata con una sola domanda:
Feedback on the Priority Inbox
We’ve noticed that you’ve recently stopped using Priority Inbox. Is there a particular reason why you’ve stopped using it?
Sì, lo so che l'”abbiamo notato” è puramente statistico, bla bla bla; resta il fatto che non solo vengono verificate statisticamente le parole chiave nelle mail che ricevi (altrimenti come farebbero a mandarti la pubblicità contestuale) ma anche i link e i pulsanti che tu scegli di solito. Non è che forse sia un po’ esagerato?
c’è qualcuno che compra Libero?
Statisticamente è possibile che tra gli affezionati lettori delle mie notiziole ci sia qualcuno che acquista il quotidiano fondato da Vittorio Feltri e attualmente diretto da Maurizio Belpietro. Oppure magari qualcuno potrà finire qua da un motore di ricerca, oppure leggermi via Facebook. Vabbè: se c’è qualcuno di lorsignori, sarebbe così gentile da spiegarmi cosa può importare loro che Piero Marrazzo sia stato fermato a un posto di blocco con un trans, ma importare così tanto da pensare che sia Una Buona Cosa metterlo come titolono a tre quarti di pagina in una giornata in cui non è che non fosse successo proprio nulla?
Che uno fosse stato candidato come governatore di una regione solo perché era un giornalista che conduceva una trasmissione di inchiesta piuttosto seguita a me è sempre sembrata una grande idiozia. Ma in questo momento – e spero che l’ipotetico acquirente di Libero lo sappia – non ha alcun incarico politico, quindi non deve rispondere nemmeno moralmente all’opinione pubblica di quello che sta facendo (per quanto riguarda la responsabilità penale, persino a Libero sono stati costretti a scrivere che il fermo è semplicemente stato fatto per un controllo di routine e non è stata imputata alcuna accusa al giornalista Rai). Quindi il solito tentativo di caciara “ma tanto sono tutti uguali” non è che funzioni così bene, almeno fino a quando anche a destra non inizieranno a lasciare la politica. Tralascio il banale fatto che i dati relativi alle preferenze sessuali di una persona sono dati sensibili e quindi non dovrebbero nemmeno essere pubblicati: se uno compra certa stampa, credo non ci faccia molto caso. Altre possibilità non è che mi vengano in mente: è proprio per questo che chiedo lumi!