i guai della democrazia diretta

Scopro da Annarella (no, non ne ha ancora scritto sul blog) che è stata consegnata al consiglio comunale di Torino «una petizione con 729 firme di cittadini torinesi che chiedono un consiglio comunale aperto dedicato al problema delle scie chimiche, chiedendo di “verificarne l’esistenza o meno al fine di proteggerci”.» . Il testo è preso dalla bacheca facebook di Vittorio Bertola, dove se volete potete mettervi a leggere i 506 commenti (al momento in cui scrivo): per la cronaca vb precisa che

    «La petizione non viene dal Movimento 5 Stelle, è auto-organizzata da un gruppo che peraltro farà una serata pubblica all’Educatorio della Provvidenza di corso Trento (dunque immagino siano di area culturale cattolica)»

e poi fa il cerchiobottista, pardon l’agnostico.
Io sono un occamista: non avrei nessun problema a immaginare un dottor Stranamore che prepari chissà quali preparati da lanciare dal cielo per ammansire e imbesuire la popolazione, ma non riesco a capire (a) perché non siano riusciti a renderli invisibili e (b) perché non ci imbesuiscono abbastanza da permetterci di accorgerci della cosa. Ma soprattutto mi chiedo perché questo dovrebbe essere discusso da un consiglio comunale, per quanto di una grande città come Torino: dovrebbe al più essere oggetto di un’interrogazione parlamentare. La risposta è semplice: bastano 300 firme, almeno a Torino, per chiedere un consiglio comunale aperto. Mi verrebbe voglia di verificare quante firme servono a Milano, e chiedere ai miei amici se firmerebbero una petizione dedicata al problema dell’eliocentrismo e ai guai che la rotazione terrestre porta alla nostra salute; ma non vedo perché sprecare tempo e denaro pubblico. È ovvio che le scie chimiche hanno oramai rovinato tutti noi.
(ps: adesso i commenti sono 507, con 119 condivisioni. Non li ho letti, c’è un limite a tutto)

altro che Fort Knox!

Stamattina ho scoperto che in ufficio non si può più schiacciare la maniglia della porta tagliafuoco che ci permette di arrivare all’ascensore (e alle scale: considerando che tra dicembre e gennaio l’ascensore è rimasto bloccato per un mese, l’esistenza delle scale è una manna dal cielo). È stato inserito infatti un blocco che può essere tolto solo avvicinando il badge. Questo significa che per entrare in ufficio io devo:
(a) usare il badge per aprire il cancello
(b) usare il badge per aprire la porta a vetri ed entrare nel palazzo
(c) usare il badge per aprire la porta tagliafuoco.
Visto che hanno anche fatto i lavori per mettere i tornelli – fisicamente tra (b) e (c) – a breve occorrerà usare il badge quattro volte per entrare. Mi chiedo cosa ci sia di così importante nei nostri uffici.

vietato autocoalizzarsi!

Bisogna dire che al Giornale hanno imparato bene ad avere la faccia di tolla. Notizia di oggi: salta il confronto televisivo RAI tra i sei candidati premier (oops… non lo si può dire!). Questo perché il PDL ha fatto sapere che il regolamento approvato dalla Commissione di Vigilanza Rai dice che lo spazio è riservato ai leader delle coalizioni: ma Giannino Grillo Ingroia (in rigoroso ordine alfabetico), non avendo una coalizione, non possono esserci. Bene: che scrive Luca Romano, dipendente di Paolo Berlusconi? Che questa è tutta una mossa di Bersani perché ha paura del confronto faccia a faccia con Silvio Berlusconi. Monti, che pure una coalizione ce l’ha, è evidentemente irrilevante: nel faccia a faccia previsto da Romano probabilmente farebbe da cuscino per il candidato meno alto.
Innanzitutto è ormai certo che Maroni ha accettato (ex articolo 14bis comma 3 della legge elettorale) che il capo della coalizione in cui si trova è Silvio B., ma questa non è chissà quale notizia. Beh, non è nemmeno una grande notizia che al PDL non riescano a concepire il fatto che ci possa essere un partito che non voglia coalizzarsi preventivamente con nessuno: se paradossalmente esistesse un’unica coalizione e tanti partiti separati, secondo la loro interpretazione, il capo della coalizione avrebbe una tribuna elettorale tutta per sé.
Ma è istruttivo leggere il resoconto della riunione della Commissione di Vigilanza che ha approntato il regolamento elettorale, soprattutto negli emendamenti accolti. Nella bozza si parlava infatti di “candidati premier”, e solo nella riunione tutti si sono affrettati a correggere il testo in “capi della coalizione” prima che il presidente della Repubblica facesse loro notare che almeno per il momento la Costituzione non prevede il candidato premier. Naturalmente si sarebbe dovuto correggere la bozza scrivendo “i capi delle forze politiche e delle coalizioni indicati nei programmi elettorali depositati”, ma scrivere leggi e regolamenti non sembra più alla portata dei nostri legislatori…

trent’anni? non proprio

Repubblica lo scrive nel titolo: «Stipendi, crescita ai minimi dal 1983». Il Corsera pure: «Salari, aumento ai minimi dal 1983». La Stampa addirittura titola «Gli stipendi ai minimi da trent’anni». Libero? non parliamone. «Stipendi fermi e prezzi al rialzo»
Ora, non è che le cose siano rose e fiori: il risultato del 2012 è il peggiore dal 1995. Ma non per la ragione indicata da tutti i giornali! L’aumento nominale degli stipendi non ha alcun senso, se non lo si mette in rapporto con l’inflazione. È la differenza che conta, non il valore assoluto. Però volete mettere la cifra tonda della differenza di anni?

lobbies

Sono andato in farmacia a comprare le vitamine per i tremezzenni, e già che c’ero ho preso delle gocce per le orecchie, visto che Cecilia potrebbe avere un principio di otite. Solo che mi sono capito male con Anna e non ho preso un antibiotico. Mi hanno dato delle gocce omeopatiche: li ho guardati un po’ male, ma ho pensato che tanto alla peggio sarei passato all’antibiotico e l’ho preso. Dopo avere pagato, la farmacista mi chiede se avevo la tessera sanitaria. Le dico “ma le vitamine non sono scaricabili!” e lei mi risponde “no, ma il farmaco omeopatico sì”. Qualcuno mi spiega come hanno fatto gli omeopati a farsi accettare i loro farmaci?

_La cattedrale di Turing_ (libro)

[copertina] Inizio con una informazione secondo me necessaria: nonostante il suo titolo, questo libro (George Dyson, La cattedrale di Turing : Le origini dell’universo digitale [Turing’s Cathedral], Codice 2012 [2012], pag. 447, € 24,90, ISBN 9788875783181, trad. Stefania De Franco e Gaia Seller) di Turing parla nel capitolo 13; per il resto non si accenna a lui se non di sfuggita, e in incisi che sembrano essere stati inseriti a forza dall’autore – il figlio del famoso fisico Freeman Dyson – per sfruttare il battage del centenario della nascita di Alan Turing. Per stavolta la colpa non è dell’editore italiano, ma proprio dell’autore. Come ha detto mia moglie Anna, “avrebbero dovuto chiamarlo La cattedrale di Von Neumann!” E in effetti un simile titolo sarebbe stato più corretto, visto che il libro parla della storia dei primi calcolatori elettronici intrecciata con quella del loro uso per creare le bombe a fissione e fusione, e in entrambi i casi “Johnny” è stata una figura prominente.
Passando al lato più prettamente legato alla recensione, il testo è molto americano come stile, privilegiando le testimonianze per quanto possibile dirette e costruendo quindi la storia sulle persone più che sugli avvenimenti: molto utile il glossario iniziale con l’elenco delle persone stesse e una loro lapidaria biografia. L’apparato di note è enorme, ma è più che altro un insieme di riferimenti ad altri libri: insomma può essere tranquillamente saltato. La storia è molto dettagliata, con fatti ignoti almeno a me e che possono gettare una luce anche sulla vita statunitense negli anni 1940 – mica me lo aspettavo che ancora dopo la fine della guerra ci fossero restrizioni per gli acquisti negli USA! – ma purtroppo non dà grandissime informazioni sul software dei primi computer, limitandosi a considerazioni sull’hardware. Verso il fondo Dyson sterza verso la filosofia, con una curiosa interpretazione simbiotica del rapporto tra umani e computer unita a una visione neo-analogica del Web 2.0 che dal mio punto di vista è sconcertante ma comunque interessante.
La traduzione di Stefania De Franco e Gaia Seller è generalmente scorrevole, tranne per alcuni punti dove non mi sono raccapezzato molto; l’editing invece, soprattutto nelle prime cento pagine, lascia un po’ a desiderare con alcuni spazi interparola che sono spariti. In definitiva, un libro principalmente per appassionati della materia.

_Renzo Bergamo : Atomo – Luce – Energia_ (mostra)

A dire il vero la mostra su Renzo Bergamo (in cima al Castello Sforzesco, ingresso gratuito, spero segnalata un po’ meglio) è aperta da una decina di giorni, e ancora più a dire il vero io l’ho visitata un’ora prima dell’inaugurazione, grazie a Eva che è la coordinatrice della mostra; ma sono sempre in ritardo e non avevo ancora trovato il tempo di parlarne. Ma in fin dei conti ne aveva già scritto Mina che presumo abbia più lettori di me, quindi non mi preoccupo più di tanto del ritardo, anche perché la mostra rimarrà aperta fino a metà marzo.
Dopo questa lunga premessa, confesso che io l’arte contemporanea non sono mai riuscito a comprenderla. È abbastanza facile accorgersi che, anche se c’è un tema univoco che consiste per l’appunto nel cercare di inserire in un quadro concetti prettamente scientifici, il modo di dipingere di Bergamo è profondamente mutato negli anni; e soprattutto dagli anni 1990 i suoi quadri sono diventati un’esplosione di luce, che non riesce ad essere bene catturata a video (questo è comunque il sito dell’artista, per chi vuole avere un’idea). Detto questo, io mi taccio. Ho fatto delle supposizioni su alcuni quadri, intitolati “Senza titolo” e quindi senza nessun appiglio; credo amasse cercare di inserire la temporalità nelle sue opere, che quindi non sono un’immagine in un dato istante ma una somma di immagini in istanti successivi; però sono davvero supposizioni senza nessun fondamento sicuro. Se passate al Castello e non sapete cosa fare potete provare a fare le vostre ipotesi!