gioco per Pasquetta: Kuku Kube

Non so se questo gioco sia adatto ai daltonici (magari sì, sono cose che non conosco bene).
In Kuku Kube lo scopo è semplice: trovare il quadratino di colore diverso. Il problema è che la partita dura un minuto esatto, che il numero totale di quadrati cresce fino ad arrivare a 100, e soprattutto che la differenza di colore è sempre meno netta. Io ci ho provato tre volte, sono arrivato a 28, e ho deciso che il gioco non fa per me :-)

_Risolvere i problemi difficili_ (libro)

[copertina]La collana Chiavi di lettura di Zanichelli presenta sempre delle ottime opere, leggere ma che danno un’idea di alcuni campi della scienza. Questo libretto (Tommaso Castellani, Risolvere i problemi difficili : Sudoku, commessi viaggiatori e altre storie Zanichelli 2013, pag. 160, € 12,90, ISBN 9788808173867) parte con esempi di due giochi non dico banali ma sicuramente piuttosto noti, come la Torre di Hanoi e il sudoku, e spiega il motivo per cui in matematica sono considerati “difficili”, introducendo il lettore ai temi fondamentali della teoria della complessità che poi vengono spiegati in modo più astratto. Ma la parte senza dubbio più interessante è quella della fisica dei sistemi complessi e a quella dei sistemi difficili, che vengono trattate nella seconda parte del testo. Il punto fondamentale dei sistemi complessi è che generalmente siamo interessati a scoprire cosa succede (e quando succede…) una transizione di fase, vale a dire un passaggio improvviso e a priori inaspettato da una situazione a un’altra. Quello che Castellani ci spiega è che in questi casi si ha tipicamente un’esplosione della quantità di calcolo necessaria a un algoritmo per trovare una soluzione (gli informatici parlano di algoritmi NP-completi); ma quel che è più curioso è che può valer la pena studiare non tanto il “cosa” quanto il “quando”, cioè scoprire per quali valori di un parametro descrittivo delle equazioni si arriva alla transizione di fase, per avere nuove idee su questi comportamenti. I temi sono naturalmente solo sfiorati, ma permettono comunque al lettore curioso di farsi un’idea di un campo della fisica contemporanea che non raggiunge le prime pagine dei giornali ma è nondimeno importantissimo.

I giornali e il prestito elettronico

Ieri – e immagino non fosse un pesce d’aprile – mi è arrivata una comunicazione dal portale milanese di MLOL (Media Library On Line, il circuito bibliotecario elettronico) che segnalava come Il Sole – 24 Ore ha sospeso la distribuzione elettronica del giornale alle biblioteche. Le voci dicono che «La ragione di tale sospensione sembra essere la contrarietà dell’editore all’accesso remoto degli utenti della biblioteca alla risorsa». Contemporaneamente il gruppo RCS ha deciso di modificare i propri abbonamenti elettronici «inserendo vincoli non compatibili con le esigenze e gli standard che dovrebbero caratterizzare i servizi di una biblioteca pubblica.». In pratica, oltre a non ammettere più di una lettura contemporanea per licenza (il che non è nulla di strano), RCS ha messo un vincolo al numero massimo di utenti diversi che in tempi diversi fruiscono della risorsa. Pensate a un libro cartaceo sul quale venisse scritto “dopo il trentesimo prestito bisogna aspettare un anno per poter di nuovo usufruire del libro”…

Confesso che io manco sapevo che MLOL avesse anche i giornali nella sua offerta (lo uso solo per gli ebook), ma vedo che la cosa sembrava avere un certo qual successo, tanto che alcuni editori non apprezzano la perdita di lettori dovuta alle biblioteche. Bell’idea, vero?

Edicole

Lunedì io e Anna siamo passati in via Frisi, e lei mi fa: “Hai presente l’edicola? Beh, non c’è più!” Io stavo guidando e non potevo certo mettermi a guardare. Stamattina però sono passato in bicicletta e ho notato che in effetti l’edicola non c’era più. E intendo proprio fisicamente: non era infatti u negozio, ma un’edicola nel senso etimologico del termine, cioè un chioschetto sul marciapiede che in quel punto è piuttosto ampio. Avevano anche riasfaltato il marciapiede, insomma un lavoro fatto bene.

Sono anni ormai che almeno a Milano le edicole stanno chiudendo: tanto per dire, quella nel mezzanino della metropolitana a Maciachini è serrata da almeno un anno. Ma il processo è generale: questo articolo dell’anno scorso di Silvia Pieraccini afferma che in dieci anni in Italia si è passati da 40000 a 30000 edicole. D’altra parte la gente compra sempre meno quotidiani, e nonostante continui la proliferazione di riviste su tutti i temi immaginabili – e anche alcuni inimmaginabili.. – ho il sospetto che alla pubblicazione non corrisponda un’effettiva vendita, tranne che per gli album di figurine dei Cucciolotti. Quello che mi sto chiedendo è se la cosa (a parte chiaramente per gli edicolanti) è un bene o un male. Hanno senso le riviste cartacee? Esiste un modello di rivista elettronica che permetta agli autori di guadagnare qualcosa? Boh…

Quizzino della domenica: la calcolatrice rotta

Barbara, mentre giocava con la sua calcolatrice a scuola, l’ha lasciata cadere a terra, e ora è praticamente rotta del tutto: a parte il tasto C che azzera il risultato funzionano solo tre tasti, uno che somma cinque al valore attuale, uno che somma sette, e uno che calcola la radice quadrata del risultato. «Ecco! – dice il maestro – Visto cosa hai combinato? Ora hai una calcolatrice inutile: non riesci nemmeno a scrivere il numero due…» Subito Barbara: «Certo che invece ci posso riuscire: guardi qua…» Qual è il minimo numero di tasti che Barbara deve schiacciare per ottenere 2 partendo da 0?

(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p167.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema di Daniel Finkel, da Numberplay

Leggere attentamente le istruzioni

Mentre pulivo lo spam qui sul blog, mi sono trovato tre messaggi che iniziavano così:
{
{I have|I’ve} been {surfing|browsing} online more thgan {three|3|2|4} hours today, yet
I never fouind any interesting article like yours.

{It’s|It is} pretty worth enough for me. {In my opinion|Personally|In my
view}, if all {webmasters|site owners|website owners|web owners} and bloggers
mqde good content as you did, the {internet|net|web} will be {much
more|a lot more} useful than ever before.|

A parte il “fouind” e il “mqde” che dovrebbero essere un modo per verificare se il post è stato effettivamente postato, è ovvio che quel testo è nato per essere istanziato in modo diverso tra i vari blog e quindi sfuggire alle grinfie degli antispammer. Però se non lo istanzi non è che funzioni così bene…

_La vista da qui_ (libro)

[copertina] È davvero ingiusto definire Massimo Mantellini “il Gramellini del web”, anche se i due sono più o meno coetanei e hanno lo stesso nome. Mantellini non è un addetto ai lavori dell’italico web in senso stretto (e mi sa che questo sia un punto a suo favore, visti tanti sedicenti guru…), ma la sua esperienza quasi ventennale di commentatore gli permette di parlare della rete con cognizione di causa ma allo stesso tempo in modo comprensibile al navigatore della domenica. Insomma il titolo di questo suo libro (Massimo Mantellini, La vista da qui, minimum fax 2014, pag. 140, € 10, ISBN 9788875215965) è stato scelto molto bene.
Tra i vari capitoli del libro, che pur essendo interconnessi da un fil rouge sono fondamentalmente indipendenti, consiglio caldamente di assaporarvi quelli che raccontano come i politici si sono avvicinati alla rete (male, e questo lo sapevamo tutti: ma c’è un perché) e sul rapporto tra gli italiani e la tecnologia, con le frasi trionfalistiche dell’allora ministro Cardinale e il confronto con la dura realtà. L’appunto maggiore che faccio a Massimo è il suo essere ancora ottimista nonostante tutto. A differenza sua, non penso che le cose meravigliose che si possono fare sulla rete serviranno a qualcosa: passeggiare virtualmente per le vie di Parigi attraverso una LIM non ha nessun effetto su uno studente, né tantomeno gli farà comprendere quante possibilità ha a disposizione se solo smette di usare Whatsapp o Telegram o qualcuno dei giardinetti recintati che stanno sostituendo la Rete di tanti anni fa e dai quali Mantellini ci mette in guardia.

“al netto dei ritardi”

Sul forum di MilanoTrasporti è stato segnalato questo articolo de L’Inkiesta che racconta di come sia possibile usare il passante ferroviario per attraversare Milano velocemente e soprattutto gratuitamente, visto che i controlli sono inesistenti non solo a bordo ma anche ai tornelli. Sulla mancanza di controlli sono perfettamente d’accordo: venerdì scorso ho preso il passante da Repubblica a Segrate con la mia bici (per la quale ho regolamente pagato un altro biglietto), e la controllora sul treno mi ha semplicemente detto “su questo treno non c’è il posto per bici, la metta dove trova spazio”.

Quello su cui non sono d’accordo – e che mostra che Fabrizio Marino qualche problema con la matematica ce l’ha – è questa frase:

La frequenza di ogni linea è di trenta minuti per direzione, ma utilizzando la rete per spostarsi solo all’interno della città, grazie a tutte le coincidenze di linee presenti, è possibile arrivare ad una frequenza di passaggio di un treno ogni 6 minuti. Al netto dei ritardi ovviamente.

Certo, i ritardi ci sono sempre, magari anche solo di un minuto, più spesso di cinque o sei. Peccato che la cosa non abbia nessuna importanza per chi usa il passante “per spostarsi solo all’interno della città”. Mi spiego. Dal punto di vista del pendolare che prende il treno a Novara, Varese, Lodi o Treviglio per arrivare a Milano, se il treno ha un ritardo di quindici minuti lui si trova a stare un quarto d’ora in più sul treno (o ad aspettarlo in banchina, nel caso salga in una stazione intermedia: visto che i treni hanno una frequenza di una corsa ogni mezz’ora uno arriva in stazione all’ora giusta). Dal punto di vista di uno come me che usa il passante all’interno della città, non mi cambia nulla se il treno che prendo è quello di Novara in orario o quello di Varese in ritardo di un quarto d’ora: sempre un treno è. Se dunque i ritardi sono più o meno coerenti – e la mia frequentazione mi permette di dire che solitamente lo sono – io continuerò ad avere una frequenza di un treno ogni sei minuti. Se i ritardi non sono coerenti posso essere sfigato e avere un po’ più di sei minuti di attesa, ma in media i treni continueranno a passare ogni sei minuti. Insomma, anche in questo caso si verifica la solita fonte di incomprensione matematica: bisogna capire qual è il corretto punto di vista da cui fare i conti.

Il vero problema del passante è al limite la possibilità che i treni vengano soppressi: in quel caso sì che le attese si allungano, anche se comunque meno di quanto capiti ai poveretti che devono prendere il treno da fuori… ma questo con la “povera matematica” c’entra poco o nulla.