Quizzino della domenica: Triangolo curvilineo

Nel quadrato ABCD di lato 4 mostrato qui sotto in figura sono stati disegnati due archi di cerchio di centro A e B rispettivamente e di raggio 4, che si incontrano in un punto O. Quali sono il perimetro e area del triangolo curvilineo ADO colorato nella figura?


(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p367.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema classico.)

_Big Mind_ (libro)

Nella prima parte di questo libro (Geoff Mulgan, Big Mind : L’intelligenza collettiva che può cambiare il mondo [Big Mind : How Collective Intelligence Can Change Our World], Codice 2018 [2017], pag. 322, € 27, ISBN 9788875787523, trad. Gianni Pannofino, link Amazon) il lettore potrebbe pensare che Geoff Mulgan pensi alla creazione di un’entità simile ai trekkiani Borg: l’intelligenza collettiva sarebbe insomma qualcosa di legato più ai computer che alle persone. In realtà non è così. Almeno nel breve o lungo termine, quello che Mulgan pensa è il modo per coordinare meglio e migliorare la gestione di un qualunque sistema complesso, sfruttando armonicamente i tre cicli di apprendimento: quello di base incrementale, quello di mezzo con l’introduzione di nuove idee e quello di distruzione creativa da usare con estrema cautela ma che si deve avere a disposizione. Mulgan lavora da decenni in questa direzione, e attualmente è il deus ex machina del Nesta, un think tank britannico che si dedica a questi temi: è sicuramente un personaggio vulcanico e molto british, anche se ogni tanto mi sa esageri un po’ nel mostrare quante belle cose ha fatto nei sui progetti. Il libro non nasce comunque per dare soluzioni ma per mostrare problemi e possibilità della creazione di un’intelligenza collettiva, e da questo punto di vista è indubbiamente stimolante, oltre a dare una visione diversa di quanto abbiamo già oggi: consiglio tra l’altro il capitolo sulla trattazione dei beni comuni.
Ho qualche dubbio sulla traduzione di Gianni Pannofino, non tanto sui neologismi come “macchinico” che nel contesto ci sta quanto su apparenti anglicismi come “disposizione dei lavoratori” oppure “commettere suicidio”

Bicocca incontra i genitori

Quando ho sentito per radio la pubblicità dell’evento, non volevo crederci. Poi sono andato a vedere sul sito, e ho scoperto che l’iniziativa si svolge dal 2012. Insomma, un po’ come gli Open Day per vedere quali scuole possono essere più adatte per i propri figli, l’università di Milano Bicocca organizza un incontro per i genitori dei futuri universitari.

Ricordo che almeno il 99,5% di chi si iscrive all’università è maggiorenne: io ho conosciuto una sola persona che l’ha iniziata prima di compiere i diciott’anni. Del resto, io sono notoriamente stato un bamboccione, ma quando sono andato a Pisa a fare il concorso di ammissione in Normale non mi è nemmeno passato per la testa di andarci accompagnato da mia mamma. Come ci siamo ridotti?

_Introspection: Transformation_ (ebook)

[Disclaimer: Ho ricevuto il libro grazie al programma Early Reviewer di LibraryThing]
L’idea alla base del libro (Steve Hamburg, Introspection: Transformation, Prodigy Gold Books 2018, pag. 320, $4.47, ISBN 9781939665959, link Amazon) non sarà certo nuovissima, ma quello non è un grande problema: abbiamo un pianeta abitato da razze telepatiche che vuole invadere la Terra e uccidere tutta la sua popolazione; durante la preparazione della loro campagna un ragazzo terrestre ottiene però gli stessi poteri e cerca di gestirli e di avvisare le autorità. La trama, nonostante qualche calo qua e là e troppi momenti di spiegazione di cosa succede (l'”introspection” del titolo, immagino) spesso inutili, scorre abbastanza bene fino all’ultimo capitolo, dove purtroppo Hamburg si perde del tutto. Il guaio non è ovviamente la scelta di non terminare la storia e lasciare spazio per i sequel; gli è che proprio non funziona con le ipotesi di suspension of disbelief che abbiamo seguito nel corso della storia. Si è insomma rotto il patto col lettore, e questo è un peccato.

Porta Littoria

Il solito Massimo Manca mi ha fatto leggere questo articolo della Stampa che racconta di un valdostano nato nel 1942 a La Thuile che si è trovato come luogo di nascita sulla carta d’identità “Porta Littoria”.

Prima di dare un giudizio su cosa è successo vorrei fare un esempio personale. Se mio padre fosse ancora vivo e dovesse rinnovare la carta d’identità, quale luogo di nascita si troverebbe scritto? Lui nacque a Carrara San Giorgio, un comune della bassa padovana che non esiste più perché si è fuso con il confinante Carrara Santo Stefano per formare una nuova entità chiamata con ben poca fantasia Due Carrare. Dunque era nato a Carrara San Giorgio oppure a Due Carrare? Certo, se pensiamo a un centenario nato nell’allora Girgenti probabilmente troveremo scritto “Agrigento” e non faremo una piega, vista la continuità del luogo pur con il cambio del nome.
Il punto è che l’Italia è la patria dei legislatori. Penso che siamo tutti d’accordo che al momento della nascita il protagonista della storia si trovava a Porta Littoria, come anche siamo tutti d’accordo che al termine della guerra una legge abbia cancellato le “denominazioni fasciste” tornando ai toponimi ufficiali. Ma cosa dice effettivamente la legge? Se si sono dimenticati di aggiungere un comma per specificare che i nomi del Ventennio vengono eliminati anche retroattivamente per gli usi successivi, tecnicamente quel signore deve avere Porta Littoria come luogo di nascita. Mi starebbe benissimo se il ministro dell’Interno smettesse per un attimo di twittare cosa sta mangiando e preparasse una leggina al riguardo, ma quello è forse chiedere troppo. Sarebbe già più semplice cercare la legge del dopoguerra per scoprire che dice, ma ammetto di essere troppo pigro…

(ah, io per decenni ho abitato in una via parallela a via La Thuile. Però il quartiere nacque dopo la guerra, quindi non ci fu mai via Porta Littoria :) )

Foibe

Quest’anno la Giornata del Ricordo è stata un po’ peggio del solito, con il presidente dell’Europarlamento Tajani che ha mostrato che il suo lato migliore si mostra quando tace; le sue affermazioni (e quelle del Ministro di Tutto e Ancor Più) hanno portato a malumori maggiori in Slovenia e Croazia, con il presidente sloveno Pahor che ha scritto a Mattarella.

Io non ho grandi conoscenze storiche; tutt’al più posso vantare un suocero triestino di padre italiano e madre slovena. Quello che ho capito io è che diciamo fino al 1918 le città costiere istriane e dalmate avevano una buona maggioranza di italianofoni (o forse sarebbe più corretto dire venetofoni), mentre l’interno era tipicamente slavofono. Il crollo dell’impero austroungarico che non era stato previsto dagli italiani quando entrarono in guerra (non che oggettivamente fosse credibile nel 1915) lasciò una situazione di stallo, con Zara annessa all’Italia (e passi) assieme all’interno dell’Istria e al retroterra triestino che di italiano avevano poco. L’italianizzazione forzata che fece il fascismo non aiutò certo la convivenza, così come la seconda guerra mondiale con l’invasione della Slovenia e il regno fantoccio croato. Il risultato pratico furono le foibe, ma non solo: ci fu tutto un sentimento antitaliano che notai ancora nel 1981, quindi decenni dopo la fine della guerra. Questo non lo si può negare, anche se palrare di pulizia etnica mi sembra esagerato, a meno che non chiamiamo così anche tutti gli altri spostamenti di massa conseguenti alla ridefinizione dei confini europei dopo il 1945.

Detto tutto questo, e ricordando che per decenni non si poteva parlare di foibe perché il PCI non voleva, quello che io mi chiedo è se è proprio necessario questo revanscismo. Lo so, è una domanda retorica. Quello che però io vorrei è un ricordo di quei morti in gran parte innocenti ma che non faccia da base per un revanscismo. Si dice congiuntamente “è stata una cosa non bella, non intendiamo più farla” e via. Troppo utopistico? (mi rispondo da solo: sì)

Gli spammatori di JP Monfort

Il guaio di avere indirizzi “istituzionali” pubblici è che ti arriva tutta la merda possibile e immaginabile. Da qualche settimana la mia casella di spam è impestata da decine di mail della JP Monfort, mandate da indirizzi casuali. Visto che tanto non smettevano di inviarle, ho provato a guardarne il footer di una di esse, e ho trovato il seguente testo in corpo 4 grigio chiaro:

If you no longer wish to receive communications from this Office, please send an empty email with the email address you wish to remove in the subject field to remove (at) jpmonfort (dot) us

Non avendo nulla a che fare, ho inviato una mail a quell’indirizzo. Risultato? Rimbalzata.

The recipient server did not accept our requests to connect. Learn more at https://support.google.com/mail/answer/7720 [jpmonfort.us 184.168.131.241: timed out]

C’è da stupirsene?