Se voi non avete figli in età scolare, non sapete cos’è il registro elettronico: un’app che permette a genitori e studenti di sapere cosa è stato fatto a scuola, dalle lezioni ai voti alle assenze. (Sì, anche gli studenti possono dover sapere cosa è stato fatto a scuola, con Jacopo è quasi la norma). Poi le cose funzionano più o meno: fino alla scorsa settimana avevo sette-otto assenze di Cecilia che io avevo giustificato online ma non erano mai state approvate da un professore.
Leggo dal Post che il ministero dell’Istruzione e del Merito ha mandato una circolare ribadendo che i registri elettronici non possono avere banner, pubblicità in generale o giochi, prendendo ad esempio ClasseViva che io conosco bene avendolo avuto per i gemelli alle medie e ora per Cecilia alle superiori. Quello che il Post non dice è che tutta questa pubblicità si trova nella versione app di ClasseViva – me ne sono accorto qualche tempo fa avendola per caso aperta – e non in quella desktop che uso regolarmente. La cosa non mi stupisce, perché sappiamo tutti benissimo che il desktop è per dinosauri come il sottoscritto, e soprattutto perché la versione desktop permette molti meno controlli da parte di chi la gestisce. Ma non mi stupisce anche perché immagino che oramai questa ingerenza sia considerata normale, e anzi è strano che qualcuno si sia dato la briga di segnalare la cosa al ministero.
Poi resta sempre il punto fondamentale, segnalato anche dall’articolo del Post: perché non esiste una piattaforma statale unica e si è lasciato tutto ai privati? Non ditemi che è una questione di costi, perché le scuole non hanno queste piattaforme gratis, e quindi in un certo senso lo Stato paga queste aziende: tanto vale pagare direttamente, no?