Ultrafinitismo

Una corrente filosofica della matematica, l’intuizionismo, afferma che non possiamo usare l’infinito nei nostri teoremi, perché non potremmo mai ottenerlo. Un corollario di questa affermazione è che almeno ad oggi (e probabilmente per sempre, ma chi lo può sapere?) non possiamo dire “nello sviluppo decimale di pi greco c’è una successione di 1000 cifre 0 consecutive, oppure tale successione non c’è”: in altre parole, il principio del terzo escluso vale solo quando abbiamo un numero finito di possibilità, e quindi in linea di principio possiamo controllarle a una a una. Non sono moltissimi i matematici che seguono tale corrente, principalmente perché le cose che si possono dimostrare sono molte di meno: ma comunque è una posizione rispettata.

Leggo però da New Scientist che esiste una corrente filosofica ancora più talebana: gli ultrafinitisti. Per costoro, non solo l’infinito non esiste, ma non esistono nemmeno i numeri “troppo grandi”, nel senso di quelli che non potremo mai computare nemmeno in linea di principio, data la finitezza del nostro universo. Attenzione: questa teoria è del tutto diversa da quella del “grossone” di Yaroslav Sergeyev, dove si dà un valore specifico – diciamo N – all’infinito ottenuto con tutti inumeri naturali e a questo punto possiamo per esempio dire che i numeri pari sono N/2. Gli ultrafinitisti non solo non ammettono l’esistenza del grossone, ma affermano che non esiste nemmeno la parte intera del primo numero di Skewes, che è exp(exp(exp(79))). Questo numero non potremo mai calcolarlo non dico esattamente ma con una precisione inferiore all’unità, quindi la sua parte intera non esiste.

Detto tutto ciò, e aggiunto che credo che siano i fisici i più interessati, termino notando che anche Wikipedia segnala che le fondazioni dell’ultrafinitismi sono troppo vaghe per ottenere qualcosa di davvero utile…

Traduzioni

Libertà di espressione
Ci ho perso molto tempo per capirlo (ma è anche vero che ho sempre saltato a piè pari commenti di questo tipo). Ma ora ho avuto un’epifania. Che parla di “libertà totale di espressione” intende dire “ho il diritto divino di scrivere tutte le cazzate che voglio” (e fin qua lo sapevamo già tutti), ma soprattutto “quella che sto scrivendo è un’argomentazione”. La logica conseguenza è che se quello che scrivono sono argomenti allora per questa gente i CONTROARGOMENTI devono essere dello stesso tenore. Siamo insomma alla massima “non giocare mai a scacchi con un piccione”.

Certo, in questo modo costoro, non ricevendo risposte, saranno convinti di avere blastato l’interlocutore: ma voi siete in grado di ribattere in quel modo? Io no di certo, e quindi da anni mi taccio.

(Il commento lo trovate qui)

Pippo Baudo

Non è che si possa aggiungere molto alle parole di Mattarella, che ricorda “la professionalità, la cultura, il garbo e la straordinaria capacità di interpretare i gusti e li aspettative dei telespettatori italiani”: insomma, il “nazional-popolare” di cui fu tacciato dal presidente Rai Enrico Manca e che deve averlo ferito non poco. Baudo è sempre stato preso in giro: gli anzyani come me si ricordano la telenovela-parodia a Drive In “Anche i Baudi piangono”, con Gianfranco D’Angelo che mostrava la collezione di parrucchini del Pippo nazionale, “quel simpatico pennellone”. (Tra l’altro devo dire che quando l’ho intravisto in TV coi capelli candidi mi ha preso un colpo).
Baudo era nazional-popolare per scelta precisa, perché era quello che i telespettatori di allora si aspettavano: molto meglio che il becerismo, e ad ogni modo la sua capacità di tenere le fila dei programmi che conduceva – d’accordo, sforava i tempi s Sanremo, ma chi non? – era impressionante. Nella TV di oggi probabilmente non avrebbe avuto posto, ma non so nemmeno se gli sarebbe piaciuta.

Quizzino della domenica: Inversi dei numeri triangolari

761 – algebra

Come sapete, i numeri triangolari sono quelli che possiamo disporre in una struttura triangolare: 1, 3, 6, 10, 15… Qual è la somma degli inversi di tutti i numeri triangolari, cioè 1 + 1/3 + 1/6 + 1/10 + 1/15 + … ?

un triangolo di numeri
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina https://xmau.com/quizzini/p761.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema classico.)

Gente che non è mai stata lavoratore dipendente

Claudio Durigon, uno dei Grandi Esperti della Lega, afferma in un’intervista che «I rinnovi contrattuali devono decorrere dalla scadenza, non dal giorno dell’accordo. Così evitiamo anni di vacanza contrattuale e garantiamo aumenti costanti, anche con anticipi», aggiungendo, mi immagino con un sorrisetto soddisfatto, «Riforma a costo zero.»

Io non ho mai partecipato alle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro (anche da RSU sono “di serie B” e quindi non mi schiodo) ma ovviamente di contratti ne ho letti tanti. Negli ultimi anni si sono accorpate la parte normativa (tutto quello che riguarda orario di lavoro, ferie, permessi, sanzioni disciplinari…) e quella economica (quanti soldi si danno). Presumo che nemmeno Durigon pensi si possano fare modifiche retroattive sulla parte normativa; il suo ingenuo pensiero è che quando i giornali scrivono “150 euro di aumento al quinto livello” significa che nella busta paga di quel mese, al massimo di quello successivo, lo stipendio lordo aumenterà di 150 euro. Questo capita forse nel paese delle fate: nel mondo reale quei soldi vengono aggiunti man mano, con la maggior parte che arriva alla fine del periodo di valenza contrattuale. Insomma le aziende cercano per quanto possibile di spostare in avanti il momento in cui devono sganciare i soldi promessi. E secondo voi darebbero persino gli arretrati di quei soldi? Il tutto poi sarebbe naturalmente ben lungi dall’essere “a costo zero”, almeno per le aziende. Ma magari Durigon pensava al costo per lo stato…

De bello alieno (ebook)

Questo libro è indubbiamente di fantascienza, ma è anche un’ucronia. In questa linea temporale, il giovane Caio Giulio Cesare fu effettivamente esiliato da Silla, e invece che diventare il condottiero che tutti conosciamo diresse il suo genio verso la meccanica, studiando con Erone (che in realtà visse cent’anni dopo) e Sosigene e riportando a Roma, una volta graziato, le sue invenzioni, treni e navi a vapore che lo fecero diventare ricchissimo, e fucili e cannoni per le legioni che diventarono sempre più invincibili. Ma la civiltà oramai morente che vive su Marte decide di non volersi far sopravvanzare da questi parvenu e con le ultime forze invia una spedizione distruttrice che dalle falde del Vesuvio risale a Roma, con scene simili alla Guerra dei mondi.
Il libro è scritto in stile epistolare corale, con tanti personaggi tra cui Catullo (che non è morto giovane ma è diventato senatore e ha sposato la sua Lesbia), Cicerone, Crasso, Pompeo, Servilia che nella storia è la moglie di Cesare, Giulia anch’essa rimasta viva, Catone, Varrone e naturalmente Bruto, che però è stato legalmente adottato da Cesare e quindi ha nome Giuniano. Ci sono anche le idi, anche se di maggio e non di marzo, e citazioni – vere e false – della Vita di Cesare di Plutarco. In certi punti il testo è un po’ manieristico e la trovata finale, anche se me l’aspettavo, pare essere molto tirata per i capelli; ma in complesso è un romanzo piacevole da leggere.

Davide Del Popolo Riolo, De bello alieno, Delos Digital 2017, pag. 276, € 3,11, ISBN 9788825403077 – come Affiliato Amazon, se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me
Voto: 4/5

Palazzo Citterio

La cité des promesses, di Alberto Savinio, a Palazzo CitterioDopo non so quanti decenni, e una finta inaugurazione un paio d’anni fa, finalmente Brera ha potuto allargarsi con l’adiacente Palazzo Citterio. Anna e io siamo andati a visitarlo, per curiosità.
Sicuramente la struttura è stata restaurata in maniera molto interessante, con gli scaloni interni (e gli ascensori) che portano ai vari piani. Anche il tempietto nella corte, struttura lignea donata dal Salone del Mobile e collocata appunto nella corte, secondo me è molto carino.

Per quanto riguarda le opere, niente da eccepire sulla qualità: tra le altre, segnalo Fiumana di Pelizza da Volpedo e La cité des promesses di Alberto Savinio che a me è piaciuta particolarmente, per lo stile molto personale. Ho invece dei dubbi sulla scelta di allestire il piano nobile, e quindi praticamente la maggior parte del museo, non secondo un percorso temporale ma diviso tra le due collezioni Jesi (quelli del caffè, che abitarono a Palazzo Citterio) e Vitali. Soprattutto quest’ultima è così eclettica che a mio parere lascia il visitatore perplesso. Per le mostre temporanee, Anteguerra. Avant-guerre. Pre-war. Vorkriegszeit di Pietro Geranzani a me non ha detto proprio nulla, tanto che me ne ero dimenticato: invece l’installazione di Chiara Dynys Once Again è davvero suggestiva e in un certo senso ipnotica.

Dopo la visita, mi è rimasta l’impressione che Brera stia usando Palazzo Citterio come repository per le opere che non sapeva più dove mettere: probabilmente la soluzione migliore è visitare tutto il complesso, compresa la Pinacoteca, per avere una visione più completa.