Nel sito BBC si può leggere un bell’articolo su uno studio fatto “sul campo” per capire quanto possono guadagnare gli spammatori. Il gruppo di ricercatori californiani, per riuscire a fare delle stime per quanto possibile reali sulla reale efficacia delle campagne di spam, ha scelto la via più diretta: si sono infilati in una delle reti di botnet, vale a dire dei PC degli ignari utonti che si sono beccati il programma trojano degli spammer e adesso fungono da mittenti degli spam, e hanno preso il controllo di una parte di una delle principali reti, Storm. A un certo punto avevano 75000 pc a disposizione (che comunque erano meno di un decimo della rete di Storm) e hanno lanciato una campagna per indurre a comprare prodotti farmaceutici. Risultati? su 350 milioni di email inviate, solamente 28 persone sono andate a mettere i dati della loro carta di credito sul sito fasullo – immagino anche arrabbiandosi un po’, perché il sistema ritornava loro un errore senza naturalmente salvarsi i dati. Di questi 28 ordini, 27 erano di pilloline blu e simili, per un totale di poco più di 100 dollari al giorno. Insomma, il tasso di penetrazione di uno spam è pari a 0,1 successi per milione, e i ricavi di uno spammatore con una grande rete di botnet sono stati stimati tra i 7000 e i 9500 dollari al mese: una discreta sommetta ma nulla di eclatante.
Questo significa però due cose: innanzitutto che un sistema del genere non potrebbe funzionare senza fare spam e non avere dunque spese di invio dei messaggi; e inoltre che non si può affatto pensare che gli spammatori smettano il loro traffico per mancanza di clienti, visto che ad ogni modo basta un tasso di risposta assolutamente minuscolo: rapportato al numero di navigatori italiani, è come se ci fossero due gonzi. Brutte nuove, insomma.
Il PDF dell’articolo sulla “Spamalyics” scritto dai ricercatori californiani è disponibile qua, per la cronaca, e il link è naturalmente ben visibile dalla pagina della BBC. Ancora una bella differenza con gli italici quotidiani, oltre al fatto che la divulgazione è fatta in maniera comprensibile.
Aggiornamento: (11 novembre) Questa volta sulla notizia ci è arrivato il Corsera: peccato che la signora o signorina Carboni non abbia letto l’articolo e abbia confuso i ricavi con i guadagni. Bisognerebbe mandarla a studiare da Tremonti, ma forse anche Visco va bene.
A Disappearing Number (teatro)
Non è che io fossi molto convinto di uno spettacolo teatrale sulla vita di Srinivasa Ramanujan, per di più in inglese. Però Anna era interessata e così ieri siamo stati al Piccolo – che comunque era pieno: è vero che lo spettacolo è rimasto in cartellone solo tre giorni, ma non mi aspettavo tutta questa sete di cultura – a vedere A Disappearing Number, dell’inglese Simon McBurney. Beh, ho fatto bene a seguire il consiglio.
Dal mio punto di vista, naturalmente, la parte aneddotica sul matematico indiano non ha certo aggiunto nulla, anche se immagino possa essere stata interessante per chi non conosceva la storia, e comunque gli intermezzi in cui Godfrey Hardy racconta la storia sono sicuramente un bello spaccato che mostra come anche i britannici dell’inizio del secolo scorso fossero ben razzisti anche loro. Ho però trovato davvero favolosa la messa in scena, con una multimedialità non fine a sé stessa ma che riempiva la trama, e una struttura complessa, con tre filoni temporali intrecciati (la vita di Ramanujan, Hardy che a fine anni ’30 racconta le vicende del suo compagno di ricerche, e tre personaggi contemporanei) con un continuo flashback e flashforward e il ripetere ossessivo di alcune frasi, quasi a indicare lo sviluppo della matematica che riprende sempre quanto già fatto e cerca di vedere se può essere sviluppato in maniera nuova. Alcune cose però ammetto che non le ho capite, come l’orologio digitale nell’aula di matematica che andava più o meno al doppio della velocità reale.
Nota di demerito ai sopratitoli, invece. È stata una fortuna che, dopo i primi minuti dove Ruth scriveva freneticamente formule matematiche alla lavagna parlando a una velocità impossibile, il resto della rappresentazione fosse pronunciata normalmente, perché se uno avesse dovuto basarsi sui sopratitoli si sarebbe perso metà dei dialoghi e avrebbe spesso capito ben poco del resto. Ad esempio, “pi greco” veniva regolarmente indicato come “p“; quando il fisico d’origine indiana andò a tenere una conferenza al Cern lo salutò come il posto dove nacque “Internet” (ovviamente lui ha detto “il World Wide Web”); gli “hedge funds” sono banalmente diventati “borsa”; e così via. Passi per l’ultimo punto :-), ma in questo modo mi sa che per buona parte del pubblico la parte teatrale sia comunque rimasta apprezzabile e però la parte scientifica si sia persa del tutto. In compenso non ho capito quale fosse il “numero scomparso”, a meno che non fosse quello telefonico che Alex cercava di farsi riassegnare.
Trovate qua il sito della compagnia, con qualche notizia in più.
Bill Gates e le frittelle
Non so se avete presente le frittelle che gli americani si mangiano a colazione (i pancakes, per la precisione): quelle robe più o meno spesse e tonde che già non sono dietetiche di loro ma poi vengono completate con generose dosi di sciroppo d’acero. Qua però le frittelle le uso solo come spunto per un problema matematico. Supponiamo di avere un certo insieme di frittelle, tutte di dimensioni diverse, e volerle mettere in ordine di diametro, con la più piccola in alto e la più grande in fondo. L’unica operazione che ci è concessa fare, però, è prendere una spatola, infilarla in un punto qualsiasi della pila di frittelle, sollevarne alcune e lanciarle in aria, riprendendole rovesciate. Detto in maniera meno cuciniera, se abbiamo la stringa abcdefghijk possiamo scegliere un punto qualunque (ad esempio, e) e rovesciare la sottostringa che termina lì, ottenendo così edcbafghijk. Al crescere del numero n di frittelle, come varia il numero minimo P(n), il pancake number, di operazioni da fare nel caso peggiore?
Con una sola frittella non occorre fare nulla, quindi P(1)=0. Con due frittelle, i casi sono due: o sono già in ordine oppure basta rovesciarle entrambe in un colpo, quindi P(2)=1. Con tre frittelle la cosa si inizia a fare un po’ complicata: però si può vedere che partendo dalla disposizione 132, entrambe le mosse iniziali possibili (girare le prime due frittelle arrivando alla disposizione 312, oppure girarle tutte arrivando a 231) richiedono altre due operazioni: insomma, P(3)=3. Al crescere delle frittelle, la cosa diventa molto complicata: è abbastanza semplice vedere che aggiungendo una frittella il numero minimo di operazioni cresce almeno di 1 (aiutino: se la configurazione peggiore nel caso di n-1 frittelle è C, immaginate la configurazione nC’, dove C’ è la configurazione ottenuta invertendo C), è abbastanza semplice vedere che P(n) ≤ 2n-3 (aiutino: va’ a leggere la pagina relativa di Wikipedia, da cui tra l’altro ho preso il disegno). Che una formula non sia così semplice da trovare, lo si può notare anche guardando la tabella dei valori di P(n) per n che va da 1 a 13:
| n | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 |
| P(n) | 0 | 1 | 3 | 4 | 5 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 13 | 14 | 15 |
e i valori computati negli ultimi anni da un gruppo di informatici giapponesi usando cluster di computer:
| n | 14 | 15 | 16 | 17 |
| P(n) | 16 | 17 | 18 | 19 |
Se non si sa andare più avanti di così, significa che c’è davvero qualcosa di complicato. E in effetti, i limiti teorici trovati nel 1975 e pubblicati nel 1979 – che 5(n+1)/3 inversioni sono sempre sufficienti, e nel caso peggiore ne servono almeno 17n/16 – sono rimasti imbattuti fino al 1997, quando Mohammad H. Heydari e I. Hal Sudborough alzarono il limite inferiore a 15n/14, e a quest’ultimo settembre, dove Sudborough e un gruppo di suoi studenti ha abbassato il limite inferiore a (18/11)n.
Che c’entra tutto questo con Bill Gates, mi staranno chiedendo i pochi pazzi che sono arrivati fin qua? Semplice. L’articolo del 1979, Bounds for Sorting by Prefix Reversal, è stato scritto da nientemeno che William Henry Gates III, insieme al suo allora professore Christos Papadimitriou. Un lato inaspettato del multimiliardario, insomma!
Bibliografia:
♦ http://it.wikipedia.org/wiki/Ordinamento_delle_frittelle
♦ http://www.maa.org/mathtourist/mathtourist_10_9_08.html
♦ http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=92236781
di quale matematica avete parlato questo mese?
Ricordo ai miei affezionati lettori che qui non si parla solo di Silvio B., ma ad esempio anche di matematica.
Questa volta, per la precisione, parlo di metamate, e vi ricordo che tra sei giorni (venerdì 14 novembre) ci sarà la settima edizione del Carnevale della Matematica, ospitato sul blog di Marcello Seri. Invito quindi a scrivergli, a proposteblog - chiocciola - gmail - punto - com, raccontandogli di quale matematica avete parlato… oppure potete cogliere l’occasione per scriverne adesso!
Proprio come i cinepanettoni!
Percezioni diverse
Stamattina Anna e io eravamo in piazzale Lagosta: è arrivato un tram, e alcuni extracomunitare l’hanno tenuto fermo mentre le loro mogli con le borse della spesa al mercato correvano a prenderlo. Vicino a noi c’era una signora direi sulla sessantina che è sbottata, sufficientemente ad alta voce, dicendo “Ecco! bloccano anche i tram!”
Non discuto sulla liceità o meno di quello che hanno fatto. Però faccio notare che io, in più di trent’anni che ho preso mezzi pubblici, ho visto persone di tutte le razze ed etnie fare la stessa identica cosa. Mi domando se la signora soffra di una qualche forma di cecità selettiva.
Incentivi al riciclo
M’era già capitato una volta, ma stavolta non c’erano offerte speciali a inquinare i risultati. Anna me l’aveva detto, ma non volevo crederci: e invece oggi all’Esselunga il sapone liquido Badedas gocce di natura in confezione standard con l’erogatore costava 1.43 euro. La ricarica dello stesso sapone (uguali dimensioni, solo che c’è un tappo di plastica al posto dell’erogatore) veniva 1.59 euro. Quale sia la logica dietro tutto questo, e perché uno dovrebbe comprare una ricarica, mi sfugge.
Povero Silvio
Come si legge ad esempio sul Corsera (noto quotidiano komunista), oggi Berlusconi ha avuto un “vivace scambio di battute” con un giornalista americano. Questi gli ha domandato se pensava di chiedere scusa a Barack Obama, e il PresConsMin ha prima risposto «Vedo che anche tu ti sei messo nella lista di quelli che ho detto ieri…» e poi se n’è andato dicendo «Ma per favore, per favore chiedi scusa tu all’Italia…non c’è il senso del ridicolo».
Mi è capitato di vedere il video mentre ero in palestra (comunque il sito del Corriere lo ha messo in linea): e mi sono venute in mente alcune cose.
1) Silvio è sbroccato. Non è per nulla vero che la sua prima frase sia stata pronunciata con una certa calma”: era già scocciato (“annoyed”). Un qualunque politico degno di tale nome dovrebbe sapere da una vita che se ti fanno una domanda che ti infastidisce c’è un’unica risposta accettabile: “no comment”. D’altra parte, non è la prima volta che gli capita: spero vi ricordiate tutti di come a luglio 2003 diede del kapò a Martin Schulz.
2) La risposta di Berlusconi è maleducata. Per prima cosa, un personaggio pubblico non deve permettersi di dare del tu a qualcuno che gli fa una domanda (dandogli chiaramente del lei). Vedi di nuovo il punto 1 qui sopra.
3) La TV in palestra era sintonizzata su Canale 5. Visto che non credo che la rete principale del Capo si stia smarcando, non mi resta che immaginare che B. a questo punto stia cercando lo scontro a tutti i costi, perché è convinto che la ggggente voglia un Presidente Decisionista. (Occhei, questo punto è in contrasto con il punto 1, ma non ho mai affermato di essere una persona razionale)
4) Se il punto 3 è vero, ciò significa che la maleducazione, oltre che essere un tratto non certo inusuale di B., è stata scelta come simbolo di capacità, seguendo quel precursore dell’Umberto Bossi.
5) In ogni caso siamo messi male.