L’università negli USA

Repubblica lancia alti lai sulla possibile eliminazione dell’esame di italiano degli APP (Advanced Placement Program: in pratica, un portarsi avanti col lavoro, facendo già durante l’High School dei corsi che ti danno crediti per l’università). La situazione deve essere così tragica che non solo Rep.it ha messo dei collegamenti esterni, ma li ha persino colorati in rosso.
Poi uno va a leggere l’articolo e scopre che questo esame è nato due anni fa dopo una serie di spinte politiche, che non viene fatto praticamente da nessuno (ci saranno quasi tre milioni di diciassettenni statunitensi: 1800 persone è lo 0,06%…) e gli americani, da buoni liberisti, dicono “o qualcuno sgancia i soldi o si chiude baracca e burattini”, né posso dar loro torto.
Sì, lo so che dire “mal comune, mezzo gaudio” è un’idiozia. Però mi sembra giusto far notare che non dobbiamo sempre guardare con invidia gli altri… o meglio, dobbiamo invidiarli perché sono capaci ad eliminare le cose inutili e costose.

I ventitré problemi matematici (nuova versione)

I miei lettori che masticano di matematica (gli altri mi sa che non sono nemmeno arrivati a leggere questa riga), quando si dice loro “i ventitré problemi”, pensano subito a David Hilbert e alla sua lista di problemi presentata al Congresso Internazionale dei Matematici del 1900. Forse non tutti sanno che a dire il vero Hilbert non riuscì a presentare tutti i problemi durante il suo intervento, perché gli finì il tempo a disposizione. Si sa, questi accademici… Ad ogni modo, questi problemi sono stati molto importanti per lo sviluppo della matematica nel ventesimo secolo, sia quando sono stati risolti (positivamente o negativamente) sia nel caso in cui abbiano resistito a tutti gli assalti; i Clay Problems, in confronto, sono molto meno interessanti, o forse troppo pochi (sono solo sette, anche se è vero che danno un milione di dollari a chi ne risolve uno).
In questi giorni, però, il DARPA ha deciso di proporre una nuova serie di problemi, sotto il nome di “Mathematical Challenges”, con lo scopo di “dramatically revolutionizing mathematics and thereby strengthening DoD’s scientific and technological capabilities.” (il DoD è il Department of Defence statunitense, lo dico per i pacifisti che passano di qua). Potete leggere i problemi su Network World, e vedere che effettivamente sono ventitré: non ho ben capito come verrebbero assegnati dei fondi al loro riguardo, ma da quel sito potete passare al documento ufficiale. Se non ricordo male, se ne parlava già l’anno scorso, e magari ne ho anche parlato anch’io, ma adesso a quanto pare le domande sono state formalizzate. La cosa che dovrebbe saltare all’occhio di tutti è che ci sono pochissime domande di matematica pura, ma poche anche di matematica applicata alla fisica, a differenza di quanto accadeva nei secoli passati. I campi più interessanti sembrano l’informatica, e fin qua non c’è nulla di strano, e la biologia. L’altra cosa che ho notato è che ho difficoltà a comprendere parecchie delle domande, altro che trovare delle risposte!

_Ah! Ci sono!_ (libro)

[copertina] Il primo volume della collana Sfide Matematiche (Martin Gardner, Ah! Ci sono! [aha! Gotcha.], RBA Italia – Sfide Matematiche 1 – 2008 [1975], pag. 238, € 4.99, trad. Simona Panattoni) è la riedizione dell’ormai introvabile traduzione Zanichelli del 1981 di questo libro di Martin Gardner. A differenza del volume gemello “Esperienza a-ah!” che verrà pubblicato a novembre, l’argomento principale di questo libro sono i paradossi, reali e apparenti, legati alla matematica. I pregi del testo sono gli stessi dell’edizione originale: diciamo che se uno non apprezza quel tipo di disegnini probabilmente si scoccerà presto, ma altrimenti potrà avere un’idea delle trappole della matematica senza doversi esporre a troppa matematica.
Per quanto riguarda la traduzione, si sente che è un po’ datata, ma generalmente è buona; apprezzabile il fatto che sia anche stato tradotto la figura che inizia il capitolo 2, quella con i numeri scritti “in lettere”. L’unica eccezione è il capitolo sulla probabilità, che è zeppo di errori e si direbbe quasi opera di un’altra mano. Nella pagina di aNobii relativa al libro (vedi link su) ho messo un’errata corrige.

qualcuno ha visto la mia chiavetta USB?

Doveva capitare, prima o poi. Ho perso la mia chiavetta USB, quella che tenevo nel mazzo di chiavi di casa, e che mi si è sfilata non so quante volte. Me ne sono accorto oggi pomeriggio prima di uscire dall’ufficio: può essere rimasta in largo Augusto, piazza Argentina o via Padova, ma ormai la probabilità di trovarla è nulla.
Non che ci avessi dentro nulla di importante né di compromettente, visto che il suo uso era portare da una parte all’altra dei file: però rimane una scocciatura. Qualcuno sa i prezzi attuali di una 4GB? Offerte a Milano?
Aggiornamento: (30 settembre) per i curiosi, mi sono preso la confezione di tre chiavette Emtec da 4 GB, in offerta a 30 euro da Euronics; una l’ho rivenduta a un collega, una la sto usando e la terza me la tengo da parte per quando perderò la seconda :-)

Una gita a… Dolceacqua

Ultimamente sono in debito di troppi punti-moglie. E sono punti veri, nel senso che non solo Anna ha ragione, ma ha perfettamente ragione. E devo dire che sono anche un po’ stanco di essere sempre davanti al pc: così, quando mi ha proposto di fare un weekend a Dolceacqua per fare due passi tra le colline liguri, ho prontamente accettato.
Arrivati venerdì sera a Pietra Ligure a casa di Marina, il programma prevedeva la sveglia alle 8 e la partenza alle 9:30. Diciamo che il primo obbiettivo è stato pienamente raggiunto: per il secondo, complice il tempo che non sembrava essere così bello come da previsioni del tempo, abbiamo sforato solo di un’ora e mezza. Abbondante. Ad ogni modo siamo arrivati a Dolceacqua quasi alle 12:30, e dopo aver scoperto che i parcheggi del paese erano tutti pieni – non che sia un problema, basta andare trecento metri oltre – siamo riusciti a pigliare al volo una cartina turistica al punto informazioni che stava chiudendo, e un pezzo di focaccia al pomodoro nel negozio di alimentari che aveva finito il pane. Vedendo le cose positive, però, il cielo si stava finalmente aprendo.
Guardando la cartina, la nostra idea era di prendere la mulattiera che ci avrebbe portato fino a Perinaldo. Visto però che la cartina era a scala troppo grande per capirci qualcosa, abbiamo chiesto lumi alla vigilessa locale. Nonostante indossassimo gli scarponi, la vigilessa deve aver capito che volevamo salire in auto, e così ci ha indicato una strada fortunatamente poco frequentata ma piuttosto lunga, tanto che dopo un po’ temevamo di aver sbagliato strada, visto che della chiesa dell’Addolorata non si vedeva affatto traccia. Fortunatamente però per la prima volta sono riuscito a vedere funzionare il GPS del mio telefonino (no, non funziona di nuovo, sembra proprio che voglia gli ampi spazi) e confermare così che stavamo semplicemente raddoppiando la distanza percorsa, ma ce l’avremmo fatta. E in effetti alle 14:40 siamo arrivati alla chiesa e Marina ha anche visto il cartello che indicava la mulattiera per scendere. A questo punto, però, cominciava a essere un po’ tardi. Trovato casualmente un locale e chiestigli lumi, ci siamo fermati poco innanzi, all’agriturismo La Locanda degli Ulivi, sperando di trovare ancora qualcosa da mangiare nonostante l’ora. Beh, diciamo che c’è andata molto bene, visto l’ottimo piatto di prosciutto caldo con patate, preceduto da un antipastino e seguito da caffè e limoncello, il tutto a otto euro a testa! Beh, magari è anche servito a contenere il prezzo l’avere casualmente ritrovato il coltello a serramanico che il proprietario Mario aveva perso quella mattina, ma direi di no.
Dopo esserci rifocillati, ci siamo diretti verso Dolceacqua, stavolta prendendo la mulattiera e cercando di ricordarci tutte le istruzioni che ci erano state date. In effetti ogni tanto la si perdeva di vista, però ormai eravamo degli esperti, e non abbiamo più avuto problemi se non arrivati al castello, dove una scorciatoia ci ha portati a un cancello chiuso. Rientrati sulla mulattiera, siamo arrivati dalla parte giusta del castello, speso cinque (a mio parere assolutamente immeritati) euro a testa per visitare quello che rimane del suo interno, fatto due passi per il paese addossato al castello e scesi a fare quello che secondo me era lo scopo nascosto del giro: comprare un po’ di vino (e una bottiglia di olio, che non fa mai male).
La domenica l’abbiamo passata a Pietra, con un vento che ha impedito alle fanciulle di prendere abbastanza sole, e in autostrada, con una serie di code senza nessuna ragione che fanno capire quanto sia bello prendere la macchina nei weekend. Devo però dire che l’idea di base non è stata poi così male, anche se mi sa che se torno da quelle parti cercherò di stabilire prima un itinerario. Foto? Prima o poi magari le posto.

I bottoni di Napoleone (libro)

[copertina] Una delle cause che sono state proposte per la disfatta dell’armata napoleonica in Russia dà la colpa ai bottoni delle divise, che erano di stagno. Alle basse temperature, lo stagno si polverizza letteralmente, e non è così facile fare una battaglia tenendosi su i pantaloni! L’aneddoto è probabilmente falso, ma dà comunque il titolo a questo libro (Penny Le Couteur e Jay Burreson, I bottoni di Napoleone [Napoleon’s Buttons], Longanesi, “La lente di Galileo – 37” 2006 [2003], pag. 408, € 18.60, ISBN 978-88-304-2156-1, trad. Libero Sosio), dove i due autori, chimici organici, raccontano la storia di diciassette molecole che “hanno cambiato il mondo”. Si spazia dall’aspirina agli oppiacei, dal sale all’indaco, dalla caffeina ai clorofluorocarburi. Di ciascuna di queste molecole viene fatta la storia, sia dal punto di vista tecnico – la maggior parte di queste molecole sono organiche, e quindi la loro sintesi non è sempre così facile – che da quello per così dire politico, con una serie di aneddoti come quello della cessione da parte degli olandesi dei diritti su Manhattan per mantenere il monopolio della noce moscata. In effetti bisogna dire che spesso gli autori esagerano un po’ nell’attribuire alle molecole presentate la possibile concausa degli sconvolgimenti mondiali, tipo quando affermano che il sapone abbia contribuito allo scoppiare della guerra civile inglese; però la lettura è davvero godibile, e permette anche di avere un’idea di cosa sia effettivamente la chimica, diversamente da quanto ad esempio insegnarono a me al liceo. Ottima traduzione, ma con Libero Sosio non mi sarei aspettato nulla di meno.

tabelle alcolemiche

Ebbene sì. Le tabelle alcolemiche, quelle che dovrebbero dirti se hai bevuto troppo, esistono. Sabato mattina ero a Pietra Ligure, cercavo di svegliarmi con un caffè – più o meno ci sono anche riuscito, per la cronaca – e ho notato tre fogli A4 con una serie di numerini vari, che spiegano quanto alcol ti trovi in corpo a seconda di cosa e quanto hai bevuto, di quale sesso sei e se hai mangiato. Il tutto preceduto da una spiegazione di cosa succede al crescere del tasso alcolico nel tuo sangue.
A parte che sarebbe stato molto più carino un poster colorato, che almeno faceva arredamento, vorrei sapere chi sono stati i guru mediatici che hanno deciso che questa sarebbe stata una mossa vincente. Dai, la maggior parte di quelli che si ubriacano non riescono nemmeno a comprendere il significato di tutti quei numerini da sobri. Figuriamoci dopo.

… e volarono tutti felici e contenti. Forse.

Se leggete questo post significa che è andato tutto bene, e che la trattativa Alitalia è terminata positivamente. (Altrimenti avrei cancellato il post: ogni tanto bisogna correre dei rischi)
– Sìlviolo ha mostrato che lui sì che sa gestire una trattativa.
– Uòlter ha mostrato che senza di lui Silvio non saprebbe che cosa fare.
– Guglielmo (Epifani) ha mostrato che esiste, ed è capace a fare aggiungere agli accordi le lettere di intenti.
– L’UGL ha mostrato che nella Seconda Repubblica anche l’ex CISNAL ha piena dignità di esistere.
– La CAI ha mostrato che la tecnica dei multimatum porta tanti vantaggi.
– Air France ha mostrato che basta aspettare il giusto e si possono risparmiare tanti soldi. (Beh, se poi arriverà Lufthansa la cosa cambierà un po’, ma nemmeno troppo)
– Intesa/Sanpaolo ha mostrato che se si fanno le cose per bene nessuno si accorge che tutta questa manfrina è stata inventata per salvare AirOne e Carlo Toto.
E voi siete ancora lì a lamentarvi per poche centinaia di euro a testa di debiti?