Ho scoperto da Beneforti che è morto giovedì scorso. Credo che almeno al 90% dei miei ventun lettori il nome non dica nulla, e la voce su Wikipedia non aiuta molto. Il punto è che Makain è stato un simbolo. Aveva iniziato diciassettenne a contribuire alla Settimana Enigmistica nel suo primo anno di pubblicazione, e ha continuato a farlo per settantacinque anni: una fedeltà all’azienda che ha dell’incredibile. (La parentesi dell’Ora Enigmistica non fa testo: era il 1945, quando la Settimana non era uscita per due mesi di fila e a Ferrara credettero che non sarebbe più riapparsa…)
Non so, è vero che da un lato mi vengono in mente i giapponesi che continuavano a difendere l’isoletta sperduta vari decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma qua la cosa è un po’ diversa. Certo che il destino gli ha fatto un brutto scherzo, non permettendogli di vedere il numero 4000 della rivista che è un po’ anche sua.
mettetevi d’accordo
Stavo guardando le statistiche di lloogg. Tra i referrer odierni, uno era da un feed di Google Reader “fun/index.php/feed”; un altro da http://friendfeed.com/list/blogger-seri. Ed entrambi erano per la stessa notiziola!
Peccato che abbiano sbagliato entrambi… (il primo link rimanda a questo sito, dove “fun” sta per il gruppo F1; mi chiedo chi sia il matematico che mi abbia infilato in quel feed)
Trenitalia recidiva
Ieri sera ho fatto una toccata e fuga a Bologna – chi mi conosce sa il motivo :-)
Oltre ad avere scoperto che sui bus bolognesi bisogna essere premuniti (di biglietto, che cosa pensavate?), ho di nuovo gioito dell’alta finta velocità. Il treno che doveva partire da Bologna alle 22:16 e arrivare a Milano alle 00:05 è partito alle 22:25 e arrivato alle 00:20, e questo magari uno se lo poteva anche aspettare: insomma, non mi metterei nemmeno a scrivere una notiziola per minuzie simili.
Però, esattamente come l’ultima volta, i bellissimi monitor che indicano quale vagone si ferma in quel punto erano convinti che il treno partisse con la carrozza 1, mentre invece in cima c’era la 10. Stavolta la mia prenotazione era per la carrozza 6, quindi la cosa non mi ha toccato più di tanto. Ma continuo a stupirmi che a Trenitalia non sappiano che a Roma il treno tocca una stazione di testa, e quindi l’ordine delle carrozze si rovescia… anche nei tabelloni luminosi con l’orario c’era infatti scritto “Carrozze di prima classe in testa”, mentre erano in fondo. Chissà se con l’Alta Capacità riusciranno ad avere dei neuroni disponibili in più.
Ve lo ricordavate, vero?
Questo, intendo.
Perché è vero che quelle contro le donne non sono le uniche forme di violenza, ma mi sa che siano le più nascoste – non parlo delle violenze sessuali che sono ben visibili, ma di tutte le piccole cose a cui non facciamo nemmeno attenzione.
sembra latte di nuvole
Stamattina mi sono svegliato, ho tirato su le tapparelle, ho guardato fuori e ho visto della roba bianca sui tetti delle auto. Ho deciso che c’era stata una bella brinata. Qualche minuto dopo Anna ha guardato fuori e ha detto “è nevicato!” Naturalmente aveva ragione lei.
Non che sia venuta così tanta neve, mezzo centimetro sui parabrezza che si è sciolto per terra: a lavorare ci sono comunque andato in bicicletta. Però se si pensa che ventidue ore prima il cielo era così… (sì, è possibile vedere le montagne da Milano. Non ci credevo)
La neve, o almeno la sua imitazione, resiste ancora adesso sulle auto: immagino significhi che fuori fa freddino.
Manca solo la domenica (teatro)
Il nostro gruppo abbonati al Piccolo ha iniziato la stagione sabato scorso, andando allo Studio a vedere Manca solo la domenica. Tratto da un racconto di Silvana Grasso, la storia la si può raccontare in poche righe: una donna siciliana, il cui marito è emigrato in Australia e di cui si sono perse le tracce, vuole sentirsi una vera vedova: così dal lunedì al sabato fa visita ai cimiteri dei paesi vicini, dove ha “adottato” una tomba e piange la morte del suo adorato marito. Passano gli anni, e improvvisamente il marito ritorna a casa, rovinandole la vita…
Un racconto breve, che in effetti si traduce in un’ora e venti di spettacolo. Licia Maglietta è brava e si vede che sa tenere la scena, però l’ho vista più volte sbagliare la battuta; insomma mi sarei aspettato di più. In compenso l’altra persona in scena, il fisarmonicista Vladimir Denissenkov, è stato la spalla perfetta. Non solo per il tappeto sonoro che fa da perfetto contraltare al monologo della Maglietta, ma anche per il gioco di sguardi che sottolinea i momenti più importanti: insomma, non un semplice musicista ma quasi un secondo protagonista, e scusate se è poco!
SearchWiki
Da un paio di giorni, se uno fa una ricerca con Google mentre è connesso con Google Account – detto in altro modo, se in alto a destra c’è scritta la sua email – si trova alcune iconcine vicino ai risultati: una freccia verso l’alto e una croce a fianco del nome della pagina, e un fumetto nell’ultima riga dei record. Queste icone servono per SearchWiki, l’ultima aggiunta alla ricerca Google. Leggendo il blog ufficiale, ci viene spiegato che in questo modo possiamo eliminare dalle nostre ricerche i risultati che non ci interessano, e alzare di grado quelli che riteniamo più importanti. Inoltre se andiamo in fondo alla pagina c’è anche la possibilità di aggiungere un nostro risultato alla ricerca. Come ho evidenziato, tutte queste modifiche sono private, nel senso che riguardano unicamente il nostro account personale: che poi sia proprio così non so dirlo, visto che in fin dei conti è sempre molto comodo avere dei dati in più per raffinare le ricerche. Ma magari a Google sono solo interessati a vedere cosa elimini per affinare i risultati della pubblicità che ti inviano… chi lo può sapere?
Oggettivamente, però, non riesco a capire l’utilità di queste iconcine, visto che i risultati cambieranno solo se rifaccio la stessa ricerca, e in questo caso non è che abbia tutto quell’interesse a vedere quali risultati avevo preferito: facevo più in fretta a salvarmeli tra i preferiti. Né può servirmi a vedere se la pagina su di me sta perdendo posizioni: anzi in quel caso devo stare assolutamente attento a non modificare i risultati, perché voglio sapere cosa vedono gli altri, non io!
L’unica cosa che forse potrebbe servire è l’aggiunta di un commento, visto che i commenti sono invece visibili da tutti. Ma anche qua mi rimangono dei dubbi. La cosa potrebbe essere più utile se uno potesse definire un insieme di “amici” (e magari uno di “guru”) di cui si fida, e far sì che le ricerche siano raffinate usando i voti dati da tutti gli amici. Non so però quanto la cosa sia facilmente scalabile.
_Il curioso dei numeri_ (libro)
(se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!) Un Vero Matematico non deve necessariamente usare i numeri irrazionali, immaginali o surreali (anche se sono divertenti, una volta che uno riesce a capire come si formano). Kronecker asserì che “i numeri interi provengono da Dio, tutto il resto è opera dell’uomo”: ma anche solo con i numeri da uno a nove c’è già materiale assolutamente a sufficienza, come Andrew Hodges mostra in questo libro (Andrew Hodges, Il curioso dei libri [One to Nine], Mondadori 2008 [2007], pag. 292, € 18.50, ISBN 9788804581499, trad. Tullio Cannillo) che in originale ha appunto il titolo molto più icastico “One to Nine”. Ispirandosi a una tradizione che parte da G.H.Hardy che tuonò contro il “marxista pratico” Lancelot Hogben che scriveva dell’utilità della matematica per giungere a Constance Reid e il suo “Da zero a infinito”, Hodges – noto per la sua biografia di Alan Turing – racconta un po’ di matematica ma non solo in nove capitoli, ciascuno dedicato ad alcuni aspetti. Il filo conduttore, oltre ai numeri stessi, è dato dal… sudoku, che evidentemente Hodges apprezza molto: nel libro ci sono escursioni nella fisica antica e moderna, ma anche una tirata contro il modo in cui si insegna la matematica nelle scuole inglesi (la sua proposta è “farne magari di meno, ma scegliere cose utili”). Una lettura piacevole, anche per lo stile di scrittura caustico ma leggero ben reso nella traduzione; solo in qualche caso verso metà del libro l’autore forse esagera con le formule matematiche, che potrebbero rimanere indigeste al lettore casuale.