Aritmetica modulare / 1

L’aritmetica modulare è una di quelle parti della matematica che non sono affatto difficili da comprendere, e anzi vengono usate nella vita di tutti i giorni senza grandi problemi, però non vengono quasi mai insegnate a scuola. Provo così a scrivere qualcosa al riguardo, per la gioia di grandi e piccini.
I moduli nella vita di tutti i giorni
Cominciamo subito da un esempio reale – non per me, in effetti, e probabilmente per nessuno in questo decennio; ma dovrebbe essere comunque comprensibile. Se una persona entra in discoteca alle 23 e ci sta cinque ore, quando ne esce? Alle 4 del giorno dopo, più o meno in grado di intendere e volere. Ma 23+5=28, non 4! Il nostro discotecaro ha anche perso la facoltà di contare? Ovviamente no, le 4 sono nella giornata successiva e i conti tornano. Però se stiamo guardando un’orologio digitale che non indica la data, l’operazione 23+5=4 è perfettamente corretta. Un matematico direbbe che la somma è corretta modulo 24; se vogliamo usare concetti più terra terra possiamo dire che il resto della divisione per 24 dell’operazione 23+5 è 4. Storicamente in effetti l’operazione di modulo è nata per utilizzare i resti, e solo in seguito è stata assorbita nella teoria dei gruppi, di cui però al momento non parlo.
Altri esempi di occorrenze “naturali” dei moduli sono l’orologio analogico con le lancette, che considera i numeri modulo 12, e la trigonometria, dove gli angoli sono calcolati modulo 360 gradi (o 2π radianti… ma di nuovo andiamo fuori strada, soprattutto perché in questo caso non stiamo più dividento per un numero intero). La prova del nove, anche se a prima vista non ce ne accorgiamo perché non facciamo esplicitamente le divisioni, lavora con i numeri modulo 9; se ci limitiamo a guardare l’ultima cifra, quella più a destra, nei calcoli stiamo in realtà lavorando modulo 10. Infine, se vogliamo fare le cose in grande e guardare attentamente i sistemi di crittografia a chiave pubblica, scopriremo che anche in quel caso si usano i moduli, anche se di numeri parecchio più grandi.
Sommiamo, ma non confrontiamo
Se i numeri modulo 12 sono i resti della divisione per 12 di un numero intero qualunque, è chiaro che i possibili valori sono esattamente 12, quelli da 0 a 11. Più in generale, i numeri modulo k vanno da 0 a k-1. “Ma nell’orologio non ci sono le ore 0! Sono le 12!”, mi dirà qualcuno. La risposta è “sì, ma cosa importa?” In effetti se lavoriamo modulo 12 allora 0 e 12 sono la stessa cosa, visto che la differenza tra di loro è 12… e dodici diviso dodici dà resto zero. Se vogliamo essere pignoli come un Vero Matematico, dobbiamo dire che 0 e 12 sono congrui (modulo 12); non arrabbiatevi però troppo se mi scapperà qualche “uguale” al posto di “congruo”.
All’atto pratico è come se avessimo suddiviso tutti i numeri, positivi e negativi, in dodici classi distinte come gli animali del calendario cinese, e poi per ciascuna classe scegliamo un rappresentante. Convenzionalmente si usano i numeri da 0 a k-1 perché semplificano le operazioni, ma non c’è nulla di male in certi casi a prendere quelli da 1 a k; in altri casi, ad esempio quando si usano i numeri modulo 3, si può anche scegliere di prendere come rappresentanti 0, 1 e -1 “per ragioni di simmetria”.
[somma modulo 12]
Tabella 1: somma modulo 12
Che ci facciamo con questi numeri? Beh, iniziamo con le quattro operazioni! Per la somma, nella tabella 1 vediamo cosa succede con la somma modulo 12. Sarete d’accordo con me che non è che la cosa sia così eccitante: la tabella sembra più che altro uno di quelle strisce di led dove scorrono le parole. Lo zero si comporta come ci si aspetta da lui; l’unica cosa che potrebbe sembrarci strana è che il risultato della somma è minore dei due addendi, come in 8+5=1. Ma è proprio così? Stiamo dando per scontato che i moduli possano essere ordinati. Ma questo non è affatto vero: anche in un orologio, uno può dire che le cinque sono “dopo” l’una, ma un altro può ribattere di no, che l’una del pomeriggio sono dopo le cinque del mattino, e non si vede come dargli torto. Potremmo pensare di dire “sì, ma dalle cinque all’una c’è più distanza che tra l’una e le cinque, e quindi c’è un ordine implicito”. Ma è meglio lasciar perdere, visto che con questo “ragionamento” 5 è maggiore di 1, 9 è maggiore di 5, ma 1 è maggiore di 9 modulo 12: e questo non sembra troppo bello.
La differenza si calcola esattamente come la somma. Si potrebbe scrivere una tabellina apposta, e lo potrei lasciare come esercizio per il lettore: ma probabilmente non ne vale la pena, visto che è facile usare “alla rovescia” la tabellina per somma scegliendo il sottraendo nella riga in alto, cercando il minuendo all’interno della colonna ad esso corrispondente, e leggendo il risultato sulla colonna a sinistra. Ma c’è un altro modo per fare una sottrazione! Possiamo infatti scrivere a-b nella forma a+(-b). A prima vista non sembrerebbe esserci chissà quale vantaggio, anzi: ma questo è perché siamo abituati ai numeri usuali. Con i moduli, non ci vuole nulla a sostituire un numero negativo con uno positivo! Per esempio, -4 è per definizione la stessa cosa che 12-4, cioè 8; quindi 5-4 è pari a 5+8, cioè 13 e quindi 1. All’atto pratico può ancora essere utile imparare a fare le differenze, visto che passare da 5-4 a 5+8 in realtà ci complica le cose: ma almeno in linea di principio la sottrazione è un’operazione inutile, e ci basta una tabellina dell’addizione e una lista dei numeri complementari.
[opposti modulo 12]
Listato 1: opposti modulo 12
(continua)

Enigmistica

Per rinfrancar lo spirito tra un pippone e l’altro, ho pensato di scrivere qualche gioco enigmistico. Sono un pigrone, e ne ho preparati solo tre; però sono anche molto ottimista, e li ho messi in una pagina apposta. Spero che vi piacciano.

vacation

Cari voi, per una settimana il tenutario va al seguito della sua moglie e non dovrebbe avere accesso a Internet (a meno di non voler perdere di colpo i punti-moglie faticosamente acquistati).
Questo significa che gli unici commenti che vedrete nella prossima settimana sono quelli dei Commentatori Ufficiali. Per quanto riguarda i post, ho preparato un po’ di roba che ogni mattina dovrebbe apparire: come potete immaginare, saranno più che altro pipponi, e quindi probabilmente non ci saranno comunque molti commenti: comportatevi però bene ché altrimenti quando torno tolgo i flag :-)

grande comunicazione ATM

In effetti stamattina ho preso il 7 e c’era una persona con la brochure che l’ATM ha preparato per spiegare tutte le modifiche dei percorsi dei mezzi nella zona nord di Milano. Chissà dove l’ha trovata.
E in effetti alla fermata di piazzale Lagosta c’erano dei cartelli appesi alla palina della fermata, che spiegavano come il 5/ e l’11 non esistesse più e che il 7 faceva un nuovo percorso.
Però se uno poco sveglio come me guardava le paline e non i cartelli appesi continuava a leggere le vecchie linee con i vecchi percorsi. Mettere una barra rossa sopra in alto era così difficile?
Poi naturalmente ci si arrangia: l’edicola all’altezza della fermata metro di Zara aveva un bel cartello scritto a penna che diceva “il 31 si prende dall’altra parte della strada, vicino alla farmacia”.
Aggiornamento: alle 19 sono passato in piazzale Lagosta: c’erano due 31 fermi al capolinea, e quindi un eventuale 7 non poteva prendere l’altro anello perché bloccavano tutto.

costi/benefici

Chissà come mai, ma me lo aspettavo: dopo tutte le polemiche, IGP Decaux ha deciso di non concedere lo spazio alla Uaar, come dice la Uaar stessa. Questo significa che i costi della campagna scendono a zero – se non addirittura sottozero, nel caso ci siano delle penali da pagare – mentre i benefici ci sono stati eccome, e ne ha parlata molto più che nel vedere due-bus-due in giro in una città grande ma non grandissima come Genova.
Ribadisco: un applauso al pubblicitario che ha trovato il modo di far conoscere l’Uaar in giro.

segnalazioni matematiche

Direttamente o indirettamente via God Plays Dice, due segnalazioni matematiche.
La prima è un poema (in inglese, anche se il nome S|{e,s,t,i,n,a}| sembrerebbe italiano). In effetti la sestina lirica è una forma di poesia con una struttura molto precisa, e il poema è autoreferenziale perché spiega quali sono i vincoli per scriverlo.
La seconda è il repository degli articoli di matematica scritti da Paul Erdös. Per far capire a chi matematico non è la prolificità di Erdös, il file di indice (con autori, titolo e link al pdf) è di 460KB.

L’inflazione dà i numeri

Oggi sono stati diffusi i dati Istat sull’inflazione dello scorso anno. Vediamo cosa titolano i quotidiani.
Corriere: «Inflazione in picchiata a dicembre»
Messaggero: «Inflazione, confermato calo a dicembre» (come sottotitolo: il titolo è sul taglio dei tassi da parte della BCE)
Repubblica: «Inflazione, il dato definitivo: dicembre -0,1%, 3,3 la media 2008»
La Stampa: «Inflazione nel 2008 al 3,3%, La più alta degli ultimi 12 anni»
Giornale: «L’inflazione vola al 3,3%: ai massimi da 12 anni»
Vi state chiedendo chi ha ragione e chi torto? La risposta è “Tutti, e nessuno”. Aggiungo ancora il titolo del Sole, che è fuorviante ma permette di intuire cosa è successo: «Istat, inflazione a dicembre +2,2%. Nel 2008 a +3,3%».
L’inflazione, intesa come “crescita del costo necessario per acquistare un paniere ‘tipico’ di prodotti”, può infatti essere calcolata in due modi: quello puntuale (se dodici mesi fa spendevo 100, ora quanto spendo?) e quello medio (se nel corso di due anni fa spendevo in tutto 100, nel corso dell’anno appena passato quanto ho speso?) Nel 2008, principalmente per le oscillazioni del prezzo del petrolio, nei primi mesi dell’anno il tasso puntuale è cresciuto moltissimo, mentre alla fine dell’anno è cresciuto molto di meno: addirittura negli ultimi due mesi la differenza rispetto al mese precedente è stata negativa. Se il paniere a novembre 2008 costava 100, lo stesso paniere a dicembre 2008 costava 99,9. Se uno si limita a guardare solo l’inflazione puntuale, a novembre 2008 il tasso era del 2,7% rispetto al novembre 2007, mentre a dicembre 2008 era del 2,2% rispetto al dicembre 2007; in effetti a vederla così è in picchiata proprio come dicono i giornali “ottimisti”, o se preferite dirla in altro modo nel singolo mese di dicembre 2007 era cresciuta dello 0,4% mentre nel singolo mese di dicembre 2008 è scesa dello 0,1%. Se però prendiamo la media di tutto l’anno, visto che ci sono stati mesi in cui era molto più alta allora il risultato finale cresce molto, e arriva appunto al 3,3% con tutti gli alti lamenti dei giornali “pessimisti”. In pratica, il dato medio è sempre in ritardo: in periodi in cui l’inflazione puntuale sta salendo quello medio è inferiore, mentre quando l’inflazione puntuale sta scendendo è superiore.
A onor del vero, bisogna dire che nei sottotitoli il Corriere («Scesa al 2,2% dal 2,7% del mese prima. Ma nell’intero 2008 è stata del 3,3%, la più alta dal 1996») e la Stampa («A dicembre l’inflazione ha segnato un calo congiunturale dello 0,1%, mentre su base tendenziale il tasso di crescita è aumentato del 2,2%») danno una spiegazione abbastanza corretta, tenendo anche conto della compressione del testo necessaria in un titolo. Ma per una volta non volevo lamentarmi dei giornali, quanto far vedere che è molto facile scegliere quali numeri usare per dare una notizia in un modo o nell’altro.

Perché non potrei mai fare il fisico

(attenzione! in questo post non parlo di matematica – o di fisica, se per questo – ma di qualcosa che si può avvicinare più alla filosofia della scienza. Questo significa che anche se dite di non capire nulla di matematica non avete scuse per non leggerlo)
I Rudi Matematici hanno inserito nel loro blog un problemino di fisica, che in una giornata ha già generato decine di risposte. Occhei, sono più bravi di me a generare traffico, ma quello non importa, almeno fino a che non avrò cliccato su “submit” e sarò andato a piangere amaramente. Il problema non è quantitativo: quindi non occorre per nulla fare i conti, ma semplicemente stabilire se la temperatura finale di due sfere sarà la stessa o diversa. Il tutto con una serie di assunzioni per così dire “naturali” (le sfere sono identiche, alla stessa temperatura iniziale, e con la stessa quantità di calore loro fornita), e altre necessarie per avere un problema e non una tautologia (una sfera è sospesa a un filo, l’altra posata sul pavimento); poi ci sono le assunzioni tipiche dei problemi di fisica (conoscete la barzelletta dell’approssimazione dei cavalli sferici?) che pavimento e filo siano perfettamente isolanti, e che le perdite di calore verso l’ambiente possano essere trascurate.
Il guaio, per me, non è il fatto che il problema sia qualitativo e non quantitativo: se siete convinti che la matematica sia solamente quantitativa ne avete una visione assolutamente limitata e distorta. Il guaio è che in questo problema, come del resto in tutti i problemi di fisica che non siano banali conti per applicare un principio, il povero solutore non sa quale sia la proprietà non invariante. I trenta e più commenti prima del consenso sulla soluzione erano proprio tesi a cercare quale poteva essere questa proprietà omessa nel testo ma necessaria per arrivare alla soluzione: un po’ come un romanzo giallo di quelli di serie C, dove l’investigatore scopre chi è l’omicida “barando”, e usando delle informazioni che non erano affatto indicate nello svolgimento della trama. (Io in genere non riesco a trovare il colpevole nemmeno nei gialli di Ellery Queen che sono esplicitamente fatti per scoprire come è stato nascosto l’indizio, ma di nuovo questo è irrilevante).
Capisco che per molta gente questo è proprio il bello della fisica: scoprire cosa applicare in quella situazione, per quanto teorica essa sia, in modo da sentire di conoscere le regole che regolano il mondo. Per me invece questo approccio non funziona per nulla: o meglio, funziona nella vita reale, dove però non sono interessato ad avere la risposta (che tanto è quarantadue, lo sappiamo tutti) ma un risultato sufficientemente passabile.
Per come vedo io la cosa – probabilmente perché sono un platonista dentro – nella matematica la situazione è completamente diversa. Io in linea di principio ho gli strumenti per risolvere un problema, ammesso sia risolubile il che come sappiamo non è detto. Poi può darsi che io non riesca a scoprire lo strumento giusto, ma gli strumenti matematici (i “teoremi”…) sono in realtà delle convenienti abbreviazioni per tutta una serie di operazioni elementari impacchettate insieme e che posso usare come una scatola nera: se le scatole sono tante magari me ne sfugge una, ma in linea di principio posso sempre mettermi a costruirla per conto mio.
Sopra ho usato il termine “invariante” non a caso: ci sono molti problemi matematici, specialmente di classificazione ma non solo, per la cui soluzione si cerca un invariante, cioè una proprietà che non cambia facendo una serie di operazioni. Il classico problema di coprire con trentun rettangoli 1×2 una scacchiera 8×8 dove sono state tolte due caselle agli angoli opposti si risolve con un invariante (il numero di caselle bianche e nere); nella teoria dei nodi sono stati proposti molti invarianti per dire se due nodi apparentemente distinti sono in realtà equivalenti, ma non c’è ancora un risultato completo. La situazione si direbbe equivalente a quella della fisica; per me non lo è affatto, perché qua mi limito a cercare delle formule che facciano da invarianti, e non parto per la tangente a fare una caccia al tesoro… pardon, alla proprietà non meglio identificata che può essere di qualsivoglia tipo.
Occhei, rileggendomi vedo che non mi sono affatto spiegato, il che non è poi così strano visto che io e la filosofia abbiamo sempre avuto dei franchi scambi di opinione. Voi ci avete capito qualcosa?