Anche se in questo momento sono per puro caso dinanzi a un pc e ho approvato un po’ di commenti in coda, ribadisco che fino a domenica dovete pensare che i commenti rimangono in coda e non vengono approvati da nessuno: gli unici che si leggono sono delle persone che hanno lo status di Commentatori Ufficiali. Questo significa che è inutile continuare a scriverli…
Aritmetica modulare / 2
(la prima parte si trova qua)
Moltiplicazione, ma soprattutto divisione!
Una tabellina per la somma è una cosa strana, ma nessuno si scandalizza nel caso della moltiplicazione: in fin dei conti, la buona vecchia tavola pitagorica la conosciamo tutti. La tabella 2 mostra appunto la moltiplicazione, stavolta modulo 10 per semplicità pratica: è come se guardassimo l’ultima cifra della tavola pitagorica standard. Alcune sue caratteristiche sono quelle a cui noi siamo abituati. La tabellina dello zero è sempre monotona: zero per un qualsiasi numero fa zero. Anche la tabellina dell’uno non è che sia poi così eccitante: uno per n fa n per ogni numero n. Negli altri casi, le cose cambiano eccome.
Tabella 2: prodotto modulo 10
A volte succede che due numeri diversi da zero, moltiplicati tra di loro, diano zero: lo vediamo nelle tabelline dei numeri pari e in quella del 5. Altre volte succede che nella tabellina tutti i numeri diversi sono presenti; lo vediamo, oltre che nella tabellina dell’uno, anche in quella di 3, 7 e 9. I due casi sono complementari: non è difficile dimostrare che o capita uno o l’altro, però sono buono e non lo faccio, visto che non è così importante nella nostra discussione. Qui ci basta vedere che 4*2 e 4*7 valgono entrambi 8, il che significa che nell’aritmetica modulare la divisione può avere più di un risultato, oppure non averne nessuno. Nel primo caso, 8/4 vale 2 oppure 7; nel secondo caso, 9/4 è impossibile, e non ce la facciamo nemmeno a pensare di estendere i numeri modulo 10 per avere un risultato fuori dall’insieme di partenza. Non abbiamo insomma l’equivalente dei numeri frazionari modulari, almeno così ad occhio.
Tabella 3: prodotto modulo 11
La situazione però cambia di colpo se stiamo usando l’aritmetica modulare con un modulo che è un numero primo. La tabella 3 mostra la tavola pitagorica per l’aritmetica modulo 11. In questo caso, a parte per lo zero, l’insieme dei multipli di ciascun numero è composto da tutti i numeri! Quindi ogni numero diverso da zero ha un suo inverso, che moltiplicato per il numero dato ci fa ottenere 1. Per i numeri modulo 11, l’inverso di 1 è 1, quello di 2 è 6, quello di 3 è 4, quello di 5 è 9, quello di 7 è 8, quello di 10 è 10. Come per la differenza, in questo caso possiamo permetterci il lusso di non imparare le divisioni; basta avere la tabellina per gli inversi, e così 5/8 (modulo 11) è uguale a 5*7 che vale 35 cioè 2.
Listato 2: inversi modulo 11
Potenze e logaritmi
Accenno solamente a quello che succede nel caso dell’elevazione a potenza e del logaritmo, limitandomi al caso in cui il modulo sia un numero primo dove le proprietà sono più interessanti: per fissare le idee, immaginiamo di usare i numeri modulo 11.
Tabella 4: potenze modulo 11
Scrivere ab significa moltiplicare a*a*a… per b volte, sempre eliminando tutti i multipli di 11 nelle operazioni. Come nel caso dei numeri interi, definiamo a0 = 1 e a1 = a. La tabella 4 è una “tavola potenziagorica”: visto che l’elevazione a potenza non è commutativa e cioè ab non è necessariamente uguale a ba, preciso che la base si legge nella colonna a sinistra e l’esponente nella riga in alto. Notate nulla di strano? Dovrebbero esserci almeno due cose che saltano all’occhio. La prima è che la colonna della potenza 10 è composta da tutti 1; la seconda (in po’ più difficile) è che alcune colonne (in lilla) e alcune righe (in azzurro) contengono tutti i numeri da 1 a 10. La prima di queste proprietà vale per l’aritmetica modulare quando il modulo è un numero primo p, ed è nota come Piccolo teorema di Fermat (no, non c’entra nulla con l’Ultimo teorema di Fermat se non che sono stati enunciati entrambi dal matematico e giudice francese). La seconda invece è vera per le colonne quando stiamo lavorando con l’aritmetica modulo p (primo) e prendiamo una potenza n tale che n e p-1 non abbiano fattori primi in comune; tecnicamente si dice che “n è primo con p-1“. Per le righe, invece, i valori per cui vale la proprietà si chiamano generatori nella base p.
Per quanto riguarda le colonne lilla, possiamo dire che in quei casi è sempre possibile fare la radice n-sima di un numero, che ha sempre un solo valore (a meno di multipli del modulo). Non ditemi che è lo stesso con le radici cubiche “normali”: anche lasciando perdere i valori complessi, ditemi voi qual è la radice cubica di 9! Per quanto ne so, comunque, questa proprietà non è poi così importante in pratica, a differenza di quella sui generatori. Se si sceglie una base che è un numero primo e un valore che è un generatore per questa base, infatti, è sempre possibile calcolarne il logaritmo discreto, che poi non è altro che il logaritmo in versione modulare. Se 26 è congruo a 9 (modulo 11) questo significa che il logaritmo discreto di 9 in base 2 e modulo 11 vale 6. (Vale anche 16, 26, 36 e così via… ma anche in questo caso si prende convenzionalmente il più piccolo valore). La cosa interessante del logaritmo discreto è che non ci sono modi “facili” per calcolarlo, se non andando avanti a elevare a potenza la base finché non si trova il valore di cui ci serve il logaritmo. L’unico problema è che fare tutti questi conti costa, e il costo cresce esponenzialmente con la dimensione del modulo p. Questo significa che per un modulo abbastanza grande (il generatore può anche essere piccolo) abbiamo una “funzione trappola”, che è facile da calcolare in un verso ma difficile da craccare nell’altro verso: situazione ideale per gli algoritmi a chiave pubblica, e infatti il protocollo Diffie-Hellman sfrutta i logaritmi discreti come base di un algoritmo di crittografia… algoritmo che non vi spiego in questa sede perché questa è matematica light.
Questo è tutto: come sempre domande e suggerimenti sono i benvenuti!
Wikipedia e le fonti
(vedi prima e seconda parte)
Ora che Wikipedia è così famosa, capita sempre più spesso che qualcuno la utilizzi come fonte: detto in parole povere, prenda una voce dall’enciclopedia e la ritenga verità assoluta. Se Enzo Jannacci aggiornasse oggi il testo della sua canzone Quelli che…, immagino che al posto di “l’ha detto il telegiornale!” canterebbe “l’ha detto Wikipedia!” Di per sé copiare dall’enciclopedia non è affatto vietato, anzi: peccato che troppo spesso la gente – anche i giornalisti, sì – “si dimenticano” che la licenza d’uso prevede di indicare esplicitamente da dove è stato tratto il testo. Ma non è di questo che vorrei parlare, quanto del concetto di “fonte” e delle sue conseguenze in Wikipedia.
Innanzitutto, Wikipedia è per definizione una fonte secondaria, se non addirittura terziaria. Mi spiego: una fonte primaria è un testo dove si presentano per la prima volta i risultati di una ricerca, o in generale una notizia. Una fonte secondaria è quella che cita delle fonti primarie, un po’ come la rassegna stampa che non è un giornale ma contiene ritagli dai vari giornali; una fonte terziaria fa lo stesso con tutte le fonti, primarie, secondarie o terziarie che siano. In Wikipedia questo concetto è riassunto con le parole forse un po’ fuorvianti “niente ricerche originali”. Ciò significa che Wikipedia non è il posto dove scrivere la vostra relazione sull’evoluzione delle corolle dei fiori nell’alta val Brembana. Non perché non sia una interessante, ma perché Wikipedia non vuole essere il punto di ingresso delle conoscenze ma vuole raccogliere quanto è stato accettato da qualcun altro. Insomma, per prima cosa pubblicate la vostra ricerca sul Bollettino della Società Fitologica delle Alpi Lombarde, poi venite a inserirla nell’enciclopedia fregiandovi con il link della fonte. Lo stesso vale per le biografie di personaggi oscuri a tutti, se non ai loro parenti che con tanto amore hanno scritto la biografia in questione e magari pubblicato un libro a loro spese o con i nuovi servizi “print on demand”.
Discorso ancora diverso, anche se fondamentalmente sulla stessa linea, per le voci sulle aziende. Una voce sulla Fiat non può mancare, e potrebbe anche esserci una voce più specializzata con l’elenco dei modelli d’auto prodotti dalla Fiat nella sua storia, il periodo in cui sono stati commercializzati e il numero di esemplari prodotti (quando ho scritto queste note non c’era, per la cronaca). Però se qualcuno scrivesse della latteria Giobatta Pautasso di Villar Perosa, la voce verrà subito eliminata. Di nuovo, sono in tanti a scrivere della Fiat, e Wikipedia si limita a prendere i dati che si trovano in giro e presentarli in modo organico; non c’è nessuno che parli del buon Pautasso, anche se vende la toma migliore di tutta la valle.
Qual è il confine che permette di dire se una voce è enciclopedica oppure no? Non è specificato da nessuna parte. Ci sono casi borderline che utenti diversi valutano in maniera opposta, anche se sono sorprendentemente poche le votazioni sull’opportunità di mantenere una voce che finiscono con un acceso dibattito. Per dare un’idea, una persona ai limiti dell’enciclopedicità sono io, visti i miei trascorsi informatici come direttore esecutivo della Naming Authority e coordinatore della gerarchia usenet it.*. Nel mio caso personale ci sono ragioni di opportunità che fanno ad ogni modo evitare l’inserimento, ma il concetto di fondo resta quello: per alcuni wikipediani le mie referenze basterebbero, per altri no. Per alcune categorie (calciatori, scrittori…) si sono stabilite delle linee guida per dare un bollino di accettazione – notate che non ci sono linee guida per dire “una voce di una certa categoria non viene inserita – ma non si potrà mai completare una griglia di ammissione.
Lo so che molti sono convinti che la “loro” voce debba avere cittadinanza in Wikipedia, ma il motivo generalmente da loro addotto, “Ma non costa nulla avere una voce in più! Mica ci sono problemi di spazio” cozza contro due problemi. Il primo, come visto in precedenza, è che un costo in effetti c’è, ed è proprio in termini di denaro; il secondo è più filosofico, come spiegato sopra, ed è legato alla scelta di non raccogliere tutta la conoscenza ma solo tutta la conoscenza resa per così dire “ufficiale” da qualcun altro. Se mi è permesso un paragone forse un po’ ardito, non si vuole fare la borgesiana mappa 1 a 1 del territorio, che poi venne buttata via perché tanto valeva usare il territorio stesso come mappa. Temiamo poi anche un altro pericolo: qualcuno copia da Wikipedia un’affermazione senza fonti, e a sua volta Wikipedia aggiunge come fonte chi l’aveva. Più che lo scioglilingua, il problema è che in questo modo non c’è nessuna verifica della fonte, il che per un’enciclopedia è un peccato mortale.
È poi chiaro che un alto problema è la scelta delle fonti. In questo campo l’uguaglianza non ha affatto diritto di cittadinanza: penso che siano tutti d’accordo che è ben diverso citare la Treccani, dove si suppone una redazione controlli i vari testi pubblicati, oppure l’Eco di Roccacannuccia che ha un volonteroso tuttofare che assembla il mensile a partire da tutte le dicerie del paese. Ma il problema sorge in altre situazioni. Un testo di una casa editrice nota per pubblicare teorie complottiste è una fonte valida? E chi è che definisce se quell’editore pubblica teorie complottiste? Anche tra i quotidiani più blasonati gli svarioni anche pesanti sono ormai all’ordine del giorno; non basta più citare un articolo per avere la certezza che quanto scritto sia vero. Wikipedia per il momento non prende posizione su questi temi e cerca di limitarsi a indicare le varie possibilità se non ce n’è una assolutamente predominante: ma non è detto che la situazione resti tale e non si crei un elenco di “fonti più considerate”.
Una voce di Wikipedia ha però una dimensione in più rispetto a un’enciclopedia normale: la sua cronologia, cioè la possibilità di vedere tutte le modifiche apportate ad essa nel tempo. In teoria è uno strumento molto potente: combinato con la possibilità di sapere tutte le modifiche di un utente alle voci dell’enciclopedia, può infatti permettere di capire se una certa aggiunta o modifica è stata fatta da una persona generalmente affidabile oppure no. Il guaio è che questa operazione è molto complicata, e non viene in pratica fatta mai, se non in due casi molto particolari: l’ultimissima modifica di una voce, per decidere se è valida o reinserire la versione precedente, e la ricerca di violazioni di copyright pregresse, dove viene fatta un’attenta operazione chirurgica per lasciare solamente i contributi corretti cancellando quelli illegali. Se sei un utente non troppo scafato, probabilmente WikiScanner può aiutarti: ti permette infatti di scoprire, nel caso di modifiche alle voci fatte da utenti non registrati, da quale rete tali modifiche provengano. Un altro strumento molto utile, che però richiede un’installazione nel proprio PC, è la History Flow Visualization Application di IBM, che visualizza graficamente le “stratificazione” delle successive versioni di una pagina.
(continua)
L’evoluzione di Wikipedia
(vedi prima parte)
Vorrei innanzitutto rimarcare una cosa: in questi anni Wikipedia è cambiata moltissimo. È chiaro che si è ampliata a dismisura nel numero di voci presenti, ma quello non è che la punta dell’iceberg. Parlerò più diffusamente nel seguito di come it.wiki si ponga oggi rispetto alle aspettative che si hanno per un’enciclopedia; qui sotto racconto cosa essa fosse nel 2004, e come sono cambiate le cose. Qualche statistica la trovate anche qui.
* Il numero di voci presenti era piccolo, per la maggior parte di settori specialistici, e la dimensione media della voce era minima. Pur di riempire i buchi, si scriveva qualche riga – generalmente corretta, ci mancherebbe altro, ma sicuramente semplicistica e di livello elementare – e si appiccicava l’etichetta “stub” (letteralmente “mozzicone”, poi è stato reso come “abbozzo”) per indicare che prima o poi ci si sarebbe lavorato su. Adesso continuano ed esserci moltissimi stub, e la percentuale rispetto al numero totale di voci presenti è più o meno costante; ma essi sono su voci meno fondamentali. Oltre che in ampiezza, l’enciclopedia è enormemente cresciuta nella precisione e nella profondità della trattazione delle voci, tanto che molte di esse sono diventate l’ombrello sotto il quale sono presenti più voci secondarie.
* Il numero di utenti era davvero piccolo. Praticamente i contributori si conoscevano tutti tra loro, e non credo ci fossero molti che usassero l’enciclopedia come semplici lettori. A un certo punto – in parte per l’effetto trascinamento dovuto alle citazioni da parte dei media della Wikipedia in lingua inglese, in parte forse perché essendo no profit c’era gente che trovava filosoficamente bello lavorarci su, o semplicemente perché era diventata abbastanza grande da essere considerata un valido strumento di lavoro – si è raggiunta una massa critica di utenti che in pratica sostenta autonomamente la crescita del sito.
* Le voci, come detto, all’inizio erano semplicistiche; anche dopo la prima ondata di ampliamenti erano più o meno equivalenti non dico a un riassuntino, ma a un tema; tranne nei casi in cui qualcuno si metteva con santa pazienza a tradurre la voce equivalente inglese, che avendo un paio d’anni di vita in più era molto più stabile. Non che la cosa sia di per sé un male: un’enciclopedia cartacea standard di dimensioni ridotte funziona proprio in questo modo, senza entrare troppo in profondità né dire dove sono state tratte le informazioni. Nel caso di un’enciclopedia senza una redazione, però, la cosa cambia molto; ci si è così ingegnati di dare anche delle metainformazioni, cioè spiegare perché ci sono quelle definizioni. Parlerò più avanti del problema delle fonti per Wikipedia: al momento faccio notare che la frasetta magica “citazione necessaria” è sempre più presente nelle voci, soprattutto se non strettamente scientifiche. Inoltre, almeno in alcuni campi specifici dove un gruppo di utenti si è attivato al riguardo, alle voci è associata una tabella che indica la loro qualità: ovviamente la qualità è definita internamente a Wikipedia e quindi è relativa e non assoluta, ma comunque è un indice interessante per capire se si pensa ci sia ancora qualcosa da fare.
Oggi la situazione è insomma molto diversa dal 2004, non solo per la Wikipedia in lingua inglese ma anche per quella in lingua italiana. Ma non è certo tutto oro quello che luccica! Ci sono ancora molte cose da fare per avvicinarsi al sogno di un’enciclopedia generalista perfetta: accenno ad alcune di esse.
* La diseguaglianza del livello dell’enciclopedia. Uno dei guai nell’avere un’enciclopedia scritta da volontari è che chi ci lavora si occupa dei temi che conosce meglio o che lo appassionano. Se uniamo questa cosa al fatto che in Italia – ma anche altrove – la cultura digitale non è poi così facile da trovarsi, ne viene fuori che statisticamente ci sono molti più contributori in grado di lavorare su voci informatiche e scientifiche di quanti sappiano e vogliano cimentarsi su quelle umanistiche. Non si può nemmeno immaginare che qualche volonteroso dedica di applicarvisi: se prendiamo ad esempio la voce su Carneade, io posso al più correggere gli errori ortografici e verificare le date di nascita e morte: non mi fiderei nemmeno di parafrasare il suo pensiero!
* Il costo di gestione. Nessuno di quelli che scrivono su Wikipedia viene pagato, lo facciamo tutti per hobby; ma anche se eliminassimo i 23 stipendiati dalla Wikimedia Foundation, i server dove si trova la base dati dell’enciclopedia costano, e la connessione a Internet costa ancora di più. Pensate che nei momenti di picco del 2008 si è visto un traffico di 3 gigabit al secondo: in pratica cinquecento volte l’ADSL a 7 megabit al secondo, per non parlare di chi si può solo connettere a 56 Kb/s. L’ultima raccolta fondi ha raggiunto l’obiettivo (6 milioni di dollari per sei mesi) solo grazie a due grandi “donazioni istituzionali”; aleggia così sempre la possibilità di inserire pubblicità nelle pagine dell’enciclopedia, anche se ci sono fortissime resistenze di principio.
* La scalabilità del modello. Wikipedia è ormai enorme. Fino a oggi, il software ha retto relativamente bene a una crescita molto maggiore di quanto era stato penso preventivato: ci sono state due Grandi Modifiche, a dicembre 2003 il passaggio da UseModeWiki a Mediawiki e a ottobre 2005 una riscrittura del db per migliorare l’efficienza (vedi le revisioni di MediaWiki). Ma non è detto che ce la possa sempre fare, tenendo conto che il contenuto di it.wiki ormai entra a fatica in un DVD.
* I vandalismi. Proprio perché Wikipedia ha tanto successo, è sempre più frequente trovare gente che rovina le voci dell’enciclopedia, o cerca di imporre il proprio punto di vista, andando contro a uno dei punti chiave: la neutralità. Parlerò più diffusamente dei vandalismi in seguito: per il momento osservo che il numero di persone che li contrastano cresce molto più lentamente dei vandali.
* Le scelte di gestione. Non esiste un “capo” o un “parlamento” in Wikipedia. Esistono alcuni utenti – un centinaio scarso per la versione in lingua italiana – che possono fare alcune operazioni in più come cancellare una voce o impedire l’accesso in scrittura a un utente; ma tutti gli utenti abituali – qualche migliaio, al momento – hanno diritto di voto e possono sovvertire i risultati. In questo caso non ci sono ancora problemi di scalabilità, ma stanno crescendo gli attriti tra “buoni” e “cattivi”. C’è chi è di manica larga e chi di manica stretta per stabilire se la qualità di una voce è sufficiente per meritare di stare nell’enciclopedia; c’è chi ammette voci che per altri sono sfacciatamente promozionali oppure di persone assolutamente oscure, e quindi da cassare immediatamente; c’è chi vuole dare un’ultima chance ai distruttori – non solo delle voci ma anche della cooperazione interna – e chi preferisce bloccare l’accesso al minimo comportamento non perfettamente in linea con le mille regole interne dell’enciclopedia.
Aggiungo subito che non ho alcuna ricetta per risolvere questi problemi: ritengo però che sia opportuno esplicitarli, e non lasciarli sottotraccia come capita spesso… sperando che non si finisca come al solito a fare interminabili e inconcludenti discussioni.
(continua)
WinPenPack
C’era una volta il floppino. Parlo di quello rigido da 3 pollici e mezzo: ho usato anche quelli da 5″1/4, ma erano oggettivamente difficili da portarsi in giro, a differenza di quelli più piccoli che stavano perfettamente nel taschino della camicia e facevano tanto nerd. Solo che in un floppy ci stava 1.44MB di roba, e anche ai tempi in cui un HD era di poche centinaia di mega non è che ci si potesse mettere troppo.
Adesso ci sono le chiavette USB: l’ultima da 16GB che ho preso l’ho pagata 20 euro, e già che c’ero ne ho aggiunti 5 per una 4GB che non serve a moltissimo… se non a salvarsi una serie di programmi in formato portabile. Così basta trovare una macchina con windows in giro e si può tranquillamente lavorare con il proprio software.
WinPenPack è un sito che fornisce per l’appunto dei comodi pacchetti software da portarsi in giro. Ci sono varie versione, a seconda dello spazio che volete usare per salvare i programmi e di cosa volete fare: la versione School contiene programmi “scolastici”, mentre la Games serve per i momenti di relax.
Tante parole su Wikipedia / incipit
A otto anni dalla nascita di quello che al tempo era un progetto ausiliario per la creazione di un’enciclopedia “classica”, Wikipedia è ormai una realtà incontrovertibile. Io non sono uno dei primissimi contributori dell’enciclopedia – avevo provato a vedere l’edizione in inglese subito dopo che era stata lanciata, ma non ero in grado di dare un contributo utile in un buon inglese, quindi lasciai perdere e non entrai nel primo nucleo di pionieri della versione in lingua italiana. Però ho comunque una certa qual anzianità: ho iniziato a contribuire nel luglio 2004, subito dopo le grandi diatribe sulla scelta di inserire tutti i comuni italiani e passare così da meno di 15000 a più di 22000 voci. Ho perciò visto buona parte dell’evoluzione dell’enciclopedia e credo di poter dire qualcosa al riguardo. Ho pensato così di raccontare qualcosa da un punto di vista un po’ mio e un po’ – se ci riesco – di una persona che Wikipedia la usa, vorrebbe magari saperne di più, ma non è per nulla interessato a sapere come funziona tecnicamente. Mi concentrerò sull’edizione in lingua italiana (it.wiki, per gli amici) che poi è quella che interessa maggiormente noi italiofoni, anche se confesso che a volte vado a consultare quella in lingua inglese, perché in certi casi la versione italiana non è ancora così completa.
Il testo che troverete in questi giorni sul blog è nato dopo uno scambio di email con Fabio Metitieri, e con l’aiuto di Gianluigi Gamba, Mario Benvenuti e Frieda Brioschi; spero sia superfluo aggiungere che tutto quello che scriverò è a titolo puramente personale e non ha nulla di ufficiale.
Lo trovate anche sul mio sito.
_Il sistema periodico_ (libro)
Come sapete, Primo Levi era ebreo, deportato ad Auschwitz dai nazisti nella seconda guerra mondiale; ha scritto di quei terribili anni in Se questo è un uomo e La tregua. Ma Levi è stato anche un chimico; e mentre la sua appartenenza razziale non l’ha certo scelta lui, quella professionale sì. E in questo libro (Primo Levi, Il sistema periodico, Einaudi 2005 [1975], pag. 266, € 10, ISBN 9788806175016) esce appunto fuori l’inimitabile stile dello scrittore. Tecnicamente Il sistema periodico è un’autobiografia sotto forma di vari flash – tranne la parte della prigionia, visto che come lui stesso dice ne ha parlato altrove. Ma ogni capitolo è associato a un elemento chimico; la chimica in un certo senso pervade tutto il libro, e la si sente nella prosa asciutta ma mai secca, dove le parole sono lì non tanto per riempire la pagina ma perché servono, e con una riga o due possono tirare fuori un’intera complessa immagine.
La grandezza di Levi come scrittore traspare perfettamente da questo libro, e si capisce che scienza e letteratura possono tranquillamente coesistere… se si è abbastanza bravi.
Toluna
Toluna (qui la versione più o meno localizzata in italiano, probabilmente da qualche cinese) è un sito per le società di sondaggi. Uno si iscrive e può creare dei sondaggi per conto suo: ad esempio, qui ho creato un semplice sondaggio su queste notiziole: garantisco che si può votare anche senza dover mettere username o password, anche se si possono creare sondaggi per soli utenti registrati. Il vero business di Toluna è però quello di spammar^W convincere gli utenti a fare sondaggi dei veri markettari: in fin dei conti costa loro molto meno che i sistemi di telefonate assistite. Per convincere gli utenti a partecipare ai sondaggi, chi risponde viene premiato con dei punti per le estrazioni a premi (di soldi veri), ma mi sa che non sia un buon sistema per MAKE MONEY FAST.
Il mio consiglio: se volete usarlo prendete un’email che non vi serve e date il minor numero possibile di informazioni su di voi.