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matematto non praticante

Le pubblicità *dentro* YouTube

È comprensibile che Google, nella sua incarnazione YouTube, metta degli spot pubblicitari prima dei video. Però mi sembra un filo esagerato quello che sta succedendo adesso: gli spot sono inseriti all’interno dei video.
Riuscire a tenere un video in sottofondo mentre si fa altro è diventato insomma impossibile: mi sa che dovrò decidermi una volta per tutte a convertire in digitale la mia vecchia collezione di cd…

Quizzino della domenica: Cento carte

C’è un mazzo di 50 carte, ciascuna delle quali reca sulla fronte e sul retro un numero da 1 a 100: non ci sono doppioni, quindi tutti i numeri sono presenti. Non ci sono regole che leghino tra di loro i numeri sui due lati delle carte. Il mazzo viene messo sul tavolo, in modo che si vedano cinquanta numeri. Masha può scegliere un qualunque sottoinsieme di carte e girarlo; il suo guadagno finale sarà dato da tanti rubli quanto è la somma dei numeri visibili. Se Masha gioca in modo ottimale, qual è la minima quantità di denaro che potrà vincere?

alcune delle 50 carte
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina https://xmau.com/quizzini/p663.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Futility Closet.)

Sofia Kovalevskaja (libro)

Sofia Kovalevskaja è una delle figure più importanti della matematica nella seconda metà del XIX secolo. Ho usato apposta un giro di parole, perché dire che è stata una “delle matematiche” più importanti è davvero riduttivo. Ma è anche riduttivo parlare di lei come semplice matematica: come si vede nel fumetto che racconta la sua biografia, nella sua breve vita Kovalevskaja ha fatto di tutto, dalla rivoluzionaria comunarda alla sceneggiatrice teatrale, nonostante lo stigma di essere solo una donna. Anche solo ottenere una cattedra universitaria (in Svezia), la prima donna a riuscirci, non è stato certo facile. Ma la cosa che amava di più è sicuramente la matematica: non so se Alice Milani si sia inventata il dialogo dove Anne Charlotte Leffner dice «io non ci ho mai capito niente di matematica. L’ho aempre trovata così noiosa, arida…» e Kovaleskaja replica «E ti sbagli! La confondi con l’aritmetica, quella sì che è una scienza meccanica, stupida… Invece la matematica è un mondo astratto, molto complesso. Per entrarci dentro ci vuole grande immaginazione, ci vuole un’intuizione quasi artistica: devi riuscire a vedere quello che gli altri non vedono.» Però è una profonda verità.
I disegni sono nello stile di Milani, quindi a volte anche solo accennati in alcune parti, per dare un’idea direi quasi di racconto più che di biografia vera e propria.

(Alice Milani, Sofia Kovalevskaja : Vita e rivoluzioni di una matematica geniale, Coconino Press 2023, pag. 224, € 24, ISBN 9788876186431)
Voto: 4/5

Quanta precisione!

La scorsa settimana il mio amico Guido mi ha mandato questo link dove si dice che partiranno i lavori per lo svincolo per la Valfontanabuona dell’autostrada Genova-Livorno. Per i non liguri, la Valfontanabuona è la parallela alla costa all’altezza del Tigullio; qualche volta, se l’autostrada è troppo intasata, ci passo per arrivare a Chiavari saltando Genova.

Non entro nelle diatribe sull’effettiva utilità o no di uno svincolo che arriva dopo quattro chilometri e mezzo di galleria (a una corsia per senso di marcia, ovvio). Ma come mi ha fatto notare Guido, Autostrade per l’Italia – sì, sono sempre loro… – ha stimato che verranno risparmiate 1.275.735 ore di viaggio l’anno. Quel numero lo trovate su tutti gli articoli al riguardo, immagino che ai giornalisti sia arrivata la cartella stampa di Aspi con questo documento dell’anno scorso dove si vede bene il dato. Ho provato a fattorizzare quel numero per vedere se per puro caso fosse stato ricavato da una formula segreta: ma 3×5×85049 non mi dice molto a parte il CAP di Trecchina (PZ), e non ho avuto voglia di scorporare quel dato sulle varie direttrici; più facile che il numero sia stato messo a caso.

Ma perché non si poteva scrivere “più di un milione e duecentomila ore l’anno”, con due cifre significative che sono più che sufficienti nel contesto? Qualcuno pensava che in questo modo il valore sembrasse più vero?

L’antimateria cade come la materia

elettrone e positrone A quanto pare, al Cern hanno assemblato degli atomi di antiidrogeno e li hanno fatti cadere (nel vuoto, per evitare di vederseli annichiliti), scoprendo che cascano verso il basso. I ricercatori (qui l’articolo originale) mettono le mani avanti, dicendo che non si è ancora certi che caschino con la stessa velocità degli atomi di idrogeno: ma sicuramente non vanno verso l’alto come se l’antimateria generasse antigravità. Spiace per gli appassionati di hard sci-fi.

Dovete sapere che io e la fisica non siamo mai andati d’accordo. All’università usavo il mio “senso fisico” come reverse benchmark: se pensavo che dovesse succedere una cosa, potevo assicurare con fiducia che la mia risposta era sbagliata. Però la storia dell’antimateria che generasse antigravità mi pareva strana: è vero che in fisica gli esempi di rottura di simmetria sono pochi, ma non trovavo ragioni perché cambiare carica elettrica (e presumibilmente interazioni forte e debole) avesse a che fare con la gravità. Ho chiesto allora lumi al mio amico Peppe Liberti, che mi ha inviato questo post dove viene spiegato con semplicità perché “tra i fisici teorici nessuno ha anche solo alzato un sopracciglio” (ok, nell’originale era “blinked”, ma permettetemi una traduzione molto libera). In pratica se non fosse così avremmo dovuto ripensare tutte le leggi fisiche a cui siamo abituati, perché le particelle come i fotoni che sono le antiparticelle di sé stesse la gravità la sentono eccome.

Il mio guaio è però un altro. Com’è che invecchiando comincio a imbroccarne qualcuna?

(Immagine di MikeRun, da Wikimedia Commons)

E cosa dire?

il titolo del Corsera Conoscevo Martino Benzi da più di trent’anni. Eravamo tra i fissati della telematica dei primi anni ’90 su usenet, o forse eravamo già entrambi su Fidonet; visto che viveva ad Alessandria è capitato qualche volta che ci trovassimo a Torino a qualche incontro de visu. Poi i contatti si erano diradati, ma visto che anche lui si divertiva con i problemi matematici – vedete per esempio questo suo post – capitava ogni tanto qualche scambio di mail: l’ultima è dello scorso ottobre, quando gli feci gli auguri di buon compleanno.
È vero, le interazioni via rete sono sempre limitate, soprattutto se legate a un preciso interesse comune: ma non avrei mai potuto immaginare una tragedia del genere. Né saprei cosa dire (e a chi, poi?).

I numeri di Dedekind

funzioni booleane monotone con 0,1,2,3 elementi Il matematico tedesco Richard Dedekind è soprattutto noto per la sua definizione dell’insieme dei numeri reali (i “tagli di Dedekind”), e per la sua corrispondenza con Georg Cantor sulla teoria dei numeri transfiniti. Come molti matematici, però, ha anche fatto altre scoperte: tra le altre cose, nel 1897 studiò una successione di numeri che in suo onore sono detti numeri di Dedekind. (Al momento in cui scrivo non c’è la voce di Wikipedia in lingua italiana, ma potete sempre scriverla voi :-) )

I numeri di Dedekind contano quanti sistemi di un certo tipo si possono costruire con 0, 1, 2, … elementi. Che tipo di sistemi? Beh, ce n’è più di uno, il che fa capire che il concetto ha un certo qual interesse teorico, visto che rappresentazioni apparentemente diverse si scoprono essere equivalenti: qui ne mostro tre. Il primo sistema è quello delle funzioni booleane monotone di n variabili. Una funzione booleana ha come ingresso n variabili che possono assumere solo due valori (Vero e Falso, V/F), ed essendo una funzione ha un solo valore di uscita, sempre V o F. In informatica si usano spesso funzioni a due variabili, come AND, OR, XOR, ma nulla ci vieta di aumentare il numero di variabili. Una siffatta funzione si dice monotona se quando cambiamo un qualsiasi valore di input da F a V si possono dare solo due casi: l’output resta lo stesso oppure passa anch’esso da F a V. La funzione AND è per esempio monotona, mentre XOR non lo è perché XOR(V,F) = V ma XOR(V,V) = F. Il secondo sistema è quello delle anticatene. Dato un insieme parzialmente ordinato, un’anticatena è un sottoinsieme di questo insieme in cui nessun elemento è contenuto in un altro elemento. Per esempio, se prendiamo come insieme parzialmente ordinato quello dei divisori di 30, {2, 3, 5} e {6, 10, 15} sono delle anticatene, poiché nessun elemento dell’insieme ne divide un altro, mentre {2, 5, 15} non lo è perché 5 è un divisore di 15. Se prendiamo un insieme di n elementi e consideriamo il suo insieme delle parti, cioè tutti i suoi sottoinsiemi possibili, abbiamo un certo numero di possibili anticatene. Per n=2, cioè con i soli elementi 0 e 1, le anticatene possibili sono {{0,1}}, {{0},{1}}, {{0}}, {{1}}, {{∅}} e {∅} (notate la differenza tra le ultime due anticatene; la seconda è quella vuota, la prima contiene l’insieme vuoto). Il terzo modo consiste infine nel prendere un ipercubo a n dimensioni, metterlo in modo che si poggi su un vertice e abbia il vertice opposto perpendicolare all’iperpiano passante da quel vertice; in due dimensioni abbiamo un quadrato ruotato di 45 gradi, come vedete nel disegno qui sotto. Se la regola è “non possiamo colorare di blu un vertice dell’ipercubo se ce ne sono di bianchi più in alto”, otteniamo di nuovo sei possibili colorazioni.

Insomma, il numero di Dedekind D(n) corrisponde al numero di combinazioni possibili. Quanti sono? Dedekind trovò che i valori da D(0) a D(4) sono rispettivamente 2, 3, 6, 20, 168. Nel 1940 Randolph Church calcolò (immagino con una calcolatrice elettrica) D(5) = 7581; nel 1946 Morgan Ward calcolò D(6) = 7.828.354; nel 1965 di nuovo Church calcolò D(7) = 2.414.682.040.998; nel 1991 Doug Wiedemann calcolò D(8) = 56.130.437.228.687.557.907.88. La successione OEIS corrispondente si fermò lì fino a questa primavera, quando due diversi articoli mostrarono indipendentemente che D(9) = 286.386.577.668.298.411.128.469.151.667.598.498.812.366. Come racconta Quanta, il problema era che D(9) non può essere calcolato direttamente per la banale ragione che non esisterebbe sufficiente potenza di calcolo in tutto il pianeta, e dunque occorre trovare delle scorciatoie. Ottenere lo stesso risultato calcolandolo in due modi differenti ci permette di essere più che ragionevolmente certi che esso sia quello giusto: anche in matematica ogni tanto bisogna fidarsi dell’output dei computer!

Si potrà mai conoscere D(10)? Secondo Patrick De Causmaecker, coautore di uno degli articoli, tra qualche decennio potremmo farcela. Ma Christian Jäkel, che ha scritto l’altro articolo, è scettico. La cosa buffa è che però esiste una stima analitica che sbaglia di pochi punti percentuali il valore di D(n). In altre parole, abbiamo un’idea abbastanza precisa di quante sono queste funzioni, ma il diavolo si nasconde nei dettagli…

Immagine di Watchduck, da Wikimedia Commons.

Editori a pagamento

Mio nipote ha scritto un libro di favole. Ha provato a scrivere a un editore per la pubblicazione, editore che gli ha risposto positivamente: mio fratello mi manda la bozza del contratto per vedere se va tutto bene. Il contratto è sufficientemente standard, anche se mi faceva specie che per un testo cartaceo i diritti durassero solo tre anni; vabbè, la stampa è in print-on-demand ma non si può pretendere più di tanto dalla vita. Ma poi c’è un Accordo Integrativo dove casca l’asino. L’autore può scegliere se comprare (a prezzo pieno…) cinquanta copie del suo libro, oppure 20 copie e venti altri volumi di quella collana, oppure cinque copie e trenta altri volumi di quella collana.

Non so che farà mio fratello, potrebbe anche dire “stavolta ti faccio un regalo e ti compro il libro” nel vero senso della parola: la cosa non è molto importante. Quello che vedo è che in questo modo il rischio d’impresa per l’editore è nullo, giusto dover tenere qualche copia in magazzino per tre anni (la tiratura minima prevista è cento copie). Sì, si appoggiano su Messaggerie, ma questo significa semplicemente che se qualcuno va in una libreria e chiede quel libro allora glielo stamperanno se non hanno più copie e glielo manderanno. Ma la cosa per me peggiore è che tutto questo sia relegato in un Accordo Integrativo. Un sussulto di onestà avrebbe dovuto far mettere tutto nel contratto per la cessione dei diritti: patti chiari e amicizia lunga. Invece a quanto pare le bieche questioni economiche si lasciano sotto il tappeto…

(No, non dico il nome dell’editore. Non lo direi nemmeno se il contatto fosse mio, figuriamoci con una terza parte).