Avevo letto la traduzione in italiano della prima edizione di questo libro (Michael Clark, Paradoxes from A to Z (3rd ed.), Routledge 2012, pag. 276, Lst 18,99, ISBN 978-0-203-09641-3) e non mi era piaciuta. Dopo quasi dieci anni ho preso la terza edizione rivista e ampliata, e almeno in parte devo rivedere in positivo il mio giudizio: decidete voi se con gli anni mi sono addolcito, se la traduzione avesse peggiorato le cose o se la revisione di Clark abbia migliorato il risultato. Ad ogni buon conto, il libro raccoglie un gran numero di paradossi – l’indice ha 94 voci, ma alcune sono dei semplici rimandi – da quelli greci classici ai contemporanei più o meno oscuri, da quelli matematici a queli filosofici, dai più prettamente linguistici a quelli legali. Ogni paradosso ha la sua bibliografia il che è utile, anche se bisogna ricordare che il compito di Clark è stato facilitato dal suo essere l’editor della rivista Analysis che tratta anche di questi temi. Paradossalmente :-) ho trovato meglio spiegata la parte matematica, mentre spesso la trattazione dei paradossi linguistici mi continua a parere un certo quale avvitamento su sé stesso. Tanto per essere chiari: il problema non è che il paradosso venga o no “risolto”, qualunque significato si dia alla parola: del resto, su alcuni di essi ancora oggi si discute aspramente ad altissimo livello. Però se metti una soluzione deve essere comprensibile, e nel caso dei paradossi autoreferenziali certe spiegazioni non erano alla mia portata. In definitiva il libro non vi cambierà la vita, ma può essere utile come testo di riferimento.
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Ettore Borzacchini
Sapevo che il suo era un nome d’arte, ma sapevo perfettamente chi era, come penso la maggior parte delle persone che abbia avuto tra le mani un numero del Vernacoliere. Il modo serissimo con cui spiegava le più incredibili espressioni labroniche mostrava la sua cultura: per me era una lettura obbligata, anche se delle frasi in livornese mi importava il giusto e l’onesto…
_Difendersi da soli_ (ebook)
Andrea Monti, un po’ come il sottoscritto, ogni tanto si diverte a fare cose lontane da quello che è il suo lavoro principale. Stavolta ha scritto un breve ebook (Andrea Monti, Difendersi da soli : Mitologia e (cruda) realtà della difesa personale, Monti & Ambrosini Editori 2014, pag. 77, € 4, ISBN 9788889479278) in cui parla di autodifesa, e di come si può impararla… No, non è affatto vero. Andrea parla di qualcosa di ben diverso: cioè che le scuole di arti marziali – ma non solo – che ti promettono che in massimo tre mesi saprai essere in grado di saperti difendere da solo stanno soltando raccontandoti delle balle e anzi ti fanno correre dei rischi perché ti danno una falsa sicurezza. Questo non significa certo che i maestri di arti marziali siano tutti dei ciarlatani o che praticare quelle arti sia inutile, intendiamoci! Quello che però bisogna fare è saper distinguere i veri maestri da chi si millanta per tale.
Il libretto non fa nomi, non è quello il suo scopo: da un lato ti insegna a riconoscere gli indizi per capire se una scuola non è seria e quindi è da evitare (sapendoli guardare bene, i video di YouTube raccontano molto più di quanto vorrebbero…) e dall’altro spiega come l’idea stessa di “corso di autodifesa” sia una pia illusione, e che certe cose accadono solo nei film. Ci sono anche gli esempi faidatè: per esempio, per mostrare come sia praticamente impossibile togliere di mano un coltello a un assalitore, ci consiglia di dare in mano a qualcuno un evidenziatore e dirgli di usarlo come un coltello mentre cerchiamo di toglierglielo. Alla fine se ci guardiamo allo specchio possiamo vedere quanto siamo stati colorati… Altro capitolo importante è quello sulle armi, dove ci ricorda che le condizioni in cui ci esercitiamo al poligono sono completamente diverse da quelle che ci potrebbero arrivare nella vita reale, e soprattutto che se abbiamo con noi un’arma segnaliamo implicitamente all’opponente che potremmo usarla, il che significa che lui sarà ancora meno beneintenzionato.
Ho solo una rimostranza da fare: quando Andrea parla di “condizionamento fisico” mica sono sicuro di aver capito cosa sia…
la differenza tra le strisce
Qui sull'(enorme) marciapiede di piazza Duca d’Aosta (alla stazione centrale, per i non milanesi) hanno ridisegnato le righe per delimitare il pezzetto di pista ciclabile. Ringrazio sentitamente il comune di Milano per questo: è un po’ più facile pedalare. Però – e su questo il comune non ha colpe, intendiamoci – sarebbe bello che nella testolina della gente entrasse finalmente il concetto che le strisce tratteggiate non sono un attraversamento pedonale ma ciclistico. Immaginate la gioia di trovarmi una falange di trolleysti…
inPoste.it®, tNotice®, SHA-7, e le “raccomandate certificate”
Qualcuno di voi ha mai sentito parlare dell’algoritmo crittografico SHA-7? No? Male, vuol dire che non siete per nulla aggiornati. Esiste da almeno due anni, come si può leggere su Facebook: cito la parte iniziale dello status, e avviso che se non volete usare Facebook potete anche leggere qui come funzionerebbe il sistema.
«Il nuovo algoritmo di crittografia SHA-7 è stato sviluppato per risolvere il problema della unicità di documenti digitali aggiunto all’interno del nuovo codice digitale della Pubblica Amministrazione in Italia.
La cifratura SHA-7 consente di generare un unico “digest del messaggio” del contenuto di un messaggio in relazione al sistema di comunicazione e trasmissione che viene utilizzato.
SHA-7 è più robusto rispetto all’attuale standard di SHA-2 diminuendo la probabilità di collisione di oltre 3 milioni di volte in meno rispetto alla incorruttibile e inattaccabile SHA-2. Tuttavia, è quattro volte più veloce di quest’ultimo, essendo realizzato con un minor numero di cicli di crittografia di permutazione.»
Lo scorso aprile avevo scritto un commento su quel thread Facebook, chiedendo qualche lume in più: purtroppo non ho mai ricevuto risposta. In compenso mi ha appena scritto Jacopo Notarstefano, segnalandomi che era stato oggetto di un ATTO DI DIFFIDA da parte di Claudio Anastasio: presumibilmente per aver parlato male di tNotice®, il servizio che implementa SHA-7. Jacopo mi ha anche segnalato che a quanto pare il comune di Priverno (LT) starebbe adottando tNotice (se ne parla anche qui).
Non sono riuscito a trovare il testo esatto della “delibera di indirizzo” – che per quanto ne so poteva semplicemente affermare che il comune è invitato a passare dalle raccomandate cartacee alla posta elettronica certificata in genere – ma mi ha lasciato molto perplesso il nome “Raccomandata elettronica®”: diffido sempre dai nomi che assomigliano ad altri termini. Sono così andato a cercare notizie più precise direttamente sul sito di inposte.it®, società di cui Claudio Anastasio è presidente del CdA e legale rappresentante.
Nella home page del sito campeggia l’annuncio che
inPoste.it ha conseguito autorizzazione postale n. AUG/3432/2014 dal Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento Comunicazioni – Direzione Generale – Divisione II, in data 6 marzo 2014 per il servizio di “Raccomandata Elettronica – tNotice”, con uguale valore legale della “raccomandata tradizionale” ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 D.Lgs. n. 261/1999. Primo e unico Operatore Postale a certificare il valore probatorio del contenuto della trasmissione a norma della sentenza di legittimità della Suprema Corte di Cassazione n. 10021/2005.
Sono andato a vedere cos’è l’autorizzazione generale richiesta: il sito del ministero spiega semplicemente che tale autorizzazione consente di offrire di servizi postali di corrispondenza e pacchi. (Come sapete, PosteItaliane non ha più il monopolio del servizio postale). D’altra parte, quella è una legge del 1999 pentre il primo DPR per l’uso della posta elettronica certificata è del 2005. Il Certificato Postale Forense (CPF) non è definito da nessuna legge, e quindi non può avere valore legale checché venga indicato qui. D’altronde, non essendoci obbligo di essere iscritti al servizio tNotice® è possibile ricevere una raccomandata elettronica® e non essere in grado di leggerla, il che rende le cose piuttosto difficili: la PEC funziona infatti solo tra due caselle/domini certificati, altrimenti diventa un semplice messaggio non certificato.
A questo punto mi piacerebbe saperne di più, ma non ho trovato dati sufficienti. Le mie domande sono molto semplici:
– Dove è indicato all’interno del sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale l’iscrizione di inPoste.it® come soggetto titolato a fornire il servizio di Posta elettronica certificata?
– Dove è sentenziato che tNotice® certifica il valore probatorio del contenuto della trasmissione?
– Dove posso leggere le specifiche tecniche dell’algoritmo SHA-7? (Capisco che l’algoritmo possa essere proprietario, e quindi io non possa implementarlo: ma questo non significa che io non possa sapere come è fatto)
– Dove posso leggere il testo completo della delibera di indirizzo del comune di Priverno e quello dell’offerta di inPoste.it®/tNotice®?
I miei ventun lettori sanno che io sono una persona curiosa: questo servizio sarà sicuramente innovativo, ma a me sembra tanto non avere alcun valore legale. Sarò lieto di essere smentito, ma con documenti ufficiali, non per mezzo di comunicati stampa: quelli so scriverli anch’io…
Nota: Raccomandata elettronica®, inPoste.it® e tNotice® sono marchi registrati da Claudio Anastasio e Luca Mastroianni, e qui utilizzati solamente per indicare i servizi e siti corrispondenti.
Aggiornamento: (16 novembre 2017) tNotice® continua a imperversare.
Latte Tigullio
A Chiavari il latte locale si chiama Tigullio, è caro (quest’anno il “prezzo anniversario” è di solo 1 euro e 69 al litro) ed è commercializzato dal Centro Latte Rapallo. Come sapete, io ho l’abitudine di guardare le etichette, e ricordo bene come il latte fosse indicato come “ligure”, qualunque cosa voglia dire. Quest’anno l’etichetta parla molto più genericamente di latte “italiano”: incuriosito ho continuato a leggere e ho scoperto che il latte è sì commercializzato dal Centro Latte Rapallo, ma è prodotto e confezionato dalla Centrale del Latte di Torino, ovviamente nei propri stabilimenti subalpini. Alla faccia del late locale!
Telecom e Vivendi
Le scorse settimane ero al soggiorno marino con moglie e figli, con una connessione internet ridotta ai minimi termini; ho comprato così tutti i giorni il giornale (tipicamente Repubblica, tranne il sabato) e ho seguito la vicenda legata alla vendita di Gvt da parte di Vivendi. Ora io di economia e politica ne capisco ben poco, e chi mi legge lo dovrebbe sapere bene. Però appariva chiaro anche a me che tutto quello che veniva scritto era da considerare wishful thinking nella migliore delle ipotesi e fumo negli occhi del lettore in quella peggiore. La cosa più divertente è che le notizie vere e proprie c’erano (sennò come facevo a capire cosa succedeva?), ma venivano appunto commentate in modo creativo. Per esempio, si scriveva che Bolloré aveva come mandato di fare cassa con le dismissioni e quindi aveva più senso l’offerta di Telefonica, e si chiosava che però di dismissioni ne aveva già fatte tante e quindi poteva essere interessato alle partecipazioni azionarie… senza pensare che a questo punto gli sarebbe stato comunque più comodo acquistare le azioni Telecom da Telefonica invece che mettere soldi per un aumento di capitale.
Intendiamoci: vedendo come le azioni hanno comunque guadagnato valore, può benissimo darsi che ci sia chi scommetta appunto su quest’ultima ipotesi. Ma stiamo parlando di qualcosa di diverso: il tentare di convincere la gente che lo scontro tra Alierta e Patuano sarebbe stato vinto da quest’ultimo, quando era chiaro che così non fosse. Quello che mi chiedo è perché sia stato scelto questo approccio: a Repubblica hanno litigato con Telefonica? C’è stata una velina di Renzi? La vera curiosità è questa..
_Abyss_ (libro)
Questa primavera ero stato invitato a un incontro con Giulio Giorello e Simone Regazzoni in occasione dell’uscita di un loro libro (non insieme, uno ciascuno…) Visto che Regazzoni come oratore era molto vivace ho pensato che avrei potuto sfruttare il soggiorno estivo al mare per leggere la sua opera (Simone Regazzoni, Abyss, Longanesi 2014, pag. 397, € 14,90, ISBN 978-88-304-3835-4), che non è un saggio come i suoi libri precedenti ma un romanzo d’avventura; roba più leggera, insomma.
Il mio unico problema è che io non leggo questo dipo di romanzi – tanto per dire, non ho mai toccato Il Codice Da Vinci e quindi non sono ben sicuro di che cosa posso dire al riguardo; questa insomma è una recensione più sintattica che semantica. Così ad occhio i topoi del genere sono tutti rispettati; ovviamente il fatto che il protagonista sia un professore universitario di filosofia non è certo un problema, come non lo è nemmeno la quantità di punti in cui bisogna sospendere l’incredulità: diciamo che è roba che ci si aspetta in questi libri. Immagino che anche lo stile di scrittura, con frasi molto brevi e spezzate, sia anche tipico del genere; posso assicurare che il libro scorre bene e si legge velocemente, il che è positivo. Dal lato negativo, però, segnalo un ricorso un po’ esagerato alle frasi clichè del genere e una scena – quella dell’attacco cracker alla NSA – che è tutto tranne che realistica. (Il guaio è che vorrebbe esserlo; altrimenti non ci sarebbe stato nessun problema). Anche l’editor vreso la fine si dev’essere rilassato parecchio, con un “sono passati cinque anni” quando di anni ne erano passati solo due e un mondo con un’atmosfera simile a quella terrestre con il 29% di ossigeno e il 77% di azoto che superano di botto il 100%. Insomma, una lettura proprio estiva :-)