Archivi autore: .mau.

Informazioni su .mau.

matematto non praticante

Finto arcobaleno

arcobaleno
Ieri sera, mentre tornavamo in treno da una gita nel comasco, Anna mi fa “guarda che strana nuvola con l’arcobaleno!”. In pratica, c’era il sole da una parte, e a un angolo di una quindicina di gradi una nuvola che su un lato aveva l’arcobaleno. La foto è stata fatta da cani, e comunque dal finestrino del treno non poteva rendere: garantisco che quell’arcobaleno era ben più visibile, ma se non fotografavo anche il sole non riuscivo a rendere l’idea dell’angolo.
Ora ho abbastanza presente che ci sono vari angoli di rifrazione possibili per la luce in cielo, ma questo mi pare un po’ strano. Qualche fisico sa aiutarmi?

La distruzione del Colosseo 2

Scusate se ritorno sul fatto, ma questo articolo del Corriere mi ha fatto cascare le braccia. Non solo per l’erroraccio nell’indicare la fine dell’assemblea alle 23 e non alle 11 (o per usare “guardian” come traduzione di “custode”. Io, che l’inglese non lo parlo, avrei scelto “keeper” o “warden”, probabilmente sbagliando lo stesso, ma mi aspetterei che qualche anglofono lì ci sia.

Il punto è nel testo dell’articolo, che scrve «Eppure il personale di custodia del Colosseo è incorso nel clamoroso errore:». Pensateci: chi è che deve mettere avvisi? I lavoratori o i manager? Che ne direste se qualcuno segnalasse con lo spray le buche stradali e ci si lamentasse per la modalità scelta? Sarebbe stato lui a fare le buche? Lascio ai miei ventun lettori decidere se la redazione romana del Corriere ha scelto apposta di dare la colpa del cartello a chi quel cartello non avrebbe dovuto metterlo, e vi segnalo un articolo più serio.

La distruzione del Colosseo

Non so voi, ma a me tutta questa scena sulla chiusura del Colosseo causa assemblea, con per esempio i primi dieci minuti di rassegna stampa di radio Popolare, mi paiono un po’ strani ed esagerati, se non preoccupanti. Mi limito a segnalare due cose.
Da noi in Telecom ci sono gruppi di lavoratori che devono comunque essere reperibili. Come si fa allora con le assemblee? Semplice: sono sempre fatte doppie, una al mattino e una al pomeriggio, per permettere a tutti i lavoratori di partecipare – come da loro diritto, ci sono mi pare dieci ore l’anno nel contratto – e allo stesso tempo non bloccare il servizio. L’assemblea è infatti cosa ben diversa dallo sciopero.
L’assemblea inoltre non era stata indetta improvvisamente ma secondo regole una settimana prima. Vogliamo parlare della dirigenza che non si è preoccupata di segnalare alcunché? Quando c’erano assemblee all’asilo, lo sapevamo tutti perché c’erano gli avvisi. Se tu hai venduto un biglietto per una certa data, dovresti anche avvisare chi ha comprato il biglietto dei possibili disagi, no?

P.S.: È vero che in Italia i sindacati, chi per una ragione chi per l’altra, si comportano diciamo in maniera subottimale. Ma ci terrei a far presente che la controparte, la Confindustria, ha Squinzi. Pensateci un po’ su, prima di abolire i sindacati.

_Le menzogne del web_ (libro)

Una delle tante cose che non capisco è perché la traduzione italiana di questo libro (Charles Seife, Le menzogne del web : Internet e il lato sbagliato dell’informazione [Virtual Unreality : Just Because the Internet Told You, How Do You Know It’s True?], Bollati Boringhieri “Nuovi saggi – 30” 2015 [2014], pag. 254, € 22, ISBN 978-88-339-7423-1, trad. Susanna Bourlot) non abbia potuto mantenere l’evocativo titolo originale “Irrealtà virtuale”, sostituito con un “Le menzogne del web” che è doppiamente falso: innanzitutto perché non si parla solo del web ma anche di media cartacei e aziende ben reali, e poi perché più che di bugie si parla di manipolazioni ai nostri danni. La rete è indubbiamente un importante ampllficatore, come Seife ben spiega, ma la maggior parte delle dinamiche esistevano già in passato, almeno in nuce. Quello che è cambiato è l’interconnessione tra le persone che è accresciuta in maniera incredibile e crea così fenomeni emergenti e la duplicabilità infinita e virtualmente gratuita dei dati, che porta al paradosso che non abbiamo mai avuto a disposizione tanta informazione come oggi ma allo stesso tempo è sempre più difficile conoscere qualcosa, cioè estrarre il segnale dal rumore.
Seife, che è un docente di giornalismo ma ha un background di matematico – lo conoscevo per il suo libro sulla storia dello zero – spiega nell’introduzione che lui non è un luddista ma vuole metterci in guardia dai rischi di un uso non informato della rete, anche con alcuni approfondimenti puntuali – i capitoli “e 1/2”. Le bufale sono solo la punta dell’iceberg: molto peggiori sono i modi in cui le aziende possono condizionarci senza nemmeno che ce ne accorgiamo. Evidentemente sono rimasto parecchio indietro anch’io, perché certe tecniche di SEO, i modi cioè di portare un sito in cima ai risultati di una ricerca, mi erano sconosciute. La traduzione di Susanna Bourlot è scorrevole e non pedante, anche se in qualche punto, come per esempio quando Seife parla di link canonici e delle truffe 419, ho il sospetto che non sia stata controllata da un esperto.

Test: gufo o allodola?

I test online non servono a nulla se non a perdere qualche minuto, lo so bene. Però questo sul vostro orologio biologico è della BBC: volete mettere? E poi sono cinque domande, anche se ovviamente in inglese. Per la cronaca, io sono finito nel giusto mezzo, ma probabilmente perché ho sonno al mattino e alla sera :-)

e il terzo giorno…

Stamattina si inizia ad avere un orario quasi normale, con l’ingresso a scuola alle 8:45 (ancora un po’ separato rispetto ai bambini più grandi, ma mi pare giusto evitare un po’ di confusione). Ieri sera ho preparato gli zaini dei bambini, stamattina li ho sbrandati – Cecilia con le cattive – e ho cercato di toglierli dalle mani protettive dei nonni, ho spiegato loro che nello zaino c’era la merenda, gli ho messo l’impermeabile visto che piovigginava, hanno preso gli ombrelli e sono usciti. Per strada abbiamo incontrato la loro compagna dell’asilo Giulia con suo padre e ci siamo incamminati tutti assieme (Giulia frequenta la stessa scuola ma in un’altra classe prima). Eravamo praticamente arrivati quando guardo i bimbi e dico: “E gli zaini?”
Risultato: ho lasciato i gemelli al papà di Giulia e sono rientrato di buon passo a casa, da cui sono ripartito in bicicletta, nonostante la pioggerellina. Sono arrivato e ho lasciato lo zaino di Jacopo alla maestra di matematica e scienze che stava aspettando i ritardatari e quello di Cecilia alla mamma di Matteo che stava salendo seguendo i bimbi (di per sé in questi giorni i genitori hanno il permesso di salire fin sulla porta dell’aula. Inutile dire che io non lo faccio con la scusa che io sono da solo e i bimbi sono due).
Diciamo che già il dinamico duo si era fatto conoscere, e ora conoscono anche il padre :-)

_The Planiverse_ (libro)

033028075 Non so se la versione pubblicata nel 2000 e ripubblicata nel 2013 di questo libro (A.K. Dewdney, The Planiverse : Computer Contact with a Two-Dimensional World, Copernicus 2013 [1983], pag. 272, ISBN 978-0387989167) sia più aggiornata rispetto all’originale del 1983 che mi sono comprato di seconda mano. Ma in fin dei conti già questa prima versione è molto interessante, perché porta alle conseguenze estreme quanto Edwin Abbott Abbott scrisse in Flatland. Quel libro era in effetti nato come una satira contro la società vittoriana, e gli abitanti bidimensionali non erano certo tratteggiati biologicamente oppure nella loro competenza tecnica. Qui invece Dewdney fa un lavoraccio, aiutato da tantissima gente che si era appassionata agli articoli sul planiverso pubblicati nella rubrica dei giochi matematici di Martin Gardner. La trama del romanzo è un po’ deboluccia, ma in realtà essa è solo un modo per mostrare, sfruttando un personaggio bidimensionale di nome Yendred, cosa si può fare in un mondo a due dimensioni. Il punto chiave è che non c’è abbastanza spazio, in tutti i sensi: un essere vivente non può per esempio avere un tubo digerente dalla bocca all’ano, perché si troverebbe diviso in due parti. Eppure l’ingegnosità degli ardeani, gli abitanti di quel mondo, permette loro di fare praticamente quello che facciamo noi, solo in modo diverso. Leggere il libro permette di capire che non sempre ciò che siamo abituati a fare è l’unica soluzione possibile, e dunque ci amplia i nostri spazi.

Ecco perché Twitter non può funzionare

sconto
Questo è un tweet che mi cita. Come potete vedere, il programma automatico che gira per conto di un’utenza che immagino cerchi di farsi un nome raccogliendo tutte le offerte che si trovano via web ha trovato due parole che indicano un prezzo scontato e quindi ha pensato bene di pubblicarlo, senza naturalmente accorgersi che quel post parlava di tutt’altro. Non è il primo caso di programmi automatici che ritwittano quello che scrivo, ma questo è stato così eclatante da farmi decidere a scrivere queste due righe.

Io non amo Twitter, e questo è noto a chi mi legge. Gli riconosco la capacità di essere un mezzo molti-a-uno: credo che sia il modo migliore che abbiamo in rete per capire cosa la gente pensa di un evento. Ma la probabilità che venga usato in altri modi è alta: quando vedi le risposte in quattro, cinque, dieci tweet è chiaro che lo stanno usano male. Ed è anche chiaro che #gli #hashtag #messi #alla #katzum portano a questi risultati che alla fine rovinano anche la credibilità di chi pensa di essere stato furbo a inventarsi un sistema automatico ;-)