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matematto non praticante

Coyote v. Acme (ebook)

Devo dire che dopo aver letto il pezzo che dà il titolo a questo libro, che è la lettera di un avvocato che cita a giudizio la Acme per aver sfruttato il suo monopolio nelle vendite per corrispondenza inviando materiale difettoso al povero Wile E., mi sarei aspettato molto di più. Invece nella maggior parte dei casi il mio giudizio sui testi di Frazier è andato da “bah” a “ma cosa vuol dire?” Lo stile è piuttosto spiazzante, perché a prima vista è assolutamente normale ma a una lettura un po’ più attenta è del tutto surreale: probabilmente spesso è troppo surreale per me. Tra i testi, quelli che ho apprezzato sono From the Bank with Your Money on Its Mind, forse nemmeno troppo surreale; Thanks for the Memory, su Bob Hope e le sue partite a golf; Line 46a, sui moduli per le tasse; Making “Movies” in New York, con una bizzarra teoria; Stalin’s Chuckle, quasi una sceneggiatura di un documentario su un lato del carattere del dittatore georgiano.

(Ian Frazier, Coyote v. Acme, Farrar 2002 [1996], pag.

Delle visualizzazioni di X

Massimo Mantellini nota come un suo post di ieri su X «ha mostrato quel post a 31 dei 55.593 follower». Per curiosità ho guardato le visualizzazioni dei miei post. Come vedete, l’ultimo mercoledì matematico ha avuto 326 visualizzazioni; in genere sono tra le 100 e le 150, con qualche raro picco (La recensione di L’amico ritrovato ha superato le 600. Per confronto, io ho 1486 follower.

È possibile che Mantellini sia shadowbanned: dal punto di vista di Elonio, è meglio cercare di cavare dei soldi da chi ha una buona base di seguaci e quindi è almeno apparentemente interessato a monetizzare questa base. (Non sto dicendo che sia il caso di Massimo.) È possibile che agli algoritmi di Elonio non sia piaciuto il linguaggio di quel tweet. È possibile, anche se improbabile, che quei numeri siano messi lì più o meno a caso: non ho la possibilità di verificare che gli analytics siano veri. Ma io, dal basso dei ventun lettori del mio blog, continuo a pensare che dannarsi l’anima su queste cose sia inutile. O vuoi davvero fare soldi (complimenti a chi ci riesce), e allora devi immaginare di darne un po’ alle piattaforme proprio come uno scrittore paga un agente per far vendere i suoi libri a un editore, oppure ti metti il cuore in pace.

Il caso Becciu

Alla fine Magister si è preso una vacanza natalizia, e quindi non posso commentare il suo commento alla condanna in primo grado del cardinale Becciu a cinque anni e mezzo di carcere per peculato e truffa. (Gli ottomila euro di multa sono formali, considerando che se la sentenza sarà confermata gli imputati dovranno risarcire il Vaticano pagando 200 milioni…)

Non ho seguito il processo se non indirettamente, perché la voce Wikipedia di Becciu è stata tenuta d’occhio da innocentisti che continuavano a riempirla di collegamenti a interviste e passaggi vari manco dovessero fare una maratona giornalistica. Non so nemmeno se e come ci sia stato un intervento finale di papa Francesco. Ho notato però un particolare molto importante: Becciu è stato giudicato da un tribunale civile e non ecclesiastico. La cosa può sembrare ovvia, dato che i reati a lui contestati non erano legati alla religione. Ma fino a pochi anni fa ci sarebbe stato il privilegio della porpora e il cardinale sarebbe stato giudicato da ecclesiastici. Dite quello che volete, ma per me questo è un cambiamento epocale. (Naturalmente l’Osservatore si affretta a dire che il tutto nasce con Benedetto XVI…)

(immagine di SajoR da Wikimedia Commons, CC-BY-SA 2.5)

Vale la pena fare tornei di scacchi?

Leggendo le nuove accuse (ancorché rintuzzate) di casi di scacchisti che barano durante i tornei, mi domando che senso abbia fare ancora tornei di scacchi, almeno quelli online. È evidente che le macchine sono più brave di noi. Questo non significa di per sé molto: continuiamo a fare le gare di corsa anche se ci metteremo molto meno tempo in macchina. Però per esempio nelle gare ciclistiche credo si controlli che la bici non abbia un motorino elettrico. Probabilmente ci si può inventare qualcosa (un jammer?) in un torneo dal vivo, ma sui tornei online ciò è impossibile. E allora perché ci si ostina a farli?

(immagine di DG-RA, da OpenClipArt. Public Domain)

Il principio dei cassetti

Il principio dei cassetti è uno degli strumenti più usati nei giochi matematici, ma anche nella matematica “seria”. La sua formulazione, almeno per come viene di solito riportata in Italia (anche Wikipedia lo definisce così) è la seguente: “se abbiamo una cassettiera con n cassetti, in qualunque modo ci mettiamo dentro n+1 oggetti possiamo essere certi che almeno un cassetto conterrà almeno due oggetti”.

Dimostrare il principio dei cassetti è così facile che sembra che ci sia qualcosa sotto. Numeriamo gli oggetti da 1 a n+1, prendiamo i primi n e li mettiamo in un cassetto, evitando di metterne due nello stesso cassetto sennò abbiamo perso. Alla fine l’ultimo oggetto rimasto deve andare da qualche parte, ma tutti i cassetti sono occupati.

Uno dei problemi più noti che sfruttano il principio dei cassetti è quello di mostrare come a Roma ci siano due persone con lo stesso numero di capelli. La dimostrazione consiste nello stimare il massimo numero di capelli che può avere in testa una persona, verificare che è minore del numero di abitanti nella capitale, e applicare il principio dei cassetti. Questo è però un classico caso di problema malposto: la soluzione è anche corretta, ma basta passarsi la mano in testa e con ogni probabilità vi rimarrà qualche capello (a meno che non siate calvi…) e quindi non esiste un momento in cui si possa stabile quali siano le due persone co-tricotiche. Ma anche nome e attribuzione del problema fanno una certa confusione!

Peter Gustav Lejeune Dirichlet usò il principio in un suo lavoro del 1842 sulle equazioni di Pell (equazioni quadratiche di cui si cercano le soluzioni intere), e in molte nazioni soprattutto nell’Europa dell’est si parla infatti di principio di Dirichlet oppure di principio dei cassetti di Dirichlet. Non che lui gli avesse dato un nome, ritenendo evidentemente la cosa troppo banale; solo in seguito l’ha chiamato “Schubfach Prinzip” che sta appunto per “principio del cassetto” (singolare). Pat Ballew riporta però un’attestazione precedente – e fin qui nulla di strano, vista l’ovvietà del principio – in un’opera inaspettata: i Portraits littéraires di Charles Augustin Sainte-Beuve, che riporta l’esempio dei capelli e lo fa risalire a Pierre Nicole, giansenista contemporaneo di Pascal che a sua volta l’avrebbe preso da Jean Leurechon.

Nel mondo anglosassone la parola “Schubfach” (o l’equivalente francese “tiroir”) è stata resa con “pigeonhole” perché quello era il nome delle strutture con tanti piccoli spazi dove mettere le buste, che magari avete ancora visto alla reception di un vecchio albergo. Solo che poi chi come noi l’inglese non lo mastica tanto bene ha preso il significato letterale, e adesso si sente parlare del principio della piccionaia. Considerata la quantità di deiezioni dei pennuti, preferisco continuare a parlare di cassetti…

Se volete verificare di aver compreso bene il principio, eccovi tre problemi.

  • I 15 cavalieri della tavola rotonda hanno pasteggiato un po’ troppo prima di sedersi a discutere, e quando si sono seduti nessuno di essi era seduto al proprio posto. Dimostrate che è possibile ruotare la tavola in modo che ci siano almeno due persone al posto corretto.
  • Se scegliete sei numeri interi tra 1 e 999 ce ne saranno almeno due la cui differenza è un multiplo di 5.
  • Avete una bilancia a due piatti e 28 monete, una delle quali è più pesante delle altre. Dimostrate che non è possibile trovare quale sia la moneta più pesante con tre pesate.

Un’ultima cosa. Naturalmente il principio dei cassetti non vale se i cassetti sono infiniti: se abbiamo una fila infinita di cassetti numerati 1, 2, 3, 4, … e prendiamo gli ℵ0+1 numeri pari con in più 1, possiamo lasciare quanti buchi vogliamo. Ma c’è anche chi ha affermato che il principio è violato nella fisica quantistica, e possiamo avere tre particelle in due scatole senza che nessuna particella contenga più di una particella. Si direbbe ovvio che uno degli autori del paper faccia di cognome Colombo :-). Purtroppo però a quanto pare l’interpretazione data dagli autori di quell’articolo sembra errata

(immagine da FreeSVG)

Farmacisti

È un po’ che Jacopo ha la tosse. Ieri sera ero in giro, sono passato davanti a una farmacia di turno (anche a Natale ce ne sono), sono entrato e ho chiesto uno sciroppo per la tosse grassa non omeopatico ma chimico. Secondo voi perché mi hanno cercato di vendere un fitoterapico?
(La domanda è retorica. Il fitoterapico era loro, non era ovviamente detraibile e costava 17,90 euro. Il Bisolvon costa 12,90 euro)

Buon Natale

Buon Natale ai miei ventun lettori! E buon Sol Invictus (che comunque dovrebbe essere il giorno dopo il solstizio, per definizione :-) ) anche a quelli che si ostinano a festeggiarlo e a dire che il Natale non esiste. Tanto lo sappiamo tutti che la data del Natale è stata scelta apposta e non ha nessun fondamento storico. E comunque se agli amici ebrei faccio gli auguri di buon Hannukah e a quelli mussulmani quelli di buon Eid al-Fitr, perché non posso augurare buon Sol Invictus agli pseudoneopagani?

(immagine: copertina della raccolta dei messaggi natalizi dei Beatles, da Internet Archive)