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matematto non praticante

È più importante l’autore o il lettore?

Riprendo la discussione iniziata nei commenti al post sulla “scrittura dall’oltretomba” con un esempio ancora più paradigmatico dei problemi che un traduttore coscienzioso si trova nel corso di una traduzione.
Sempre in Domare l’infinito di Ian Stewart, a pagina 199 si legge (permettetemi una resa rustica delle formule matematiche)

Per esempio, possiamo definire la funzione esponenziale come
e^z = 1 + z + 1/2 z^2 + 1/6 z^3 + 1/24 z^4 + 1/120 z^5 + …
dove i numeri 2, 4, 6 e così via sono fattoriali: prodotti di interi consecutivi (per esempio 120 = 1×2×3×4×5)

Un lettore appena un po’ attento, anche senza sapere cos’è un fattoriale, si accorge che c’è qualcosa che non va: i numeri 2, 4, 6 si trovano sì nella formula ma in posizioni logiche diverse. Quello che doveva esserci scritto era “i numeri 2, 6, 24 e così via”. Del resto il testo originale (non so quello dell’edizione 2015) scrive esattamente la stessa cosa: “where the numbers 2, 4, 6 and so on are factorials“. Cosa deve fare allora un traduttore? Lasciare pedissequamente il testo originale esprime un’idea di sciatteria: “come? non ti sei neppure accorto di un errore così marchiano?”. Lasciare il testo e aggiungere una NdT (nota del traduttore) che dica “i numeri non sono 2, 4, 6… ma 2, 6, 24” è francamente ridicolo, e dà l’idea che il traduttore voglia mostrare quanto sia figo. La mia scelta sarebbe stata correggere silenziosamente il testo, indicare al redattore italiano il fatto di aver corretto una svista, avvisare l’autore della svista in questione, e pensare amaramente che non solo in Italia la fase di redazione è ormai ridotta ai minimi termini.

Concludo come mia abitudine con due esempi personali. Quando io e Francesco Bianchini abbiamo tradotto Superfici ed essenze, ci siamo trovati svariati esempi “intraducibili” non nel senso che non sapevamo come tradurli, ma la cui traduzione letterale sarebbe stata inutile. A parte che la mia filosofia ritiene che le NdT siano sempre una sconfitta, perché un traduttore davvero bravo deve essere così trasparente da non apparire, in questo caso la soluzione è stata favorita dal fatto che il libro era uscito contemporaneamente in inglese e in francese, e le due versioni non erano affatto identiche, come spiegato del resto all’interno del libro (dei libri?). Così ci siamo permessi il lusso di usare ogni tanto la versione francese anziché quella inglese, e in alcuni casi in cui le due versioni erano diverse ci è anche capitato di creare una nuova versione, pensando a come l’avrebbero scritta Hofstadter e Sander se avessero pensato di pubblicare in italiano. Inutile dire che quei testi sono stati sottoposti agli autori per l’approvazione.
Dall’altra parte della barricata, dovete sapere che prima di consegnare il manoscritto di un libro io lo faccio sempre leggere non solo a qualche fidato lettore alfa per vedere se è abbastanza comprensibile, ma anche a un matematico per controllare che io non abbia scritto delle cazzate; il tutto proprio perché so che non posso fidarmi più di tanto della redazione editoriale. Un guaio dello scrivere di matematica, come dicevo sopra. Bene: in Matematica in pausa pranzo a pagina 22 trovate scritto

Siamo così dovuti passare all’analisi matematica, e affermare che la somma 1 + 1/2 + 1/4 + 1/8 + … deve essere 1, […]

come mi è stato fatto notare da alcuni lettori. Bene. Secondo voi, nell’improbabile caso che il libro venisse pubblicato in un’altra lingua, cosa dovrebbe fare il traduttore?

Statistiche del blog per marzo 2017

Non avendo più scritto contro la sindaca di Torino, il sito ha perso accessi rispetto a febbraio: il problema non sono tanto i 25.033 visitatori unici, con 51.877 visite, ma le 100.990 pagine visitate. In pratica la gente non si guarda più in giro.

La classifica dei post più letti vede un calo del numero di visite:
Un’altra vittoria per gli OTT: 690 visite
Corsera, navigazione anonima e video: 678 visite
Quanti giorni ha la Quaresima?: 500 visite (la Quaresima tira sempre…)
Lo Stato e i francobolli: 454 visite
Quizzino della domenica: Finché la barca va: 446 visite

La pagina con la teoria degli accordi musicali ha avuto i suoi soliti 1258 accessi. Null’altro di interessante da segnalare (non che tutto il resto lo sia…).

Giornalettismo e le bufale

Sabato scorso (il primo aprile) Giornalettismo ha pubblicato questo articolo in cui spiegano perché la sera prima (31 marzo) hanno fatto “morire” Ermes Maiolica. Se non sapete chi sia Ermes Maiolica potete leggere qui, per esempio.

Non seguo Ermes, ma quando mi è capitato di vedere qualcosa di suo – tipo l’intervista a Umberto Eco con tanto di foto… – mi sono sempre divertito. Però questa storia non mi è piaciuta per nulla. Non per aver fatto morire per finta qualcuno: quello dal mio punto di vista è irrilevante. Quella che non mi è per niente piaciuta è la giustificazione di Giornalettismo: «[L’abbiamo fatto] Non per una questione di credibilità ma per provocazione. Abbiamo deciso di sbufalare la sua morte proprio il giorno in cui tutto è concesso. Perfino gli scherzi più cattivi. Perché il tema delle fake news e il dibattito in rete sta diventando sempre più importante. Specialmente oggi.».

Risposta breve: cosa direste se vi diffamassero e poi il giorno dopo scrivessero “ma no, era tutto falso, volevamo far vedere che il tema della diffamazione in rete sta diventando sempre più importante”? Risposta un po’ più lunga: se per far capire che le fake news sono rilevanti devi metterne una per aprire il dibattito, lo stai facendo male. Nel mondo utopico che vorrei, le persone riescono a capire quando una notizia è falsa senza che qualcuno faccia loro pedantemente un esempio pratico. Tra l’altro, la notizia della morte di Maiolica l’ho letta il 31 sera, citata dal mio amico Gilberto, e né lui né io ci avevamo comunque creduto, giusto per dire che la cosa sarebbe possibile in teoria. Ma sapendo che in pratica non lo sarà mai, tanto vale lasciare perdere quelli che alle bufale ci crederanno sempre e costruirsi una fama di media che non insegue quella moda e cerca per quanto possibile di stare ai fatti. Proprio quello che non ha fatto Giornalettismo.

Alfredo Persivale

A volte il destino sa essere beffardo. A meno di un giorno dalla morte di Agostino De Matteis ci ha lasciato anche Alfredo Persivale, uno storico sysop della rete Fidonet (il suo nodo era Fido Milano). In questo caso la notizia era aspettata, perché sapevamo che Duccio aveva un tumore a uno stadio avanzato; la situazione è però precipitata in questi ultimi giorni.
Non posso dire di essere stato un suo amico stretto. (Ok, non è quella la scusa per cui l’anno scorso non sono andato alla sua festa di compleanno; è stato solo perché non ne ho avuto il coraggio). Però era come un amico di famiglia: chi non ha vissuto i tempi di Fidonet non può probabilmente capire le relazioni digitali che si intessevano in quegli anni, tra persone di idee diverse ma tutti accomunati da quella passione al tempo così minoritaria che non era neppure osteggiata.

Quizzino della domenica: Octopus’s Garden

In Piovrolandia ci sono polpi con sei, sette od otto tentacoli. I polpi con sette tentacoli mentono sempre, mentre quelli con sei oppure otto tentacoli dicono sempre la verità. Un giorno, quattro polpi si incontrano per strada.
Il polpo blu dice “Tutti insieme abbiamo 28 tentacoli”.
Il polpo giallo dice “Tutti insieme abbiamo 27 tentacoli”.
Il polpo verde dice “Tutti insieme abbiamo 26 tentacoli”.
Il polpo rosso dice “Tutti insieme abbiamo 25 tentacoli”.

Quanti tentacoli ha ciascun polpo?

(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p247.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema tratto da Puzzling Stack Exchange)

Agostino De Matteis

Fine anni ’80 del secolo ventesimo. Internet era ufficialmente nata da un paio d’anni, e cominciavano a spuntare timidamente i primi provider commerciali… negli USA, naturalmente. Da noi, a parte i pochissimi fortunati che potevano arrangiarsi con le connessioni universitarie, gli sparuti interessati alla connessione telematica usavano Fidonet, una rete amatoriale che funzionava a telefonate e modem a poche migliaia di bit al secondo di velocità di connessione.

Tra gli amici che mi sono fatto in quegli anni c’era Agostino De Matteis. Informatico varesino, capigliatura molto poco probabile, ma soprattutto una conoscenza enciclopedica sui temi più svariati, ai tempi in cui Wikipedia mica esisteva. Il consenso generale era che non poteva esserci un singolo Agostino, ma una serie di cloni, ciascuno specializzato in un campo specifico, che tutti insieme formavano la “Fondazione De Matteis”: da allora per tutti lui era la Fondazione. Ci si è trovati qualche volta a Milano per i Librimeeting, giro turistico delle librerie quando Amazon non esisteva e quindi bisognava arrangiarsi in modo analogico; ci si sentiva regolarmente su Facebook, soprattutto per strisce come Pearls Before Swine e Bloom County.

Ieri sera ha avuto un infarto intestinale: un’operazione d’urgenza non è servita a nulla ed è morto in nottata. Agostino era single e viveva da solo: mi diceva il nostro comune amico Alessandro che l’ospedale ha dovuto chiamare la questura per contattare i suoi parenti :-(

_Ingegni minuti_ (libro)

Gli “ingegni minuti” che danno il titolo a questo libro (Lucio Russo ed Emanuela Santoni, Ingegni minuti : una storia della scienza in Italia, Feltrinelli 2010, pag. 509, € 30, ISBN 9788807104633) sono il nome spregiativo che Giovanbattista Vico dà ai cultori della scienza italiani, in contrapposizione alla (sua) frequentazione della metafisica; la definizione è poi stata ripresa da Benedetto Croce, uno che si compiace di non sapere praticamente nulla di matematica, e che è poi stato un modello di ruolo per generazioni di italiani. Questo dovrebbe darvi un’idea del taglio di questo libro; Russo e Santoni hanno scritto un’opera monumentale, recuperando centinaia di nomi di scienziati italiani (rectius, che hanno operato in Italia) dal Duecento alla seconda metà del secolo scorso,e che mi erano per la maggior parte ignoti. Ma la parte più interessante del libro sono le tesi di storia e filosofia della scienza, che presumo essere per massima parte di Russo. Passiamo da un’esplicita negazione del concetto kuhniano di rivoluzione sciientifica, mostrando come la storiografia per incensare Galileo e Fermi tralascia scientemente il contesto in cui sono sorti, a una spietata analisi del milieu scientifico italiano, legato prima alla frammentazione nazionale e poi a una politica volutamente minimalista. In pratica la ricerca in Italia era al top nell’Umanesimo e nel Rinascimento perché per farla bastavano il mecenatismo dei signori locali; quando nel Settecento nascono gli stati unitari la produzione italiana si specializza in temi più individualisti e facili da gestire da soli; dopo la seconda guerra mondiale l’Italia ha perso ogni interesse alla ricerca applicata, pensando che costasse troppo, e ha man mano tolto fondi a quella pura, perché senza applicazioni non se ne capisce la necessità. Il libro si chiude insomma in modo davvero pessimista.