Oskar Morgenstern è considerato insieme a John von Neumann il creatore della teoria dei giochi moderna. Diciamo che il secondo ha fornito tutta la parte matematica, mentre il primo ha dato l’apporto economico vero e proprio. In questo libro (Oskar Morgenstern, Teoria dei giochi [Spieltheorie und Wirtschaftswissenschaft], Bollati Boringhieri 2013 [1963], pag. 206, € 12, ISBN 9788833924632, trad. Valeriano Malfatti) sono raccolte varie considerazioni sulla differenza tra il vecchio approccio all’economia – per dare un’idea, quello di Pareto – e le nuove tecniche sviluppate dal duo. I primi capitoli sono più filosofici, ed è interessante da un lato notare come Morgenstern bolli l’approccio “fisico” delle vecchie teorie, affermando che ce ne vuole uno diverso, e dall’altro che sappia bene che la teoria di allora era molto limitata e ci sarebbe voluto qualche nuova teoria. In effetti il concetto di equilibrio di Nash non era ancora nato… Verso la fine il tentativo di essere matematico ma non troppo rende però la lettura più complicata, e la traduzione di Valeriano Malfatti, forse un po’ troppo letterale, non aiuta. Il libro termina con due brevi eulogie su von Neumann e Abraham Wald. Un’opera interessante, anche se datata.
Archivi autore: .mau.
illuminatemi
Ho comprato da gearbest.com due chiavette USB da 32 giga (occhei, formattate in FAT32 sono 29 GB, ma non stiamo a sottilizzare). Erano in offerta quasi al 50% di sconto e così le ho pagate dieci euro: per la precisione, 9,98. Mi sono arrivate dopo un mese, assieme a due alimentatori switch da 2A e tre uscite USB, sempre al 50%, che ho pagato 4 euro e 75.
Ora ho due domande. La prima è sugli alimentatori: perché su una delle uscite c’è scritto “Samsung”, su una “iPhone/iPad” e sull’ultima “other”? (la domanda non è “funzioneranno?”. Ho deciso di correre il rischio). La seconda, più seria: dov’è la fregatura nelle due chiavette, e come posso verificarla? Per esempio potrebbero essere molto lente in scrittura, ma la cosa è abbastanza irrilevante per me; peggio sarebbe se fossero lente in lettura, visto che hanno doppia uscita USB/miniUSB. Oppure potrebbero avere relativamente pochi cicli di scrittura/cancellazione, ma di nuovo non sono roba da tutti i giorni…
ma ci vuole ancora un mese?
Il mio pensiero sul referendum costituzionale prossimo (ma non troppo) venturo l’ho già espresso su Medium e non perdo tempo a ripeterlo. Tanto in tutta onestà non penso che in nessun caso ci saranno davvero cataclismi immani.
Però continuo a stupirmi di vedere miei conoscenti tipicamente posati che su Facebook scrivono status apocalittici su cosa succederà se prevarrà la scelta opposta alla loro. I sostenitori del NO temono scenari in cui senza né mah né beh arriveremo a una dittatura (di Renzi o di beppegrillo™; la possibilità che il famigerato combinato disposto porti a un regime Salvini non mi è mai apparsa), mentre quelli del SÌ bollano gli avversari come biechi oscurantisti che vogliono che non si cambi nulla per poter continuare a dire che si farà qualcosa di meglio prima o poi, ma soprattutto poi. Il tutto tralasciando le invettive “vuoi mica votare come X/Y/Z?” (e io che pensavo di votare su una riforma costituzionale, e non su chi buttare giù da una torre).
Quello che mi preoccupa davvero in tutto questo è che pensavo di essermi oramai abituato al becerismo pentastellato che ha portato a un nuovo livello il berciare sulle simpatie/antipatie e non sui fatti, ma temo che per le prossime politiche scenderemo ancora più in giù.
Quizzino della domenica: triangolo di data
Sono sempre in ritardo, e quindi non ho fatto caso alla data del 10 ottobre 2016 che si può scrivere 10-10-16 e va bene sia per un europeo che per un americano. Un giapponese – come tutti noi nerd – scriverebbe 16-10-10, ma non si può pretendere tutto dalla vita.
Bene, immaginate di avere un triangolo di lati 10, 10 e 16. Qual è la sua area?
(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p216.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema tratto da Math Jokes 4 Mathy Folks)
_Essays on the Theory of Numbers_ (libro)
Questo libretto della Dover (Richard Dedekind, Essays on the Theory of Numbers, Dover 1963, pag. 128, $9,95, ISBN 9780486210100) contiene la traduzione inglese di due articoli fondamentali scritti dal matematico tedesco: Stetigkeit und irrationale Zahlen (Continuità e numeri irrazionali), nel quale definisce i numeri irrazionali mediante il procedimento che poi verrà detto taglio di Dedekind, e Was sind und was sollen die Zahlen (Cosa sono e cosa dovrebbero essere i numeri?), dove con un anno di anticipo su Peano fornisce una descrizione assiomatica dei numeri naturali. Curiosità: per lui l’induzione matematica è un teorema, perché usa come assioma la possibilità di avere catene infinite di insiemi. A mio parere il primo articolo è molto più chiaro del secondo, che mette insieme un approccio puramente deduttivo con alcune considerazioni che appaiono poste più o meno a caso: la traduzione pedissequa non aiuta certo. Un’opera utile soprattutto per capire come i concetti matematici non spuntino dal nulla ma siano figli delle diatribe tra matematici, che si leggono benissimo in filigrana.
Ransomware via PEC?
Oggi a pranzo mi è arrivata una mail all’indirizzo dell’ufficio stampa di Wikimedia Italia. Il testo:
From: carssrl (a) gigapec.it
To: press (a) wikimedia.it
Cc:
Date: Fri, 4 Nov 2016 13:09:48 +0100
Subject: Fattura n. 183 del 02/11/2016
Buongiorno,
Vi inviamo in allegato la fattura n. 183 del 02/11/2016 che vi invitiamo a scaricare e registrare, precisando che tale modalita' e' valida ai fini fiscali ai sensi della RM 28/05/97 n. 132/e.
Per aprire la fattura prema sulla scritta blu riportata in cima alla mail.
oltre a un allegato che non tento nemmeno di aprire, ovviamente :-)
Quello che mi preoccupa è che questa è una copia di una PEC, tanto che mi è stata consegnata da Aruba. Per la precisione, l’identificativo del messaggio è opec282.20161104130948.22871.04.1.64@pec.aruba.it. Ho dato una rapida occhiata alle header del messaggio e mi paiono coerenti con un messaggio spedito da una PEC. Si può fare qualcosa al riguardo?
Share’NGo e i suoi utenti
Quella che vedete qui a fianco è una macchina Share’NGo parcheggiata oggi alle 13:45 in piazza Principessa Clotilde a Milano. Esattamente sopra il passaggio pedonale. (Sì, si vede la targa. Tanto non è un’autovettura privata, quindi la privacy non conta un tubo).
È ben noto a chi abita in una città con un servizio di car sharing che gli utenti spesso lasciano l’auto dove gli pare, con la storia che tanto non gli arriverà mai una multa. Ma il modello di Share’NGo, almeno da quello che mi era parso di capire – non sono iscritto e al volo sul sito ho solo trovato FAQ, mentre questa mia domanda non sembra frequente – nasce anche pensando all’ambiente. Bene, perché non è possibile che nelle condizioni di servizio ci sia la possibilità di multare l’utente a cui evidentemente dell’ambiente non può importare di meno?
(Invio questo post anche a Share’NGo, naturalmente, perché sennò il tutto è inutile)
Aggiornamento: sono passato da piazza Principessa Clotilde alle 17:30 per tornare a casa e l’auto era ancora là. Non che la cosa dica molto, essendo una macchina condivisa…
Trent’anni (e un giorno)
Il 3 novembre 1986 entrai ufficialmente in Cselt in qualità di dipendente Sip distaccato: a quei tempi il centro di ricerca e sviluppo era una scatola vuota, con i dirigenti che tecnicamente erano Stet e operai e impiegati che erano Sip. Sì, c’erano ancora gli operai in Cselt, dato l’approccio “fatto in casa” di tante cose. Sì, c’era un centro di ricerca, a differenza di adesso dove anche la funzione Innovation che comunque ricerca non era è stata falcidiata e falciata. In realtà era da gennaio che mi trovavo lì a fare il lavoro che avrebbe portato alla mia tesi, quindi l’ingresso non è stato poi così drammatico. Di questi trent’anni (e un giorno) ormai più della metà è stata passata a Milano, quindi mi sa che sono bauscia a tutti gli effetti e non più bogianen.
Quello che è drammatico non è che ai tempi pensavo di dover lavorare 40 anni (sì, allora ne bastavano 35 per andare in pensione, ma era chiaro che la cosa non sarebbe stata sostenibile), mentre adesso come minimo mi servono ancora quindici anni. Quello che è drammatico è che non è affatto detto che io riesca ad avere lavoro per altri quindici anni…