Archivi annuali: 2020

Vincenzo D’Anna e le dimissioni a tempo (infimo)

Insomma l’ex senatore D’Anna, dopo essersi dimesso sabato da presidente dell’ordine dei biologi, ci ha dormito su e domenica ha ritirato le dimissioni.
È probabile che sia vero che lo statuto dell’ordine non permetta la nomina di un nuovo presidente se non in caso di assenza o impedimento. Ma naturalmente questo vale semplicemente perché D’Anna non si è contestualmente dimesso da consigliere, perché «Resterà in seno al Consiglio dell’Ordine per portare a termine il mandato elettorale ricevuto dai colleghi.» Mi pare evidente che D’Anna abbia fatto suo il consiglio evangelico di essere astuto come i serpenti (Mt 10,16).

Applausi

Sabato, mentre rientravo dalla farmacia, ho sentito il primo “applauso verso chi è impegnato contro il Coronavirus”, applauso a quanto pare ripetuto domenica non solo da noi ma anche in Spagna. Sarà che io odio gli applausi di questo tipo, ma mentre a un funerale li trovo semplicemente di cattivo gusto qua mi pare che siano semplicemente un’idiozia, per quanto buona sia l’idea di ricordarci di chi è in prima linea. Occhei, meno idiozia di una processione (o se preferite, di un flash mob “di persona”), ma pur sempre un’idiozia. Mi sa però che lo stare chiusi in casa contribuisca a tirare fuori le cose più stupide di noi…

Quizzino della domenica: Parola numerica latina

Supponete di potere usare solo le lettere latine corrispondenti a numeri: I V X L C D M. Che io sappia non si possono formare combinazioni di quattro o più lettere che siano allo stesso tempo parole italiane e numeri romani: MIDI non funziona perché “ID” non è un numero (nemmeno “IL”, se per questo: sono vietati i salti oltre il decuplo). Con due sole lettere, si può per esempio scrivere “MI” che vale 1001. La domanda è la seguente: qual è il numero più grande che si può scrivere usando tre lettere? Non vale MIX, perché è una parola inglese.



(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p438.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema ispirato da Alex Bellos.)

_Vita, arte e mistica_ (ebook)

Per chi ha un minimo di infarinatura di filosofia della matematica, il nome di Brouwer non è certo ignoto. Per curiosità ho così preso questo libro (L.E.J. Brouwer, Vita, arte e mistica, Adelphi 2015, pag. 194, € 6,99 (cartaceo: € 13), ISBN 9788845976391, trad. Claudia Di Palermo e Lorenzo Perilli) e ho scoperto che in questo suo saggio giovanile Brouwer parlava di filosofia in generale, facendo un mischione tale che non sono assolutamente riuscito a capire qual era il suo punto, se non che le donne nascono per essere all’ombra del proprio uomo… La colpa non è dei traduttori Claudia Di Palermo e Lorenzo Perilli, ma proprio dei concetti che mischiano pensiero greco e indiano senza alcuna logica. Il libro sarebbe stato uno dei pochissimi a cui dare una stella, se non fosse stato per il saggio finale di Paolo Zellini. Tipicamente trovo Zellini pesante, e faccio fatica a leggere i suoi libri. (e allora perché li leggo, vi chiederete? Perché tratta temi interessanti). Qui non solo è molto più chiaro e spiega molto bene come il costruttivismo di Brouwer sia rinato in maniera completamente diversa con il calcolo automatico, ma come effetto collaterale mi ha permesso di capire meglio cosa aveva scritto in La dittatura del calcolo. Insomma, se proprio volete prendere il libro limitatevi a leggere la sua postfazione!

Ultimo aggiornamento: 2020-09-04 18:46

Diavolo e acqua santa

Quali sono i due quotidiani che hanno liberalizzato l’accesso alla versione digitale nel periodo dell’emergenza coronavirus? Manifesto e Avvenire.

Ultimo aggiornamento: 2020-03-13 10:25

Il bisogno di fiducia

Mercoledì sera mi ha telefonato l’ex moglie di un cugino di mio padre. (Scusate, sono di famiglia veneta e quindi terrone del nord. Questi giri sono per me assolutamente normali). Ci si sente ogni tanto, giusto per sapere come vanno le cose, ma nulla di particolare. Stavolta però mi ha chiamato perché voleva avere assicurazioni su quello che succederà con il coronavirus: e l’ha chiesto a me che non sono né un epidemiologo né uno statistico né un politico, semplicemente perché sono quello della famiglia “che sa le cose” (cosa diversa da “ha studiato”, che è da noi una cosa abbastanza comune).

Ovviamente non ho potuto dare risposte che non siano generiche, ma probabilmente non era nemmeno così importante. Quello che contava era trovare qualcuno di cui avere fiducia, in un momento in cui evidentemente ci sono troppe notizie contrastanti e la paura si espande a macchia d’olio. Su, stiamo persino aggrappandoci a Giuseppi Conte, che dopo il casino della settimana scorsa deve avere detto a Casalino che stesse pure in quarantena e si è trovato qualcun altro a scrivergli i messaggi: quello di mercoledì era preparato davvero bene. Beh, io ho paura di questo bisogno di certezze, in un momento in cui di certezze non ne possiamo avere. Siamo vulnerabili all’infodemia, oltre che alla pandemia; la seconda è molto più pericolosa sul breve termine, ma non sottovalutate la prima.

No, la matematica proprio inutile non è

Leggo su BusinessInsider un’intervista al professor Carlo La Vecchia, professore di statistica medica ed epidemiologia alla Statale di Milano. A parte il titolo dell’articolo, su cui sono abituato a fare la tara, ho trovato preoccupanti alcune delle sue affermazioni.

Il problema non è tanto la frase “Qualsiasi modello per una epidemia così nuova non è in grado di cogliere quando cambia la curva dei contagi”, che è più o meno quello che ho detto nelle scorse settimane ai miei amici – soprattutto fisici, chissà perché – che erano lì belli pronti a trovare il miglior fit esponenziale ai dati che arrivavano. Trovo molto peggiori frasi come “I modelli per l’evoluzione dei tumori sbagliano pochissimo perché abbiamo tantissime informazioni”, mentre in questo caso i modelli di diffusione del contagio “sono modelli basati su quello che è già successo e che non sono in grado di prevedere cosa succederà”. Rileggete quest’ultima frase, e pensate un attimo a quello che succede con le epidemie annuali di influenza. La situazione è esattamente la stessa, quindi possiamo tranquillamente dire che non siamo in grado di prevedere cosa succederà ogni anno con l’influenza.

In effetti un fondo di verità c’è: per esempio quest’anno l’influenza è stata meno virulenta del previsto (bella consolazione, direte voi). Ma questo non significa affatto che i modelli matematici siano da buttare. Semplicemente abbiamo meno dati e quindi le previsioni sono più volatili; ma per esempio possiamo già vedere cosa è successo in Cina e Corea del Sud, dove l’epidemia è scoppiata prima, e sfruttare quei dati più completi per fare qualche utile statistica su cosa può capitare da noi (e su cosa capiterà negli altri paesi che a quanto pare sono sette-dieci giorni indietro rispetto a noi). Come diceva il mio professore di fisica all’università, “meglio un cattivo numero che nessun numero”; un conto è avere un’idea di quello che potrà succedere pur sapendo che non è detto sarà così, ben diverso è brancolare del tutto nel buio. Potrà poi sembrare paradossale, ma è possibile creare modelli ragionevoli anche senza avere a disposizione tutti i dati precisi, ma limitandosi a fare stime ragionevoli. Gli errori ci saranno sicuramente, ma non si moltiplicheranno; quindi si può sapere in che direzione stiamo muovendoci.

Ma soprattutto un’intervista come quella è pericolosa per una ragione per così dire “sociale”. Io non sono uno di quelli che pensa che con la matematica si possa sapere tutto, basta inserire i numerini giusti, mischiare un po’, girare la manovella e tirare fuori il risultato. Ma la persona media che già odia per conto suo la matematica si sentirà ancora più rafforzata nella propria convinzione, visto che le stesse cose le dice un luminare. Eppure sarebbe bastato poco per presentare i medesimi dati in maniera più positiva: bastava dire che non ci sono ancora numeri a sufficienza per dare una risposta esatta a quando finirà la pandemia e neppure a quando raggiungeremo il picco di nuovi casi, ma possiamo man mano affinare le nostre previsioni. Tutto questo perché la matematica è utile, volenti o nolenti.