[Nota: esiste la traduzione italiana, La macchina della verità, che però non ho letto] Seth Stephens-Davidowitz si è inventato un nuovo campo di studi: usare Google Trends (ma anche YouPorn…) per studiare i comportamenti della gente evitando l’intermediazione dei sondaggi dove non è detto che chi risponde dica la verità, anche se protetto dall’anonimato, mentre se deve cercare informazioni è costretto a indicare cosa vuole. Nel libro (Seth Stephens-Davidowitz, Everybody Lies: Big Data, New Data, and What the Internet Reveals About Who We Really Are, Dey St. 2018, pag. 357, € 8,82, ISBN 9780062390875, link Amazon) vengono fatti alcuni esempi sfruttando i dataset ottenuti da Google… e PornHub. Il merito maggiore del libro a mio parere non è tanto il mostrare come le risposte che storicamente abbiamo dai sondaggi sono spesso errate: in fin dei conti non è che tutti noi abbiamo a disposizione i dati da lui usati, e comunque la metodologia è necessariamente grossolana essendo il risultato di un’osservazione indiretta. Molto più utile è il ricordarci la grandissima quantità di dati a disposizione di pochi player (dati probabilmente per loro neppure anonimizzati) e la possibilità per domande secche del tipo preferenza A/B di avere un’analisi molto più puntuale di quello che si può ottenere con un sondaggio. Insomma, un libro che porta a farci domande che non ci sarebbero mai venute in mente.
Archivi annuali: 2019
Io, Facebook e le pagine
Vabbè, l’avete capito: sta per uscire Numeralia. Ho pensato così di riprendere la vecchia pagina Facebook che avevo creato per Matematica in pausa caffè e aggiornato all’uscita di Matematica in pausa pranzo e farla diventare “Numeralia e altri libri di .mau.”. Niente da fare: a Facebook non è piaciuta la cosa perché “potrebbe ingannare chi la segue”. Chiedo cosa dovrei fare per avere il “rebrand”, e mi vengono dati alcuni esempi:
Please reply to this message and include a document that shows the new name of your business.
Examples of appropriate documentation include:
– A press release or news article about the rebranding
– Articles of Amendment for a name change
– A link to your official website that states the change
– A link to a post on your Facebook Page that announces the change
Gli mando il link al blog con il nome cambiato, al post che dice che sto cercando di cambiare nome, ai post di Codice che mostrano che sono sempre io che scrivo libri per loro. Risultato: nuova mail dove mi si dice “ciccia”.
We’re unable to update your Page’s name because your request doesn’t follow our Page guidelines. The name you requested suggests that the subject of your Page has changed or may be misleading. This can be confusing for people who like your Page.
Vabbè, mi dico, provo a cambiare il nome in qualcosa di più soft tipo “Da Matematica in pausa pranzo a Numeralia”: niente da fare perché ho fatto una richiesta di cambio pagina troppo poco tempo fa. A questo punto la mia risposta è stata “bene: se cancello la pagina posso essere sicuro che venga totalmente e definitivamente eliminata? Per quello che mi importa dei like faccio più in fretta a creare una nuova pagina”. Risposta: copincolla del primo messaggio speditomi (il che prova che quando hanno preso una decisione nessuno legge più le altre risposte)
Ma la cosa che mi lascia perplesso è un’altra: come fanno tutti quelli che creano una pagina innocua a farla diventare a favore dei nazisti dell’Illinois?
Lavorare?
Cesare Battisti
A metà dicembre le prime pagine dei giornali nostrani erano piene di notizie dal Brasile, con un giudice che aveva sentenziato che il diritto d’asilo concesso da Lula a Cesare Battisti poteva essere tolto da un altro presidente, e l’uscente Temer ha voluto fregare sul tempo l’entrante Bolsonaro per emettere un mandato di cattura… che è finito nel nulla, perché Battisti non è mica rimasto ad aspettare. Poi silenzio: non certo per aiutare le indagini, quanto perché dal Brasile non è arrivata più nessuna notizia.
Premesso che per quanto mi riguarda Battisti non è altro che un efferato delinquente comune abbastanza furbo da essersi reinventato come “terrorista” e così bravo da avere intortato non so quanta gente (a parte Lula, pensate solo alla sua amante Fred Vargas), chi si è lamentato di questa mancata cattura non ha capito una cosa. Ai brasiliani che sono al potere adesso non gliene può importare meno di lui, o se per questo di quello che pensiamo noi italiani. È tipica realpolitik: pensate a tutti i terroristi (veri) che se ne sono stati per decenni in Francia sotto la protezione di Mitterrand e successori con l’accordo non scritto di non piantare casini, o simmetricamente dell’assenza di terrorismo di matrice palestinese in Italia sotto l’egida di Andreotti. Inutile sprecare forze con qualcuno che in questo momento non fa nulla di male: tutt’al piú lo si controlla discretamente per verificare che le cose rimangano in tale stato ma non certo per impedirgli di andarsene via dal paese. Nemico che fugge, ponti d’oro. Come dicevo all’inizio, tutto quello che c’è stato si deve catalogare come politica interna brasiliana, e noi italiani non abbiamo alcuna voce in capitolo.
Ultimo aggiornamento: 2019-01-15 21:33
Gli anziani condividono davvero più fake news dei giovani?
Ho letto questo articolo del Post. Ho anche dato una rapida occhiata ai dati originali linkati nell’articolo; potrei essermi perso qualcosa, nel qual caso indicatemelo nei commenti e mi correggerò.
Mi pare però che i risultati dello studio soffrano di un problema di base che almeno a me appare ovvio. Più precisamente, dire che «l’11 per cento delle persone con più di 65 anni ha diffuso almeno una bufala, contro il 3 per cento delle persone comprese nel gruppo di età tra i 18 e i 29 anni» dà un dato con un suo senso: è più facile che sia un anziano che un giovane a non condividere sempre notizie vere. (La frase è appositamente contorta). Dire però come nel catenaccio che gli anziani condividono fino a sette volte più fake news dei giovani non tiene conto di un punto chiave. Quante sono le condivisioni complessive fatte dai “giovani” e dagli “anziani”? Se tanto per fare un esempio il secondo gruppo ne posta quattro volte di più rispetto al primo, il dato suindicato diventa molto meno importante: sarebbe ancora vero che gli over 65 sono più creduloni dei giovani, ma sarebbe più interessante notare come siano più abituati a condividere cose altrui che a scegliere fake news.
Come sempre, non spaventatevi davanti ai numeri, ma azionate il cervello e chiedetevi perché ve ne vengono spiattellati così tanti!
Ultimo aggiornamento: 2019-01-10 15:39
Facebook e le sue stories
Facebook non è mai stato davvero innovativo, se non proprio ai suoi inizi; ma è stato bravo a prendere le cose che trovava e inserirle nel suo ecosistema. Tanto per dire, acquisì Friendfeed per avere gli sviluppatori che avevano creato un sistema davvero in tempo reale per aggiornare le notizie.
Con le Stories è successa più o meno la stessa cosa. Per chi non sapesse cosa siano le Stories, è presto detto: nacquero se non sbaglio con SnapChat e poi vennero usate su Instagram, e sono dei “racconti” che hanno una data di scadenza più o meno come il latte. Dopo 24 ore la Story viene cancellata: chi l’ha vista l’ha vista, gli altri ciccia. In questo modo il creatore ha la speranza – a mio parere vanificata dalla possibilità di salvarla in qualche modo, ma tant’è – che nessuno possa tirare fuori nel futuro quanto postato, mentre dal punto di vista della piattaforma aumentano le interazioni degli utenti, perché tanta gente non riesce a fare a meno di compulsare le Stories per paura di perdersi qualcosa.
Io come sempre vado per la mia strada e scrivo solo cose che a mio parere possono restare a vita; parallelamente non vedo perché guardare “l’istante” e quindi salto per principio le Stories. Però Facebook, vedendo che l’idea prendeva piede e che appunto poteva sfruttarla a suo favore, ha cominciato a pomparle sempre più, un po’ come il suo Messenger che allo stesso modo io non uso. Oggi mi sono accorto che quando posto le mie vignette che non fanno ridere composte su StripGenerator, mi viene chiesto se voglio che vadano nel feed oppure nelle Stories. Per il momento il feed è l’opzione di default, ma sono pronto a scommettere che le cose cambieranno in breve. Certo, quelle mie vignette sarebbero avvantaggiate dallo sparire in poco tempo, ma vi sembro il tipo da cambiare così facilmente idea?
Ultimo aggiornamento: 2019-01-10 12:35
ho inserito contenuti per adulti su Tumblr!
Forse ricorderete che lo scorso dicembre Tumblr – dopo che l’app era stata tolta dall’Apple Store perché permetteva di vedere materiale porno – aveva annunciato una stretta sulle immagini postate dagli utenti. Ieri mattina, collegandomi, ho visto un avviso che indicava che nel mio tumblr c’era dell'”adult content”. Sono andato a vedere. Un’immagine era un salvaschermo di tanti anni fa con una donna nuda, o almeno la parte del corpo da sotto i capezzoli a prima dell’inguine. Vabbè, posso capirlo. La seconda immagine è invece quella che ho postato qui sopra (cliccate se volete vederla meglio). Essendo una pubblicità mostrata (anni fa…) da quegli altri bacchettoni di Facebook, mi pare piuttosto pericoloso che sia considerata “contenuto per adulti”.
No, non perdo tempo a chiedere un ricontrollo (“appeal”) per un’immagine di tanti anni fa. Però sono davvero preoccupato di una gara alla maggior pruderie.