Archivi annuali: 2009

Geminello come Baricco

Massì, siamo ancora in vacanza, e possiamo aggiungerci anche noi alla vagonata di gente che ha commentato l’articolo di Geminello Alvi: così contribuiamo anche noi a farlo felice, mostrandogli che ha proprio ragione a dire male dei bloggher; perche non ci crede nessuno che non andrà a vedere tutti i commenti, per poter scrivere la parte successiva del suo pippone. Ma lasciando da parte il plurale majestatis, trovo più interessante estrapolare alcune frasi che io ritengo molto significative.
– I blog sono visti da Alvi come «Un nervosismo di insulti svogliati, sfoghi di invidia o meschinità di cui si è felici»; già da qua si vede come il nostro economista sappia scegliere quei pochi blog che si pompano di più. Una scelta casuale nel blogocono tirerebbe fuori con ogni probabilità un qualche diario (tardo)adolescenziale. D’altra parte, non è che negli editoriali dei quotidiani io veda cose tanto diverse: ecco, forse gli insulti svogliati no, in effetti.
«Ma [i blog] che valgono qualcosa sono pochi siti a pagamento nei quali si limitano o si cooptano i partecipanti.» Di nuovo l’economista esce fuori. Immagino che “a pagamento” significhi “dove chi scrive è pagato”. Calvino (Giovanni, non Italo) sarebbe fiero di Geminello: è ovvio che le cose fatte aggratis non possono essere simbolo di Grazia (quella divina, non quella Mondadori)
«si sente in questo mai firmarsi col suo vero nome di chi invia messaggi una caduta ulteriore.». Se non ho capito male l’Alvipensiero, qui ci siamo spostati: i blog sono il Male anche perché i commenti ai post sono anonimi. (L’alternativa è pensare che un intellettuale come lui non si sia accorto che salvo rari casi, il nome del tenutario di un blog è sempre visibile. Anche il mio: basta cliccare su “chi sono” nella colonna di destra nella pagina principale). Un po’ come dire che i giornali valgono poco perché c’è chi ci incarta il pesce dentro.
Ma fosse stato solo per questo, non sarebbe nemmeno valsa la pena di mettermi qui a scrivere queste righe. La parte che ho trovato davvero interessante non c’entra nemmeno con i blog, ed è questa:
Internet diseduca anzitutto perché solo una persona ch’è già molto colta è in grado di orientarsi nella sua infinità di voci, ma allora non ne ha bisogno.
Al leggerla, mi si è accesa una lucina: Baricco, I barbari. Esattamente lo stesso concetto, da due persone che – almeno a quanto ne so – sono politicamente su sponde opposte. Misoneismo[*] allo stato puro. Il tutto legato a quello che posso parafrasare come “Io ho studiato e quindi posso parlare e scrivere e commentare. Voi no”. Controprova: rileggete l’articolo originale. Non c’è nessuna citazione esplicita a un qualche blog – non dico il nome che in quel contesto non era magari nemmeno importante, ma una caratteristica che permetta a qualcuno di dire “ah sì, si sta riferendo a Tizio oppure a Caio”. C’è la massa informe, e basta. E deve essere così, perché altrimenti l’assunto di base va a farsi benedire, dato che non c’è più la contrapposizione io-voi. Attenzione: non sto affatto dicendo che i blog (notate il collettivo) abbiano chissà quali grandi qualità: se ne prendiamo uno a caso, anche queste mie notiziole che come sapete sono buttate giù senza nemmeno essere rilette, il valore è probabilmente quello che è. Il punto è proprio quel “probabilmente”, che non è la chiusura totale del buon Geminello Alvi. E visto che lui – come del resto Baricco – stupido non è, significa che quell’articolo non è semplicemente un riempitivo buttato giù perché tanto lassù sulle montagne non aveva nulla da fare: è stata proprio una sua scelta. Tenetene conto.
[*] il misoneismo è l’odio delle cose nuove: non lo dico per i miei ventun lettori che sicuramente lo sanno, ma per chi passa per caso di qua.

Ultimo aggiornamento: 2009-01-05 16:33

sottozero

Stamattina alle 8:04 per un breve istante la temperatura rilevata dal sensore esterno del termometro è stata -0.1°. (Alle 7:45 era zero spaccato, e mentre guardavo il termometro è tornata ad essere zero). È stata la prima volta in questa stagione (“in quest’anno” mi sembra un po’ poco) che la temperatura indicata è andata sotto lo zero. Considerando che il sensore non è attaccato al muro ma comunque è sul balcone il quale dà su un cortile, e quindi qualche grado in più lo segna di sicuro, vuol dire che faceva davvero freddo; il che ci va solo bene, visto che Anna ha deciso che era il momento di pulire il frigorifero, ed è stato molto comodo avere una cella frigorifera esterna :-)

Ultimo aggiornamento: 2009-01-05 11:37

Nebbia su ghiaccio

Erano le previsioni del tempo per oggi su Milano, almeno secondo il sito che uso.
In effetti, per la prima volta mi è capitato di vedere nebbia mentre eravamo sotto lo zero: e usciti in macchina ci sono stati punti in cui ho visto quella che sembrava tormenta e probabilmente era nebbia ghiacciata – magari trasformata in brina – che veniva sollevata dalle auto.

Ultimo aggiornamento: 2009-01-04 18:09

“pienamente in linea”

Secondo il Corsera, il fabbisogno del settore statale nel 2008 è stato di 52,9 miliardi di euro. Ma Tremonti ci rassicura: «In base ai dati oggi disponibili, i conti di chiusura dell’esercizio 2008 sono pienamente in linea con gli impegni assunti in Europa dalla Repubblica italiana.»
Ora, io lo so che il fabbisogno dello stato non è il deficit: ma gli si avvicina molto. So anche che non è stato affatto tolto il limite del 3% di deficit sul PIL (io avrei permesso di sforarlo per investimenti pubblici, ma questa è un’altra storia). Ho verificato (pagina 10, ultima riga) che nel 2007 il PIL è stato di 1535 miliardi di euro, e quindi posso immaginare che l’anno scorso sia stato intorno ai 1575 miliardi (più 3% di inflazione, meno 0.5% di recessione). Il tutto dà un rapporto deficit/PIL tra il 3.3 e il 3.4%.
Non trovate che la linea debba essere un po’ troppo spessa, per esserci pienamente dentro?
Aggiornamento: (3 gennaio) Secondo il Corsera cartaceo odierno, la crescita del fabbisogno è anche dovuta all’avere spostato alcune entrate al 2009 (ottima mossa, a mio parere); il deficit si attesterà al 2.6%, quasi quanto promesso all’Europa. Su quest’ultimo punto avrei dei dubbi: sette decimi di punto del PIL vuol dire più di dieci miliardi di euro, che non so come si possano nascondere nei bilanci. Aspetto qualche commercialista che me lo spieghi.

Ultimo aggiornamento: 2009-01-02 21:44

Google mi censura!

Qualche giorno fa, sul blog di beppegrillo™ era arrivata una notiziona: Google Suggest (quella roba che cerca di indovinare che cosa tu stai cercando a partire dalle sue prime lettere) censurava il comico genovese, e se iniziavi a scrivere “beppe” uscivano fuori Beppe Maniglia e Beppe Quintale. Solo dopo le segnalazioni dei lettori, dice il blog più famoso d’Italia, le cose sono cambiate. Potete leggere il tutto da lui (scusate per il link crittato, ma non voglio essere “un blog di beppegrillo™“) e una simpatica discussione da PaulTheWineGuy.
Per curiosità, ho fatto qualche prova in piccolo con il mio nome-e-cognome. In piccolo, perché il numero di risultati indicati a mio nome (37800) è poco più un centesimo dei Suoi. Bene: in google.it appaio solo dopo avere digitato “maurizio co”, come ultimo della lista, e divento primo (su tre) con “maurizio bod”. Però già con “mau” si trova tra gli altri “Maurizio Uzzi” (che ho scoperto essere il bodyguard di Michelle Hunziker) con 5410 risultati, e con “mauri” si trova “Maurizio Abbatino” (il capo della banda della Magliana) con 7200 risultati. Su google.com la cosa è ancora peggiore: a “mauriz” appare “Maurizio Taiuti” (azienda che produce borse) con 10900 risultati e “Maurizio Remmert” (padre biologico di Carla Bruni) con 24900 risultati e io appaio solo arrivati a “maurizio co”, con soli 33300 risultati tra l’altro. Aggiungo che (sempre a “maurizio co”) c’è anche “Maurizio Pollini” che di C non ne ha molte.
Dov’è che vado a lamentarmi perché Google mi censura?

Ultimo aggiornamento: 2009-01-02 20:22

metri quadri lineari

Sono casualmente capitato su questo articolo dell’edizione torinese di Repubblica, che racconta delle meraviglie del restyling della stazione di Torino Porta Nuova, e ho scoperto di essere proprio un ignorantone. Il direttore artistico (wow) Luca Moretto infatti spiega come per l’atrio abbia scelto di mettere dei pannelli colorati con «quelli che secondo me sono i colori della città: c’è il verde della collina, il rosso della passione, il lilla della montagna.». Io ho sempre immaginato che i colori di Torino fossero il giallo e il blu dello stemma, o il giallo paglierino delle facciate delle case; Sono indubbiamente out, e anche mezzo cieco perché la montagna per me non è lilla.
Ma la cosa più interessante è la dimensione di questi pannelli: sempre citando Moretto, «sono duecento metri quadri lineari». Ora, io sono figlio di un imbianchino, e non mi faccio grandi problemi a leggere “metri lineari”, abbreviato in ml. Natura abhorret a vacuo, vedere i metri da soli né quadrati né cubi può dare dei problemi: se c’è qualcosa di altezza costante, lascio che si misuri la lunghezza in metri lineari. Però un metro e quadrato e lineare mi sembra l’equivalente di una circonferenza quadrata. Ma Moretto è un architetto, e si sa che gli architetti hanno sempre una grossa crisi con la matematica.
(P.S. da torinese: leggere una frase come «Nel centro geometrico della stazione c´è uno spazio verde, che idealmente conserva la memoria di quello che un tempo era il giardino Magnolia, e tutto attorno ci sono i tanti spazi destinati ai negozi.» è una tristezza unica. Abbiate il coraggio di dire “abbiamo eliminato il giardino per fare spazio a tanti negozi, e tanto non serviva a nulla perché dall’altra parte di piazza Carlo Felice ce n’era già un altro”.

Ultimo aggiornamento: 2009-01-02 18:59

Lo Zibaldone del Dottor Djembe (libro)

[copertina] Non ho mai sentito la trasmissione di Radiotre da cui è nato questo libro (Stefano Bollani e David Riondino, Lo Zibaldone del Dottor Djembe, Baldini Castoldi Dalai settembre 2008, pag. 215, € 22, ISBN 978-88-6073-318-4); e il cd allegato al libro non è che dia almeno a me una grande impressione, forse perché troppo spezzettato rispetto a quello che è una trasmissione. Chissenefrega. Il libro è troppo divertente, a partire dal sottotitolo in penso svedese per arrivare alla bibliografia sragionata in mezzo al libro, passando per la presa per i fondelli degli intellettuali e intellettualoidi di casa nostra, giusto con il nome leggermente storpiato, e che venivano decimati dal grande gioco Pass-Spartì, con i camionisti melomani che si chiamano tutti Lapo e che lasciano in mezzo alle autostrade rarissimi spartiti come esca per le allodole. Non parliamo poi delle opere liriche post-post-qualcosa dall’unica esecuzione e dei manifesti volti a combattere la triste piaga del giro di do (stranamente scritto con un re maggiore). Lettura consigliata a tutti gli amanti della musica, che finalmente potranno sapere la storia di Francesco Puccini, dei suoi avi che si alternano tra Lucca e Modena e del suo alter ego e anima nera Giacomo Guccini; a tutti gli amanti dei giochi di parole – segnalo un interessante articolo di Anacleta Bendazzi; e naturalmente a chi con parole e musica ama giocarci.

Ultimo aggiornamento: 2009-01-02 11:26

Si può fare (film)

[locandina] Come sembra essere diventata una tradizione (se due anni di fila possono essere etichettati “tradizione”) la sera di Capodanno siamo andati a vedere Si può fare (qui il sito ufficiale, che non è però che aggiunga molto). La trama: nei primi anni ’80 Nello (Claudio Bisio), sindacalista troppo avanti per il sindacato, è mandato a fare il direttore di una cooperativa di malati di mente uscita dai manicomi grazie alla legge Basaglia. Contro il parere dello psichiatra che li controlla, fa sì che si passi da una condizione di assistenzialismo puro a una di lavoro vero e proprio, con tutti i vantaggi e i guai del caso.
Il film è basato su storie vere (notate il plurale), si dice nei titoli di coda. Però a me ha lasciato una sensazione di troppo buonismo. Anche se è vero che c’è una parte tragica, la storia sembra comunque troppo semplicistica: a mio parere il giusto messaggio dietro il film (che si può sintetizzare nella frase della locandina: “da vicino nessuno è normale”) e il diritto di ogni persona a vivere la vita secondo la propria pienezza vengono annacquati dalla relativa semplicità con cui tutto sembra funzionare alla cooperativa. È come se praticamente tutti i malati psichici possono fare qualcosa di adatto a loro, e si può intuire immediatamente qual è il giusto posto per chiunque. Diciamo che perlomeno può fare pensare gli spettatori, e sicuramente è divertente: per le scene surreali che si hanno, non si ride dietro ai matti.

Ultimo aggiornamento: 2009-01-01 18:11