Incontri ravvicinati tra le due culture (ebook)

copertina Su una cosa Odifreddi ha sicuramente ragione: la buonanima di Gianni Minà l’avrebbe cazziato per questo libro, come scritto nell’introduzione. Scioccamente non lo pensavo, ma quella dell’intervistatore è un’arte per la quale chiaramente Odifreddi non è portato. Non che io avrei saputo fare di meglio: ma il libro è suo e non mio :-) Sono poche le interviste davvero interessanti, come quella a Cossiga, e direi che in quei casi il merito è dell’intervistato. In alcuni casi poi a me è sembrato che l’intervista terminasse nel nulla, senza un percorso logico. Tenendo conto che parecchie delle interviste erano già state pubblicate altrove, direi che l’ipotesi più probabile è che dovesse pubblicare un libro e quindi ha recuperato dai cassetti queste interviste amatoriali… Diciamo che ho completato la lettura solo per tigna.

Piergiorgio Odifreddi, Incontri ravvicinati tra le due culture : Dialoghi sull’umanesimo, Raffaello Cortina 2025, pag. 600, € 13,99 (cartaceo: 22), ISBN 9788832857665 – come Affiliato Amazon, se acquistate il libro dal link qualche centesimo va a me

Riccardo III (teatro)

scena (quasi) finale Mercoledì sera Anna e io siamo andati a vedere la prima al Piccolo di Riccardo III, coproduzione del Teatro Stabile dell’Umbria e del LAC di Lugano, nell’allestimento di Antonio Latella. Commento: già alla fine del primo tempo ci siamo guardati e abbiamo detto “Mah”.

Diciamo che capire la trama se non la si conosce già non sarebbe facile: ma ammettiamo che in fin dei conti Shakespeare ci sia sufficientemente noto. Che Vinicio Marchioni sia un Riccardo bello e non deforme, vestito di bianco in una scenografia che dovrebbe ricordare il giardino dell’Eden, ci sta anche. Ma già che siano vestiti tutti come nel Settecento non ha nessun senso, a questo punto falli diventare gangster anni 1920 e amen. La recitazione era declamata ma faceva perdere comunque dei passaggi: a volte mi sembrava quasi che ciascuno facesse un discorso per conto suo, persino nei dialoghi. Non parliamo di quando a Clarence e Hastings, appena morti, viene messa in testa una parrucca (sempre settecentesca) per far fare loro un altro personaggio: non mi è chiara la logica di questa innovazione rispetto al classico “mando fuori scena e faccio rientrare subito dopo con una parte di vestito diverso”. Infine non mi è per nulla chiaro perché la macchina per il fumo scende e si appalesa come deus ex machina nella scena finale. Insomma, non mi sono per nulla divertito.

Ah: Marchioni nel monologo finale si è lasciato scappare un “avrebbe” anziché “avesse”. Le basi dell’italiano…

Il registro AGCOM per gli influencer

Ho scoperto leggendo qui che l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha emesso una direttiva (roba d’agosto, quando tutti erano in ferie…) nella quale viene creato un registro per gli influencer rilevanti. Più precisamente,

l’Autorità pubblica sul sito web istituzionale, entro cinque mesi dalla pubblicazione della presente delibera, un elenco degli influencer rilevanti contenente le sole informazioni strettamente necessarie a identificare gli influencer, ossia il nome e cognome e/o il nickname con cui il soggetto è conosciuto e il valore delle metriche individuate dalle Linee guida.

(La definizione di “rilevante” è avere almeno mezzo milione di follower su almeno una delle piattaforme social oppure una media superiore al milione di visualizzazioni mensili, sempre su almeno un social). Tali influencer che influenzano di più dovranno sottostare a una serie di regole aggiuntive, tra cui evitare «il ricorso a tecniche subliminali» (sic) e dovranno specificare quando stanno facendo pubblicità, oltre che «garantire la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti e a verificare la correttezza e l’obiettività delle informazioni anche attraverso la menzione delle fonti utilizzate».

Non riesco a capire esattamente la logica di creare questo registro, oltre che per far vedere chi ce l’ha più lungo (l’elenco di follower, intendo). Mi sembra quasi come creare il registro dei faccendieri. Ma poi, perché io – che sono tutto fuorché un influencer, visti i miei ventun lettori – non dovrei fare una presentazione veritiera e fontata dei fatti e indicare espressamente se sto pubblicizzando qualcosa? Semplicemente perché sarebbe impossibile controllare chiunque e quindi AGCOM si concentra solo sui più seguiti? Ma allora non serve nemmeno il registro. Al limite vedo un’utilità per Wikipedia in lingua italiana, che non solo potrà decidere le sue linee guida per la rilevanza – come diceva un wikipediano, non è che un calciatore sia automaticamente enciclopedico perché ha giocato una partita in massima serie, ci sono criteri più stringenti – ma avrà anche una fonte da usare. Però non credo che AGCOM abbia voluto farci un regalo… Insomma, mi pare un semplice avvitamento burocratico.

Aggiornamento (22:00) Tleilax mi ha segnalato questo post del Post. Confesso di non capire i dubbi degli “influencer di mezza via”: forse c’è troppa burocrazia?

Un paio di dimostrazioni non standard

Quella delle dimostrazioni matematiche è spesso un’arte: non tanto nel senso usuale del termine, quanto perché ci possono essere metodi completamente diversi per arrivare a una dimostrazione, e spesso quello che si sceglie dipende dalle inclinazioni della persona più che da un oggettivo vantaggio. Anzi, a volte il vantaggio non c’è proprio: la dimostrazione fornita è un semplice esercizio di stile. Vediamo due di queste dimostrazioni.

La prima è di un teorema del tutto banale:

Se $n$ è un numero intero e $n^2$ è pari, allora $n$ è pari.

Come la dimostriamo, normalmente? Per assurdo. Supponiamo che $n$ non sia pari, e quindi sia dispari: allora $n^2$ è anch’esso dispari, il che è contro l’ipotesi iniziale. Dunque deve essere pari. Ma immaginiamo che la nostra religione ci vieti di fare dimostrazioni per assurdo, perché rovinano l’equilibrio dell’universo. Come possiamo fare? Come spiegato da Ali Kaya, prendiamo un $n$ per cui sappiamo che $n^2$ è pari, e quindi può essere scritto come $2k$ con $k$ anch’esso intero. Pertanto $n^2 – 2k = 0$, e quindi $n = n + (n^2 – 2k) = n(n+1) – 2nk$. Ma dati due numeri consecutivi ($n$ e $n+1$) uno di essi è pari, e quindi $n(n+1)$ è pari, così come è pari $2nk$. Pertanto, la somma dei due addendi, che ricordo essere $n$, è pari. QED.
Devo aggiungere che i commenti a quel tweet sono generalmente negativi, e dicono che la dimostrazione è solo un modo complicato per dire la stessa cosa che si farebbe con la dimostrazione per assurdo: ma io preferisco vederla come l’applicazione di un vincolo che costringe a fare deviazioni di ogni tipo, un po’ come capita quando si riscrive un testo come lipogramma eliminando per esempio tutte le occorrenze della lettera e.

La seconda dimostrazione è più complicata, sicuramente inutile, ma ha un suo certo fascino.

I numeri primi sono infiniti.

La dimostrazione era già nota ad Euclide, e tra l’altro non è per assurdo, anche se in genere la vediamo esposta in quel modo: Euclide in effetti afferma solo che data una qualunque moltitudine di numeri primi se ne può sempre costruire un altro. La dimostrazione di Sam Northshield, pubblicata sull’ American Mathematical Monthly [Vol. 122, (May 2015), p. 466] è invece per assurdo, e sta su una riga.

$$0 < \prod_p \sin\frac{\pi}{p} = \prod_p \sin\left(\frac{\pi(1+2\prod_{p'}p')}{p}\right) = 0$$ Vediamo pezzo per pezzo il significato di questa formula. La prima disuguaglianza è semplice: abbiamo un prodotto finito (perché supponiamo che i numeri primi siano finiti) di termini tutti diversi da zero (perché sono il seno di valori strettamente maggiori di 0 e minori o uguali a 90 gradi). Sia ora $N$ il prodotto di tutti i (finiti per ipotesi d'assurdo) numeri primi, cioè $\prod_{p'}p'$ nella prima uguaglianza. Riscriviamo dunque quel pezzo della catena di uguaglianze come $\prod_p \sin\left(\frac{\pi(1+2N)}{p}\right)$ che è un po' più leggibile. Perché è uguale a quello precedente? Semplice: per ogni $p$ si ha che $\frac{1+2N}{p} = \frac{1}{p} + 2\frac{N}{p}$, e il secondo addendo è un numero pari perché $N$ è per definizione multiplo di $p$; pertanto quando moltiplichiamo per $\pi$ questo fattore vale 0. Riprendiamo ora $\prod_p \sin\left(\frac{\pi(1+2N)}{p}\right)$. Abbiamo che $1+2N$ è un numero dispari, quindi deve avere un fattore primo $q$. Tra tutti i primi $p$ di cui facciamo il prodotto c'è anche $q$; quel fattore vale pertanto $\sin\pi$ = 0 e rende nullo tutto il prodotto. QED. A nessuno chiaramente verrebbe in mente di usare una dimostrazione del genere per far vedere che i numeri primi sono infiniti. Però credo che essa abbia una sua bellezza: usare una parte della matematica (apparentemente) del tutto scorrelata come la trigonometria fa capire come la matematica sia fondamentalmente un qualcosa di unitario. Qui insomma, più di un vincolo, c'è proprio l'idea di scegliere strade diverse per scoprire cose nuove. Voi che ne pensate?

I compartimenti stagni di IBS

Giovedì scorso ho ordinato online un libro (cartaceo) da IBS, sfruttando lo sconto di un’Happy Card che avevo. Premetto che non avevo fretta di averlo: ne ho sempre troppi da leggere. C’era comunque l’opzione “Consegna gratuita veloce presso una libreria Feltrinelli”: l’ho selezionata, scegliendo la libreria in Centrale. Risultato: lunedì a pranzo mi è arrivata la mail con la disponibilità del libro.
Possiamo discutere se la consegna è stata veloce o no: evidentemente le consegne alle librerie del gruppo non sono effettuate ogni giorno. Quello che però mi lascia perplesso è che quel libro era fisicamente disponibile in quel punto vendita e avrei potuto fermarlo e acquistarlo (non so se potevo anche usare l’Happy Card, ammetto di non aver verificato). Io sono un ingenuone e pensavo che sarebbe stato semplice darmi la copia già in libreria e mandarne una di rimpiazzo, considerato che è tutto lo stesso gruppo: ma evidentemente avrei complicato troppo la gestione interna…

AlphaEvolve

Rewire ha pubblicato un articolo su un risultato ottenuto da Google DeepMind’s AlphaEvolve. Nel 1969 Volker Strassen scoprì come moltiplicare due matrici 4×4 usando solo 49 moltiplicazioni anziché le 64 del metodo canonico riga-per-colonna, e da allora nessuno riuscì a migliorare il risultato: ora AlphaEvolve ha trovato un metodo che ne richiede solo 48. Il preprint relativo è interessante per due motivi: il primo è che non parla solo di questo risultato ma di un corpus di problemi in cui ci sono stati altri casi di risultati migliorati rispetto a quanto noto in letteratura (ma anche di casi in cui non ci è proprio arrivato…), il secondo è che oltre ai due dipendenti di Google i coautori sono Javier Gómez-Serrano, matematico catalano ora alla Brown University che è stato uno dei primi a studiare la possibilità di usare l’IA per migliorare risultati matematici noti ma non dimostrati ottimali, e l’altro è Terry Tao, di cui non serve spiegare nulla. Detto in altri termini, la parte matematica è sicuramente stata controllata bene.

Quello che ho trovato molto interessante è l’approccio usato per questi problemi. Tenete conto che siamo generalmente parlando di problemi combinatori, per cui il numero di possibili combinazioni da testare è oltre la possibilità di un calcolatore per quanto potente; questa è una delle ragioni per cui trovare nuovi e migliori risultati è un compito praticamente impossibile. Personalmente già l’algoritmo originale di Strassen è stato qualcosa di incredibile. Per la precisione Strassen ha dimostrato che bastavano sette moltiplicazioni anziché 8 per moltiplicare due matrici 2times;2; il risultato indicato all’inizio è una banale conseguenza ottenuta considerando la matrice 4times;4 come formata da quattro matricette 2times;2. Però con la matrice più piccola ci sono relativamente poche possibilità di giocare con i parametri e quindi con costanza e fortuna si può trovare qualcosa. Raddoppiando le dimensioni questo tipo di approccio non funziona. Che fa allora AlphaEvolve? Innanzitutto non cerca un risultato nello spazio delle soluzioni, ma lavora nello spazio degli algoritmi, cioè cerca di scrivere un programma che dia il risultato cercato. Ma anche così il compito sarebbe impervio, visto che il numero di algoritmi possibili è dell’ordine di 1033. Quello che invece fa è far evolvere gli algoritmi, usando gli LLM come generatori di mutazioni. Ci sono cinque componenti:

  • La specificazione del problema, data dagli umani: non solo il prompt iniziale (un algoritmo non necessariamente ottimale) ma anche una funzione di valutazione che deve essere semplice da verificare e dare un punteggio. In questo specifico caso la funzione era data dalla correttezza formale dell’algoritmo e dal numero di moltiplicazioni necessarie.
  • La base dati degli algoritmi trovati man mano, da cui si pesca quello statisticamente più promettente.
  • Il selezionatore, che prende dalla base dati un algoritmo promettente e lo trasforma in un prompt “ricco” per un LLM;
  • La mutazione semantica ottenuta con gli LLM, che essendo addestrati sul codice riescono spesso a fornire ottimizzazioni… che magari danno però la soluzione a un altro problema: l’equivalente algoritmico delle allucinazioni di un chatbot standard.
  • Il valutatore-selettore, che controlla che l’LLM non sia andato per farfalle e sceglie i candidati più promettenti.

La parte di mutazione semantica può – anzi vi dovrebbe – fare venire in mente gli algoritmi genetici che erano di moda alcuni decenni fa, dove si facevano modifiche casuali a un algoritmo per vedere se migliorava o no. La differenza fondamentale in questo caso è che gli LLM possono partire per la tangente, ma lo fanno in un modo formalmente corretto, semplificando la vita. Per fare un esempio, la chiave per eliminare la quarantanovesima moltiplicazione è stata il passare alle operazioni con i numeri complessi, che apparentemente complicano la situazione – moltiplicare due numeri complessi significa fare quattro moltiplicazioni rispetto a quella singola nel caso di due numeri reali – ma in un caso particolare permettono un allineamento cosmico per cui moltissime moltiplicazioni si ripetono identiche in più punti, riducendo il numero totale necessario. Tao ha commentato, in maniera un po’ più formale della mia parafrasi, che si sfrutta il fatto stesso che gli LLM sparino parole a caso.

Ho già detto in passato che non bisogna aspettarsi chissà che cosa dall’attuale stato dell’arte delle IA. A dirla tutta, ho il sospetto che passare da 49 a 48 moltiplicazioni (un 2% di guadagno…) non sia chissà cosa. Ma devo riconoscere che per tutta una serie di problemi prettamente combinatori dove lo spazio delle soluzioni è sterminato sono già un grande aiuto.

Meloni e le operazioni aritmetiche

La pressione fiscale in Italia è aumentata ancora, toccando il 42,8% del Pil. Non lo dico io, ma il Documento programmatico di finanza pubblica (tabella a pagina 57). Dire questa cosa però fa piangere il PresConsMin: così ELLA ci tiene a far sapere che “I dati aumentano perché c’è più gente che lavora, perché questo governo ha portato al record storico di proventi dalla lotta all’evasione”. È proprio così? Facciamo un po’ di conti: nulla più che le quattro operazioni, non temete.

Partiamo dalla seconda parte della frase, i proventi dalla lotta all’evasione. Da gennaio a settembre si sono incassati 1,137 miliardi in più. (Non fermatevi al titolo dell’articolo, che non si sa se per compiacere ELLA oppure per comune carenza di comprensione dei concetti matematici confonde il gettito con la differenza di gettito.) Questo denaro equivale a circa lo 0,1% del PIL, ma la pressione è aumentata dello 0,3%: manca ancora molto. Vediamo che si può dire della prima parte dell’affermazione di ELLA. Ricordo che la pressione fiscale è il rapporto tra quanti soldi arrivano allo Stato (numeratore) e quant’è il prodotto nazionale lordo (denominatore). Cosa succede se c’è più gente che lavora? Che il numeratore cresce, perché se guadagni paghi tasse e hai soldi per comprare oggetti su cui paghi l’IVA. Ma cresce anche il denominatore, perché hai prodotto ricchezza… a meno che non ti paghino per fare la guardia ai bidoni di benzina. E si spera che il denominatore cresca più del doppio del numeratore, perché in caso contrario è vero che il rapporto aumenta (per esempio, se partiamo da 4/10, cioè il 40%, e sommiamo 5 sopra e sotto otteniamo 9/15, cioè il 60%) ma questo significa che stai creando lavoro che vale poco. In definitiva, consiglierei ad ELLA di fare meglio il proprio compitino e scegliere almeno i numeri giusti da mostrare…