A quanto leggo, ieri sera ci sono stati 23 milioni di persone (immagino maggiorenni) a vedere la finale del campionato europeo di calcio. Quindi ci sono stati 28 milioni di italiani che la partita non l’hanno guardata, il 55% dei maggiorenni. Nel mucchio mettete anche Anna e io, che più o meno al fischio iniziale abbiamo portato i bimbi a giocare ai giardinetti: non una grande idea, considerate le zanzare e il fatto che Jacopo se l’è fatta addosso, ma tant’è. Verso le 22:30, tornati a casa e messi a dormire i bimbi, il mio commento è stato “dev’esserci stata una scoppola, visto che è tutto silente”. In effetti…
Insomma, mettiamo le cose nella giusta prospettiva :-)
Quizzino della domenica: calamite
Un gioco dei miei bimbi è la pesca magnetica. Ci sono venti figurine di pesci con un pezzetto di ferro al loro centro e vari punteggi, e quattro canne da pesca con un magnete all’estremità della lenza. Ogni giocatore pesca con la canna un pesce, e chi ottiene più punti vince. A me più del gioco interessavano le canne: per come erano fatte, appariva solo un lato del magnete, e quindi poteva darsi che due canne si attraessero oppure si respingessero a seconda che la polarità del lato del magnete fosse positiva o negativa.
La probabilità di poter opportunamente far attrarre le canne a due a due è maggiore, uguale o minore del 50%? Si suppone che si cerchi di fare il migliore accoppiamento.
(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p041.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì.)
_Algorithmic Puzzles_ (libro)
Molti problemi matematici possono anche essere considerati “problemi informatici”. In definitiva, risolvere il problema significa trovare un algoritmo tale che anche lo stupido computer possa risolverlo. In questo libro (Anany Levitin e Maria Levitin, Algorithmic Puzzles, Oxford University Press, pag. 257, Lst 13,99, ISBN 9780199740444) ci sono per l’appunto centocinquanta problemi di questo tipo. Gli autori in un certo senso barano, perché a volte ci sono anche dimostrazioni di impossibilità in alcuni casi e quelle non sono certo algoritmiche; ma non importa. Quello che importa è che ci sono i problemi, ci sono le soluzioni, ci sono le spiegazioni delle tecniche adottate per risolverli (mi ero dimenticato: la prima sezione del libro contiene un tutorial con alcuni problemi risolti e l’elenco di tecniche classiche per risolvere questi problemi, dal divide-et-impera al togli-uno). Il tutto con un taglio più informatico che strettamente matematico, il che forse potrebbe risultare più interessante per alcuni.
Tutti i problemi hanno sempre una spiegazione che rimanda alle tecniche usate nella loro risoluzione, oltre che – per quanto possa essere possibile in un campo come quello dei giochi matematici in cui spesso ci si passavano le cose in maniera carbonara – l’indicazione di dove il problema è stato presentato per la prima volta, magari in forma leggermente diversa.
Un’opera altamente consigliabile per gli appassionati di matematica e di informatica, insomma!
Cara Michela…
Io non sono un guru. Non sono un influencer. Non sono neppure una figura così nota nel mondo digitale, se non in qualche nicchia di vecchietti miei quasi coetanei. In compenso sono un noto rompicoglioni se qualcuno fa qualcosa che non va.
Pertanto, cara Michela Gastone di N-p-N Agency, ti scrivo qua pubblicamente una cosa. Non so chi tu sia, né a dire il vero me ne può importare più di tanto. Non avevo mai sentito parlare della tua agenzia, che a quanto leggo è nata alla fine del 2011 come «divisione di NetPayNet incentrata sul mondo della comunicazione digitale, del web marketing e dei social media». Se però l’idea di agenzia è andare a cercare uno a uno i blogger (perché ci vuole anche del lavoro, intendiamoci: per scrivermi, occorre andare a trovare la pagina con l’apposito modulo e compilare i campi) e scrivere loro un messaggio “personalizzato!” dal testo – nel mio caso –
il WWF ha bisogno anche del tuo aiuto.
E' in corso la nuova campagna Millenium club per il Major Donors Recruitment e per realizzare, di conseguenza, importanti progetti in difesa della biodiversità.
La tua attività di blogger è fondamentale per il WWF, perché permette all'Associazione di comunicare allesterno mostrando il suo lavoro attraverso gli occhi dei suoi sostenitori.
seguito da copincolla di un comunicato stampa e con la chiusa
Sperando che la campagna possa trovare un po' di visibilità anche nel Tuo blog, Ti ringrazio per l'attenzione e, in attesa di riscontro, resto a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione.
ti assicuro che non stai affatto facendo bene il tuo lavoro, e il WWF non dovrebbe affatto essere contento. Non esiste il concetto “i blog / i blogger”, e quello credo dovrebbe essere chiaro anche a chi non si è laureato in scienze della comunicazione. Esistono tanti tipi di blogger. Ci sono quelli che non si fanno problemi a fare delle marchette, e in genere non chiedono nemmeno molto: il buonanima di Fabio Metitieri aveva celiato sull’unità di pagamento pratica, i tramezzini. Ci sono i blogger che le marchette le fanno anche gratis, se qualcosa li ispira: in fin dei conti scrivono per loro diletto e per quei quindici secondi di web-fama che chiunque potrà avere, e se un tema gli piace non vedono perché non parlarne. A me è capitato di farlo, non mi faccio mica troppi problemi. Ma i veri rompicoglioni come me non hanno nessuna voglia di essere tirati per la giacchetta. Se qualcuno mi chiede gentilmente – e magari mostrando che non mi ha semplicemente preso da una lista – se sono interessato al tema X io posso decidere sì o no, ma in ogni caso gli risponderò; sto giusto per declinare cortesemente un altro invito che mi è arrivato oggi. Ma se qualcuno arriva pensando di darmi tutta la pappa fatta e che io anzi gioisca per la Grande Opportunità Concessami… beh, quello che si trova è un post come questo.
In fin dei conti, quel minimo di autorevolezza che io ho per i miei ventun lettori da dove pensi che arrivi?
Assistenza tecnica
Lunedì mattina arrivo in ufficio, accendo il calcolatore, e scopro di non potermi autenticare. Orpo, penso, sta a vedere che mi è scaduta la password: eppure ero abbastanza convinto che mancasse ancora qualche giorno… Vabbè, chiamo l’assistenza per farmi resettare la password e scopro che devo inviare un fax con fotocopia di un mio documento di identità. Ottempero agli obblighi, uso il pc di un collega per cambiare la password monouso come da direttive aziendali, torno al mio pc, e scopro di non potere ancora entrare. Dopo un po’ noto che in effetti l’errore è diverso da quello classico di password sbagliata, e sembra dovuto a un problema con il domain controller. In effetti posso leggere la posta via telefonino, quindi la password è corretta. Apro un nuovo ticket. Passa tutto il giorno senza che nessuno mi ricontatti: tra l’altro non posso nemmeno connettermi in locale, tanto che torno a casa a prendere il mio netbook per avere almeno un minimo supporto informatico. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
Martedì mattina arrivo in ufficio ricordandomi che in effetti, dopo i primi minacciosi avvisi “la tua password scade tra 14 / 13 / 12 giorni. Vuoi cambiarla ora?” non avevo più visto nulla, e quindi il problema non era nato il giorno prima: solo che durante la settimana io lascio il pc in stand-by e quindi non mi ero mai dovuto riautenticare. Arriva una chiamata dall’assistenza, racconto la rava e la fava, scopro che togliendo il cavo di rete posso accedere al mio pc (naturalmente in locale, ma tanto parte del mio lavoro lo posso fare così) e aspetto che arrivi il tecnico. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Mercoledì mattina arrivo in ufficio e dopo un po’ mi chiamano avvisando che il tecnico sarebbe passato in mattinata. Arriva, aggiunge un po’ di file di configurazione, ed effettivamente mi collego. Non faccio caso all’errore “duplicate name found” al login; sono però costretto a far caso alle segnalazioni di errore di Symantec, che afferma che il mio PC è stato messo in quarantena perché ha dei rischi di sicurezza. La quarantena, oltre che rompere le scatole perché ogni due-tre minuti mi arriva una schermata di errore, ha un effetto interessante: non posso accedere alle risorse aziendali. Insomma, posso navigare tranquillamente sull’internet, almeno finché non accedo a siti pericolosi come youporn oppure 4squared, ma non posso leggere la posta aziendale: nemmeno via webmail, perché il sistema è molto intelligente e se ne accorge lo stesso. Chiamo l’assistenza, e mi dicono che quella non è roba loro (HP-DCS) ma è di SSC, che è un altro pezzo di Telecom deputato alla gestione delle risorse informatiche. L'”assistente virtuale” Lara mi spiega in effetti che a SSC sanno già del problema e basta aspettare un po’, e che non bisogna chiamare HP-DCS. Io aspetto, ma non succede nulla; a un certo punto mi scoccio e stoppo il processo di Symantec e i servizi che controllano se il mio PC è compliant. Torna più o meno a funzionare tutto. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
Stamattina arrivo in ufficio, lavoro tutta la mattinata, e alle 12:30 torna il tecnico. Sì, mi ero scordato di dire che avevo scoperto che il nome del mio PC non era quello corretto! Le nostre macchine hanno un nome che corrisponde al codice asset (il che ha senso); l’asset del mio PC finisce in -82 mentre il nome finisce in -83. Il tecnico si assicura che io non abbia mai avuto un -83, e incrocia il mio sguardo da pesce lesso: con un po’ di telefonate a Torino elimina il record spurio sul server e finalmente ho il nome corretto per il pc… ma non il problema del PC in quarantena.
Ora sono qua, di nuovo senza antivirus e coi servizi disabilitati, però con il computer funzionante. Aspetto che qualcuno si accorga che ho una sistema non compliant, ma mi sa che non c’è fretta… in che giorno potrò riposarmi?
Cara Michela…
_Aristotele e la favola dei due corvi bianchi_ (libro)
Margaret Doody ha scritto molti gialli ambientati nell’antica Grecia, e aventi come detective protagonista nientemeno che Aristotele. In questo libriccino (Margaret Doody, Aristotele e la favola dei due corvi bianchi [Aristotle and the fable of two white crows], Sellerio “La memoria – 885” 2012 [2011], pag. 95, € 11, ISBN 978-88-389-2643-3, trad. Rosalia Coci) però la parte del mistero è davvero misera, e soprattutto non può essere risolta se non si hanno nozioni piuttosto approfondite di storia antica. In questo senso, insomma, si avvicina più a Conan Doyle che a Ellery Queen. Altra simiglianza con i gialli scherlockiani è nella presenza di una spalla che fa da narratore, anche se Stefanos sembra almeno qui un po’ più sveglio di Watson… e non dite che non è che ci voglia molto.
Come dicevo all’inizio, questo libro non è tanto un giallo quanto il racconto di un lunghissimo apologo, la storia dei due corvi bianchi, che come l’autrice stessa spiega nella postfazione raffigura il comportamento dei cittadini sia ai tempi dello Stagirita che al giorno d’oggi. Mi sa che parlare di queste cose mentre la Grecia moderna è ormai affondata non porti così bene, ma tant’è… Buona la traduzione di Rosalia Coci.
Code che spariscono
Ieri Anna e io stavamo rientrando dal Südtirol (Alto Adige, insomma), dopo aver sbolognato in albergo i bimbi con i loro nonni. In autostrada appaiono avvisi che danno 4 km di coda per incidente tra Egna e Mezzacorona, se non ricordo male. Decidiamo di rischiare la sorte e non uscire: in 18 minuti abbiamo percorso 800 metri, dal km 119,1 al km 119,9. Beh, una dozzina di quei minuti non sono stati di movimento; alla fine persino qualche auto oltre alla nostra aveva capito che spegnere il motore non era poi così grave. Alla fine dei 18 minuti siamo ripartiti: a velocità normale. E al km 123 (né al 122 né al 124) c’era traccia dell’incidente.
Di per sé il ripartire di colpo come nulla fosse non è così strano: immaginate di essere alla partenza della Marcialonga o della Stramilano e di avere un bel po’ di persone davanti pronte anch’esse a partire. Quando la fila davanti a voi si muove, ostacoli non ce ne sono più, come si può facilmente dimostrare per induzione; quindi potete rapidamente raggiungere la velocità di crociera.
Però in un incidente il modello dovrebbe essere diverso: prima che tutta la carreggiata sia liberata si cerca di permettere il transito almeno in una corsia, con un rivolo di auto che man mano passano. Il risultato pratico resta un lento movimento finché si è lontani (le due corsie si muovono più o meno alla stessa velocità, perché gli effetti si sono persi nel tempo) e uno stop-and-go più pronunciato quando si è vicini, proprio perché la corsia che si muove diventa importante. Invece nulla. Forse che sull’Autobrennero vaporizzano le auto incidentate?