dell’inutilità di Linkedin

Sabato pomeriggio, ai giardinetti vicino a casa, mentre mi allaccio una scarpa vedo una roba che mi pareva a prima vista un santino elettorale e poi a un controllo più attento è risultato un badge aziendale. Lo prendo e penso a come contattare il legittimo proprietario: una ricerca con il suo nome e cognome mi fa scoprire il suo profilo Linkedin, e lì vedo che è un mio “contatto di terzo livello” (Milano non è così grande). Bene, penso: gli mando un messaggio per avvisarlo. Peccato che per mandare messaggi bisogna pagare e avere l’accesso premium. Vabbè, penso: posso mandargli una richiesta di amicizia specificando nel testo di contattarmi per telefono. Preparo il messaggio scegliendo l’opzione “non conosco XY”, e Linkedin, dopo avermi fatto scrivere il messaggio, mi dice “no, io non mando roba a gente che non conosci, sarebbe spam” (e allora perché me lo metti come opzione?) Rivabbè, penso: indico che è un mio amico e riscrivo il messaggio.

Non mi è dato sapere se alla fine quella richiesta è arrivata alla persona: sicuramente non ho avuto nessuna risposta. Ieri mattina ho poi cercato un indirizzo istituzionale per la società dove lavorava la persona e ho segnalato di avere quel badge; mi hanno risposto in mattinata dicendo che avevano già provveduto a bloccare il badge (cosa che comunque mi aspettavo, dopo due giorni) e che quindi potevo tagliarlo e buttarlo via, cosa che ho subito fatto. Resta il punto di base: l’unica volta in cui Linkedin sarebbe potuto servirmi a qualcosa, non ci ho ottenuto nulla…

Perché Google mi ha scritto?

Mi è appena arrivato – a un indirizzo che non è quello che uso di solito, ma è comunque mio – un minaccioso messaggio di Google che inizia così:

Hi maurine,

We recently blocked a sign-in attempt to your Google Account [awinomau@gmail.com].

Sign in attempt details
Date & Time: Monday, October 13, 2014 11:45:20 AM UTC
Location: Kisumu, Kenya

Ovviamente awinomau non so assolutamente chi sia, ma non è questo il problema: quello che non capisco è perché Google si sia preso la briga di scrivermi. Non è phishing, ho controllato; con il link in fondo alla mail ho poi provveduto a separare il mio account da questo. Forse la persona in questione l’aveva connesso lei?

_The Harmony of the World_ (libro)

[copertina]Mathematics Magazine è il fratellino minore dell’American Mathematical Monthly: una rivista che parla di matematica ma a un livello più basso. Intendiamoci: “più basso” significa a livello universitario… Ad ogni buon conto, alcuni anni fa è stato preparato questo libro (Gerald L. Alexanderson (ed.), The Harmony of the World : 75 years of Mathematics Magazine, MAA 2007, pag. 287, $ 56.95, ISBN 978-0-88385-560-7) che raccoglie una piccola selezione degli articoli apparsi nei primi tre quarti di secolo della storia della rivista. Onestamente mi aspettavo di più: la parte più importante mi è sembrata quella (auto)celebrativa, dove si mostra come anche grandi nomi della matematica si sono “degnati” di scrivere lì. Ci sono chicche storiche come il resoconto del Congresso Internazionale dei Matematici del 1936 (dove ho scoperto che gli italiani non vi parteciparono a causa delle sanzioni per l’invasione dell’Etiopia, anche se non ho capito se è stata una ripicca italiana o un divieto imposto dagli inglesi) o curiosità come il sistema di numerazione in base φ scritto da un dodicenne. In definitiva, però, è un lbro di cui si può fare tranquillamente a meno.

Wikipediocracy e Telecom Italia

Il logo di Wikipediocracy è la W di Wikipedia a testa in giù: il sito ha come motto “Perché non puoi parlare su Wikipedia di quello che non va in Wikipedia” (occhei, lo dice in inglese, ma il concetto è quello). Insomma, un po’ come il nostrano Wikiperle. Un mesetto fa, nei forum di Wikipediocracy c’è stato un thread dove un attivo contributore scrive:

The Italian Wikipedia article Telecom Italia was completely refurbished by six undergraduates at Università Cattolica del Sacro Cuore, in a cooperative project between Telecom Italia and (I presume) a professor at the university, with guidance from Wikimedia Italia’s Cristian Consonni.

Is this the future of “paid editing”? Broker college students as unpaid interns?

Il thread non ha avuto una grande fortuna, essendoci stato un solo commento “They get paid in free bananas at lunchtime”, che mostra come Tavecchio abbia fatto scuola anche all’estero. Però sono dell’idea che forse ha senso parlarne un po’ di più, considerando che per ovvie ragioni ho seguito abbastanza bene la storia pur non essendo impegnato in prima persona. Sì, la voce di Telecom Italia è stata rifatta da sei tesiste (sotto la supervisione della loro professoressa), e no, le tesiste non sono state pagate (l’Università non so: secondo me non c’è stato un pagamento diretto ma è entrato tutto in un qualche accordo quadro Telecom – Sacro Cuore, però non mi dicono certo queste cose).

Ora vi faccio una domanda: chi avrebbe dovuto riscrivere la voce su Telecom? Qualcuno di Telecom? Ovviamente no. Rischieremo di avere una voce agiografica: non per nulla le linee guida dell’enciclopedia scoraggiano fortemente le voci scritte dai diretti interessati. Le studentesse che hanno lavorato per la loro tesi dovrebbero essere pagate da Telecom? Ovviamente no, per le stesse ragioni di cui sopra. Le studentesse ci hanno guadagnato, anche se non in vil denaro? Probabilmente sì: studiavano scienze della comunicazione, e sicuramente quel lavoro sul campo è stato loro utile. Spassionatamente posso dire che secondo me hanno fatto molta più fatica che per una tesi (triennale) standard: per questo non sono così certo che ci abbiano guadagnato. Telecom ci ha guadagnato da tutto questo? Indubbiamente sì. Le affermazioni (dotate di fonti) contro Telecom continuano ad esserci, perché le fanciulle sono state abbondantemente catechizzate ed è stato impedito loro di “risciacquare” la voce; ma sono state aggiunte molte informazioni utili e importanti, e questo “annacquamento” favorisce sicuramente l’immagine. Ma la vera domanda da farsi è “Wikipedia ci ha guadagnato da tutto questo?” E la risposta è di nuovo “sì”. Ci sono più informazioni, ci sono più fonti e quindi l’utente può sapere più cose (non “cose diverse”, ribadisco, ma “più cose”). Non è questo lo scopo di un’enciclopedia?

Per quanto mi riguarda, ben vengano esperimenti di “unpaid editing” come questo, e del resto c’è un altro progetto in corso in questo periodo, sempre con l’università del Sacro Cuore (ma non con Telecom, stavolta c’è parte di una multinazionale in gioco). Per quanto mi riguarda, è una situazione win-win, e allora perché non sfruttarla?

_Matematica e quotidianità_

Il 16 ottobre al Palazzo delle Esposizioni di Roma si inaugura la mostra Numeri. Tutto quel che conta, da zero a infinito. Nel periodo della mostra, si terranno una serie di conferenze il giovedì alle 18.30: Incontri con i numeri. Tra i relatori ci sono anch’io, il 13 novembre, con Matematica e quotidianità: ecco il teaser della conferenza.

A cosa può servire nella vita di tutti i giorni la matematica appresa a scuola dopo le quattro operazioni? A tante cose, se la sappiamo usare bene. Possiamo riconoscere i dati fasulli sui giornali, barcamenarci tra tassi di interesse e lotterie apparentemente vincenti, e capire perché al supermercato l’altra fila è sempre più veloce della nostra…

C’è qualche romano tra i miei ventun lettori che ha voglia di vedere la mia bella (si fa per dire) faccia?