_Good Math_ (libro)

[copertina] Leggo da molto tempo il blog di Mark Chu-Carroll, Good Math, Bad Math e lo apprezzo, così quando è uscito il suo libro (Mark C. Chu-Carroll, Good Math, Pragmatic Bookshelf 2013, pag. 262, $34, ISBN 9781937785338) l’ho subito comprato… e poi lasciato da parte come al solito in mezzo al mio scaffale di cose da leggere, fino ad ora.
Devo dire di essere rimasto piuttosto deluso, alla fine della fiera. Innanzitutto il libro non è sulla matematica, ma più generalmente su matematica e informatica, il che non sarebbe poi la fine del mondo: in fin dei conti anch’io sono uno di quelli che non fa grandi differenze tra i due campi. Però, mentre la parte più matematica mi sembra interessante come approccio, concordo con altri commentatori che c’è un problema di base: il libro è scritto per chi quelle cose le conosce già. So bene come sia difficile mettersi nei panni di chi non sa nulla, però il risultato è quello… e lo si vede perfettamente nella parte più legata ai linguaggi di programmazione, dove evidentemente non possono bastare venti pagine per spiegare qual è la struttura di uno di essi, soprattutto se non è imperativo. Aggiungiamo che ci sono parecchi refusi (una lista è qui, ma per esempio c’è un simbolo “minore e non uguale” che presumibilmente è una doppia implicazione: carino, vero?) che rendono ancora più difficile la lettura.
Insomma, diciamo che non lo consiglio.

Calculus Rhapsody

Il brano dei Queen Bohemian Rhapsody è uno dei più usati per parodie; immagino che la sua struttura si presti bene a essere rivista in maniera più o meno creativa, dai componenti hardware degli anni ’70 e ’80 ai Muppets.
Però devo ringraziare Annamaria Vinci per questa Calculus Rhapsody, dove Phil Kirk e Mike Gospel spiegano le basi dell’analisi matematica. Buona visione!

mancata ottimizzazione

Da alcuni anni io regalo a mia cognata per Natale un abbonamento a Cose di casa. Anche quest’anno, dopo che mi è arrivata la lettera per ricordarmi che l’abbonamento stava per scadere (ma non possono mandarmi una mail come primo avviso?) ho fatto il rinnovo online: ma mi sa che non ho spuntato una qualche casellina, e così ai primi di gennaio mi sono visto recapitare la copia della rivista. Contatto via mail la società che si occupa degli abbonamenti, che mi risponde subito dicendo che dovevo telefonare a un certo numero. Telefono a quel numero, spiego la cosa, e mi dicono che devo mandare un fax con il cambio di indirizzo; mando il fax e non ci penso più
A fine gennnaio mi arriva a casa il numero di febbraio. Ritelefono, e mi dicono che ora era tutto a posto. Vabbè, mi chiedo quanto tempo ci fosse voluto per prendere e gestire il fax. Ieri sera torno a casa e trovo due lettere che mi segnalano che l’abbonamento è scaduto e mi allegano gentilmente un bollettino C/C. Le due lettere erano timbrate 28 gennaio e 4 febbraio. Tralasciando la mia incapacità di comprendere perché una delle due lettere ci abbia messo più di una settimana e l’altra un giorno, non è che ci sia qualche problema nelle loro procedure?

concorrenza :-)

I librini della collana Altramatematica stanno facendo la loro strada: tra qualche giorno ne verrà pubblicato un altro, del quale non posso indicare il titolo né l’autore che però è ben noto nel nostro piccolo ambiente. Ma non c’è solo 40K a pubblicare!
Ho visto infatti che Antonio Tombolini ha deciso di allargarsi e creare anch’egli una casa editrice digitale da affiancare alla sua Simplicissimus Book Farm. Le collane che ha pensato al momento sono Vaporteppa, steampunk, e la prossima Penale.it con studi di diritto penale; quest’ultima è affidata a Daniele Minotti (ciao!).
Perché parlo della “concorrenza”? Non tanto perché in realtà concorrenza non è, almeno per il momento. Ma anche se Tombolini pensasse di fare una collana matematica fatta seriamente, questo sarebbe solo un bene. I punti di partenza sono infatti diversi (con 40K la scelta è stata specificatamente di fare librini brevi da 99 centesimi; Vaporteppa preferisce porsi su un gradino superiore sia per lunghezza che per costo, il che è probabilmente più sensato visto che si parla di racconti e non di saggistica. Vedremo cosa succederà con penale.it) ma sono convinto che più cose buone si pubblichino più ci guadagniamo tutti.
E già che ci sono: cosa vi piacerebbe vedere pubblicato in #altramatematica?

Hangar Bicocca: _Islands_ (mostra)

Dell’Hangar Bicocca in generale ne parlerò (bene) un’altra volta: per il momento mi limito a raccontare della mostra Islands di Dieter (buonanima) e Björn Roth, per l’ottima ragione che terminerà domenica e mi ero dimenticato di scriverne.
Io sono abituato all’arte concettuale e alle “spiegazioni”: però qui si è davvero esagerato. Roth (padre) doveva probabilmente soffrire di disposofobia, quella malattia che ti fa conservare tutto, ma proprio tutto. Tanto per dire, Flacher Abfall, che possiamo tradurre come “spazzatura piatta”, è la raccolta di scontrini, biglietti usati, etichette e altri avanzi, imbustati in cartelline accuratamente datate e inserite in una erie di contenitori… per diciassette anni. Non parliamo poi della mania di protagonismo: Solo Szenen, “considerata oggi tra i capolavori dell’artista”, è un insieme di 131 video che mostrano (a telecamera fissa) scene di Roth che fa le cose più varie, compreso cagare. D’altra parte, la coprofilia sembra un’altra caratteristica dell’artista: non tanto per die Die DIE VERDAMMTE SCHEISSE, dove la “maledetta merda” sono in realtà le piastre di rame scartate da una stamperia perché ritenute “sbagliate”, quanto per 55 Schiesse für Rosanna, una serie di fotografie per una mostra presso la casa della sua amica Rosanna Chiessi. Cito dalla brochure informativa: «Per Roth la creazione artistica nasce dalla realtà quotidiana con l’intento di permearla, valicando il limite nel quale viene confinata dai circuiti artistici ufficiali. La documentazione fotografica degli escrementi prodotti quotidianamente dall’artista […] risponde esattamente a questo atteggiamento ed è inserita all’interno di un discorso esplicitamente autobiografico.» Capirete che a questo punto l’installazione Selbsturm (busti di cioccolato) si vede da un’altro punto di vista…

trent’anni

Non so se sia oggi l’anniversario preciso: forse lo è già stato, forse lo sarà tra un paio di settimane. D’altra parte non pensavo proprio ci fosse qualcosa di importante, quando in quel giorno dell’inizio del 1984 scoprii che il centro di calcolo della Normale aveva due connessioni (una a 300 bit al secondo su linea di comando, l’altra addirittura a 4800 full screen) alla rete EARNET, sovvenzionata da IBM per collegarsi all’omologa rete americana BITNET. Internet in effetti non esisteva ancora: c’era Arpanet che in un paio d’anni avrebbe perso le sovvenzioni dirette da parte del DARPA e sarebbe quindi divenuta per l’appunto Internet.
Insomma, sono trent’anni che io sono in rete. Di cose qualcuna ne ho fatta, anche in prima persona: poi non sono bravo come le TRE generazioni di “inventori di Internet in Italia” che ho visto arrivare, ma non si può pretendere tutto dalla vita. Vabbè, tanti auguri a me lo stesso :-)

_Rebecca (sei tu)_ (libro)

[copertina] Davide Osenda si diverte a disegnare fumetti. Avevo già recensito Ultima lezione a Gottinga; un paio di mesi fa mi ha inviato questa sua ultima fatica (Davide Osenda, Rebecca (sei tu), 001 edizioni 2013, pag. 144, € 18, ISBN 9788897846444), con dedica “Lo so che non sono proprio il tuo tipo… ma se vuoi, puoi darmi una sbirciatina”.
Effettivamente in questo libro Osenda non parla di matematica ma di psicanalisi (junghiana, per la precisione), il che significa che mi trova completamente spiazzato, e sono costretto a vedere tutto il resto :-) Secondo me, la prima parte è un po’ troppo lunga, e soprattutto ti porta fuori strada rispetto alla seconda parte che è naturalmente quella principale: sì, certe cose si capiscono a posteriori, ma resto dell’idea che ci sarebbero voluti più riferimenti comprensibili almeno per un poveretto come me. (E non dite che la psicanalisi è incomprensibile se non la si è studiata…). La seconda parte in compenso mi pare ottimamente riuscita sia come trama che come tecnica fumettistica, ed è scorsa via in un amen. (C’è anche un piccolo epilogo, ma è proprio un post scriptum)
Direi insomma che se non dovete studiare il pensiero junghiano in profondità ma volete solo passare un po’ di tempo piacevolmente e farvi un’idea, questo libro è sicuramente molto meglio di un pesante testo :-)

chissà perché c’è un semaforo

Ennesimo incidente quasi mortale stamattina a Milano. Una ragazzina di tredici anni è stata investita da un furgone mentre attraversava (col verde); quel bastardo del conducente del furgone ha anche tentato di scappare, solo che in viale Monza alle 8 del mattino la cosa non è mica così semplice.
Gli è che quell’incrocio io lo conosco molto bene: fino all’anno scorso lo attraversavo in bicicletta per tornare a casa dall’ufficio. “Attraversavo in bicicletta” non è però il termine giusto: arrivavo da via Rovereto, scendevo dalla bicicletta, aspettavo il verde e portavo a mano la bici dall’altra parte del viale per poi inforcare di nuovo la sella. Generalmente di inverno avevo il giubbetto ad alta visibilità; ma comunque dovevo far finta di buttare la bicicletta in mezzo alla strada per far fermare certa gente. (Curioso che si preoccupino più di una bici che di un essere umano; probabilmente quest’ultimo fa meno danni alla carrozzeria)
Ecco. Perché mai si mettono dei semafori che non vengono rispettati? Non c’è proprio possibilità di bloccare certe persone?