Il film dei Manetti Bros su Diabolik è un perfetto remake dell’avventura a fumetti apparsa nel numero 3 degli albi, quello in cui appare per la prima volta Eva Kant. Su questo non c’è nulla da eccepire; persino gli effetti speciali sono in stile anni ’60, tanto che si potrebbe quasi pensare a una parodia dei telefilm su Batman con Adam West che sono apprezzati dai fan proprio per questa ragione. Anche lo svolgersi della trama, con tutte le lunghissime spiegazioni delle varie trovate di Diabolik, ricordano quelle dei primi albi che mi ricordo di avere letto. Fin qui tutto bene, anche se devo dire che fa un certo effetto vedere come Clerville sia stata trasportata in Italia, con le vedute di Bologna, Milano e Trieste perfettamente riconoscibili: mi chiedo solo dove siano state trovate le ville rigorosamente in stile. (dicono sui colli bolognesi: i panorami li avevo riconosciuti, ma le ville ovviamente no)
Poi però si passa alla recitazione, e qui cominciano gli alti lai. Nulla da eccepire su Valerio Mastandrea nella parte di Ginko. L’aspetto fisico di Miriam Leone come Eva Kant è anche perfetto. Ma finiamo qui: la sua recitazione è meccanica. Sempre meglio comunque di Luca Marinelli ha un’unica espressione da pesce lesso con voce corrispondente; per fortuna che è spesso in maschera e muto. Alessandro Roja che ha la parte del viceministro Giorgio Caron è una macchietta. È anche vero che i testi dei dialoghi non li aiutano certo: potremmo dire che in fin dei conti i fumetti non erano così diversi, ma non so quanto abbia senso riprenderli così alla lettera anche in questo. In fin dei conti noi che li leggevamo da ragazzi siamo cresciuti.
Visto il successo che la collana Matematica Moderna ebbe negli anni ’60 del XX secolo, e anche all’inizio degli anni ’70, Zanichelli commissionò ad alcuni giovani autori italiani testi che nelle intenzioni dell’editore sarebbero dovuti servire ai giovani universitari che si ritrovavano a studiare cose non solo mai viste ma anche spiegate in modo completamente diverso. La collana, “Lineamenti propedeutici di matematica”, era diretta dall’allora giovanissimo Bruno D’Amore e doveva appunto fare da ponte per questi studenti e tutti i curiosi della materia. Beh, con questo libretto direi che non ci sono riusciti. Nonostante i tanti esempi, la parte iniziale del testo di Alberta De Flora risulterà del tutto incomprensibile a chiunque non sappia già ciò di cui si sta parlando; la seconda parte, quella sulle nozioni di base di analisi, è un po’ migliore: ma anche in questo caso mi sembra più che altro di leggere un testo universitario del prim’anno, solo senza buona parte delle dimostrazioni. Non faccio fatica a capire perché la collana pare essersi estinta con i primi tre libri.
Questo libretto ha la mia età, e lo si sente anche nella traduzione piuttosto arcaica di Luigi Maracchini. Quello che ho trovato interessante è stato il tipo di approccio di Ore, che presenta la teoria e i suoi sviluppi in modo molto più legato agli esempi pratici di quanto si faccia al giorno d’oggi. Il lettore insomma può vedere che alcuni teoremi fondamentali non nascono per caso ma arrivano in modo naturale. Il capitolo 7 sulla dualità della teoria dei grafi con quella sulle relazioni è stato per me illuminante; molto interessante, pur se piuttosto compressa, la dimostrazione che cinque colori bastano per colorare una mappa, unita al motivo per cui un approccio di quel tipo non è sufficiente per dimostrare il teorema dei quattro colori (che all’epoca della pubblicazione del libro non era ancora stato dimostrato).
Leggendo questo libretto si vede facilmente il passare del tempo: sia nella traduzione di Maria Spoglianti che risente dei quasi sessant’anni – chi scriverebbe ancora “dicesi” per cominciare una definizione? – sia per la gestione dei vari insiemi di numeri, che stranamente lascia da parte le costruzioni di Dedekind e accenna ai risultati di Cantor solo in modo per così dire quantitativo. Dal punto di vista prettamente matematico, direi che la parte migliore è quella dove viene dimostrata l’esistenza di numeri trascendenti con i teoremi sulle approssimazioni sfruttati da Liouville, anche se a questo punto mi sarei aspettato qualcosa sulle frazioni continue.