Un vecchio problemino matematico – io l’ho visto per la prima volta in uno dei libri di Martin Gardner, e l’ho usato in Matematica in relax – chiede di trovare il volume di una sfera alla quale è stato tolto un cilindro il cui asse passa per il centro della sfera stessa, sapendo che il solido ottenuto ha un’altezza 2h. Prima che proseguiate nella lettura, vi invito a provare a trovare la soluzione. Non sapete da dove partire, visto che non è stato dato né il raggio della sfera né quello della base del cilindro? Ecco, sfruttate quel fatto.
Ci siete riusciti? No? Il bieco trucco per trovare la soluzione è appunto considerare che se il problema non dice il raggio di base del cilindro significa che lo possiamo scegliere come ci piace. E allora noi prendiamo un cilindro la cui base ha raggio zero, insomma non c’è. In questo caso la sfera rimane intatta, e visto che sappiamo che il suo diametro è 2h (non le abbiamo tolto nulla) e quindi il raggio è h otteniamo subito la risposta. Un bel risultato con poca fatica… Ma è possibile che qualcuno non sia convinto della cosa e voglia fare tutti i conti, verificando che in effetti la soluzione non dipende dal raggio di base del cilindro. (Il raggio della sfera è dipendente da quel valore, non possiamo sceglierlo in modo indipendente). Probabilmente con qualche bell’integrale si trova il risultato. Forse ce la farei anch’io, anche se non ci giurerei. Ma per la gioia di tutti esiste un modo molto più semplice per dimostrarlo, come raccontato da Pat Ballew, e che quasi non usa analisi matematica. L’idea consiste nell’usare il principio di Cavalieri: se abbiamo due solidi che hanno uguale altezza e tali che le sezioni tagliate da piani paralleli alle basi e ugualmente distanti da queste stanno sempre in un dato rapporto, anche i volumi dei solidi staranno nello stesso rapporto.
Quali solidi usare per applicare il principio di Cavalieri? Beh, è semplice: due diverse sfere bucate! Nel disegno qui sopra vedere le due sfere di raggio R1 e R2 – occhei, la seconda sembra più una forma di parmigiano, ma la mia abilità nel disegno è ben nota. Per prima cosa, calcoliamo quali sono i raggi di base r1 e r2 dei cilindri. Applicando il teorema di Pitagora al triangolo HKO, abbiamo che r12 = R12 − h2, e similmente r22 = R22 − h2. Se ora affettiamo la sfera di sinistra a un’altezza x dal centro, otterremo una colonna circolare, la cui area sarà la differenza tra il cerchio di centro B e raggio AB e il cerchio di base del cilindro, cioè π(s12 − r12). Ma s12, sempre per il teorema di Pitagora applicato stavolta al triangolo ABO, vale R12 − x12; pertanto l’area della corona circolare è R12 − x12 − (R12 − h2) che è indipendente da R1. Dunque tutte le corone circolari delle due sfere bucate hanno la stessa area e i solidi hanno lo stesso volume.
La dimostrazione, come vedete, è puramente geometrica, e alla portata di chi non ha fatto analisi matematica. Allora perché dico “quasi”? Beh, per dimostrare il principio di Cavalieri credo ci vogliano nozioni di analisi: il povero gesuato ha lottato per tutta la vita contro i gesuiti che gli facevano notare che gli indivisibili non avevano significato filosofico… ma direi che per i nostri scopi questa dimostrazione dovrebbe essere sufficiente.


Rocco Dedda è un insegnante di matematica piuttosto noto per i suoi video su YouTube. In questa sua prima opera racconta la “matematica della felicità”. Che cos’è? Io l’avrei definita “la felicità nella matematica”, anche se ammetto che scritta così sarebbe diventata una via di mezzo tra il dottor Stranamore e una meditazione zen: Dedda spiega nella seconda parte del testo che per lui la differenza tra matematica della felicità e matematica dell’infelicità si vede nel modo in cui ci si approccia alle difficoltà della materia – che ci sono, non giriamoci intorno. Riuscire a trovare una via per vedere la matematica in modo sano porta alla matematica della felicità; rassegnarsi e dire “la matematica non fa per me” manda verso la china della matematica dell’infelicità.
Io controllo spesso cosa Google dice sul mio nome e cognome. Qualcosa a nome mio c’è, ma generalmente si parla del mio omonimo ex calciatore. Poi ci sono naturalmente i testi creati apposta per sperare che qualcuno ci clicchi sopra; li si riconosce dalla mancanza di un titolo e dalle parole dello snippet che sono affastellate a caso. Spesso queste pagine vengono create sfruttando qualche falla in un sito web normale, falla che ovviamente non è nota.



Uno non può nemmeno pubblicare un sapido articolo sulle dimissioni di Ratzinger che le varie fazioni dei cardinali in conclave scrivono tutti il suo nome, che raggiunge la maggioranza qualificata e quindi lo rendono papa in pectore. E ora che si fa? Ecco la storia raccontata da Briguglia in questo libro. Il professor Guido Baldini, alter ego di Briguglia, viene convocato con una scusa in Vaticano da monsignor Pietro Carafa (nomen omen…) e portato in conclave dove il concistoro gli dà la notizia. Baldini chiede del tempo per capire che fare, e discute con Carafa e l’immaginario cardinale canadese Aubin, fino a che…