Pesci d’aprile nelle RFC

Le RFC (Request for Comments) sono i documenti ufficiali dell’IETF (Internet Engineering Task Force), vale a dire quanto di più simile ci sia a uno standard all’interno della Rete. Però i Veri Internettari sono persone assolutamente serie in modo serio, e quindi c’è una tradizione per cui il primo aprile si pubblicano degli “standard” scherzosi, come quello sul trasporto dei pacchetti dati per mezzo di piccioni viaggiatori e la risoluzione dell’Y10K bug (il 2000 è stato semplice, ma che faremo nel 10000 d.C.?)
Quest’anno sono stati così pubblicati due importanti standard, il primo che prevede il finanziamento di Internet mediante la vendita dei nomi dei campi all’interno dei protocolli di rete ad aziende in cerca di pubblicità, tipo “Garmin GPS Destination Address”, e il secondo dal pomposo titolo A Generalized Unified Character Code: Western European and CJK Sections, che significa praticamente “ricodifichiamo i caratteri latini come se dovessimo scrivere degli ideogrammi”. Abbiamo così che non esiste più la A maiuscola, ma si scrive a<UC> (<UC> è il modificatore che rende maiuscolo il carattere); oppure la b diventa o<VerticalLine><PositionLeft> (leggasi, una o con una riga verticale a sinistra). Il tutto con il bonus di una maggiore sicurezza, perché i siti di phishing non potranno più usare caratteri simili, visto che saranno tutti costruiti allo stesso modo…

Fortuna che scherzo coi santi!

È appena arrivato a vedere il mio calendario un visitatore il cui browser invia la seguente stringa di identificazione:
Mozilla/4.0 (compatible; MSIE 7.0; Windows NT 5.1; Guardia di Finanza - Servizio Informatica; snprtz|dialno; .NET CLR 2.0.50727; .NET CLR 3.0.04506.30; Guardia di Finanza - Servizio Informatica; Guardia di Finanza - Servizio Informatica)
Direi che per il momento dovrei scamparla :-)

di chi è quel sito?

Nel caso si voglia sapere chi ha registrato un sito, può essere utile andare su Who Is The Owner?, un’interfaccia al servizio Whois che a partire da un URL (e da un codice CAPTCHA per evitare che uno lo sfrutti automaticamente) ti ritrova le informazioni.
Purtroppo il servizio non fa anche lo stesso lavoro a partire da un indirizzo IP, però è comunque veloce da usare se il sito ha un nome.

passa il tempo, cambiano i risultati

Personal DNA 2006 vs. 2008 Due anni fa feci il test di PersonalDNA, risultando “pensatore generoso”. Oggi, istigato indirettamente da cilidif, l’ho rifatto: il risultato è cambiato, e adesso sarei un “realista generoso”. Si vede che invecchio, e non riesco più a pensare come una volta.
Per la precisione, confrontando le due “impronte DNA” che si vedono nella figura qui in lato (quella in alto è del 2006, quella in basso del 2008), si nota che sì, mi vedo con un’empatia molto più alta – il fucsia a sinistra – ma l’immaginatività (il marrone a destra) si è persa del tutto. Però sono più macchio (l’azzurro in mezzo)…
P.S.: se qualcuno vuole fare il test su di me, può cliccare qua.

phishing di casa mia

Mi è appena arrivato un messaggio dalle solite sedicenti Poste Italiane. Stavolta però il messaggio non è stato filtrato da gmail e me lo sono trovato nella posta in arrivo; e in effetti, oltre ad avere un perfetto burocratese (artt. per articoli è un tocco di finezza), il testo aveva anche le lettere accentate al posto giusto. In effetti, è stato spedito da Aruba.
Anche il sito di phishing era fatto abbastanza bene, pur senza un nome a dominio ma solo con un indirizzo IP: per la cronaca, 217.201.199.39 che al primo colpo non era ancora conosciuto da Firefox come “web forgery” (adesso sì). I simpaticoni mi sono caduti sull’inserimento dei dati del conto corrente: ABI e CAB credo che siano unici per tutti gli utenti Posteitaliane, quindi non serviva chiederli. In compenso chiedevano il CIN, oltre che il codice dispositivo, e garantisco che occorreva metterlo giusto: sono dovuto andare a cercare un algoritmo per crearlo correttamente…
Ma il punto più sconcertante (per me) è che l’indirizzo IP in questione è allocato a … Telecom Italia Mobile. Ho appena telefonato al gruppo di sicurezza informatica interna :-)

“il traffico aereo è qui”

Non lo dico io, ma Roberto Formigoni, e se lo dice Roberto Formigoni è sicuramente vero. Che la regione Lombardia di cui Roberto Formigoni è governatore abbia messo tanti soldini su Malpensa – non so esattamente dove, ma li ha messi di sicuro – è indubbiamente ininfluente. Però vorrei provare a vedere le cose senza troppi paraocchi.
La frase di Formigoni è di per sé corretta, se per “qui” intendiamo l’Italia settentrionale in genere. Su questo penso siano d’accordo più o meno tutti. Ma se per “qui” intendiamo Malpensa, le cose diventano un po’ diverse. Basta già chiedere a un torinese o a un bergamasco (ma anche a molti milanesi), e ti diranno che loro di Malpensa non se ne fanno un tubo, anzi. Tutto il traffico che si è perso con il taglio dei voli Alitalia è traffico finto, che passava di là perché Malpensa doveva essere il secondo hub di Alitalia. Un po’ come i tir pieni di bottiglie d’acqua che dal nord vanno al sud e incrociano i tir pieni di bottiglie d’acqua che dal sud vanno al nord, insomma. Dal punto di vista di chi l’aereo lo prende, non c’è nessuna ragione specifica per andare a Malpensa, e anzi se sta al nord ci potrebbero essere ragioni per non andarci, visto che le distanze nella Pianura Padana sono piccole e i tempi morti di trasferimento diventano importanti… e qui torniamo al vecchio problema “fai un aeroporto in capo al mondo e non pensi nemmeno ad avere pronto un sistema serio e veloce di collegamenti su ferro?” (ma neanche su gomma, a dire il vero)
Se Malpensa fosse davvero il “qui” dipinto da Formigoni, insomma, l’unica differenza dopo la dehubbizzazione sarebbe l’aumento di voli verso l’Europa, e il fatto che non mi sembra esserci stato tutto quel rush mi fa credere che forse tutto quell’interesse non c’è. Occhei, magari è possibile che Alitalia non abbia rilasciato gli slot che non sta usando, e quindi gli altri vettori aerei siano impossibilitati a occupare il posto. Ma in tal caso mi chiedo come mai nessuno abbia posto il problema. O forse non me ne sono accorto io?

Moby Prince: Un caso ancora aperto (libro)

[copertina] Della strage di Ustica ufficialmente non sappiamo nulla, ma in pratica è noto a tutti che nella notte in cui l’aereo cadde in mare ci sono state molte, troppe coincidenze per non immaginare cosa possa essere successo davvero: e soprattutto se ne continua a parlare. Dei centoquaranta morti della Moby Prince, invece, non se ne ricorda nessuno. Gli atti processuali dicono che quella notte dell’aprile 1991 c’era nebbia, gli ufficiali di bordo scelsero per uscire dal porto una rotta pericolosa e intanto se ne stavano a guardare la partita in tv, e fatalità volle che il traghetto non si accorse dell’enorme petroliera davanti a sé e la speronò. Peccato che ci siano plurime testimonianze che giurano che di nebbia non ce n’era affatto, e che il traghetto abbia squarciato la petroliera dal lato rivolto al mare aperto. Enrico Fedrighini, con un lavoro meritorio che purtroppo rimane anch’esso quasi sconosciuto, ha raccolto in questo libro (Enrico Fedrighini, Moby Prince: Un caso ancora aperto, Edizioni Paoline 2005, pag. 364, € 13, ISBN 978-88-315-2857-3) tutti gli atti documentali di cui non si è affatto tenuto conto nel processo, e che fanno intuire che quella notte si stava svolgendo un traffico d’armi verso la Somalia (il nome di Ilaria Alpi non vi ricorda nulla?) con la fattiva collaborazione degli americani di Camp Darby, e che è stato scientemente scelto di non intervenire a salvare le persone del traghetto, possibili testimoni. Un mistero all’italiana riuscito fin troppo bene, purtroppo. L’unica pecca del libro è che il suo stile, soprattutto nelle prime cento pagine, è un po’ troppo sensazionalista: garantisco che non ce n’era bisogno.
Un’ultima considerazione. Qual è l’editore che ha avuto il coraggio di pubblicare il libro (di un sindacalista di base ancorché al Politecnico, impegnato politicamente coi Verdi)? Non ci credereste mai: le Edizioni Paoline (quelle di Famiglia Cristiana, insomma). Non c’è più religione.